I ricercatori del MIT mostrano un nuovo progresso nella navigazione autonoma dei droni, utilizzando reti neurali liquide ispirate al cervello
In tempi in cui non si fa altro che parlare di intelligenza artificiale, spesso ci dimentichiamo che gli sviluppi della scienza vanno anche oltre, usando proprio l’IA in campi variegati. Tra questi c’è lo scenario dei droni, soprattutto quelli a scopo commerciale. Anni fa, Amazon aveva avviato in Europa, in territori desolati del Regno Unito, dei test per capire se fosse davvero possibile, e utile, consegnare prodotti di piccolo taglio ai clienti utilizzando i piccoli aeromobili autonomi. Più che altro, la criticità era rappresentata dalle forti, e improvvise, folate di vento, alla necessità di superare alberi di alta portata e altre barriere, naturali e architettoniche. Bene, siamo molto vicini alla soluzione.
Ispirati dalla natura adattabile del cervello umano, i ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL) del MIT hanno introdotto un metodo per far si che i droni possano gestire tutte le complessità di un piccolo excursus fuori dalla porta grazie ad una visione “aumentata”, in ambienti intricati e sconosciuti. La base è nella costruzione di “reti neurali liquide”, in grado di adattarsi continuamente a nuovi input di dati. I primi esperimenti di applicazione nei droni hanno mostrato la possibilità di prendere decisioni affidabili in domini sconosciuti come foreste, paesaggi urbani e ambienti con rumore e occlusioni di percorso. Questi modelli adattabili, che hanno superato molte controparti all’avanguardia nelle attività di navigazione, potrebbero consentire potenziali applicazioni di droni nel mondo reale come la ricerca e il salvataggio, la consegna e il monitoraggio della fauna selvatica.
Il recente studio dei ricercatori, pubblicato su Science Robotics, descrive in dettaglio come la nuova classe di algoritmi di apprendimento automatico del team del MIT sia capace di creare un mix di input derivanti dal mondo circostante, grazie a sensori e fotocamere sulla plancia del drone, da dare in “pasto” a software di gestione IA, per estrarre aspetti cruciali di un’attività, togliere di mezzo le caratteristiche irrilevanti e consentire alle capacità di navigazione acquisite di aggiornare il raggiungimento di obiettivi a seconda del cambio di condizione ambientale.
Come funzionano i droni del futuro, che sfrutteranno le reti neurali liquide
«Siamo entusiasti dell’immenso potenziale del nostro approccio di controllo basato sull’apprendimento, poiché pone le basi per la risoluzione dei problemi che sorgono durante l’addestramento in un ambiente senza formazione preliminare», le parole di Daniela Rus, direttore del CSAIL, che ha lavorato con il gruppo di Erna Viterbi, Professor of Electrical Engineering and Computer Science al MIT. «I nostri esperimenti dimostrano che possiamo insegnare efficacemente a un drone a localizzare un oggetto in una foresta durante l’estate, e quindi utilizzare il modello in inverno, con ambienti molto diversi, o anche in contesti urbani, con compiti diversi come la ricerca e l’inseguimento. Questa adattabilità è resa possibile dalle basi causali delle nostre soluzioni. Gli algoritmi flessibili potrebbero un giorno aiutare nel processo decisionale basato su flussi di dati che cambiano nel tempo. Una sfida era proprio questa: possiamo trasferire le abilità di un drone in nuovi ambienti con drastici cambiamenti negli scenari. Le reti neurali liquide offrono indicazioni preliminari della loro capacità di affrontare questa cruciale debolezza nei sistemi di deep Learning».
La piattaforma è stata prima addestrata sui dati raccolti da un pilota umano, per poi migrare le abilità di navigazione apprese a nuovi ambienti, anche in drastici cambiamenti di scenario e condizioni. A differenza delle reti neurali tradizionali, che apprendono solo durante la fase di addestramento, i parametri della rete neurale liquida possono cambiare nel tempo, rendendo i dati non solo interpretabili, ma anche più resistenti a situazioni impreviste o, come dicono gli scienziati, piene di “rumore”, ossia informazioni contaminate e non pulite. In una serie di esperimenti a circuito chiuso, i droni sono stati sottoposti a test di portata, test di stress, rotazione e occlusione del bersaglio, escursioni con avversari, loop triangolari tra oggetti e tracciamento dinamico. Hanno tracciato obiettivi in movimento ed eseguito loop multi-step tra oggetti in ambienti mai visti prima, superando le prestazioni di altre controparti all’avanguardia. Il team ritiene che la capacità di apprendere da dati preesistenti e di comprendere un determinato compito mentre si generalizza a nuovi ambienti, potrebbe rendere il dispiegamento di droni autonomi più efficiente, conveniente e affidabile.
«La configurazione sperimentale presentata nel nostro lavoro mette alla prova le capacità di ragionamento di vari sistemi di deep learning in scenari controllati e diretti», afferma Ramin Hasani, affiliato di ricerca del CSAIL. «C’è ancora molto lavora da fare per la ricerca e lo sviluppo futuri su sfide di ragionamento più complesse per i sistemi di intelligenza artificiale nelle applicazioni di navigazione autonoma, che devono essere testate prima di poterle implementare in sicurezza».
Chiaramente, il cielo non è più un limite, ma un vasto parco giochi, per le infinite possibilità di queste meraviglie alate.