Articolo a cura di Nicoletta Boldrini, Futures & Foresight Director e Direttrice Responsabile di Tech4Future, e Laura Maffei, Responsabile Area "Sviluppo del Sistema R&I: Ecosistemi di R&I e Foresight per la R&I" di HIT - Hub Innovazione Trentino
Nazionalismi, multipolarismo, poli-crisi, conflitti bellici aprono le porte ad una nuova era geopolitica ed incertezza e complessità caratterizzano quotidianamente le dinamiche che modellano il panorama globale. Ne parliamo con Abishur Prakash, esperto di geopolitica internazionale, autore del libro “The World Is Vertical: How Technology Is Remaking Globalization”.
Takeaway
L’INTERVISTA
T4F: In molte delle tue interviste e dei tuoi video, parli della geopolitica come la nuova grande forza trainante e trasformatrice che, più dello sviluppo tecnologico e della crisi Covid-19, oggi sembra capace di ridefinire – in modo radicale e senza precedenti – gli equilibri economici e politici globali. Iniziamo da qui a riflettere insieme.
Prakash: In questi ultimi giorni, diversi e fatti hanno interessato le cronache geopolitiche globali. La morte del Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, l’annuncio della Corte penale internazionale riguardante i mandati d’arresto per il leader israeliano Netanyahu e per il leader di Hamas; la decisione di Irlanda, Norvegia e Spagna di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina. Siamo cresciuti in un’epoca, in cui la geopolitica funzionava in base a determinati parametri, specifici paradigmi e definite direzioni. Mi riferisco al secondo dopoguerra, quando gli Stati Uniti guidavano il mondo e …ancora di più, dopo la guerra fredda. L’Occidente comandava, tutti gli altri seguivano. Un unico sistema per tutti, caratterizzato da cicli di cambiamento molto più lunghi rispetto a quelli dei nostri giorni. Una volta, solo ogni dieci anni si verificava un grande shock geopolitico: 20 anni fa, l’attacco dell’11 settembre alle Torri Gemelle; 10 anni fa, l’annessione della Crimea alla Russia ed ora, 10 anni dopo, la guerra in Ucraina. Oggi, invece, assistiamo settimanalmente se non quotidianamente, a shock geopolitici uno dopo l’altro. E non si tratta di shock che colpiscono solo specifiche parti geografiche – ad esempio la guerra civile siriana, un disastro umanitario enorme che però non ha avuto conseguenze necessariamente avvertite in tutto il mondo – ma riguardano il mondo intero e ne influenzano completamente il funzionamento. Per questo specifico motivo, sostengo che la geopolitica è diventata una forza di cambiamento più trasformativa, più dirompente della crisi dettata dal Coronavirus e della tecnologia. Nonostante lo sviluppo tecnologico odierno viaggi ad una velocità impressionante ed impensabile rispetto a qualche anno, il Metaverso, l’informatica quantistica, la robotica, ChatGPT… non riescono a riprodurre un cambiamento globale paragonabile a quello attuato dalla geopolitica dei giorni nostri. Penso sia iniziata una nuova era, il cui vero punto di svolta è stata la guerra in Ucraina, che ha spalancato le porte del cambiamento globale. Personalmente, identifico questa nuova era con il termine “Metamorfosi”, ossia una metamorfosi nel modo in cui la geopolitica funziona, rispetto ai parametri tradizionali. Per comprendere questo cambiamento, noi tutti siamo chiamati ad andare oltre le nostre idee, oltre le nostre opinioni e oltre le nostre convinzioni, sforzandoci di comprendere sempre più aree di influenza, variabili da monitorare costantemente e potenziale specifico che la geopolitica odierna in sé, detiene nel ridefinire società e nazioni.
T4F: Quali sono le caratteristiche di questa nuova era? Molti analisti affermano che ci troviamo ancora una volta in una “Guerra Fredda”; tuttavia, il contesto è profondamente mutato e diverso, influenzato da connessioni e relazioni molto più strette tra gli Stati sia in termini economici sia in termini politico-diplomatici. Ha ancora senso parlare di blocchi contrapposti, considerato lo scenario geopolitico multipolare attuale?
Prakash: A dire il vero, ho sentito usare il termine “guerra fredda” molte volte per definire ciò che sta accadendo; alcuni analisti usano addirittura il termine “nuova guerra fredda”. Personalmente, non sono d’accordo con questa espressione, perché il contesto odierno è diverso e va letto con lenti nuove. Non so quale sia l’espressione più corretta, se “mondo verticale” oppure altro, ma so per certo che la definizione “guerra fredda” non dà il senso né di urgenza né di gravità che la situazione richiede.
Solo un esempio: all’apice della guerra fredda, il PIL sovietico era la metà di quello americano, di fatto “limitando” l’Unione Sovietica a sola potenza nucleare, ma non di certo economica. Oggi il PIL della Cina sta per superare quello degli Stati Uniti. Da anni sentiamo dire che la Cina supererà gli Stati Uniti (ricordo di aver letto che nel 2024, 2027, 2028 la Cina sarà la più grande economia del mondo, a scapito degli Stati Uniti). Secondo gli economisti, la Cina supererà l’America nel 2040, ma in seguito frenerà la sua corsa tanto da rimanere indietro. Capite anche voi che siamo in un contesto completamente diverso. Quale esattamente? Quali sono gli elementi che influenzano questo nuovo ordine?
Il primo è che stiamo entrando in un mondo, in cui nessuna nazione riesce più a comandare. Prima decidevano gli Stati Uniti, ora non più. La Cina sta cercando di prendere il comando, ma rallenta la sua corsa e fatica a convincere le altre nazioni a seguirla. Si pensi alla diversa gestione degli accordi con l’Europa occidentale e con l’Europa Orientale: la visita di due settimane fa del Presidente cinese in Europa ha portato da una parte alla firma di accordi strategici con Ungheria e Serbia, ma nessun accordo di rilievo con Francia; a questo va senz’altro aggiunta, la fuoriuscita dell’Italia dalla “BRI – Belt Road Initiative”. È un conteso caratterizzato da mancanza di leadership, dove nessuna potenza ha la forza per decidere e dove ogni nazione preferisce concentrarsi sul proprio interesse nazionale e sulle proprie traiettorie di sviluppo, anziché sul bene comune e sul bene collettivo. Si rafforzano i confini, la propria cultura, le proprie idee e ideologie, l’opposto di ciò che è avvenuto negli ultimi settant’anni in cui si è lavorato per una maggiore integrazione e minori barriere. Non sto dicendo che fosse tutto positivo, sto solo evidenziando la direzione diversa, in cui il mondo si muoveva. Si trattava più che altro di integrare le diverse economie e le differenti società, di rafforzare le connessioni e le relazioni. Oggi invece, qualsiasi cosa succeda, ogni Nazione mette sé stessa prima di tutto (“America First”, ne è sicuramente un esempio). Si tratta del secondo elemento, una delle cause della rinascita delle sovranità e delle lotte di religione al centro delle società e nelle questioni di identità. Da qui derivano altri aspetti non trascurabili, tra cui la messa in discussione delle alleanze, anche storiche, nel nome di interessi nazionali specifici. Quando Trump era Presidente, molti dubbi sono emersi sul G7 (è ancora il club delle grandi potenze mondiali?). Gli Stati Uniti volevano aggiungere India, Australia, Corea del Sud e Giappone, ma i Paesi facenti parte del G7 hanno rifiutato, optando per la salvaguardia di un determinato tipo di contesto ed equilibrio. Il concetto di “Nation First” è molto importante.
Terzo punto, è che l’Europa gioca un ruolo centrale nel costruire un terzo polo accanto a Stati Uniti e Cina, qualora riesca a puntare sull’autonomia strategica. Un polo europeo, in cui l’Europa non sia dominata né dagli Stati Uniti né dalla Cina.
Quarto punto è che ci troviamo di fronte a un’era caratterizzata da una miriade di crisi multiple, che convergono nello stesso tempo. Ci sono le sfide demografiche: pensiamo a Paesi come l’Italia (che sta affrontando una sfida demografica dettata dal basso tasso di natalità e dall’invecchiamento della popolazione), la Grecia, la Germania, la Cina (la cui crisi sta intaccando la capacità di guidare la crescita economica e di conseguenza la costruzione di un potere geopolitico che corrisponda alle ambizioni dichiarate) ed il Giappone (il cui governo per far fronte al problema, apre all’immigrazione dai grandi numeri). In altri Paesi, come Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, che ugualmente vivono una crisi demografica, un invecchiamento della popolazione, al contrario si opta per politiche differenti, scegliendo di essere sempre più selettivi, limitando le entrate dei migranti.
Quinto elemento, il ruolo della tecnologia. Quando ho scritto il libro ” The World Is Vertical: How Technology Is Remaking Globalization”, lavoravo in azienda ed il mio focus era sulla geopolitica e sulla tecnologia. Allora, la tecnologia era nella fase di ricerca e sviluppo, cresceva nei laboratori e se applicata nel mondo, si trattava di contesti specifici, controllati e ristretti. Ora, invece, si sta diffondendo a livelli esponenziali in tutto il mondo. ChatGPT ne è un esempio, anche se non l’unico, così come le auto a guida autonoma ed i robot umanoidi cinesi, pronti a scatenare un enorme cambiamento geopolitico. Oggi la tecnologia inizia a muoversi – sulla scia della geopolitica – in modo trasversale ed inaspettati. Pensate a G42, una delle migliori aziende degli Emirati Arabi Uniti nel settore dell’intelligenza artificiale, al centro della lotta tra Stati Uniti e Cina: se da una parte l’azienda sviluppa partenariati con aziende americane, dall’altra i legami con le imprese cinesi continuano a creare preoccupazioni tra le autorità americane. Ecco, quindi, come tecnologia e geopolitica, fortemente connesse tra loro, possano insieme produrre imprevedibili effetti composti, che governi ed aziende sono chiamati a saper affrontare e gestire in modi del tutto nuovi.
T4F: I punti esposti sono forze di cambiamento evidenti, ma per un’analisi completa dello scacchiere mondiale dobbiamo considerare anche i segnali più deboli, contrastanti e complessi nelle loro implicazioni. Per esempio, il recente incontro tra Putin e XI Jinping che impatto ha nelle relazioni Europa – Russia – Cina?
Prakash: Sempre più con maggior frequenza emergono segnali contrastanti alcuni facili da decifrare, altri per nulla. Durante l’ultimo l’incontro tra Putin e Xi Jinping non è stata definita nessuna linea di cooperazione, che possa essere definita strategica. Nulla di importante, se paragonato agli incontri passati dove sono stati firmati accordi energetici e di scambio di valuta per centinaia di miliardi di dollari. Si è trattato di una visita, il cui preciso intento era quello di comunicare all’Occidente che Russia e Cina sono uniti, avanzano fianco a fianco e affronteranno insieme qualsiasi tempesta geopolitica si abbatta su di loro. Un netto spostamento verso oriente che ribadisce la direzione intrapresa dalla Russia ormai da tempo. Un altro esempio è l’invito fatto dai BRICS ad Argentina, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran ad unirsi al gruppo a partire da gennaio 2024. Mentre l’Argentina ha rifiutato l’adesione fin da subito, l’Arabia Saudita – che da un lato lavora per rinforzare la propria sovranità, costruire una nuova sfera d’influenza araba e ampliare le relazioni con le potenze globali – dall’altro prende tempo e si dichiara ancora indecisa quando si tratta di unirsi ai BRICS. E così l’Indonesia che, a seguito delle sanzioni dettate dagli Stati Uniti alla Russia, da una parte abbandona i sistemi di pagamento Visa e Mastercard producendone un proprio, ma dall’altra declina l’invito ad unirsi ai BRICS non solo per motivi economici ma anche per equilibri strategici più ampia portata. Quelli menzionati sono segnali contrastanti, equilibrismi che tutti i Paesi attualmente adottano ben consapevoli che alla fine, su un orizzonte temporale medio-lungo, dovranno scegliere da che parte stare. Si tratti degli Stati Uniti, della Cina, dell’Europa …ogni Nazione dovrà scegliere da che parte stare. La domanda che dobbiamo porci è: per quanto tempo le nazioni possono continuare a bilanciarsi in questo modo, prima che emergano numerose e complesse crisi? Mi spiego meglio. Dall’inizio della guerra in Ucraina, quasi tutte le iniziative “green” decise dall’Europa hanno subito una battuta di arresto. Sebbene la Commissione europea stia cercando di riavviarle, si trova in difficoltà perché chiamata ad affrontare altre sfide strategiche (le proteste degli agricoltori, la concorrenza tra USA e Cina, la competizione con altre nazioni che utilizzano tecnologie sovrane, ecc.) e quasi paralizzata da cambiamenti geopolitici in corso. Per questo, anche per l’Europa è fondamentale ridefinire e ribilanciare al meglio e con maggior precisione, ciò che si vuole ottenere rispetto a ciò che è effettivamente realizzabile.
T4F: Un’ultima provocazione… Ha ancora senso parlare di cooperazione internazionale, G7, G20 e ONU?
Prakash: La globalizzazione del secondo dopoguerra è stata criticata da molti Paesi per i motivi più disparati. Capisco il loro punto di vista, ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare che la globalizzazione ha creato una sorta di stabilità mondiale per decenni, portato centinaia di milioni di persone a uscire dalla povertà, definito lo sviluppo di sistemi globali e generato un periodo in cui l’innovazione, l’invenzione e il movimento delle persone sono decollati in modi che prima non erano neppure pensabili. Personalmente, credo che – oggi più che mai – sia fondamentale lavorare per mantenere un certo grado di connessione e cooperazione internazionale e organizzare forum di discussione ampi, in cui le nazioni possano incontrarsi, comunicare e parlare. L’alternativa è incredibilmente pericolosa: un mondo formato da nazioni isolate le une dalle altre, un sistema di imperi e sfere di influenza di tipo prebellico, in cui le nazioni non parlano e si guardano con ostilità, senza collaborare tra loro. Da qui l’importanza dei forum internazionali come il G20 e tutto ciò che permette di mantenere vive le relazioni internazionali a livello globale. Tuttavia, nell’attuale clima geopolitico, sta diventando sempre più difficile, quasi impossibile direi, far funzionare questi forum. Situazioni di stallo sono sfide e grattacapi per i Paesi che sempre più faticano a lavorare liberamente l’un con l’altro. Ormai i forum come il G7 e G20 sembrano essere diventati semplici eventi di gala annuali: si va, ci si stringe la mano, si mangia del buon cibo, si sorride, ma non si discute e non si ottiene nulla di concreto. E sarà così per molto tempo, direi almeno per questo decennio.
Abishur Prakash è founder, keynote speaker e autore. È uno dei massimi esperti mondiali di geopolitica. Prakash, nato in Nuova Zelanda da genitori indiani, ha vissuto la sua infanzia in Australia ed è cresciuto in Canada. È un esperto geopolitico. Da oltre un decennio, Prakash fornisce consulenza e previsione geopolitica ai leader del mondo degli affari e delle nazioni. È il fondatore di The Geopolitical Business, una società di consulenza con sede a Toronto, che aiuta le aziende a gestire la geopolitica in modo intelligente. Nel 2013, Prakash è stato tra i primi al mondo a definire “Next Geopolitics”, l’intersezione tra geopolitica e tecnologia. È autore di cinque libri, tra cui “Next Geopolitics: Volume One & Two” e “Go.AI (Geopolitics of Artificial Intelligence).” Il suo ultimo libro, “Il mondo è verticale: come la tecnologia sta ridefinendo la globalizzazione”, parla del nuovo design frammentato del globo, dove esistono barriere e muri ovunque. Oratore provocatorio porta un nuovo pensiero geopolitico al pubblico di tutto il mondo. È apparso anche in molti dei principali media mondiali, tra cui CNBC, Wall Street Journal, Nikkei Asia, Telegraph, CNN e Business Insider, tra gli altri.