Il mondo della comunicazione mobile è ancora in piena implementazione del 5G eppure, nelle stanze della ricerca, si gettano le basi di quella che sarà la sua sesta generazione, pronta - per il 2030 - ad affinare il design di quella precedente e a introdurre paradigmi completamente nuovi.

Si rincorrono notizie e anticipazioni in tema di reti wireless e 6G. La macchina del cambiamento prosegue il suo viaggio verso una connettività allargata, veloce e affidabile, degna di una società nel vivo della sua trasformazione digitale, sempre più incentrata sui dati e che, dalle reti mobili, esige che mettano in collegamento “tutto”.

Che cosa si intende con “tutto” e di “come” lo si possa riuscire a connettere, ne abbiamo parlato con Marco Giordani, professore a contratto presso il Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Padova, nonché membro del gruppo di ricerca SIGNET dello stesso Ateneo, in seno al quale sta lavorando alle tecnologie che abiliteranno il 6G. Tecnologie, che – secondo le stime – debutteranno tra nove anni esatti

Le reti mobili come autostrade lungo le quali dati eterogenei possano correre velocissimi

Marco Giordani 6G
Marco Giordani, ricercatore e professore a contratto presso l’Università di Padova

Trattando di reti wireless e 6G, si parte da una considerazione precisa: siamo tutti, ormai, dipendenti dai dati. La collettività è “dato centrica”. Le aziende hanno fatto del dato un elemento centrale, una risorsa preziosa, e sono sempre più automatizzate. Sono, poi, numerosi gli ambienti – esterni e interni, dalle città alle abitazioni, fino ad arrivare ai veicoli su strada e allo spazio aereo – pervasi da sensori che raccolgono una vasta mole di informazioni.

Già con il 5G stiamo andando nella direzione di connettere qualcosa che va al di là delle persone e del semplice cellulare che tutti utilizziamo. Il 5G va a braccetto col mondo dell’Internet of Things. Ma, oltre ai sensori, c’è dell’altro che necessita di essere connesso. Questo ‘altro’ sono i veicoli a guida autonoma che, per dirsi davvero tali, devono poter comunicare tra loro. E i dispositivi indossabili, i dispositivi per la realtà virtuale e la realtà aumentata. I robot, i macchinari industriali e quelli utilizzati in agricoltura, tra cui i sistemi per l’aratura, la semina e il monitoraggio dei campi. E poi tutto ciò che sta nella terza dimensione, ovvero nell’aria, nello spazio, a cominciare dai droni, i palloni aerostatici e i satelliti. Per poter supportare queste nuove esigenze di connessione, dobbiamo necessariamente prevedere uno sviluppo tecnologico che superi il 5G

In materia di reti wireless e 6G, il sorpasso al quale i ricercatori stanno pensando avverrà, in primis, sul piano della velocità di connessione, elevando la frequenza in cui operano attualmente i dispositivi.

A partire dal 5G – spiega Giordani – c’è stata un’evoluzione importante, che ha consentito di passare da una tecnologia, come quella 4G, che opera intorno ai 2 Gigahertz, al mondo delle onde millimetriche, che operano a circa 20-30 Gigahertz.

Viene naturale pensare – prosegue il professore – che la sesta generazione di reti wireless possa proseguire su questo trend, aumentando ancora di più la frequenza. E, infatti, l’idea è di passare dalle onde millimetriche attorno ai 20-30 Gigahertz alle onde Terahertz, quindi andando oltre i 100 – 200 Gigahertz, fino ad arrivare così a 1 – 2 Teraherts. Cento di volte una frequenza maggiore rispetto a quella del 5G, quindi” 

E se si va al di sopra dei 2 Terahertz, arrivando fino ai 400 – 700 Terahertz, si entra nello spettro della luce visibile, raggiungendo una modalità di comunicazione che utilizza la luce, ad esempio i LED.

Reti wireless e 6G: dall’architettura “senza celle” alla copertura che integra terra e cielo

Per le reti wireless e 6G, rincorrere frequenze sempre più alte – osserva il ricercatore – non è, però, privo di conseguenze, in quanto implica la diminuzione del raggio di copertura di ogni cella radio che, lo ricordiamo, all’interno di una rete di telefonia mobile, rappresenta l’elemento unitario.

In particolare, la diminuzione del raggio di copertura di ogni cella significa dover prevedere la presenza di molteplici celle per densità di area, fattore – questo – che, a sua volta, va a incidere negativamente sul trasferimento da una cella all’altra.

Da qui, l’idea di caratterizzare i dispositivi 6G con tecnologie di multi-connettività, ossia in grado di estendere gli attuali confini delle celle, consentendo agli utenti di connettersi alla “rete” – anziché a una singola cella – attraverso più tecnologie.

Le procedure di rete senza celle – sottolinea Marco Giordani – garantiranno un supporto alla mobilità, senza interruzioni e senza sovraccarichi dovuti ai passaggi di consegne, con una gestione ottimizzata delle comunicazioni.

E mentre il 5G ha, in un certo senso, trascurato quelle aree in cui la connessione è completamente assente – come le zone rurali e remote – e quelle situazioni particolarmente critiche dovute, ad esempio, a fenomeni atmosferici gravi oppure ad attacchi terroristici che, distruggendo le celle radio base, mettono fuori uso la comunicazione, l’obiettivo principe del 6G è, invece, quello di fornire una connessione che sia uniforme in tutto il mondo. In che modo?

Se le reti 5G e le generazioni precedenti sono state progettate per fornire connettività per uno spazio essenzialmente bidimensionale – con punti di accesso alla rete distribuiti, per offrire connettività ai dispositivi a terra – per le reti 6G prevediamo architetture eterogenee, volte a fornire una copertura tridimensionale, integrando le infrastrutture terrestri con le piattaforme non terrestri quali droni, palloni aerostatici e satelliti

In breve sintesi, droni, palloni aerostatici e satelliti potrebbero essere implementati per garantire – quando occorre – continuità e affidabilità del servizio. Ad esempio, in zone rurali e remote oppure durante un concerto o una partita di calcio allo stadio, quando la connessione potrebbe essere a rischio perché le stazioni radio base sono sovraccariche, evitando così i costi operativi e di gestione relativi a infrastrutture fisse sempre attive.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

In tema di reti wireless e 6G, le tecniche che fanno capo all’ambito di studi sull’intelligenza artificiale avranno un ruolo più nodale, andando oltre i compiti di classificazione dei dati e di previsione presi in considerazione per quanto riguarda i dispositivi 5G.

In particolare – fa notare il ricercatore – saranno le tecniche di machine learning ad essere maggiormente impiegate. Ma non tanto quelle tradizionali – in cui i dati vengono trasferiti a un cervello centrale che li acquisisce, li processa, estrapola l’informazione di interesse e la restituisce in output – quanto quelle che attengono a una nuova branca dell’apprendimento automatico, nota come apprendimento federato, tecnica di ML che permette di addestrare un algoritmo attraverso l’utilizzo di dispositivi decentralizzati (o server), che mantengono i dati senza la necessità di scambiarli.

In questo caso specifico, grazie alle sue caratteristiche, questa tecnica opererà a bordo dei veicoli stessi, delle macchine, dei macchinari industriali, dei telefoni, senza, dunque, alcun bisogno più trasferire – in modo lento – informazioni grezze e pesanti a un cervello centrale, ma trasferendo soltanto i “modelli dell’ambiente”, col conseguente vantaggio dal punto di vista della latenza.

Le reti di comunicazione wireless guidate da tali tecniche sono ancora agli inizi, ma saranno una componente fondamentale dei sistemi 6G complessi, che prevedono un’intelligenza artificiale distribuita, finalizzata a implementare un’architettura di rete completamente incentrata sull’utente.

Reti wireless e 6G: gli impatti su sanità, Industria 4.0, automotive e video conferencing

Ci sono alcuni settori che, più di altri, verranno rivoluzionati dalla sesta generazione della comunicazione wireless. Fra questi, il settore sanitario, in cui reti wireless e 6G contribuiranno a eliminare le barriere temporali e spaziali, favorendo, ad esempio, la chirurgia da remoto e garantendo l’ottimizzazione del flusso di lavoro attraverso servizi sempre più digitali, di cui i pazienti potranno usufruire da casa propria.

Il 6G, inoltre, realizzerà pienamente la rivoluzione dell’Industria 4.0 iniziata con il 5G, supportando la trasformazione digitale della produzione attraverso servizi IoT e sistemi robotici. Nel dettaglio, il superamento dei confini tra lo spazio fisico della fabbrica e lo spazio informatico consentirà la diagnostica, la manutenzione e le comunicazioni dirette tra macchina e operatore. Rimarca Giordani:

L’obiettivo di rendere i processi industriali sempre più automatizzati e connessi, ci pone però una sfida, che è quella di riuscire a supportare un servizio che sia, sì, connesso ma, allo stesso tempo, che sia anche efficiente, veloce e sicuro. E, per fare questo, dobbiamo lavorare sulle latenze, arrivando a garantire ritardi della comunicazione ridotti a meno di un millesimo di secondo

Un altro comparto che godrà delle tecnologie relative a reti wireless e 6G, sarà quello della mobilità a guida autonoma, di cui amplierà, in modo particolare, la comunicazione tra i veicoli. Già oggi, i veicoli più sofisticati sono in grado di trasmettere informazioni tra loro, “ma si tratta, per lo più, di dati molto limitati, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Se, invece, intendiamo, ad esempio, trasferire, da un veicolo all’altro, i flussi video prodotti da una telecamera installata a bordo, le esigenze di connessione aumentano e diventa imprescindibile una tecnologia più avanzata”.

Infine, il 6G avrà un impatto importante anche sul settore video conferencing, supportando la telepresenza olografica, tecnica che permette, a due persone geograficamente distanti, di guardarsi, parlarsi e scambiarsi documenti come se fossero sedute allo stesso tavolo, l’una di fronte all’altra.

Il nostro obiettivo – specifica Marco Giordani – non è trasferire digitalmente soltanto audio e video – cosa che accade già normalmente – bensì tutti i cinque sensi umani, compresi odori e sensazioni tattili”.

Insomma, i prossimi nove anni saranno molto impegnativi per i ricercatori che stanno lavorando alle reti wireless e 6G. Le tecnologie e gli obiettivi della nuova generazione wireless per la comunicazione mobile – di cui il professor Giordani ci ha solo dato un’anticipazione – sono sfidanti e pongono una serie di difficoltà pratiche. Ma sfide e difficoltà – agli occhi di chi è quotidianamente impegnato nella ricerca – appaiono direttamente proporzionali al fascino della scoperta e dell’innovazione.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin