L’addestramento dei futuri chirurghi all’interno di sale operatorie virtuali pone il problema della valutazione obiettiva delle loro performance, tale da indurre a giudizi realistici circa le concrete abilità apprese e non apprese e a programmi didattici mirati, efficaci per ognuno, definiti sulla base delle curve di apprendimento individuali.
La storia della medicina insegna che, nei secoli scorsi, gli aspiranti medici studiavano anatomia sui cadaveri di persone senza sepoltura, dissezionandoli. Il tutto in modo abusivo, senza regola alcuna, alimentando addirittura il fenomeno del commercio di cadaveri ai fini studio.
Venendo ai giorni nostri, la dissezione anatomica è prevista come insegnamento base nelle Facoltà di medicina e chirurgia di tutto il mondo, anche se in alcuni Paesi, come l’Italia, esistono alcune difficoltà in merito, dovute alla mancanza di disponibilità di cadaveri sui quali esercitarsi. E la legge del 10 febbraio 2020 in materia di «disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica» non ha migliorato le cose, poiché non vi è stata – e non vi è – informazione sulla sua esistenza, né la sensibilità nei confronti della problematica che affronta.
I futuri chirurghi, ad oggi, oltre che sui libri di testo e durante le lezioni in aula, si formano affiancando i chirurghi senior in sala operatoria, esercitandosi su manichini didattici o su preparati anatomici derivati da cadaveri (acquistati da Atenei di altri Paesi, tra cui Olanda e Stati Uniti) e assistendo agli esami autoptici negli ospedali universitari.
Ma, a partire dall’ultimo decennio, nelle scuole di specializzazione in chirurgia dei Paesi ad alto reddito (compresa l’Italia, dove la prima lezione di chirurgia con visori VR si è tenuta nel 2017), l’evoluzione delle tecnologie immersive ha fatto sì che, accanto alle metodologie didattiche tradizionali, venisse affiancata la formazione chirurgica che sfrutta le potenzialità del mondo virtuale modellato in 3D.
Ricordiamo che erano gli anni Novanta quando la realtà virtuale (o Virtual Reality – VR) fece il suo ingresso in ambito medico e che furono i chirurghi senior ad adottarla per primi, utilizzandola come mezzo di pianificazione per le operazioni chirurgiche più complesse. Da allora, i sistemi VR sono andati affinandosi sotto il profilo grafico e della velocità di esecuzione, giungendo alla riproduzione di contesti virtuali sempre più realistici, fino alla ricreazione – oggi – di sensazioni uditive, olfattive, visive e tattili, che ne fanno strumenti didattici innovativi nel training degli specializzandi in chirurgia [fonte: “The Use of Virtual Reality in Surgical Training: Implications for Education, Patient Safety, and Global Health Equity” – Rivista “Surgeries”].
Takeaway
Formazione chirurgica in realtà virtuale: gli aspetti positivi
Posto che la realtà virtuale rimanda a una dimensione digitale tridimensionale che simula fedelmente l’ambiente fisico, in cui l’utente – indossando un visore VR – viene totalmente immerso, allo stesso modo la sala operatoria virtuale, grazie a software VR specifici per la chirurgia, con rendering visivi e tattili, consente allo studente di muoversi come se stesse vivendo un’esperienza di pratica clinica reale.
Le immagini 3D che il visore proietta sono quelle di un ambiente chirurgico realistico, con la rappresentazione minuziosa del paziente e della sua anatomia interna, la topografia dei suoi organi e la riproduzione delle patologie, nelle quali lo specializzando viene completamente immerso, affinché possa prendere visione anche dei dettagli più piccoli sui quali intervenire simulando l’atto chirurgico, con piena percezione dei punti esatti del corpo del paziente, della posizione delle proprie mani, dei loro movimenti e della forza esercitata dalla loro pressione [fonte: “Virtual reality system helps surgeons, reassures patients” – Stanford Medicine].
A figurare tra i benefici correlati all’integrazione della realtà virtuale nelle metodiche dell’insegnamento accademico in ambito chirurgico, è proprio l’immersione preoperatoria dello studente nell’anatomia tridimensionale del paziente, unitamente all’esperienza realistica – sebbene virtuale – delle tecniche e delle procedure chirurgiche da adottare e all’ottimizzazione dell’atto chirurgico, che viene, sì, simulato, ma accompagnato da una percezione tattile fedelmente riprodotta [fonte: “Research: How Virtual Reality Can Help Train Surgeons” – Harvard Business Review].
Un inedito studio indipendente (slegato dagli interessi delle case produttrici di sistemi VR), condotto da un team di ricercatori della Facoltà di Medicina presso la McMaster University, nell’Ontario, in Canada – descritto in “Immersive Virtual Reality for Surgical Training: A Systematic Review” – ha preso in esame la letteratura sugli aspetti positivi della formazione chirurgica in realtà virtuale.
Dall’imponente ricerca bibliografica, che si è focalizzata sugli studi primari in materia, pubblicati sulle maggiori testate scientifiche tra il 1° gennaio 2000 e il 26 gennaio 2021, è derivata una sintesi della mole di dati qualitativi emersi, insieme ad alcune statistiche descrittive.
In particolare, dalle estrapolazioni di dati dai testi analizzati, gli autori hanno avuto modo di osservare che «su un totale di 307 studenti che hanno completato la formazione in quattro discipline chirurgiche, i gruppi addestrati in realtà virtuale hanno registrato prestazioni dal 18% al 43% più rapide nel completamento delle procedure rispetto al gruppo di controllo, oltre a punteggi più elevati per quanto concerne il grado di precisione della manualità».
Formazione chirurgica in realtà virtuale: la questione relativa alla valutazione
Se c’è un aspetto “negativo” nella pratica della formazione chirurgica in realtà virtuale, questa ha a che vedere con l’analisi degli indicatori di prestazione per valutare il livello di abilità raggiunto dagli studenti e, allo stesso tempo, l’efficacia della tecnica di addestramento. Ma quali sono gli “indicatori di prestazione” quando si parla di training chirurgico in VR?
Iniziamo col dire che, durante le simulazioni, il simulatore chirurgico VR raccoglie una serie di dati che riguardano l’atto chirurgico in sé, dunque la manualità nell’utilizzo della strumentazione, la qualità dei movimenti, la loro precisione, la rapidità o, al contrario, il rallentamento, l’arresto o l’eventuale presenza di agitazione da parte dello studente. Dalla somma di tali indicatori deriva l’esito della simulazione chirurgica e, conseguentemente, la classificazione delle competenze acquisite dagli specializzandi, dalle quali poi, semmai, partire per sviluppare programmi di formazione chirurgica più efficaci.
Ma c’è una questione basilare da considerare, come spiega un gruppo di studio della Yunnan Normal University, in Cina, in “Personalized assessment and training of neurosurgical skills in virtual reality: An interpretable machine learning approach”, (Virtual Reality & Intelligent Hardware, numero di febbraio 2024):
«La maggior parte delle procedure chirurgiche richiedono abilità psicomotorie diverse e complesse, che singoli parametri non possono valutare in modo efficace»
Per questo motivo, secondo il team cinese, per valutare l’esperienza chirurgica nel suo insieme, «è necessario combinare più parametri, incrociandoli tra loro».
Già agli albori della formazione chirurgica in realtà virtuale, una ricerca canadese [“Neurosurgical virtual reality simulation metrics to assess psychomotor skills during brain tumor resection” – International Journal of Computer Assisted Radiology and Surgery, giugno 2014] aveva posto l’accento su questo aspetto, specie in riferimento all’ambito della neurochirurgia oncologica, dove i parametri di valutazione delle abilità apprese in sede di training sono spesso molteplici e su più livelli, includendo, ad esempio – evidenziano gli autori – indicatori come la percentuale di tumore cerebrale asportato durante la simulazione, il volume di tessuto cerebrale “normale” rimosso insieme al tumore, il tempo impiegato per farlo e la somma delle forze applicate. Ma non è tutto.
Anche il grado di sicurezza mostrato dagli studenti durante le simulazioni neurochirurgiche può e deve essere misurato – sostiene il gruppo di studio canadese – in quanto, le prestazioni, in neurochirurgia, dipendono «sia dalle abilità psicomotorie che da fattori cognitivi».
Il potenziale dell’apprendimento automatico nel distinguere più livelli di parametri e di competenze
In tema di formazione chirurgica in realtà virtuale, sempre il team della Yunnan Normal University fa notare che gli algoritmi di apprendimento automatico, a partire dall’analisi dei set di dati forniti dai simulatori chirurgici VR, sono perfettamente in grado di classificare con precisione le competenze apprese dagli studenti. E questo va da sé.
Sono numerosi gli studi che hanno indagato l’applicazione di tali algoritmi ai simulatori chirurgici, ad esempio, nella valutazione delle competenze negli interventi vascolari, nella chirurgia assistita da robot e nella chirurgia spinale.
In particolare, il lavoro illustrato in “Machine learning distinguishes neurosurgical skill levels in a virtual reality tumor resection task” [Rivista “Medical & Biological Engineering & Computing”, 2020] – commentano i ricercatori dell’Ateneo cinese – ha il merito di essere stato il primo a prendere in esame la funzione del machine learning nel distinguere le prestazioni chirurgiche di mani esperte da quelle di mani principianti in un compito di resezione di un tumore al cervello in realtà virtuale.
Tuttavia, anziché utilizzare più reti neurali a più strati, anche questa ricerca, come la maggior parte in materia, ha adottato una sola rete neurale a singolo strato, che «non permette di comprendere le prestazioni relative a ciascuna caratteristica del singolo partecipante, né di sviluppare un piano personalizzato per la formazione di ognuno». È questo il punto.
Da qui, la decisione degli autori del già citato studio cinese, pubblicato sulla rivista Virtual Reality & Intelligent Hardware, di sviluppare cinque classificatori basati, ognuno, su un diverso algoritmo di machine learning per identificare, tra tutte le prestazioni neurochirurgiche rilevate da un simulatore VR, differenti livelli di abilità, riferiti ai singoli studenti. L’obiettivo era quello di giungere a una valutazione finale il più possibile precisa e personalizzata per ogni specializzando.
Nel dettaglio, i cinque algoritmi comprendono un classificatore ad albero decisionale; uno basato sull’analisi discriminante lineare; un algoritmo Naive Bayes; un modello di apprendimento supervisionato denominato “Macchine a vettori di supporto” – Support Vector Machines e, infine, un algoritmo K-Nearest Neighbours – KNN, tutti addestrati per mezzo dei dati rilevati da un simulatore neurochirurgico.
Dai parametri di prestazione alla definizione degli indicatori di abilità e alle aree di competenza chirurgica
Nello specifico, lo studio cinese sulla formazione chirurgica in realtà virtuale ha testato i cinque algoritmi sviluppati valutando la simulazione della procedura completa di asportazione chirurgica di un tumore cerebrale (con perforazione del cranio, taglio meningeo e resezione del tumore) da parte di 79 chirurghi senza alcuna pratica precedente col simulatore VR, ai quali, prima della prova, erano state fornite solo informazioni verbali e scritte sulle attrezzature che avrebbero utilizzato.
Per la precisione, i medici che hanno preso parte alla prova sono stati suddivisi in tre gruppi, in base al livello di esperienza: il primo composto da 10 neurochirurghi che hanno completato la scuola di specializzazione in neurochirurgia, il secondo da 21 specializzandi senior in neurochirurgia e il terzo da 48 specializzandi junior in neurochirurgia.
Il test ha visto l’impiego di un simulatore neurochirurgico di realtà virtuale con rendering visivo e tattile, «in cui il primo ha consentito la generazione di immagini 3D del tessuto cerebrale e degli strumenti chirurgici – visualizzati attraverso il visore VR – mentre il secondo si è avvalso di dispositivi di force feedback, per permettere ai partecipanti di interagire con gli oggetti virtuali e aggiornare le loro sensazioni tattili in tempo reale».
Durante la prova, il simulatore VR ha rilevato numerosi dati riguardanti l’uso degli strumenti chirurgici da parte dei partecipanti, tra cui la posizione adottata per ogni singolo strumento, il suo tempo di utilizzo e il numero di azioni eseguite. Sono stati rilevati anche «il numero di contatti meningei durante la perforazione cranica, i contatti trigger prescritti durante il taglio meningeo e le resezioni tumorali eseguite».
Dall’analisi dell’enorme mole di dati raccolti durante la simulazione – illustra il team di ricerca – i cinque algoritmi di machine learning hanno dapprima estrapolato alcuni macro-parametri delle prestazioni neurochirurgiche, tra cui velocità, accelerazione, distanza, varianza e coefficiente di variazione del movimento dello strumento chirurgico. E, successivamente, facendo riferimento anche alla letteratura esistente, a partire da tali macro parametri sono stati definiti 91 indicatori di abilità neurochirurgica (poi ridotti a 15), raggruppati in quattro aree di competenza: movimento, coordinazione, sicurezza ed efficienza, con i quali sono stati valutati i differenti livelli di abilità dei partecipanti.
Valutazione personalizzata grazie al machine learning: i risultati emersi dalla simulazione neurochirurgica
La classificazione eseguita dai cinque algoritmi di machine learning messi a punto dai ricercatori della Yunnan Normal University è stata in grado di identificare e di quantificare le competenze dei tre diversi gruppi di chirurghi – dai differenti gradi di preparazione e di esperienza – e di ognuno di essi al loro interno. Competenze, a loro volta, correlate a molteplici indicatori di abilità chirurgiche afferenti a più parametri prestazionali.
Un’analisi complessa e approfondita, dunque, che si candida a divenire, in futuro, il terreno fertile per una metrica didattica innovativa nella formazione chirurgica in realtà virtuale.
I tre grafici contenuti nella figura sottostante traducono il lavoro di classificazione svolto dai modelli di apprendimento automatico, mostrando come la prestazione della maggior parte degli indicatori sia associata linearmente al livello di abilità chirurgica di ognuno dei gruppi di partecipanti.
Andando più in profondità, l’opera di classificazione da parte delle tecniche di apprendimento automatico ha altresì individuato quelli che sono stati i parametri prestazionali più critici dei singoli partecipanti alla simulazione neurochirurgica, riuscendo a rilevare anche le singole prestazioni di ognuno.
Ad esempio, «il ventitreesimo partecipante – rimarca il team – ha riscontrato problemi con il movimento del trapano durante lo scenario di perforazione del cranio, con l’angolo di movimento del bisturi durante il taglio meningeo e con la pinza chirurgica della mano sinistra durante la rimozione del tumore. Pertanto, la formazione successiva dovrebbe concentrarsi su queste aree specifiche».
E, ancora, «il sessantesimo partecipante ha mostrato movimenti non sufficientemente fluidi durante la perforazione del cranio e si è mosso con un angolo troppo grande. Inoltre, la traiettoria del taglio meningeo non era standardizzata, mentre l’ultimo partecipante non è stato in grado di raggiungere l’intervallo di angoli di movimento richiesto, in particolare durante la perforazione e la rimozione del tumore».
Glimpses of Futures
Quanto illustrato, fugando ogni dubbio sul potenziale delle tecniche di machine learning nel differenziare – classificandoli – i diversi livelli di abilità esibiti da ognuno, oltre che dal gruppo, durante le simulazioni neurochirurgiche in VR, offre una chiara metodologia per la valutazione personalizzata da applicare alla formazione chirurgica in realtà virtuale, fondamentale per poter tracciare percorsi didattici individuali destinati agli specializzandi in chirurgia, che siano più efficaci rispetto ai modelli standard di insegnamento accademico, che vogliono lo studente accanto al chirurgo senior in sala operatoria e impegnato nelle esercitazioni su manichini didattici o su costosi preparati anatomici da cadavere, provenienti dall’estero.
Con l’intento di anticipare possibili scenari futuri, proviamo ora a delineare – grazie alla matrice STEPS – gli impatti che l’evoluzione delle tecniche di valutazione personalizzata delle competenze acquisiste nell’ambito della formazione chirurgica in realtà virtuale potrebbe avere su più fronti.
S – SOCIAL: in futuro, nella formazione chirurgica in VR, l’evoluzione delle tecniche di intelligenza artificiale (come, appunto, l’apprendimento automatico) per la valutazione personalizzata delle competenze acquisite, condurranno, in sede di simulazione, a una comprensione sempre più tempestiva e approfondita dei comportamenti di ogni studente rispetto ai singoli parametri prestazionali e ai numerosi indicatori di abilità. E questo – per l’organizzazione didattica delle Università – sarà assai utile per due ragioni: in primis consentirà di sviluppare piani di formazione mirati per ciascuno, in base a ogni gruppo di competenze apprese, non apprese oppure apprese debolmente, concentrandosi, di volta in volta, sullo step formativo successivo; in secondo luogo porterà a un’accelerazione della formazione stessa. E non per un fatto di semplice velocizzazione dei processi, ma per un più immediato rilevamento di eventuali scarse prestazioni chirurgiche e per l’automatica messa a punto di un intervento formativo ad hoc teso a migliorarle. Piuttosto, dato il passaggio da una formazione collettiva standard a una formazione individuale e “autonoma” (le piattaforme VR offrono una formazione on-demand che può essere utilizzata sempre e ovunque), verso la quale la didattica chirurgica in VR spinge, c’è da domandarsi se gli Atenei italiani saranno in grado di gestire tale cambiamento e di tenere il passo, anche completando il lungo percorso di trasformazione tecnologica che da alcuni anni li vede al centro. E non senza difficoltà.
T – TECHNOLOGICAL: in uno scenario futuro, pensando a simulatori chirurgici VR in continua evoluzione, capaci di simulare scenari chirurgici e anatomia del paziente sempre più realistici, con rendering visivi e tattili potenziati, gli algoritmi di intelligenza artificiale deputati alla classificazione delle abilità apprese dagli studenti durante la formazione in realtà virtuale dovranno divenire ancora più potenti. Le tecniche AI a supporto della valutazione personalizzata delle competenze acquisiste potrebbero spingere – grazie a una mole ancora maggiore di dati rilevati dai simulatori di domani – verso l’analisi predittiva dell’apprendimento degli specializzandi, con l’obiettivo di prevedere, per ognuno di loro, la curva futura, con i progressi attesi nelle diverse abilità chirurgiche e con eventuali difficoltà e momenti di stasi. Questa spinta in avanti tecnologica costituirebbe una leva strategica, sia perché consentirebbe di avere un’anticipazione circa le future performance degli studenti, sia perché metterebbe nelle condizioni di pianificare interventi ad hoc e un supporto proattivo.
E – ECONOMIC: dal punto di vista economico, l’impatto, sulle casse delle Università italiane, della formazione chirurgica in realtà virtuale è più che positivo, se consideriamo i costi di gestione dei vecchi laboratori di anatomia, in cui gli studenti, fino a una decina di anni fa, cioè prima dell’avvento delle tecnologie immersive nella didattica chirurgica, si esercitavano prevalentemente su cadaveri importati da Università di Paesi come gli Stati Uniti o l’Olanda (dove la donazione del corpo dopo la morte per fini scientifici non è mai stata un tabù) e poi restituiti – a nostro carico – oppure addirittura acquistati dai nostri Atenei a prezzi non proprio contenuti. Ancora oggi – come accennato – vengono acquistati dall’estero preparati anatomici derivati da cadaveri, specie per consentire agli specializzandi delle nostre scuole di chirurgia di esercitarsi nelle suture delle ferite. Se ci focalizziamo sul rapporto costi-benefici del training chirurgico in realtà virtuale e sull’ipotesi che, in uno scenario futuro non lontano, esso possa sostituire del tutto – per quanto concerne determinate aree della chirurgia – manichini e parti di cadaveri nell’addestramento degli aspiranti chirurghi, ecco che l’evoluzione delle tecniche per la valutazione personalizzata delle competenze acquisite per mezzo della didattica VR assume un ruolo decisivo nel consolidare tale pratica e nel renderla efficace, non solo perché indiscutibilmente innovativa, ma anche perché meno dispendiosa.
P – POLITICAL: in futuro, con l’evolvere delle tecniche che lo abilitano, gli Organismi di Certificazione chirurgica dovranno assolutamente prendere in considerazione il metodo di valutazione personalizzata delle abilità acquisite con la didattica chirurgica in realtà virtuale, in quanto questo consentirebbe loro di verificare in modo più obiettivo ed efficiente anche le competenze di quei membri addestrati con simulatori VR e di identificare, tra loro, i chirurghi davvero qualificati, preziosi per la comunità. A tale riguardo, un esempio, nell’UE, di attività di Organismi di Certificazione chirurgica è dato dall’European Breast Surgical Oncology Certification, il cui impegno prevede la definizione, da parte di un gruppo di chirurghi senologici esperti da tutta Europa, di un «curriculum di conoscenze teoriche e di abilità pratiche attese da un chirurgo senologo qualificato che esercita nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo». Un altro interessante esempio di certificazione delle competenze chirurgiche è italiano ed è dato dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO), la quale propone un percorso formativo tecnico-pratico finalizzato proprio a fornire ai medici chirurghi una certificazione delle competenze su un tema specifico come la cura del paziente affetto da patologie respiratorie.
S – SUSTAINABILITY: sotto il profilo della sostenibilità sociale ed economica, l’impatto dato dalla formazione chirurgica in VR e dalla valutazione personalizzata di quanto appreso mediante tale strumento didattico, si esprime, in particolare, in quelle aree del mondo a basso e medio reddito, dove la carenza di chirurghi qualificati e l’accesso limitato a una formazione di qualità fanno sì che queste «emergano come un potente mezzo per responsabilizzare i professionisti locali, migliorare le cure chirurgiche e ridurre la dipendenza dall’intervento esterno». Allo stesso modo, osserva il team della Grossman School of Medicine di New York, autore, nel 2023, di “The Use of Virtual Reality in Surgical Training: Implications for Education, Patient Safety, and Global Health Equity”, l’addestramento chirurgico in realtà aumentata in contesti rurali, remoti e con poche risorse per formare personale medico-chirurgico – ma dove è comunque possibile prevedere l’accesso alle apparecchiature e a una connessione Internet – «potrebbe rappresentare una risorsa preziosa, grazie alla sua capacità di connettere tali comunità con altre in grado di fornire risorse educative».