La Carnegie Mellon University della Pennsylvania e lo University of Pittsburgh Medical Center hanno sviluppato un nuovo approccio per addestrare un algoritmo in grado di evidenziare la presenza di lesioni dei vasi sanguigni placentari, indicatori del possibile sviluppo di una patologia potenzialmente mortale per mamma e feto.

La diagnosi prenatale oggi viene resa più rapida, sicura e accurata grazie alle applicazioni di intelligenza artificiale e machine learning. L’ultimo algoritmo sviluppato in questo senso offre la possibilità di esaminare la placenta e di individuare sull’organo che consente gli scambi metabolici tra madre e feto una tipologia di lesioni dei vasi sanguigni chiamata vasculopatia deciduale.

Queste lesioni costituiscono un indicatore del fatto che la madre è a rischio di preeclampsia, una complicanza che può risultare fatale in qualsiasi futura gravidanza, sia per la partoriente sia per il bambino.

La preeclampsia, un tempo nota anche come gestosi, è una sindrome contraddistinta da una serie di sintomi, non necessariamente compresenti, quali edema, proteinuria o ipertensione. Una volta rilevata la vasculopatia deciduale, a ridosso del primo parto, la donna, nel momento in cui è nuovamente incinta, viene messa sotto osservazione e l’eventuale insorgere di una preeclampsia può essere trattata prima ancora che compaiano i sintomi.

Diagnosi prenatale e preeclampsia: il limite umano nell’analisi dei vasi sanguigni della placenta

Il collegamento tra le due patologie è ben noto, ma riuscire a identificare la prima non è affatto semplice. Scattata una serie di foto a un campione di tessuto di placenta, infatti, lo specialista che le analizza si trova di fronte a centinaia di vasi sanguigni per ciascuna diapositiva, ed è sufficiente la presenza di un solo vaso malato per indicare il rischio di preeclampsia.

I patologi si allenano per anni per sviluppare la capacità di individuare la malattia in queste immagini, ma sono così tante le gravidanze che attraversano il sistema ospedaliero che non c’è il tempo materiale di ispezionare accuratamente ogni placenta

spiega Daniel Clymer, PhD, alumnus, Department of Mechanical Engineering della Carnegie Mellon University (CMU) di Pittsburg, Pennsylvania. È collaborando con lo University of Pittsburgh Medical Center (UPMC) che il gruppo di lavoro di Clymer ha elaborato l’algoritmo che potrebbe cambiare questo stato di cose.

Lo studio, pubblicato sull’American Journal of Pathology dimostra come esaminando una singola fotografia precedentemente analizzata dall’algoritmo, i patologi possono capire su quali aree dell’immagine concentrarsi per localizzare rapidamente e con una certa dose di sicurezza i vasi sanguigni che identificano la vasculopatia deciduale.

Medico con in mano ecografia prenatale e in alto la scritta “Diagnosi prenatale e preeclampsia”
La diagnosi prenatale, grazie alle applicazioni di intelligenza artificiale e machine learning, oggi è in grado di prevenire la preeclampsia, patologia potenzialmente mortale per mamma e feto.

L’approccio utilizzato per addestrare il nuovo algoritmo

Per un computer guardare un’immagine di grandi dimensioni e classificarla risulta un’operazione ancora piuttosto complessa, quindi il team ha introdotto un nuovo approccio attraverso il quale il lavoro della macchina è stato reso più gestibile da una serie di passaggi: innanzitutto, l’algoritmo rileva tutti i vasi sanguigni presenti in un’immagine.

Ogni vaso sanguigno può a questo punto essere considerato individualmente, grazie alla creazione di pacchetti di dati di dimensioni minori, ottimizzati per questo tipo di analisi.

Il computer accede così a ciascun vaso sanguigno e determina se deve essere considerato malato o sano. In questa fase, l’algoritmo considera anche le caratteristiche della gravidanza, come i tempi di gestazione, il peso alla nascita e qualsiasi condizione particolare in cui si trova la madre.

Se sono presenti vasi sanguigni malati, l’immagine – e quindi la placenta – è contrassegnata come malata. Come succede per qualsiasi programma di machine learning, tutto è partito dall’addestramento dell’algoritmo. In questo caso, le informazioni dategli in pasto erano costituite da diverse immagini di fette sottili di campioni di placenta.

I ricercatori hanno mostrato al computer varie diapositive, fornite dallo University of Pittsburgh Medical Center, e hanno indicato alla macchina volta per volta se la placenta rappresentata era malata o sana. Dopo adeguate sessioni di formazione, il programma è stato in grado di identificare autonomamente le lesioni malate.

Una pietra miliare nello sviluppo di algoritmi di classificazione della placenta

Quello svolto a quattro mani dal CMU e dall’UPMC è un lavoro estremamente prezioso, in quanto stiamo parlando di un campo ancora poco battuto da chi si occupa di algoritmi di classificazione della placenta, e anche per questo è difficile fare confronti con altri studi per stabilire l’efficacia del nuovo approccio.

Una pietra di paragone può però essere il rapporto “Maternal vascular underperfusion: nosology and reproducibility of placental reaction patterns”, per realizzare il quale l’equipe di Raymond Redline ha eseguito nel 2004 un sondaggio di gruppo su otto patologi, chiamati a classificare lesioni placentari da venti immagini intere. 

I risultati dell’indagine hanno messo in evidenza che la sensibilità e la specificità rispetto all’individuazione della patologia erano rispettivamente dell’88% e del 92%, ovvero sensibilmente inferiori ai tassi registrati sfruttando il nuovo algoritmo, pari al 94% in termini di sensibilità e al 96% per quanto riguarda la specificità. Precisa Daniel Clymer:

Questo algoritmo non sostituirà in tempi brevi il lavoro di un bravo patologo, ma potrebbe essere in grado di aiutare ad accelerare il processo di riconoscimento della vasculopatia deciduale contrassegnando le regioni dell’immagine in cui il patologo dovrebbe dare un’occhiata più approfondita

Scritto da:

Massimo Liverti

Giornalista Leggi articoli