Overture Life ha sviluppato un robot per l’iniezione di sperma nell’ovulo, aprendo la strada per l’automazione della fecondazione in vitro

In Italia, nel 2020, sono stati applicati 80.099 cicli di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) sia di II e III livello – che comprendono FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni in utero), ICSI (fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma), FER (fecondazione con utilizzo di embrioni crioconservati) e FO (fecondazione con impiego di ovociti crioconservati). Numeri che emergono dall’ultima Relazione del Ministro della Salute al Parlamento, dello scorso novembre.

Al mondo, sono 90 milioni le coppie che sperimentano problemi di fertilità, 25 milioni solo in Europa, che è il continente dove più si ricorre alla fecondazione assistita: si è passati dai 100 mila cicli del 1995 agli oltre 800 mila odierni. Non tutti sanno che avviare un percorso di PMA non porta sempre a risultati, anzi diversi motivi possono bloccare lo sviluppo dell’embrione, già di per sé classificato in base a dimensioni e “qualità”. Peraltro, le fasi che portano un ospedale o un centro specializzato a far incontrare sperma e ovulo sono precedute da una serie di procedure, tra iniezioni e assunzione di medicinali, che rendono la strada tortuosa, mettendo a dura prova i pazienti. La tecnologia però potrebbe rendere tutto più semplice.

La startup spagnola Overture Life ha realizzato un robot guidato da remoto con l’obiettivo di fecondare ovuli umani, senza errore. La tecnica ha già portato alla nascita di due bambine. Uno degli ingegneri, senza una reale esperienza nella medicina della fertilità, ha utilizzato un controller Sony PlayStation 5 per posizionare un ago robotico. Attraverso una telecamera, il robot ha poi proceduto in autonomia, fecondando complessivamente una dozzina di uova. Di per sé, la vera novità non sta tanto nella tecnica in sé, che prevede comunque l’incontro tra spermatozoo e ovulo, quanto nell’uso di un robot per rendere il processo più sicuro, privo di problematiche e, soprattutto, più economico. Si, perché la fecondazione assistita tradizionale è costosa, e startup come Overture Life lavorano per rendere il contesto più economico e accessibile, automatizzandone alcune parti. Una prospettiva decisamente promettente visto che l’azienda ha raccolto circa 37 milioni di dollari di finanziamenti da investitori anche famosi, come Susan Wojcicki, già CEO di YouTube.

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Overture Life afferma che il suo dispositivo è un primo passo verso l’automazione della fecondazione in vitro, con il potenziale di aprire la strada ad un numero crescente di interventi del genere. I laboratori di fecondazione in vitro sono gestiti da embriologi qualificati che devono maneggiare delicatamente sperma e uova usando aghi cavi ultrasottili al microscopio. Automatizzando anche una piccola parte del procedimento vorrebbe dire ridurre le spese e permettere a più famiglie di inseguire il loro sogno. Overture non si ferma. La startup ha infatti depositato una domanda di brevetto che descrive un “biochip” per un laboratorio di fecondazione in vitro in miniatura, completo di serbatoi nascosti contenenti fluidi di crescita e minuscoli canali attraverso i quali lo sperma può muoversi.

Verso l’automazione della fecondazione in vitro

«Pensa a una scatola in cui entrano lo sperma e gli ovuli e cinque giorni dopo esce un embrione», afferma Santiago Munné, il genetista che è responsabile dell’innovazione presso l’azienda spagnola. «Se la fecondazione in vitro potesse essere eseguita all’interno di uno strumento piccolo, i pazienti potrebbero non aver mai bisogno di visitare una clinica specializzata, dove un singolo tentativo di rimanere incinta può costare migliaia di dollari negli Stati Uniti» (in Italia siamo nell’ordine dei 7 mila euro ndr.).

Il bello è che il sito MIT Technology Review ha individuato dozzine di startup con obiettivi simili, tra cui AutoIVF, IVF 2.0, Conceiving Life Sciences e Fertilis, a dimostrazione che il caso Overtune potrebbe non essere isolato, tutto a vantaggio dei pazienti.

Fecondazione assistita, anche una culla per proteggere gli embrioni

L’obiettivo principale dell’automazione della fecondazione in vitro, affermano gli imprenditori, è semplice: fare molti più bambini. Ogni anno in tutto il mondo nascono circa 500.000 bambini attraverso la fecondazione in vitro, ma la maggior parte delle persone che hanno bisogno di aiuto per avere figli non ha accesso alla medicina per la fertilità o non può pagarla.

«Come passiamo da mezzo milione di bambini all’anno a 30 milioni?», si chiede David Sable, un ex medico della fertilità che ora gestisce un fondo di investimento. «Non puoi se gestisci ogni laboratorio come una cucina artigianale su misura, e questa è la sfida che deve affrontare la fecondazione in vitro. Sebbene non esista ancora una macchina per la fertilità all-in-one, anche l’automazione di parti del processo, come l’iniezione di sperma, il congelamento degli ovuli o la cura degli embrioni, potrebbe rendere la fecondazione in vitro meno costosa e alla fine supportare innovazioni più radicali, come l’editing genetico o persino uteri artificiali. Ma non sarà facile automatizzare completamente la fecondazione in vitro. Immagina di provare a creare un robot dentista. Il concepimento in provetta comporta una dozzina di procedure e il robot di Overture finora ne esegue solo una, e solo parzialmente».

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Un uovo umano ha un diametro di circa 0,1 millimetri, al limite di ciò che un occhio umano può vedere senza alcun supporto tecnico. In questo momento, per spostarne uno, un embriologo deve utilizzare un ago cavo e posizionarlo nell’utero di una donna. Un’operazione che non è priva di problematiche, tra cui la caduta stessa dell’uovo o una non corretta localizzazione tra le cavità uterine di una paziente. Uno scenario per cui si impegna la già citata Fertilis, che ha pensato ad una “culla” entro cui posizionare e far crescere le uova fino al raggiungimento dello status di embrioni. A quel punto, si potranno inserire nell’utero e aspettare che crescano. Fertilis, come affermato dal suo fondatore Jeremy Thompson al MIT, spera che un giorno, quando i medici raccoglieranno gli ovociti dalle ovaie di una donna, possano poi depositarli direttamente in una micro-culla e, da lì, curarli da monitor robot, fino a quando diverranno embrioni sani. Un passo successivo alla FIVET, con minore stress per paziente e figlio futuro.

Scritto da:

Antonino Caffo

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin