Nel mondo della ricerca, dell’innovazione tecnologica e nell’industria i metamateriali stanno raccogliendo sempre più interesse, grazie alle loro caratteristiche uniche e all’ampia gamma di applicazioni in cui possono trovare impiego.
Da antenne per il 6G alle applicazioni per l’industria aerospaziale, i metamateriali promettono di entrare in molti comparti tecnologici del futuro. Vari settori industriali sono interessati, come pure i fondi di investimento, attratti dalle potenzialità di questi particolari materiali. Proprio recentemente, negli Stati Uniti la società di investimento MetaVC Partners ha raccolto 62 milioni di dollari per creare un fondo dedicato a finanziare startup attive in questo ambito. Secondo Lux Research, il mercato dei dispositivi metamateriali crescerà fino a raggiungere i 10,7 miliardi di dollari nel 2030.
Già oggi essi vengono adottati per prodotti ad alte prestazioni ed efficienti dal punto di vista energetico nei settori dell’informatica, dell’imaging ottico ed elettromagnetico, delle comunicazioni wireless e della sensoristica.
C’è poi il mondo dell’energia che guarda con estremo interesse a questa classe di materiali per soluzioni di energy harvesting (termoelettrica e solare) e di accumulo, come pure per realizzare
sistemi di trasferimento di potenza wireless e per la conversione energetica. Lo illustra l’Università di Exeter, che ha avviato un centro di ricerca e innovazione dedicato a questi materiali strutturati artificialmente. Perché di questo si tratta: specifici materiali creati dall’uomo, che evidenziano straordinarie proprietà elettromagnetiche non disponibili in natura. Le loro proprietà vengono letteralmente progettate manipolando la loro struttura fisica. Questo, oltre a renderli notevolmente diversi dai materiali naturali, contribuisce ad attrarre l’estremo interesse del mondo scientifico e industriale per le potenzialità applicative. Questi materiali ingegnerizzati consentono di andare oltre (il prefisso greco “meta” significa questo) i meccanismi classici secondo cui le onde e la materia interagiscono, consentendo di ideare dispositivi in cui la luce e il suono sembrano ‘disobbedire’ alle regole convenzionali.
Takeaway
Breve storia dei metamateriali
Cosa sono i metamateriali? Si tratta di materiali ingegnerizzati su scala millimetrica, micrometrica o nanometrica per controllare l’interazione onde elettromagnetiche-materia. Sebbene le loro origini vengano fatte risalire al fisico e botanico indiano Jagdish Chandra Bose alla fine dell’Ottocento, è nel ventesimo secolo che si cominciano a delineare le loro caratteristiche. In un articolo del 1968, il fisico russo Victor Veselago concepì teoricamente l’esistenza di un materiale artificiale con indice di rifrazione negativo. Cos’ha di speciale questa scoperta? Almeno una, fondamentale: è una proprietà che non si trova in natura. Tuttavia, tale metamateriale fu realizzato e testato sperimentalmente solo nel 2000 dai fisici statunitensi David R. Smith della Duke University e Sheldon Schultz dell’Università della California, San Diego.
I metamateriali offrono altre potenzialità significative per numerose applicazioni grazie alle loro proprietà acustiche, elettromagnetiche, ottiche e meccaniche uniche. «Con i metamateriali si possono per esempio realizzare dispositivi ottici planari anziché concavi o convessi. L’interesse che è stato concentrato su di essi si deve anche al fatto che le tecnologie di realizzazione sono molto simili a quelle di produzione dei circuiti integrati», afferma Giuliano Manara, professore ed esperto di Campi Elettromagnetici presso il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, dove è attivo nella ricerca nel settore dell’elettronica e delle telecomunicazioni e dove si dedica allo studio di nuove tecnologie wireless per la realizzazione di sistemi tracciamento e di monitoraggio. Lo stesso docente è fortemente coinvolto, insieme al suo team di ricerca, nel progetto FoReLab, in cui si occupa di smart material devices.
Metamateriali e ambiti di sviluppo
I metamateriali possono essere ottici, acustici, meccanici e gli ambiti applicativi reali e potenziali sono decisamente molto vasti. «L’aspetto fondamentale è che, implementando particolari metamateriali si possono ottenere risposte elettromagnetiche particolari, non riscontrabili nei materiali reperibili in natura: questo apre un fronte importante per la ricerca e per lo sviluppo di nuovi prodotti», evidenzia Manara. Sulle applicazioni ottiche ci sono già startup attive capaci di attrarre forte interesse. Per esempio, la statunitense Metalenz, attiva sulle metasuperfici (particolari metamateriali bidimensionali), l’anno scorso ha raccolto 30 milioni di finanziamento, dopo aver già ottenuto più di 47 milioni dagli investitori.
L’ambito delle telecomunicazioni è uno dei campi dove si concentra maggiormente l’interesse strategico della ricerca: il team dell’ateneo pisano dove opera Manara è particolarmente focalizzato su questi aspetti. In particolare, sta lavorando allo sviluppo di smart antennas e di superfici riflettenti intelligenti (Intelligent Reflecting Surfaces, IRS). «Il nostro lavoro di ricerca si focalizza sulla messa a punto di particolari metamateriali e metasuperfici che avranno un impatto importante sullo sviluppo del 6G. A questo proposito pensiamo di realizzare antenne e superfici riflettenti intelligenti».
Cosa si intende per intelligenti? Un’antenna radio base intelligente può irradiare un fascio elettromagnetico che, invece di coprire interamente una cella, può essere controllato elettronicamente e indirizzato solo verso un eventuale utente presente all’interno della cella stessa. In questo modo riduce l’energia necessaria per instaurare il collegamento. Allo stesso modo, una superficie riflettente intelligente riesce a comprendere dove si trova l’utente e a riflettere il fascio in una direzione precisa e mirata, anziché in una direzione fissa. «Oggi questa possibilità sembra fantascienza e per certi aspetti lo è. Però, quarant’anni fa, agli albori della telefonia cellulare, nessuno o quasi avrebbe previsto che nel 2020 avremmo potuto contare su una connettività mobile ed ubiqua, che permette di lavorare pressoché ovunque con pc e smartphone».
Sempre a proposito di antenne, il team dove opera il docente di telecomunicazioni sta mettendo a punto anche speciali radome, contenitori involucro strutturali, resistenti alle intemperie, deputati a proteggere un’antenna. «La nostra ricerca si focalizza sulla realizzazione di questo involucro con metamateriali in grado non solo di consentire il passaggio indisturbato alle radioonde, ma di respingere altre onde indesiderate o di manipolare le proprietà del campo irradiato».
L’impiego dell’intelligenza artificiale
Per lo sviluppo dei metamateriali è possibile applicare tecniche di intelligenza artificiale. Scienziati dell’Università di Amsterdam, dell’istituto di ricerca AMOLF e dell’Università di Utrecht hanno dimostrato ad esempio il potenziale delle reti neurali convoluzionali per progettare metamateriali meccanici complessi. Nel loro articolo, pubblicato su Physical Review Letters, il team di ricerca ha illustrato come ha testato la capacità offerta dall’AI di prevedere le proprietà di questi specifici materiali.
«L’intelligenza artificiale è uno strumento importantissimo con un potere risolutivo enorme. Anche noi impieghiamo algoritmi stocastici ed evolutivi: in particolare abbiamo utilizzato gli algoritmi genetici e la particle swarm optimisation (algoritmi di ottimizzazione bio-ispirati) per esplorare lo spazio di soluzioni utili e individuare non solo la migliore soluzione, ma anche una serie di soluzioni sub-ottime per la messa a punto di metamateriali o metasuperfici mirati alle specifiche esigenze o per mettere in luce alternative interessanti».
Le prospettive future dei metamateriali
I metamateriali costituiscono una delle frontiere della ricerca più promettenti, come traspare anche dagli esempi già visti. Tra i molteplici aspetti a cui si guarda con interesse c’è quello medico-sanitario e delle biotecnologie. Per esempio, l’uso di metasuperfici conformi a diversi distretti del corpo umano può ottimizzare la penetrazione del campo elettromagnetico nei tessuti biologici per la diagnosi, il monitoraggio o per procedure terapeutiche basate sull’ipertermia a radiofrequenza e/o microonde.
«Un campo di esplorazione su cui intendiamo focalizzare l’attenzione riguarda la realizzazione di sensori eco-compatibili, ad esempio utilizzando specifici inchiostri di stampa per tag (etichette) elettromagnetici basati sulla tecnologia RFID (Radio Frequency IDentification), che non contengono elettronica (chipless RFID tags) – conclude Manara – Completamente biodegradabili, essi potranno essere utilizzati per varie applicazioni, tra cui in particolare l’agricoltura di precisione: è possibile immaginare la loro applicazione sulle piante per raccogliere parametri importanti sulla loro salute. Nella realizzazione di tali dispositivi e sensori biodegradabili stiamo adottando anche tecniche di fabbricazione di tipo additive manufacturing per tag RFID in 3D. Ma l’aspetto più interessante è che queste sono solo alcune applicazioni ipotizzabili, e possiamo far correre la nostra fantasia per esplorare nuovi campi e dispositivi».