A pochi giorni dal via della fase di consultazione pubblica del piano del Governo “Italia 5G” - primo piano di finanziamento pubblico nel mercato mobile italiano - sono giunti i risultati della seconda edizione dell’Osservatorio 5G & Beyond che, quest’anno, si è focalizzato, in particolare, sull’analisi dello stato della copertura di rete e sul livello di interesse e di conoscenza da parte delle aziende utenti.
TAKEAWAY
- Resi pubblici gli esiti della seconda edizione dell’Osservatorio 5G & Beyond, nato all’inizio del 2020 dalla convinzione in base alla quale il 5G sarà un abilitatore chiave della trasformazione digitale del nostro Paese.
- I dati emersi dall’imponente lavoro di ricerca si affiancano alla prima mappatura dettagliata delle reti mobili in Italia, pubblicata insieme al piano di intervento del Governo “Italia 5G”, che contiene in sé la promessa, entro il 2026, di una copertura a 6.6 GHz dell’80% del territorio.
- La fotografia scattata dall’Osservatorio vede il 90% del mercato business conoscere l’esistenza del 5G, con un dimezzamento del numero di aziende che possiedono una bassa conoscenza della materia e un aumento della percentuale di quelle che, invece, ne possiedono un livello di conoscenza buono o alto.
Sono stati resi noti i risultati della seconda edizione dell’Osservatorio 5G & Beyond – facente parte degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano – nato all’inizio del 2020. In particolare, in questo secondo anno di ricerca, l’obiettivo è stato analizzare come è evoluta, in Italia, la tecnologia dal punto di vista della copertura di rete, come è cresciuto il livello di interesse e di conoscenza del 5G da parte delle aziende utenti e come stanno cambiando i ruoli e le competenze degli attori dell’ecosistema.
Alla base di tali obiettivi di studio, la convinzione – sottolinea Marta Valsecchi, direttore dell’Osservatorio – che il 5G sarà un abilitatore chiave della trasformazione digitale del Paese. Seppure le sfide che pone si presentano complicate e, come tutte le grandi trasformazioni tecnologiche, richiederà tempo, investimenti e cambiamenti nel modo di lavorare e nella tipologia di attori che verranno coinvolti.
5G in Italia: le sfide da affrontare e l’urgenza di investimenti privati e pubblici
Nell’illustrare le sfide che l’adozione della tecnologia 5G comporta in Italia, Antonio Capone – responsabile scientifico dell’Osservatorio 5G & Beyond, nonché professore presso il Politecnico di Milano – parte da una considerazione importante, che ha a che vedere con un mercato consumer e un mercato business legati tra loro da un’infrastruttura di rete condivisa. A tale riguardo, cita l’esempio dei siti industriali con un’automazione spinta, abilitata dal 5G – come il settore manifatturiero – che, pur necessitando di coperture di rete dedicate, non costituiscono ecosistemi isolati, in quanto vivono dell’esistenza di un’infrastruttura pubblica collegata.
Dunque, la condivisione delle infrastrutture è un elemento chiave dell’abilitazione del 5G. E se la prima grande sfida è quella della copertura, questa richiede la costruzione di grandi reti pubbliche «che devono potersi basare su un mercato Telco sano».
Quest’anno – ricorda il professor Capone – per la prima volta, è stata fatta una mappatura dettagliata delle reti mobili in Italia, pubblicata insieme al piano di intervento del Governo “Italia 5G”. Qualche numero: nel 2021, per quanto riguarda la frequenza 3.6 GHz, la copertura del territorio nazionale riguarda prevalentemente le città principali (circa il 10 % del territorio), mentre è molto alta (circa il 90%) la copertura basata sulla tecnologia di trasmissione Dynamic Spectrum Sharing (DSS), che si basa su un utilizzo delle frequenze 4G.
Ma l’aspetto più interessante di questa mappatura – osserva il responsabile scientifico dell’Osservatorio – è che contiene la promessa, entro il 2026 – orizzonte temporale previsto dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – di copertura quasi totale della popolazione col 5G a 700 MHz e una copertura a 6.6 GHz dell’80% del territorio.
Tornando, invece, alle sfide, la seconda concerne le reti dedicate. E anche in questo caso, ci muoviamo in un ambito complesso, in cui vanno distinguendosi due piani: uno è quello della qualità del servizio e della virtualizzazione delle funzionalità di rete, l’altro è quello della copertura, che man mano diventa da pubblica a dedicata (industriale) sulla base delle specifiche necessità:
«È indubbio che in Italia – per il tipo di approccio che abbiamo avuto in questi anni nella gestione delle frequenze – abbiamo bisogno, rispetto ad altri Paesi, di maggiori sinergie, di una collaborazione stretta tra chi detiene le licenze e chi lavora su questo tipo di progetti»
Infine, la terza sfida è data dall’immaginare un percorso a tappe, in cui la prima è identificabile con quella del 5G broadband – su cui sono basate tutte le reti attuali – e la seconda (che stiamo vivendo) è quella del 5G industriale, che è già standard da qualche tempo.
La tappa successiva (fissata al 2022) è il 5G per il mondo dell’IoT, in cui ci aspettiamo interfacce radio più performanti e una serie di servizi aggiuntivi rispetto a quelli visti finora. E, per il 2026, abbiamo la prospettiva di un’evoluzione verso il 5G Advanced.
Cosa fare nell’immediato? È importante – rimarca Capone – iniziare a investire subito, senza attendere che tutto si compia per iniziare a fare progetti: «Occorrono azioni concrete, alle quali devono seguire investimenti, sia in ambito privato che pubblico».
Fotografia del grado di interesse e del livello di conoscenza da parte delle aziende
Luca Dozio – ricercatore dell’Osservatorio 5G & Beyond – entra nel dettaglio della ricerca realizzata quest’anno, spiegando che, per mettere a fuoco il grado di interesse e il livello di conoscenza in tema 5G da parte delle aziende in Italia, è stato utilizzato lo strumento del sondaggio online, al quale hanno partecipato 117 aziende end user appartenenti a diversi settori industriali e 229 imprese del comparto ICT.
Qual è la fotografia che ne è emersa? Se, guardando al quadro del 2020, si passa – tra i tanti dati – dal 26% di aziende che non conoscono affatto la rete 5G e i suoi impatti sul business, fino ad arrivare al 19% di aziende ricettive e all’un percento di quelle pioniere, che hanno colto l’importanza della nuova tecnologia, a distanza di un anno vediamo che il numero di aziende “inconsapevoli” è dimezzato (12%) e che il 90% del mercato conosce l’esistenza del 5G e si sta interessando in qualche modo al tema.
Dall’altra parte, è ancora più rilevante il livello di aziende che, in questo momento, hanno una propensione positiva nei confronti della nuova rete, passato dal 20 al 34%. Inoltre, è quasi dimezzato il numero di aziende che hanno una bassa conoscenza della materia. E, allo stesso modo, è aumentata la percentuale di quelle che hanno un livello di conoscenza buono o alto (tra i vari settori spicca il manifatturiero) e che, quindi, comprendono le caratteristiche che distinguono la rete 5G e ne colgono le opportunità.
Tra le imprese che hanno propensione a conoscere il 5G, il 30%, nei prossimi dodici mesi, ha interesse ad attivare un progetto pilota. Interesse che – in base ai dati della ricerca – va nella direzione del remote monitoring, quindi di tutte quelle use case legate al monitoraggio di asset localizzati o distribuiti, come ad esempio il monitoraggio di campi agricoli con l’utilizzo di droni, il monitoraggio di infrastrutture o ancora la linea produttiva.
Emerge anche il tema delle remote operations con, da una parte, la possibilità di sviluppare processi da remoto senza la necessità della presenza fisica di un operatore e, dall’altra, la possibilità di aiutare la persona che si trova sul campo affiancandola a un esperto da remoto che la guida.
5G in Italia: i progetti attivi e le problematiche ancora aperte
In tema di 5G in Italia, quanti sono i casi di progetti attivi? Dozio fa notare che, quest’anno, ne sono stati individuati dieci sul territorio. Certo, non sono molti, ma c’è da considerare – come ha rimarcato Capone – che la rete, sotto il profilo della copertura, si sta ancora sviluppando. E che i problemi, nel passaggio dalla fase di progetti pilota a quella di veri e propri casi commerciali, non sono pochi. Primi fra tutti, quelli legati alle infrastrutture.
C’è poi tutto il discorso relativo ai moduli, agli apparati, ai device che non sono ancora sono in grado di rendere disponibili tutte le caratteristiche del 5G. E – continua il ricercatore – non c’è ancora un mercato. La catena del valore deve essere ancora costruita, ci sono nuovi attori che devono ancora fare il loro ingresso e competenze nuove che devono essere sviluppate.
E c’è un altro fattore da tenere in considerazione: per poter davvero cogliere i vantaggi di progetti così innovativi come quelli legati al 5G, c’è bisogno di un buon livello di digitalizzazione all’interno della propria azienda.
Tra i progetti attivi individuati, spicca quello sviluppato per il 5G nel porto di Livorno, con l’obiettivo di efficientare i processi di movimentazione delle merci all’interno di uno dei suoi terminal. Nell’ambito di tale progetto, il porto di Livorno non parte da zero dal punto di vista della digitalizzazione – spiega Riccardo Gabriele Di Meglio, della Direzione Sviluppo, Programmi europei e Innovazione, Autorità di Sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale – ma si è mosso nel quadro di un’agenda digitale il cui obiettivo è sviluppare servizi digitali applicati alle merci, alle navi e al flusso passeggeri, dove il 5G diventa un fattore abilitante, che consente di fare avanzare ulteriormente i processi di digitalizzazione, portando benefici sia in termini di produttività dei terminal e del porto in generale che in termini di riduzione dell’impronta di carbonio.
Un altro progetto è quello che ha a che fare con una delle prime sperimentazioni del 5G a Torino, rappresentata da un circuito disegnato per dare vita ad applicazioni di smart mobility. Ma non solo- «Il nostro concetto di smart mobility è olistico e si allarga a includere strade, cielo e spazio, ossia smart road, urban air mobility (con i droni) e space mobility, con un’infrastruttura comune» puntualizza Nicola Farronato, Head of the innovation team del Comune di Torino.
Lo scenario evolutivo
Antonio Capone, riprendendo il tema della copertura 5G in Italia – in merito alla quale, come da mappatura realizzata dal Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, esistono comunque buone prospettive per il futuro – ne approfondisce alcuni aspetti correlati alle tecnologie, evidenziando una serie di punti deboli.
Il primo di questi riguarda il fatto che esiste, nel nostro Paese, una percentuale ancora molto elevata di stazioni radio base che non sono rilegate in fibra ma in ponti radio. «E invece sappiamo che alcune delle caratteristiche del 5G – tra cui la latenza – dipendono fortemente dalla presenza della fibra ottica presso le stazioni radio base».
Il secondo punto debole concerne, invece, l’esistenza, sul territorio, di aree periferiche con basse prestazioni di copertura, che potenzialmente vanno a limitare alcuni servizi avanzati del 5G, tra cui la smart mobility. Inoltre – come ha già accennato – abbiamo, attualmente, una copertura molto ampia basata su tecnologia Dynamic Spectrum Sharing (DSS) e non su 5G nativo. Il che sicuramente aiuta ad anticipare i benefici del 5G – in particolare per il mercato consumer – ma con qualche difficoltà di percezione.
Ma la domanda d’obbligo, a questo punto, è sulla strategia, sul da farsi, sul come fare concretamente fronte alle sfide e ai punti deboli elencati.
Innanzitutto – commenta il docente – il percorso a tappe che conduce al 5G non include soltanto le questioni inerenti alla rete, bensì anche alla disponibilità di terminali, di cui si registra una certa abbondanza in ambito consumer e una presenza meno ampia per la costruzione di apparati industriali di tipo dedicato. E questo è un primo punto sul quale lavorare. Un altro elemento da tenere presente riguardo all’evoluzione in fasi dell’infrastruttura è che:
«Va creata sul territorio anche una rete di mini e micro data center per la gestione dell’edge cloud. E questo richiede tempo. E, inoltre, non può che seguire gli investimenti che devono essere fatti. Ricordiamo, poi, che l’edge cloud non è soltanto per la rete pubblica, ma è anche per le soluzioni 5G dedicate»
Un altro punto ancora è quello della novità architetturale rappresentata dall’Open RAN, che disaggrega la rete radio in modo orizzontale e verticale, consentendo la virtualizzazione delle funzionalità: «Si tratta di un tipo di architettura che si sposa perfettamente con quell’insieme di mini e micro data center di cui si è detto».
Dal sondaggio dell’Osservatorio 5G & Beyond emerge che già il 16% delle aziende del mondo ICT inizia a puntare sull’Open RAN e lo ritiene importate soprattutto per l’efficientamento dei costi (59%), una maggiore flessibilità (48%) e per lo sfruttamento dei servizi di edge computing (48%).
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda, infine, le onde millimetriche, tra le caratteristiche del 5G maggiormente annunciate e il cui arrivo risale a quest’anno, quando nel nostro Paese hanno preso il via i piani di sviluppo delle reti Fixed Wireless Access (FWA) e le prime implementazioni basate sullo spettro a 26 GHz.
Quello appena descritto – conclude il responsabile scientifico dell’Osservatorio – costituisce uno scenario evolutivo importante, allo stato iniziale, sul quale dobbiamo portare l’attenzione.
5G in Italia: focus sulla catena di valore
L’avvento delle reti 5G in Italia si traduce anche in un cambiamento della filiera del comparto telecomunicazioni mobili. Innanzitutto attraverso un ampliamento delle figure professionali coinvolte, includendo, tra gli altri, attori come cloud provider e fornitori di servizi di cybersecurity. E, in secondo luogo, mediante l’acquisizione di nuove competenze, correlate, ad esempio, alle reti, nonché alle molteplici applicazioni verticali del 5G, con una serie di investimenti in termini di formazione del personale interno alle aziende e di figure specializzate a livello di sistema Paese.
Nell’ambito dell’ecosistema 5G, la collaborazione con attori esterni significa anche lo scambio con realtà particolarmente innovative, tra cui le startup rappresentano attori chiave, capaci di velocizzare il processo di modernizzazione intrapreso dalle organizzazioni.
A tale riguardo, il lavoro di ricerca della seconda edizione dell’Osservatorio 5G & Beyond ha individuato e analizzato ben 98 startup, costituite in Italia e all’estero negli ultimi cinque anni e che hanno ricevuto un finanziamento negli ultimi tre.
Interessanti i dati emersi, tra cui quelli che rilevano l’utilizzo – da parte di queste nuove realtà – delle tecnologie ritenute “core” del 5G: in cima alla classifica, l’Edge Computing (21%) e, più distante, l’URLLC – Ultra Reliable Low Latency Communication (9%), le cui applicazioni sfruttano la bassissima latenza del 5G [per approfondimenti, consigliamo la lettura della nostra guida all’Edge Computing che spiega cos’è, a cosa serve, quali sono i vantaggi e gli esempi di utilizzo – ndr].
Anche l’architettura Open RAN risulta essere tra gli interessi delle startup censite, le quali, tra le tecnologie abilitanti il 5G, indicano, infine, intelligenza artificiale (30%) e Internet of Things (28%) come le più esplorate.