Un imponente studio che vede coinvolti oltre 14.600 tra impiegati, manager, responsabili HR ed executive e C-Level di quattordici Paesi nel mondo, indica la strada alle aziende per mettere in atto quei cambiamenti che tengano conto di una forza lavoro uscita dalla pandemia desiderosa di rimettersi in gioco, più consapevole delle proprie priorità in ambito professionale e del modo in cui migliorare, attraverso la tecnologia, le competenze e il percorso di carriera.

TAKEAWAY

  • Una ricerca a cura di Oracle e Workplace Intelligence ci restituisce la fotografia dei lavoratori oggi, a un anno e mezzo dalla fine del primo grave lockdown, cogliendo il loro attuale modo di porsi nei confronti del lavoro.
  • Tra i tanti dati emersi, quello in base al quale i lavoratori, nel post-covid, sono pronti a riprendere in mano la propria carriera. Ma l’85% è insoddisfatto del supporto che riceve e vorrebbe che l’azienda offrisse maggiori opportunità di formazione e di sviluppo delle competenze.
  • Un altro dato di rilievo ci dice che è cresciuta la fiducia dei lavoratori nei confronti delle nuove tecnologie, con un 82% che crede che robot e intelligenza artificiale possano supportare la loro crescita professionale in modo più affidabile rispetto a quanto farebbero gli esseri umani.

La tecnologia è di aiuto ai lavoratori nel riprendere il controllo della propria vita professionale dopo l’emergenza pandemica? E, più nello specifico, esiste una relazione stretta tra le tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale e lavoro dopo un periodo di grave crisi, come quello dal quale, a livello globale, stiamo uscendo? Prima di tentare una risposta a tali domande, è necessario fare un passo indietro e inquadrare lo scenario al quale si sta facendo riferimento.

Nella sua drammaticità di malattia epidemica, il Covid ha saputo incidere negativamente su tutte le sfere del vivere, compresa quella lavorativa. Di questa non ha stravolto solo gli schemi, gli aspetti organizzativi, le modalità, le interazioni tra datori e dipendenti e tra i dipendenti stessi, ma anche gli animi delle persone, instillando – secondo quanto riporta il Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute mentale dell’ISS –  la paura di perdere il posto di lavoro, l’ansia di doversi adattare a nuove situazioni, il senso di solitudine dovuto al distanziamento sociale, la mancanza di motivazione, oltre alle preoccupazioni per le molte difficoltà finanziarie.

A sondare come i lavoratori si sentono oggi, a distanza di un anno e mezzo dalla fine del primo grave lockdown, e a cercare di cogliere il loro attuale modo di porsi nei confronti del lavoro, uno studio condotto da Oracle e Workplace Intelligence che – nel periodo di tempo compreso tra il 27 luglio e il 17 agosto 2021 – ha coinvolto oltre 14.600 tra impiegati, manager, responsabili HR ed executive e C-Level di ben quattordici Paesi nel mondo, ponendo loro domande circa l’impatto del Covid, la carriera lavorativa e l’utilizzo delle tecnologie nell’ambito della propria professione.

Ma entriamo nel vivo della ricerca realizzata, guardando da vicino i dati quantitativi e qualitativi che sono emersi.

I lavoratori nel post-covid: pronti a riprendere in mano la propria carriera. E le aziende come rispondono?

Il dato di partenza, posto in rilievo dallo studio in tema di intelligenza artificiale e lavoro, riguarda l’elevata percentuale di lavoratori intervistati (l’80%) che si sono sentiti colpiti negativamente dalla pandemia. Ma, accanto a questo dato, un altro altrettanto importante, in base al quale il 93% di coloro che, a livello globale, hanno vissuto con particolare disagio la crisi «ha utilizzato quel periodo per riflettere sulla propria vita personale e professionale e pensare al futuro».

Da un periodo nero, un rinnovato ottimismo e un nuovo entusiasmo, dunque, dai quali ha origine – per l’83% degli intervistati – il desiderio, nel 2022, di apportare cambiamenti alla propria carriera lavorativa, con, nel dettaglio, il 43% che punta ad acquisire nuove competenze e a migliorare il proprio grado di istruzione, il 34% a ottenere una promozione e il 23% ad assumere un nuovo ruolo all’interno dell’organizzazione.

Quanto vissuto durante l’emergenza sanitaria ha cambiato il significato attribuito al “successo sul lavoro” che, oggi, nel mondo, per quasi nove intervistati su dieci, coincide col raggiungimento di un equilibrio tra lavoro e vita privata (42%), l’essere in buona salute sotto il profilo psico-emotivo (37%) e poter godere di flessibilità in termini di tempistiche e di luoghi in cui esercitare il proprio lavoro.

Equilibrio, buona salute, flessibilità: si tratta di priorità diverse rispetto al passato, che vanno a riflettersi sul modo di considerare il datore di lavoro e l’azienda per la quale si presta servizio. A livello globale, non è più lo stipendio in cima alla lista dei desideri del lavoratore, bensì un ambiente di lavoro che possa andare nella direzione delle nuove priorità.

E le aziende? Tengono conto di queste trasformazioni? Sono di aiuto e di guida ai dipendenti nel loro rinnovato slancio, nella ritrovata motivazione al miglioramento di quella che è la loro condizione lavorativa? Il 76% dei lavoratori che, nel mondo, hanno preso parte al sondaggio afferma di incontrare grandi ostacoli nel proprio percorso professionale e di non sentire di avere opportunità di crescita all’interno dell’azienda in cui lavora.

E addirittura l’85% si dice insoddisfatto del supporto che riceve e vorrebbe che l’azienda offrisse “maggiori opportunità di formazione e di sviluppo delle competenze, opportunità di assumere nuovi ruoli, flessibilità e l’adozione di tecnologie che possano per aiutarli nelle loro carriere“.

Intelligenza artificiale e lavoro: illustrazione con, in primo piano, la domanda “L’intelligenza artificiale è più affidabile delle persone?” e, sulla destra, una mano robotica che regge una vignetta contenente la frase “82% dei lavoratori pensa di sì!”
È uno dei dati che emergono dallo studio che indaga l’impatto della pandemia sui luoghi di lavoro, lo sviluppo della carriera e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ambito della propria professione.

Intelligenza artificiale e lavoro: è cresciuta la fiducia nei confronti delle nuove tecnologie

In base ai dati del sondaggio in tema di intelligenza artificiale e lavoro, se l’85% dei lavoratori intervistati vorrebbe che l’azienda adottasse, al proprio interno, tecnologie volte ad aiutarli nelle loro carriere, l’82% crede addirittura che robot e intelligenza artificiale possano supportare la loro crescita professionale in modo più efficiente e affidabile rispetto a quanto farebbero gli esseri umani [per approfondimenti sull’AI, consigliamo la lettura della nostra guida all’intelligenza artificiale che spiega cos’è, a cosa serve e quali sono gli esempi applicativi – ndr]. E il 75% apporterebbe cambiamenti nella propria vita in base a raccomandazioni e suggerimenti ricevuti da robot.

Si tratta di dati che forse che non ci aspettava e che, se confrontati con lo scenario di qualche anno fa, ci appaiono inediti. Quello che è chiaro è che denotano maggiore apertura e maggiore fiducia nei confronti dell’innovazione tecnologica, confermando un abito mentale acquisito durante il Covid, quando i lavoratori di tutto il mondo hanno dovuto adattarsi rapidamente – a causa dell’esigenza di lavorare da remoto – all’utilizzo delle più recenti tecnologie digitali.

I lavoratori che, al contrario, vi ripongono meno fiducia sono quelli di Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, dove – rileva la ricerca – meno di due persone su tre prenderebbero decisioni personali o relative alla propria carriera in base a input provenienti da una macchina.

Riguardo, nello specifico, alle tecniche di intelligenza artificiale, soltanto il 47% degli intervistati riferisce che l’azienda per cui lavora le sta attualmente utilizzando, mentre il 31% afferma che questa è ben lontana dal farlo.

Analizzando in profondità il perché quell’82% del campione si sentirebbe maggiormente supportato da un robot nella propria crescita professionale, quello che emerge è che la macchina – rispetto a quanto farebbe una persona – sarebbe più abile nel dare consigli imparziali (37%), nel fornire risorse in linea con le competenze o gli obiettivi (33%), nel rispondere più rapidamente alle domande sulla propria carriera (33%) e, in ultimo, a trovare nuovi lavori che si adattino alle competenze attuali dei lavoratori (32%).

Ma non solo. Secondo oltre la metà dei dipendenti intervistati, l’uso dell’intelligenza artificiale in azienda “li aiuterebbe a sentirsi più responsabilizzati e ad avere un maggiore controllo della propria carriera“. E, infine, un ultimo dato, che la dice lunga sul modo in cui, oggi, a livello globale, si guarda ai datori di lavoro, con il 55% degli intervistati che si dice più propenso a lavorare con chi, in azienda, utilizza l’intelligenza artificiale per supportare la crescita professionale dei suoi dipendenti.

Intelligenza artificiale e lavoro: perché è importante che le aziende velocizzino l’adozione di soluzioni AI

I contenuti della ricerca realizzata da Oracle e Workplace Intelligence in materia di intelligenza artificiale e lavoroindicano la strada alle aziende, tracciano la via da seguire nel mettere in atto quei cambiamenti che tengano conto di una forza lavoro uscita dalla pandemia desiderosa di rimettersi in gioco, più consapevole delle proprie priorità in ambito professionale e del modo in cui migliorare le proprie competenze e il percorso di carriera.

E in questo nuovo atteggiamento mentale, l’intelligenza artificiale – dai dati raccolti – emerge quale strumento di crescita, non solo, ormai, ampiamente accettato dai lavoratori, ma verso il quale questi nutrono più fiducia rispetto al passato.

Per le imprese, assecondare i mutati bisogni e le nuove esigenze dei propri dipendenti, investendo nella loro crescita professionale, non solo si tradurrebbe in un capitale umano più competente, motivato e produttivo, in grado di avanzare nella propria carriera lavorativa e, dunque, più realizzato a livello personale, ma anche – aspetto saliente – in una maggiore crescita del business, nonché in un’immagine – agli occhi dei dipendenti – di organizzazione più innovativa, di supporto ai lavoratori e in grado di trattenere i propri talenti

Le interviste realizzate ci parlano solo di un 27% di aziende che – nel mondo – si avvalgono dell’intelligenza artificiale, in particolare, per identificare e ricoprire i ruoli interni. Una percentuale nettamente bassa, che sta a indicare che c’è ancora molta strada da compiere. Tuttavia, questo particolare momento storico – che segna la rinascita, l’inizio della ripresa dalla crisi pandemica – rappresenta, per le aziende, un’opportunità di cambiamento, un’occasione per iniziare a guardare alla crescita professionale della propria forza lavoro, fornendole tutti gli strumenti di cui han bisogno per affrontare il futuro, come strategia a lungo termine.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin