USA e Giappone stringono un nuovo accordo di distribuzione dei REE, elementi sempre più imprescindibili per l’hi-tech ad ogni livello

Qualche giorno fa, MP Materials Corp e Sumitomo Corporation hanno annunciato un accordo per diversificare e rafforzare le forniture di terre rare in Giappone. In base a tale accordo, SC fungerà da distributore esclusivo dell’ossido NdPr prodotto dalla californiana MP Materials per i clienti giapponesi. Inoltre, le aziende collaboreranno alla fornitura di metalli delle terre rare e altri prodotti.

I materiali delle terre rare, come il neodimio-praseodimio, o NdPr, vengono utilizzati per produrre i magneti più potenti ed efficienti al mondo, elementi chiave per la produzione di oggetti tecnologici avanzati, tra cui smartphone, veicoli elettrici, turbine eoliche e altri gadget hi-tech di consumo.

Lo sforzo per elettrificare e decarbonizzare l’economia globale sta facendo crescere rapidamente la domanda di terre rare, superando la nuova offerta. E questo è un problema. O un’opportunità per alcuni paesi, come gli Stati Uniti, di sganciarsi dalla Cina, che è il primo produttore mondiale di terre rare.

Per questo, la diversificazione introdotta dalla partnership tra MP Materials Corp e Sumitomo Corporation rischia di pesare in maniera determinante sul futuro di Pechino, già messa sotto pressione dagli sforzi delle big tech di allontanarsi dalle fabbriche nel Paese, Apple in primis, che ha aperto e inaugurato nuovi stabilimenti in India per la realizzazione dei suoi prodotti.

Cosa sono le terre rare

Le terre rare o Rare Earth Metals (REE) sono un insieme di diciassette elementi metallici. Questi includono i quindici lantanidi sulla tavola periodica più lo scandio e l’ittrio. Come spiega lo US Geological Survey “Going Critical”, gli elementi delle terre rare sono componenti necessari di oltre 200 prodotti in un’ampia gamma di applicazioni, in particolare oggetti di consumo ad alta tecnologia.

Sebbene la quantità di REE utilizzata in un prodotto possa non essere una parte significativa in termini di peso, valore o volume, lo è per quanto riguarda il funzionamento del dispositivo in sé. Ad esempio, i magneti realizzati nelle terre rare spesso rappresentano solo una piccola frazione del peso totale di un computer, ma senza di essi i motori e le bobine mobili di desktop e laptop non sarebbero possibili.

Nel 1993, il 38% della produzione mondiale di REE era localizzata in Cina, il 33% negli Stati Uniti, il 12% in Australia e il 5% in Malesia e India. Diversi altri paesi, tra cui Brasile, Canada, Sudafrica, Sri Lanka e Tailandia, si dividevano una piccola fetta. Qualche anno più tardi, nel 2008, la Cina è arrivata a comprendere oltre il 90% della produzione mondiale di REE, raggiungendo nel 2011 ben il 97%.

Come si è giunti a questo punto?

Mezzo secolo fa, la US Mountain Pass Mine era il principale produttore di terre rare. Ma le preoccupazioni sui costi ambientali associati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi legati alla produzione di REE hanno spinto gran parte della produzione in Cina, dove le aziende godevano di normative ambientali permissive. Inoltre, Pechino si era concentrata sullo sviluppo dell’industria delle terre rare sin dagli anni ’50 con il sito di lavorazione di Baotou per i materiali provenienti dalla miniera di Obo come fiore all’occhiello della cooperazione sino-sovietica.

Predominio incontrollato

Il continuo predominio della Cina nel settore delle terre rare ha un serio impatto sulla capacità dell’Occidente di trovare soluzioni autonome per sostenere la propria supply chain.

Sebbene il complesso industriale occidentale dipenda da anni dalla Cina per le esportazioni di REE, la questione ha iniziato a suscitare preoccupazioni solo nel 2010, dopo che Pechino ha interrotto le esportazioni di materiali REE in Giappone a causa delle continue tensioni diplomatiche. Secondo la Federal Academy for Security Policy tedesca, la dipendenza della NATO dalle terre rare dalla Cina sembra essere persino maggiore della sua dipendenza dall’energia russa.

Chiaramente, la problematica delle terre rare cinesi non svanirà dall’oggi al domani. Il percorso verso l’autonomia (parziale) comporta una combinazione di diversi fattori: legislazione, alleanze internazionali e procedure di autorizzazione semplificate. I lunghi processi di autorizzazione, tra le altre cose, ostacoleranno probabilmente l’agilità dell’Occidente nel rispondere alla prossima crisi di Taiwan, dando a Pechino il sopravvento.

Per gli anni a venire la Cina sarà in grado di reagire a qualsiasi intervento nel caso di una contingenza di Taiwan, una carta che il Dragone Rosso ha dimostrato di poter giocare. L’asse USA-Giappone, rafforzato con l’alleanza tra MP Materials Corp e Sumitomo Corporation va letto in questa maniera: non una semplice mossa di business ma una risposta geo-politica al peso che la Cina ha conquistato nel tempo, nel settore delle terre rare, con molte responsabilità da parte dell’Occidente.

Dall’economia rinnovabile a quella militare e aerospaziale, passando per il commercio di auto elettriche, e ancora la fibra ottica e la produzione di smartphone, le terre rare sono fondamentali per l’economia del presente e lo saranno sempre di più in futuro. Pensare che siano solo un elemento di un’industria più complessa indurrebbe nell’errore. Rimetterle al centro di un diverso processo di ottenimento e di ottimizzazione ambientale, ad esempio con il riciclo dei RAEE, è invece questione centrale per ottenere una indipendenza maggiore dai pochi produttori che ne detengono il monopolio a livello globale.

Scritto da:

Antonino Caffo

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin