Un algoritmo di machine learning sviluppato dall’Università di Stanford è in grado di dare una spiegazione alle perturbazioni che si verificano, per intere settimane, nell’area USA del Midwest, fornendo proiezioni accurate.
TAKEAWAY
- Le precipitazioni interminabili, e i conseguenti crolli, hanno degli impatti non indifferenti sulla società umana e risulta sempre più arduo prepararsi ad eventuali minacce.
- Guardando ai meccanismi messi in atto dall’atmosfera terrestre, è possibile individuare i criteri in virtù dei quali si originano le calamità naturali.
- Un’idea interessante arriva dall’Università di Stanford dove un team specializzato ha compiuto, con l’ausilio di tecniche di machine learning, stime precise per arginare nuove emergenze.
Machine learning e cambiamento climatico sono spesso in relazione, poiché il primo, usato per addestrare automi e software, è adottato a più riprese per delineare previsioni, ad esempio sulla mutevolezza delle condizioni ambientali.
Pensiamo all’intensa siccità che ha prosciugato i laghi della California oppure all’allarme incendi e alla connessa deforestazione in Amazzonia o, ancora, ai vasti allagamenti che, nel mese scorso, hanno distrutto migliaia di abitazioni nelle città cinesi.
Siamo davanti ad accadimenti dovuti principalmente dalla diffusa presenza di anidride carbonica nell’ecosistema, a sua volta ricollegabile innanzitutto all’utilizzo di carbone, petrolio e gas nei cicli industriali, affiancato dall’espansione degli allevamenti intensivi di mandrie che, con la digestione, emettono ingenti quantità di metano.
Il 2020 ha chiuso il decennio più torrido della storia europea, con una concentrazione di CO2 che ha finito per superare addirittura del 48% i valori registrati precedentemente alla I rivoluzione industriale, svoltasi alla fine del XVIII secolo.
Per regolare le emissioni pericolose per la salute del pianeta, l’ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite ha fissato 17 obiettivi (i cosiddetti Sustainable Development Goals) da raggiungere, su scala globale, entro la fine del decennio.
Un intento da cui nasce l’Agenda 2030, documento che ha diramazioni in più settori. In particolare, al punto 9.5 si legge come i 193 Paesi che hanno sottoscritto il piano siano incoraggiati ad evolvere i progressi scientifici e a migliorare le capacità industriali.
Tra le tecnologie in grado di aiutare nello studio del clima e nelle analisi predittive a riguardo, figurano le tecniche facenti capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale. Una recente pubblicazione a riguardo si intitola “Using Machine Learning to Analyze Physical Causes of Climate Change: A Case Study of U.S. Midwest Extreme Precipitation” e si propone di trovare una risposta ad un problema ormai atavico per gli USA.
La correlazione tra tecniche di machine learning e cambiamento climatico
L’articolo di cui sopra è stato pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, afferente all’Agu Journal, nel numero di agosto 2021 ed è stato condotto a termine dalla School of Earth, Energy & Environmental Sciences di Stanford.
A partire dall’acquisizione di una serie di dati, e dalla loro elaborazione, i membri dell’Istituto, attraverso procedimenti avanzati, si impegnano nel progettare soluzioni in materia di sostenibilità.
“Il nostro obiettivo – ha detto Frances Davenport, dottoranda in Scienze della Terra presso la Stanford University – è stato quello di approfondire il motivo per cui le piogge stessero aumentando e di identificare, parallelamente, le correlazioni con machine learning e cambiamento climatico”.
Bisogna ricordare che l’aumento delle temperature porta con sé un accumulo di umidità, il quale si va a riversare sul suolo attraverso rovesci e nevicate, ma non si conoscono nel dettaglio i processi fisici con cui ciò avviene.
Una cornice complessa, nella quale entrano in gioco le reti neurali convoluzionali, reti strutturate di neuroni artificiali, la cui disposizione è ispirata alla corteccia visiva degli animali. In particolare, le Convolutional Neural Network (CNN) hanno riconosciuto correttamente, nel corso degli esperimenti effettuati dal team di Stanford, il 91% delle anomalie che hanno analizzato, confrontandone l’entità con la pressione sul livello del mare.
Definite nel testo come “classificatori sequenziali”, le CNN sono servite per realizzare gli Extreme Precipitation Circulation Patterns (EPCP), cioè modelli con cui visualizzare i nubifragi, il cui picco coinvolge gli ultimi due decenni.
I risultati ottenuti
Il team ha preferito un apprendimento di tipo supervisionato, dove è l’uomo a coordinare l’interpretazione delle informazioni da parte della macchina, a cominciare dalla scelta di scegliere come case study il Midwest, una regione che comprende illinois, Indiana, Iowa, Michigan, Minnesota, Michigan, Missouri, Ohio e Wisconsin. Ed è qui che si concentra oltre la metà dei danni provocati dalle alluvioni negli Stati Uniti, con perdite nell’ordine dei miliardi di dollari.
Tra i dataset di riferimento, nel corso delle operazioni, spicca il PRISM Climate Group dell’Oregon, che raccoglie le rilevazioni effettuate dal 1895 ad oggi, distribuendole gratuitamente o a pagamento, a seconda delle dimensioni e della difficoltà delle stesse. Uno strumento che ha permesso al gruppo di studio di calcolare i giorni più colpiti da tali eventi, in un periodo che va dal 1981 fino al 2019.
Gli autori del paper hanno incrociato le cifre emerse con i numeri del Global Historical Climatology Network Daily, che ha più di 100mila stazioni situate in 180 nazioni diverse.
Il metodo adottato ha seguito la ripartizione per classi, alle quali gli addetti ai lavori hanno associato le singole manifestazioni, un modus operandi ricorrente nell’artificial intelligence, che si è dimostrato nevralgico nell’intreccio di machine learning e cambiamento climatico.
Le prospettive in materia di machine learning e cambiamento climatico
Il fine è ridurre la forte vulnerabilità di alcune zone e frenare in anticipo eventuali problematiche aggiuntive, come la mancanza di elettricità e acqua corrente. Un versante su cui si è espresso il professor Noah Diffenbaugh, firma dello studio ed esperto in tema di machine learning e cambiamento climatico, in merito soprattutto all’agricoltura, alla cura delle risorse idriche e della salute complessiva della popolazione. Tramite il sito ufficiale dell’Ateneo, ha dichiarato:
“L’approccio che abbiamo sperimentato apre numerose strade nella comprensione delle ragioni alla base di determinati fenomeni e può aiutare, a lungo andare, le piccole e grandi comunità rispetto alle decisioni importati da prendere nell’urbanistica e nella gestione del territorio”
Indizi considerevoli sono ravvisabili dunque nella pressione atmosferica, parametro ricorrente nelle giornate più complicate dal punto di vista meteorologico.
Appurato quanto detto sinora, i ricercatori vogliono adesso estendere il raggio di azione e puntare ad occuparsi di cicloni e uragani, un’ulteriore piaga che affligge il continente. Sta prendendo forma quindi un allargamento di vedute, da perseguire non solo nei contenuti, ma anche nei luoghi da tenere sotto osservazione. Ragione per cui diventa fondamentale passare dal territorio circoscritto del Midwest a orizzonti più ampi.
Il contributo è di indubbio spessore e la sua portata si sta concretizzando in un momento molto delicato poiché, con l’inizio dell’autunno, si entrerà nel pieno dell’organizzazione e delle iniziative introduttive alla COP26, conferenza internazionale che si terrà a Glasgow in Scozia, dal 1° al 12 novembre 2021. Un summit nel quale si farà il punto sui provvedimenti presi dalle istituzioni mondiali per rallentare il riscaldamento globale e tanti altri mutamenti, come quelli descritti, che causano ogni anno milioni di morti.