Il crescente interesse per la stima automatica dell'età mediante l'utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale solleva la questione circa il confronto tra prestazioni della macchina e prestazioni dell’essere umano sul tema.

È andato aumentando, negli ultimi anni, l’interesse nei confronti delle prestazioni delle tecniche di intelligenza artificiale nell’ambito della percezione dell’età delle persone a partire dall’analisi delle diverse espressioni facciali.

Parallelamente a tale interesse, ha preso sempre più corpo la questione relativa al confronto tra le prestazioni dell’AI e le prestazioni umane nella stima dell’età, compresi i pregiudizi nel giudicarla.

In particolare, «precedenti ricerche hanno identificato pregiudizi e imprecisioni ben noti nella capacità umana di stimare l’età dall’aspetto del viso. […] Forse uno dei pregiudizi più sottili riguarda il modo in cui il sorriso influenza l’età percepita. Recenti ricerche suggeriscono che, contrariamente alla credenza comune, i volti sorridenti vengono percepiti come più vecchi rispetto ai volti delle stesse persone quando hanno un’espressione neutra. Si presume che questo “effetto invecchiamento” sia dovuto alla formazione di rughe legate al sorriso nella regione degli occhi»

osserva il team autore di “Biases in human perception of facial age are present and more exaggerated in current AI technology” – che ha visto il lavoro congiunto del Dipartimento di Psicologia e del Dipartimento di Scienze Cognitive della Ben-Gurion University, in Israele, nonché dell’Institute for Neuroscience della University of Western Ontario, in Canada – studio, in cui sono state messe a confronto le prestazioni di osservatori umani e di diversi programmi di intelligenza artificiale nella percezione dell’età delle persone dalle foto dei loro volti. Vediamo che cosa ne è emerso.

Intelligenza artificiale e percezione dell’età: il paragone tra prestazioni umane e algoritmiche

Al di là del pregiudizio legato a quello che viene definito “effetto di invecchiamento del sorriso”, le valutazioni umane circa l’età dei volti sorridenti (così come dei volti segnati da qualsiasi altro tipo di espressione) sono generalmente meno accurate delle valutazioni dell’età dei volti neutri. È questa la tesi dalla quale muove lo studio citato, in tema di intelligenza artificiale e percezione dell’età.

Considerando, invece, la valutazione automatizzata dell’età impiegando le tecniche AI, le piattaforme attuali – spiegano gli autori dello studio – utilizzano algoritmi di machine learning addestrati su un ampio set di immagini di espressioni di visi, al fine di ottenere prestazioni accurate. E precisano che «l’attuale interesse per la materia fa parte – laddove le telecamere con algoritmi di riconoscimento facciale a bordo sono consentite – di un più ampio tentativo di estrarre automaticamente dai volti umani diverse caratteristiche, inclusa l’identità di genere e altre tipologie di informazioni».

Nello specifico, l’attenzione nei riguardi della stima automatica dell’età da parte di sviluppatori e aziende AI è rafforzata [specie in quei paesi extra UE in cui l’Autorità preposta alla salvaguardia della privacy e della riservatezza dei dati lo permette – ndr] dal suo utilizzo nei punti vendita, per applicazioni di video analisi al servizio del business.

Esistono, poi, ricorda il team di ricercatori, numerose app e pagine Web che offrono tecnologie per la stima dell’età basate su semplici foto caricate dagli utenti. Nonostante, però, questo trend, al momento non è ancora chiaro come l’intelligenza artificiale si confronti con le prestazioni umane e se soffra degli stessi pregiudizi ed errori.

Per questo motivo, il gruppo di ricerca ha raccolto i dati sulle prestazioni dell’AI nell’arco di tempo compreso tra il 2020 e il 2022, fornendo un insieme rappresentativo di ventuno tecnologie di stima dell’età, includendo piattaforme di aziende operanti nel settore, nonché i siti Web e le app oggi più popolari.

Le prestazioni AI sono state confrontate con le prestazioni di trenta studenti dell’Università Ben Gurion del Negev, in Israele, previo il loro consenso inerente alla privacy. Ecco, di seguito, la metodologia applicata e l’analisi di quanto evidenziato in fase di esperimento.

Il metodo di ricerca adottato

Lo studio in tema di intelligenza artificiale e percezione dell’età analizzando le espressioni dei volti, ha visto l’utilizzo di un set di dati comprendente 480 foto di donne e di uominiciascuno fotografato con espressioni del volto neutre e sorridenti. Le foto sono state equamente suddivise in tre gruppi di età: giovani adulti (20-40 anni), adulti di mezza età (40-60) e anziani (60-80 anni).

Così come nel caso dei sistemi di intelligenza artificiale presi in esame, ogni fotografia è stata presentata separatamente a ognuno dei partecipanti umani, chiedendo di digitare la loro risposta su una tastiera.

«L’unica differenza sostanziale nell’esperimento eseguito sui trenta partecipanti umani rispetto al test sui ventuno sistemi AI, ha riguardato il controbilanciamento del set di stimoli visivi, in modo che a ciascun partecipante venisse presentata una foto alla volta – sorridente o neutra – della stessa persona» specificano gli autori.

Preoccupazione – questa – irrilevante nel caso dei sistemi AI, in quanto nessuno di essi memorizzava dati presentati in precedenza o faceva affidamento su risposte precedenti per le stime dell’età, che erano invece basate interamente sull’immagine presentata al momento.

Per ogni partecipante (umano e artificiale), i punteggi sono stati calcolati – relativamente a ciascuna fotografia mostrata – utilizzando la differenza media assoluta tra l’età stimata e quella reale. Invece, i punteggi riguardanti i pregiudizi sono stati calcolati sottraendo l’età reale dall’età stimata.

Intelligenza artificiale e percezione dell’età: i risultati del confronto

In tema di intelligenza artificiale e percezione dell’età, un primo dato emerso dal confronto tra esseri umani e macchine vede le prestazioni medie dell’AI abbassarsi drasticamente (rispetto alle prestazioni umane) per i volti degli adulti più anziani rispetto ai volti di adulti giovani e di mezza età.

In secondo luogo – dato forse più interessante, sottolineano gli autori – il fatto che proprio come nella percezione umana, i sistemi di intelligenza artificiale considerati hanno stimato l’età dei volti sorridenti come più vecchi dei volti neutri delle stesse persone.

«Come nel caso degli osservatori umani, questo effetto era più pronunciato per i volti di adulti più giovani e di mezza età e più contenuto per i volti di adulti più anziani. Tuttavia, la dimensione dell’ “effetto invecchiamento” per l’AI era maggiore per i volti di giovani adulti rispetto a quanto osservato nei partecipanti umani. E anche la sua diminuzione per i volti più anziani era maggiore»

fa notare il team. Un altro dato emerso riguarda la precisione complessiva delle prestazioni che, sia nel caso degli osservatori umani che nell’AI, sono diminuite di fronte alle espressioni dei volti sorridenti rispetto ai volti neutri, con un effetto evidente in tutte le fasce d’età. Ancora una volta, però, tale diminuzione è stata maggiore nei sistemi di intelligenza artificiale.

«Una tendenza simile – rimarcano gli autori – è stata riscontrata per l’effetto del genere. L’accuratezza delle prestazioni quando i volti mostrati erano maschili era superiore a quella dei volti femminili. Un effetto riscontrato per tutti i gruppi di età nell’AI, ma solo per gli anziani negli osservatori umani. Non sorprende, quindi, che la diminuzione complessiva dell’accuratezza dell’età per le donne rispetto ai volti maschili sia stata maggiore nell’intelligenza artificiale».

Infine, come nel caso delle prestazioni umane, l’intelligenza artificiale ha mostrato pregiudizi dipendenti dal gruppo di età: in particolare, i volti dei giovani adulti sono stati sovrastimati rispetto alla loro età reale, mentre i volti degli adulti più anziani sono stati sottovalutati rispetto alla loro età reale. E ancora una volta, questa modulazione del pregiudizio con il gruppo di età era maggiore nelle stime eseguite dai sistemi di intelligenza artificiale.

Considerazioni conclusive

Il modello generale dei risultati dello studio in tema di intelligenza artificiale e percezione dell’età è stato solido: l’AI ha mostrato pregiudizi e imprecisioni nella stima dell’età simili a quelli umani, in tutti gli aspetti delle prestazioni testati. Inoltre, tutti i pregiudizi e le imprecisioni erano significativamente maggiori nell’AI che negli osservatori umani.

«Poiché i programmi di intelligenza artificiale, a differenza degli osservatori umani, non hanno preconcetti, né opinioni sugli effetti della fascia di età, del genere o dell’espressione facciale sull’età apparente, i risultati suggeriscono che i loro pregiudizi nella percezione dell’età umana siano fortemente guidati dalle proprietà visive delle volti» precisa il gruppo di studio.

Nel complesso, per fascia di età, sesso ed espressione facciale, nella serie di foto che è stata presentata, l’accuratezza media nella stima dell’età era significativamente più alta negli osservatori umani che nell’intelligenza artificiale.

È importante notare – commentano gli autori – che se gli osservatori umani che hanno preso parte allo studio erano studenti universitari senza alcuna competenza specifica nella stima dell’età, i sistemi AI considerati erano un campione rappresentativo dei più importanti attori del settore, addestrati a stimare l’età sulla base di grandi dataset di immagini di volti umani.

E questo non fa che dimostrare come l’attuale tecnologia di stima dell’età da parte delle macchine abbia ancora molta strada da fare prima di eguagliare le prestazioni dell’essere umano.

Un limite di questo studio è quello di non essersi focalizzato sulle diverse architetture dei set di dati di addestramento proprie di ogni sistema AI preso in esame, che probabilmente – ipotizza il team – considerati singolarmente avrebbero dato risultati diversi:

«Riconosciamo che l’architettura e i set di formazione di ogni sistema avranno quasi certamente un effetto sui pregiudizi e sulle imprecisioni nella stima dell’età. Tuttavia, la domanda alla quale abbiamo cercato di dare risposta con questo lavoro è se l’output delle piattaforme di intelligenza artificiale sia suscettibile o meno agli stessi pregiudizi e mostri le stesse imprecisioni degli umani quando si confronta con volti che differiscono per età, espressione facciale e genere»

L’obiettivo è stato conseguito. E i risultati ottenuti indicano nuove future direzioni della ricerca, che spingono verso lo sviluppo di tecniche AI sempre più accurate e meno distorte nell’analisi dei volti umani.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin