È possibile utilizzare i droni per neutralizzare la mosca della frutta, insetto che, in Trentino, fa puntualmente danni, soprattutto agli alberi di pesco e di mele? La risposta viene dall’Istituto di Ricerca Fondazione Edmund Mach (FEM), che sta sperimentando la tecnica del rilascio del “maschio sterile”. Vediamo di che cosa si tratta.
L’impiego dei droni in frutticoltura è sempre meno un fatto isolato e sempre più “progetto” in grado di effettuare trattamenti mirati e a impatto zero, in direzione di una sostenibilità ambientale che poggia sulla concretezza. E la diffusione ragionata di insetti è un esempio eloquente di tale progettualità.
Ne sa qualcosa l’Istituto di Ricerca Fondazione Edmund Mach (FEM), che sta sperimentando la tecnica del rilascio del maschio sterile tramite droni, per neutralizzare la mosca della frutta, insetto che, in Trentino, fa puntualmente danni, soprattutto agli alberi di pesco e di mele.
In che cosa consiste? Nel rilasciare – attraverso l’utilizzo di droni – mosche della frutta sterili importate dalla Spagna. L’utilizzo di tale tecnica presenta un duplice beneficio: consente di ridurre la presenza di questo insetto nocivo e, allo stesso tempo, l’utilizzo di insetticidi, come accade in Spagna, dove questo metodo è ormai collaudato.
Droni e frutticoltura: contro la mosca della frutta vince l’approccio ecologico
Il Ceratitis Capitata – questo il nome latino della mosca mediterranea della frutta – è una tipologia di parassita proveniente dalle regioni situate nell’Africa orientale, diffuso in tutte le zone fruttifere presenti all’interno dell’area che si affaccia sul mare mediterraneo e in grado di attaccare più di trecento specie agrarie.
Considerata una delle specie più temibili a causa del suo elevato potenziale biologico, nel nostro Paese la si incontra nelle regioni al Sud e del Centro. Tuttavia, in seguito ai mutamenti di clima, ha provocato danni anche al Nord.
Nella regione del Trentino, ad esempio, risale a circa trent’anni fa il suo primo avvistamento, al quale ne sono, poi, seguiti altri, a significare una sua propagazione costante e progressiva nell’area.
Oggi, in Italia, il Ceratitis Capitata è presente nell’area all’interno dell’Alto Garda e nella Valle dell’Adige, in cui è causa di problemi soprattutto agli alberi di mele. Per limitare i danni, è fondamentale procedere per mezzo di interventi mirati a base di insetticidi ovo-larvicidi.
Ma c’è un problema: la mosca mediterranea della frutta assale le mele mature prima ancora della loro raccolta, quando non è consentito intervenire mediante alcun insetticida. Il che ha indotto a cercare soluzioni alternative. In particolare, le ricerche, oggi, si focalizzano sull’approccio ecologico, tra cui – ad esempio – quello del maschio sterile (Sterile insect technique – SIT), basato sul rilascio dei maschi sterili della specie.
Droni contro la mosca della frutta: il progetto dell’Istituto di Ricerca Fondazione Edmund Mach per l’area del Trentino
In Italia, la tecnica del maschio sterile è stata adottata nell’arco di tempo compreso tra il 2018 e il 2020 e, fin da subito, lo scopo è stato definire la possibilità della sua concreta applicazione, finalizzata al controllo della mosca mediterranea della frutta all’interno dell’area del Trentino.
Il primo step ha riguardato la messa a punto di una sequenza di operazioni più rapida possibile, finalizzata al passaggio dei maschi sterili – in fase post larvale – dalla biofabbrica ai punti di rilascio.
La rapidità, in questo caso, diventa un fattore determinante, in quanto – se non si vuole compromettere l’efficacia del metodo stesso – è importante che si agisca per ridurre il lasso di tempo trascorso dagli insetti in uno stato di carenza di ossigeno, dato dallo stadio post larvale che segue immediatamente l’uscita dalla biofabbrica.
Al conseguimento di questo obiettivo ha fatto seguito lo studio, in laboratorio, delle esatte sequenze che precedono il rilascio e del momento in cui questo avviene. Il tutto unitamente all’analisi delle dispersioni in campo e del numero di insetti ricatturati, oltre al bilancio del numero di accoppiamenti con la popolazione naturale. Osservano, infine, Gino Angeli e Serena Chiesa, del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Edmund Mach (FEM):
«Negli anni 2018 e 2019, i rilasci sono stati effettuati manualmente, mentre nel corso del 2020, terzo e ultimo anno del progetto, gli esperti della FEM si sono concentrati sullo sviluppo di un’alternativa attraverso l’uso dei droni. Con la collaborazione di ND Movie, che ha sviluppato il prototipo sperimentale per il rilascio, si sta procedendo con i primi test in campo»