In tutto il mondo sono presenti pozzi di petrolio o di gas abbandonati e non documentati il cui impatto ambientale è pesantissimo, anche sulla salute. Per rilevarli l’intelligenza artificiale viene in aiuto

L’intelligenza artificiale potrà aiutare a rilevare i pozzi di petrolio abbandonati, che costituiscono un enorme problema per la salute e per l’ambiente. È una questione talmente grave negli Stati Uniti che il Governo Biden ha stanziato ben 4,7 miliardi di dollari mediante la Bipartisan Infrastructure Law, stabilendo programmi per inventariare e chiudere adeguatamente i pozzi. Essi possono contaminare le riserve idriche, degradare gli ecosistemi ed emettere metano e altri inquinanti atmosferici oltre a sostanze cancerogene agli ambienti limitrofi e alle persone che vivono nelle vicinanze. Si è calcolato che 14 milioni di persone vivono nel raggio di un miglio da 80mila pozzi documentati.

Il problema attuale è, prima di tutto, identificare dove essi siano: i pozzi “orfani” di cui non si hanno documenti sono numerosissimi. Per riuscire a individuarne un numero quanto più preciso vengono in aiuto diverse tecniche di intelligenza artificiale. È un lavoro di fondamentale importanza dato che a oggi si brancola nel buio. La Interstate Oil and Gas Compact Commission stima che il numero di questi pozzi abbandonati solo negli States sia compreso tra 310mila e 800mila, stima che fa capire quanto poco si sappia. Sono previsioni assai prudenti, ben inferiori a quelle della Agenzia di Protezione ambientale USA: essa calcola siano oltre 3,2 milioni. La stessa ha stimato che le emissioni di metano provenienti da oltre 2 milioni di pozzi inattivi e non collegati, di cui i pozzi orfani documentati costituiscono un sottoinsieme, variano tra 7 e 20 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno.


Non si sa quanti siano, ma se ne stimano milioni negli Stati Uniti e in tutto il mondo: sono i pezzi petroliferi abbandonati e non documentati, causa di emissioni importanti di metano, ma anche di altre sostanze pericolose per l’ambiente e per la salute umana.
Negli USA il problema è vasto, tanto che sono stati stanziati 4,7 miliardi di dollari per cercare di porre rimedio. Ma dalle prime stime, questa cifra è insufficiente. Intanto però occorre rintracciare i numerosi “pozzi orfani”. Ed è qui che l’AI diventa preziosa.
Grazie all’impiego di varie tecniche di AI è possibile individuare in modo mirato su vasti territori la presenza dei pozzi oil & gas abbandonati. In futuro si potrebbe procedere a riconvertire i terreni dove sono presenti per installare impianti geotermici ed eolici.

Pozzi di petrolio abbandonati: perché si chiamano orfani e quanti sono

I pozzi di petrolio abbandonati vengono definiti “orfani” perché spesso non esiste alcun proprietario documentato, o ancora vivo per farlo: il settore oil and gas è attivo da 170 anni. Il problema, come detto, è assai vasto: negli Stati Uniti il loro numero varia tra centinaia di migliaia a diversi milioni solo negli Stati Uniti. Alcuni ricercatori dell’Environmental Defense Fund e della McGill University hanno pubblicato un’analisi svolta su 80mila pozzi orfani documentati in 30 stati. Utilizzando i dati del censimento, hanno calcolato che 14 milioni di persone vivono nel raggio di un miglio da pozzi orfani.

La spinta del governo federale a risolvere un problema che storicamente ha ricevuto poca attenzione segna un cambiamento storico che potrebbe avere impatti profondi. Dedicare miliardi di dollari per colpire i pozzi più problematici del paese potrebbe potenzialmente portare a una riduzione significativa delle sostanze tossiche, come l’arsenico, che inquinano le falde acquifere.

Ci sono altri motivi che spingono ad affrontare e risolvere il problema dei pozzi di petrolio e di gas abbandonati: in uno studio pubblicato sulla rivista ACS Omega, i ricercatori hanno riportato la scoperta di composti organici volatili (COV), fuoriusciti dai pozzi abbandonati, compreso il benzene, nota sostanza cancerogena.

Ma c’è anche chi prevede che 4,7 miliardi di dollari non bastino: Mary Kang, docente della McGill University e principale autrice dell’articolo pubblicato su Environmental Research Letters e firmato da altri venti scienziati sostiene che:

“Anche se sembrano molti soldi, stimiamo che i costi di tamponamento dei pozzi orfani documentati negli Stati Uniti supereranno questa somma del 30-80% o forse di più”.

AI, edge computing e droni per individuare con precisione i pozzi orfani

La Bipartisan Infrastructure Law del 2021 ha previsto lo stanziamento di 30 milioni di dollari per aiutare a creare un consorzio di ricerca volto a sviluppare tecnologie e migliori pratiche per localizzare i pozzi di petrolio orfani, misurare la quantità di metano che fuoriesce da essi e stabilire la priorità su quale tappare.

Ciò ha permesso proprio di recente a un team di ricerca del Dipartimento dell’Energia USA di intraprendere un lavoro investigativo, che ha previsto l’impiego di droni, rilevatori di campi elettromagnetici e altre tecnologie di telerilevamento per cercare pozzi petroliferi “fantasma” su terreni pubblici dalla Pennsylvania all’Oklahoma. Per gestire i dati raccolti, analizzarli e prendere decisioni mirate è facile pensare che siano state impiegate tecniche di intelligenza artificiale.

Di certo l’AI è protagonista di un innovativo approccio messo a punto di recente da un team di ricercatori del Los Alamos National Laboratory che permette di ricostruire un ampio set di dati da un numero limitato di sensori schierabili sul campo utilizzando edge computing.

L’équipe ha sviluppato una rete neurale che consente di rappresentare un grande sistema in modo molto compatto, richiedendo meno risorse di calcolo rispetto alle architetture di rete neurale convoluzionale all’avanguardia, rendendolo adatto all’implementazione sul campo su droni, sensori e altre applicazioni di edge computing che avvicinano le capacità di calcolo all’impiego finale.

La ricerca, illustrata in un articolo su Nature Machine Intelligence, mette in evidenza una nuova tecnica di intelligenza artificiale denominata Senseiver. Il lavoro si è basato su un modello di AI chiamato Perceiver IO. Sviluppato da Google, applica le tecniche dei modelli di linguaggio naturale come ChatGPT al problema di ricostruire informazioni su un’ampia area – come l’oceano – da un numero relativamente limitato di misurazioni.

Il modello è in grado di integrare una moltitudine di misurazioni effettuate nel corso di decenni da satelliti e sensori sulle navi. Da queste misurazioni sparse, il modello prevede le temperature di tutto l’oceano, fornendo informazioni utili ai modelli climatici globali.

Ma l’interesse su Senseiver è legato proprio alle potenzialità di ricerca dei pozzi orfani. Infatti, è stato ritenuto adatto a una varietà di progetti e aree di ricerca di interesse per Los Alamos, ma in particolare sarà utile nel lavoro del laboratorio che identifica e caratterizza i pozzi orfani. Il laboratorio è a capo del Consortium Advancing Technology for Assessment of Lost Oil & Gas Wells (CATALOG), finanziato dal DoE, un programma federale incaricato – appunto – di individuare e caratterizzare i pozzi orfani non documentati e di misurare le loro emissioni di metano.

Intelligenza artificiale in campo e le prospettive “rinnovabili” aperte per il futuro

A proposito di impiego dell’AI per individuare i pozzi di petrolio abbandonati, sono diverse le ricerche svolte per cercare di arrivare ad avere un quadro quanto più preciso su cui lavorare per affrontare il problema. Gli stessi esperti del National Energy Technology Laboratory del Dipartimento dell’Energia USA stanno sfruttando modelli di machine learning e di intelligenza artificiale per creare modi utili per analizzare le informazioni provenienti da diversi flussi di dati come documenti storici, informazioni riportate da scienziati cittadini, raccolte di dati sul campo e altre fonti oscure per identificare i pozzi orfani.

Parallelamente, gli esperti di NETL stanno provando a elaborare i registri dei test di integrità dei pozzi per estrarre informazioni su come i pozzi sono stati costruiti, progettati ed eseguiti nel tempo. Utilizzando l’apprendimento supervisionato per discernere i segni e i simboli utilizzati per rappresentare i pozzi su tali mappe, è possibile elaborare immagini utili a estrapolare le potenziali posizioni dei pozzi. Il lavoro si basa sul confronto tra dati storici e i luoghi “resuscitati” con i documenti moderni per determinare se si tratta di pozzi non documentati.

Anche Deloitte è attiva a questo proposito. La società di ricerca ha messo a punto una soluzione di quantificazione delle emissioni di metano basata su Google Earth Engine. Si tratta di un sistema di intelligenza artificiale geospaziale combinata con un modello di machine learning progettato per consentire alle organizzazioni di monitorare, quantificare e dare priorità alla chiusura di pozzi petroliferi.

Infine, è da citare il lavoro di ricerca presentato quest’estate dall’Università di Cambridge, basata sulla messa a punto di un popolare algoritmo di machine learning denominato random forest, per mettere a punto metodologia applicabile per identificare i pozzi con la più alta probabilità di gravi perdite di fluidi all’interno dei campi di produzione.

Una volta affrontata e risolta la situazione, si aprono prospettive interessanti per la riconversione dei terreni in cui sono presenti i pozzi. Gli stessi ricercatori della McGill University hanno segnalato che lo smantellamento di questi pozzi petroliferi può aprire opportunità per la sostenibilità ambientale anche in altri modi. Le possibilità includono, infatti, lo stoccaggio sotterraneo di anidride carbonica e idrogeno e l’avvio di sistemi di energia geotermica. Non solo: molti terreni dove compaiono questi pozzi potrebbero essere idealmente sfruttati per impianti eolici.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin