Nuove frontiere dalla neurotecnologia per ridurre gli impatti dell’epilessia. Un impianto cranico a forma di fiore “si apre” per stimolare le aree del cervello interessate dalla condizione. Attenzione però, il dispositivo per ora è stato testato solo su piccoli animali; le premesse sono buone ma la ricerca e gli studi sperimentali sull’uomo non sono ancora così vicini

Se l’innovazione tecnologica, nella Scienza, si pone un obiettivo, questo è sicuramente migliorare le condizioni di vita delle persone. Senza l’avanzare della tecnica oggi non avremmo metodi per combattere malattie un tempo mortali, per consentire a chi è affetto da situazioni patologiche limitanti di avere aspettative di vita più ampie o di ottenere screening più veloci e precisi di un tempo. Ogni singolo passo che la ricerca scientifica compie è una conquista per l’uomo e un bene per l’umanità. Non può essere letto altrimenti il lavoro svolto da un team di ricercatori dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera, guidato dall’esperta di neurotecnologia Stephanie Lacour, che si pone uno scopo difficile, ma possibile: dimenticare per sempre l’epilessia. Sia chiaro: qui nessuno potrà mai evitare che la malattia colpisca persone di qualsiasi età o sesso ma la “promessa” è quella di far dimenticare, letteralmente, le sue conseguenze e lasciare che i pazienti compiano le loro attività quotidiani come nulla fosse, o quasi.

Il cuore del progetto svizzero, di recente pubblicato su Science, è un impianto cranico piccolissimo, che si ispira ad un fiore per il suo funzionamento. Una volta inserito nei pressi del cervello, grazie ad un minuscolo foro, può aprirsi delicatamente, proprio come un fiore, per stimolare i neuroni interessati all’attivazione della condizione neurologica che causa la morte con una percentuale ancora molto alta. Ad esempio nella stessa Svizzera si stimano oltre 100 decessi l’anno per epilessia.

Il progetto di neurotecnologia

Una struttura di elettrodi corticali stimola, registra o monitora l’attività elettrica nel cervello per i pazienti che soffrono di condizioni di epilessia. Il disturbo è noto per causare convulsioni, che sono scoppi di attività elettrica nel cervello e possono causare tremori incontrollabili, rigidità improvvisa, collasso e altri sintomi. Anche se l’uso di microelettrodi risale a decenni fa, la possibilità di un’integrazione è recente, approvata dalla FDA americana solo negli ultimi anni. Un’approvazione che ha portato alla realizzazione di soluzioni non propriamente “comode” per i pazienti, da inestetismi a vere e proprie operazioni per l’installazione in loco. E da qui il lavoro dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne.

I ricercatori hanno creato un dispositivo supersottile a forma di fiore che può essere piegato abbastanza per entrare in un foro di 2 centimetri nel cranio. In questo modo, può essere posizionato da un robot in un’area minuscola e delicata, occupando solo 1 millimetro di larghezza. Una volta dispiegato, l’elettrodo flessibile rilascia ciascuno dei suoi sei bracci a spirale, uno per uno, per estendersi attraverso una regione del cervello di circa 4 centimetri di diametro. In questo modo, entra in contatto con i neuroni interessati alle “crisi” epilettiche, per gestirli e, all’occorrenza, mitigarne gli effetti.

Deployable electrodes for minimally invasive craniosurgery

Altri dispositivi possono richiedere un foro nel cranio della stessa dimensione del diametro dell’array di elettrodi.

«La bellezza del meccanismo di eversione è che possiamo distribuire una dimensione arbitraria dell’elettrodo con una compressione costante e minima sul cervello», ha affermato Sukho Song, autore principale dello studio. «La comunità si è dimostrata molto interessata a questo meccanismo perché è bio-ispirato. Ovvero può emulare la crescita delle radici degli alberi senza porre limiti in termini di estensione».

Un po’ come una farfalla stretta all’interno del suo bozzolo prima della metamorfosi, l’array di elettrodi, completo dei suoi bracci a spirale, è accuratamente ripiegato all’interno di un tubo cilindrico, cioè il caricatore, pronto per essere dispiegato attraverso il piccolo foro nel cranio.

Ogni gamba contiene elettrodi morbidi e microfabbricati e sensori di deformazione per il monitoraggio dell’implementazione in tempo reale. In un intervento chirurgico proof-of-concept, un array di elettrodi robotici è stato distribuito con successo sulla corteccia di un maialino per registrare l’attività corticale sensoriale.

«Questa neurotecnologia apre strade promettenti per la chirurgia corticale minimamente invasiva e ad applicazioni relative a disturbi neurologici come deficit motori e sensoriali” affermano dalla Svizzera. Il dispositivo, tuttavia, non è ancora pronto per il cervello umano – essendo stato testato solo sugli animali – ma continuerà a essere sviluppato da uno spin-off del Laboratorio EPFL per interfacce bioelettroniche chiamato “Neurosoft Bioelectronics”».

Scritto da:

Antonino Caffo

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin