La guerra è sempre un business per alcuni. La crisi ucraina, e il conseguente assedio economico finanziario occidentale alla Russia, rischiano di danneggiare seriamente tutta l’industria IT nazionale.  Il fenomeno è già in atto da almeno un anno e colpisce in particolare il mondo delle startup composto da giovani che sono più sensibili al tema ucraino. Ma dove c’è un vuoto c’è sempre qualcuno pronto a riempierlo: i cinesi stanno già colmando le lacune tecnologiche russe con i loro prodotti fisici e digitali. Al pari di come sta avvenendo con il mercato delle auto, dove il vuoto lasciato dai produttori occidentali è stato riempito dai cinesi, ora la Cina sta divenendo la costola tecnologica russa. Un fenomeno che, se si radicasse, permetterebbe alla tecnologia e sovranità digitale cinese di penetrare in vari segmenti della società civile russa, rischiando di rendere l’unione tra queste due nazioni inscindibile. Il caso della sovranità digitale cinese in Africa è un esempio che dovrebbe essere considerato per comprendere quel che può accadere in Russia.

Facciamo il punto. Per capire cosa succede in Russia partiamo da un caso storico e allarghiamo il focus sino a comprendere l’intera nazione.

Yandex

Dopo oltre un anno di crisi ucraina, il mondo dei nerd russi si preoccupa. Sono sempre di più i giovani russi esperti di tecnologia digitale che ritengono la Russia in via di isolamento culturale. Un caso tra tutti sembra indicare questa direzione: è il caso Yandex. Operava a livello globale con una parte della azienda registrata in Olanda. I suoi ingegneri competevano con successo con gli equivalenti americani. Yandex era una realtà pari a Google, in Russia, e offriva oltre 90 servizi che coprivano tutte le necessità degli utenti. Tra i servizi offerti c’erano il servizio di piattaforma di contenuti e aggregatore di notizie. Oggi è stata frammentata, ridotta ai minimi termini e venduta a VKontakte (VK), il “Facebook” russo partecipato da personaggi molto filo governativo. Il caso merita una riflessione per comprendere come lo scenario tech digitale russo si stia in/evolvendo.

La piattaforma Yandex all’inizio del conflitto era il sito dove ogni russo si collegava per le notizie fresche. Con l’inizio della crisi ucraina la piattaforma registrò un record giornaliero di circa 13 milioni di utenti, che si collegavano per comprendere cosa stesse succedendo. Tuttavia le informazioni raccolte da Yandex erano di parte: circa il 70% delle news visionabili provenivano da media partecipati dallo stato russo. La situazione di Yandex era critica per due ragioni: se avesse mosso lamentale in merito ai contenuti che raggruppava (filo russi) sarebbe stata oggetto di attenzioni dallo stato russo. Tuttavia con le sue informazioni molto filo russe era già divenuta oggetto di attenzioni del mondo occidentale, con cui Yandez ambiva ad avere sempre più relazioni commerciali. La neutralità di Yandex venne presto presa di mira dall’Occidente: 3 settimane dopo l’invasione Khudaverdyan, fondatore della piattaforma, venne sanzionato dalla UE. La sua colpa era di impedire, o inibire, l’acquisizione di informazioni occidentali da parte dei suoi utenti. Di fatto venne equiparato a tutti gli altri moghul dei media russi filo putiniani. Khudaverdyan, forse nel tentativo di arginare la crisi, decise di rinunciare al suo ruolo di Ceo. 4 giorni dopo Yandex venne buttata fuori dal Nasdaq, la borsa tech americana. In giugno anche Arkady Volozh, il cofondatore di Yandex che operava in parte dalla Russia in parte da Israele, venne sanzionato e decise di lasciare la posizione in Yandex. Con la fuga dei due fondatori l’emorragia di dipendenti Yandex verso altre aziende, in alcuni casi anche altre nazioni, continuò senza fine. Per cercare di contenere la crisi il management di Yandex decise di distanziarsi dal mondo news e contenuti, vendendo questi comparti a Vk e acquisendo dalla stessa il suo dipartimento di consegne cibo. L’accordo conclusosi a settembre sembrava aver posto un’argine alla crisi. A novembre 2022 Yandex annunciava di essere finita come l’entità conosciuta da tutti. La sezione contenuti divenne parte degli asset gestiti dall’economista Alexei Kudrin, allineato con il pensiero di Putin. Il resto fuori dalla Russia rimane indipendente, tuttavia la sua posizione di leader di mercato russo è ormai inesistente e l’azienda europea ora resta fortemente menomata. 

La Russia e la presenza del governo

Il caso di Yandex è il più famoso ma non è un evento isolato. La visione statalista russa (non dissimile da quella cinese, ma con un approccio più diretto) è da sempre opposta a piattaforme che possono divenire territorio di propaganda occidentale (o oggetto di dissenso politico a seconda di come la si vuol vedere). Quando Facebook e Twitter divennero luoghi di dissenso la Russia prese le contromisure necessarie. Per mantenere un controllo sui social il governo russo ha definito differenti leggi con un carattere restrittivo, specialmente nei social media. Dopo una serie di arresti di utenti che postavano contenuti filo occidentali piattaforme come Facebook, Twitter, Linkedin dovettero far bagagli. VKontakte, spesso considerata la Facebook russa, venne di fatto nazionalizzata quando, nel 2014 Pavel Durov, il fondatore, venne invitato a lasciare l’azienda. Durov che in seguito, una volta fuori dalla Russia, creò Telegram, descrisse la Russia come nazione incompatibile con il business d‘internet. Stante uno studio del National Research University Higher School of Economics molti fondatori di unicorni russi han lasciato la madre patria. Il fenomeno di espansione della Russia nel mondo digitale fu velocizzato con la (ri)annessione della Crimea nel 2014. Le sanzioni occidentali spinsero Putin a varare un ambizioso progetto di sovranità digitale di internet, il RuNet. La crisi ucraina del 2022 ha ridato slancio a questa iniziativa che molti ritenevano naufragata. Il governo ha bloccato l’accesso a piattaforme come Instagram, Facebook, e Twitter, una mossa che ha permesso di magnificare il controllo sui media nei confronti dei cittadini russi. A Putinlandia si è lavorato sodo per poter sostituire tutte le principali piattaforme internazionali con versioni nazionali controllabili. Al posto di Google Play e Apple AppStore, VK, congiuntamente con il ministero dello sviluppo digitale, ha lanciato una realtà domestica RuStore. TikTok, Instagram, e YouTube hanno i loro equivalenti con Yappy, Rossgram, e RuTube. Per incentivare con maggior interesse gli sviluppatori nazionali la Russia ha promesso di finanziare l’industria IT (hardware e software) con circa 3.19 trilioni di rubli, quasi 41.2$ miliardi, entro il 2030. Tuttavia costruire un’industria quasi da zero, come insegnano le scelte cinesi degli ultimi anni, è sfidante. Per esempio le stime del governo mostrano che la Russia, nel settore dei chip, è indietro di almeno 10-15 anni rispetto all’Occidente: un’era geologica, nel mondo IT. Prima delle sanzioni la Russia importava circa 19$ miliardi di valore di beni ad alta tecnologia; la maggioranza delle importazioni erano da Usa e UE. A causa delle restrizioni imposte dagli occidentali la nazione ha perso l’accesso a prodotti digitali e aggiornamenti di aziende come Cisco, SAP, Oracle, IBM, TSMC, Nokia, Ericsson e Samsung. La crisi ucraina ha accelerato un processo di nazionalizzazione che la Russia ormai porta avanti da oltre un decennio. Il settore tecnologico digitale russo non è l’industria più rilevante, in termini di PIL, tuttavia era un’industria in forte crescita. Tra il 2015 e il 2021 il settore IT era responsabile di circa 1/3 della crescita del Pil: circa 3.7 trilioni di rubli, l’equivalente di circa 48$ miliardi, nel 2021. Anche se rappresentava solo il 3,5% del Pil nazionale, la sua contrazione è un duro colpo per l’evoluzione russa. Il settore IT è funzionale a molte altre industrie tra cui quella estrattiva, chimica, agricola e militare.

La Cina e i nerd cinesi

Quello che per la Russia è una tragedia per i cinesi è un’opportunità insperata. A partire dal 2022 la Cina ha iniziato una massiccia opera di esportazioni in Russia. I semi-conduttori del dragone stanno riempiendo i vuoti lasciati dai fornitori europei e americani. Dopo un’iniziale crollo delle esportazioni, quando il governo cinese temeva le ripercussioni con l’Occidente, i commerci con la Russia sono tornati ai livelli pre-crisi ucraina. I prodotti tecnologici cinesi e i loro produttori, come la SMIC, sono a loro volta legati a forniture europee e americane. Tuttavia questa filiera “più allungata” non è sottoposta a vere sanzioni da parte degli Usa e Europei, che temono di inimicarsi il mercato cinese. I produttori di schede madri russi hanno modificato i loro prodotti in modo da poter ospitare i nuovi chip cinesi (che son creati grazie alla TMSC di Singapore). Per quanto i prodotti cinesi siano più lenti, e consumino più energia dei chip Intel e AMD, sono prodotti adatti per la navigazione in rete e il lavoro d’ufficio. La cooperazione Cina-Russia nel mondo digitale è, potremmo dire, il cavallo di troia che XI non avrebbe mai sperato di ottenere, specialmente grazie agli occidentali. Anche i recenti accordi in materie come energia, spazio e industria agricola sono sintomatici di una sempre crescente compenetrazione delle due nazioni, dove la Russia è il fornitore di materie prime economiche vitali per la Cina e il dragone è il maggior fornitore di tecnologie, forse meno avanzate rispetto a quelle occidentali, ma pur sempre valide per le industrie russe. La superiorità cinese, in materia di sovranità digitale, si è già manifestata a pieno in Africa, dove il dragone ormai possiede sia l’hardware (Huawei in testa) sia il digitale (WeChat & Co) che possono influenzare la popolazione. Ovviamente la sovranità cinese in Africa ha un valore fondamentale per poter influenzare sia i cittadini africani sia i loro leader, che ormai guardano alla Cina come la nazione da cui apprendere nuove visioni, oltre che contenuti di intrattenimento e notizie. La Russia, essendo un unico stato, è più difficile che venga influenzata come la frammentata Africa. Tuttavia un binomio dove la Russia fornisce materie prime e la Cina potere digitale (hardware e software) è l’incubo che i vecchi strateghi americani della guerra fredda, a partire da Brzezinski, han sempre cercato di evitare. Con la crescente dipendenza della Russia dalle tecnologie cinesi è plausibile che Putin possa divenire in gran parte indipendente dall’Occidente, uno scenario al momento a vantaggio di Usa e Eu ma, sul lungo, un grave rischio per la visione monopolare occidentale di cui gli Usa si sono fatti alfieri dal crollo del muro di Berlino.

Scritto da:

Enrico Verga

Analista e Editorialista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin