Per riuscire a trasformare il comparto manifatturiero italiano verso un modello smart factory, servono sia le tecnologie Industria 4.0 sia una visione d’insieme. Qui entra in gioco il Cluster Fabbrica Intelligente, Associazione che riunisce tutte le parti e fornisce strumenti e opportunità per crescere e mettere in atto la trasformazione digitale. Come funziona e verso quale modello evolutivo debbano andare le imprese italiane della manifattura lo spiega Paolo Vercesi, manager CFI e docente di Fisica Tecnica al Politecnico di Milano.
Il modello smart factory (o fabbrica intelligente) è una delle prospettive verso cui deve tendere la manifattura italiana, uno dei comparti strategici del nostro Paese, il secondo per importanza a livello europeo. Conta circa 388 mila imprese, ha un fatturato di 889 miliardi di euro e un valore aggiunto di 225 miliardi di euro e dà lavoro a 3 milioni e 662 mila addetti (dati Confartigianato 2019).
Attraverso il processo che conduce alla smart factory, la manifattura italiana deve puntare a un modello evolutivo che veda sempre più aziende altamente digitalizzate, capaci di raccogliere e condividere i dati attraverso macchine, dispositivi e sistemi di produzione collegati. Solo così potranno trasformarsi in smart factory, concetto che esprime il traguardo finale della digitalizzazione nella produzione.
Il percorso del manifatturiero italiano deve quindi operare sempre più con una logica Industria 4.0 ossia innestare nel proprio “motore” innovazione tecnologica, sotto forma di sistemi Internet of Things e Industrial IoT, gestendo di Big Data e ricorrendo sempre più all’Intelligenza Artificiale, alla robotica, al cloud.
Facile da dirsi, se si pensa a una grande impresa, un po’ più complesso se si ragiona su un’azienda con meno di 10 dipendenti, come è la struttura prevalente della galassia produttiva italiana: infatti, il 95% di esse è una microimpresa. Come riuscire allora a portare intelligenza e creare i presupposti per l’evoluzione verso la smart factory? La risposta passa anche dal Cluster Fabbrica Intelligente, uno dei 12 Cluster tecnologici nazionali sviluppati a partire dal 2012 per opera del Ministero dell’Istruzione, università e ricerca.
“Il CFI vuol essere l’animatore di una community in cui sono presenti industria, ricerca, associazioni di categoria” rileva Paolo Vercesi, manager del Cluster Fabbrica Intelligente, nonché docente di Fisica Tecnica al Politecnico di Milano. Con lui cerchiamo di comprendere il percorso che, anche grazie all’associazione riconosciuta dal Miur, intende mettere le condizioni le imprese manifatturiere italiane di trasformarsi in smart factory.
Professor Vercesi, cos’è la smart factory e quali sono i suoi elementi fondanti?
Gli elementi che rendono competitiva la smart factory italiana sono quattro: quelli che permettono alla fabbrica di essere sostenibile a livello economico e ambientale, coniugando digitalizzazione e green; quelli utili a valorizzare le risorse umane e di interconnetterle con la fabbrica, consentendo a quest’ultima di mettere a profitto le competenze e capacità delle persone. Il terzo elemento riguarda la possibilità per l’azienda di essere efficiente e di cogliere l’obiettivo zero defects. Infine, le condizioni che permettono all’impresa e al proprio modello di business di passare da un’economia di scala a un’economia di scopo, cercando anche di mettere in atto sistemi di produzione in grado di realizzare soluzioni customizzate o con materiali specifici, rispondendo così a richieste particolari anche in piccoli numeri. Per metterli in atto, il Cluster Fabbrica Intelligente opera su tre linee di intervento tecnologiche: una relativa ai processi produttivi più innovativi, ovvero quelli trasformativi (meccanica in primis) e relativa sensoristica; un’altra riguardante i sistemi evoluti di produzione che riguardano la modularità delle macchine operanti alla trasformazione all’interno del processo produttivo, avendo la capacità di progettarle con digital twin; la terza afferente alle piattaforme digitali per la comunicazione Machine-to-machine e col resto dell’ecosistema.
Big data, IoT e AI: quale ruolo svolgono nella smart factory italiana?
Alcune tecnologie operano a supporto delle persone e delle loro attività all’interno del processo produttivo. Penso ai cobot, per esempio. Lo stesso Cluster, nell’ultimo report dedicato a produzione e resilienza, in epoca post Covid-19, ha sottolineato l’importanza che l’impiego dei robot collaborativi venga sostenuto come strumento per garantire il distanziamento sociale richiesto anche in fase 2 e in fase 3 post-Covid. Tale utilizzo “dovrebbe essere supportato da specifiche azioni di ricerca e innovazione lungo alcune direttrici che consentono di sfruttare appieno le potenzialità di queste tecnologie”. Dal punto di vista dei dati, invece, la sensoristica distribuita e la capacità computazionale crea una mole di informazioni non più gestibili dalla mente umana. La tecnologia fornisce un fondamentale aiuto nella gestione dei dati, dando la possibilità di farlo in maniera intelligente. Solo che, essendo il processo produttivo assai dinamico, c’è bisogno di un sistema di gestione altrettanto dinamico. Ed è qui che l’Artificial Intelligence ha un ruolo fondamentale perché in grado di adattarsi, rimodulando il proprio intervento a seconda del contesto in cui è attiva.
Le Pmi italiane pagano le bollette più “salate” d’Europa. La digitalizzazione come può essere d’aiuto per l’efficienza energetica e produttiva?
Anche sul capitolo energia, digitalizzazione e innovazione tecnologica possono aiutare a ridurre i costi delle bollette che pagano le Pmi italiane, tra le più alte in Europa. Il processo produttivo brucia risorse (materiali ed energetiche). L’unico sistema che permette una gestione ottimale di entrambe in maniera intelligente ed efficiente richiede sensori capaci di apprendere il comportamento presente e prevedere quello futuro, e la possibilità di analisi in grado di ottimizzare il tutto a seconda dei programmi di produzione, tenendo conto delle esigenze oggettive di risorse. Cosa può rendere possibile, in tal senso, una gestione ottimale e in tempi rapidi? Un sistema d’intelligenza artificiale.
Manifattura e Industria 4.0: come agisce Cluster Fabbrica Intelligente?
Per comprendere la sfida immane occorre partire dal contesto in cui agisce la manifattura: qualunque oggetto noi abbiamo intorno è stato costruito, a livello artigianale o industriale. Le tecnologie intervengono nel processo manifatturiero in due modi: da una parte direttamente nel processo produttivo e di trasformazione; dall’altro permettono al processo di produzione di “comunicare” con l’ecosistema aziendale ed esterno (filiera e clienti). Ed è qui che entra in gioco il CFI. Come detto, è una sorta di animatore di una community, ma questa animazione è biunivoca: perché, dall’altra parte, si vogliono e si devono ascoltare le istanze aziendali sulle priorità tecnologiche cui puntare. Questo lavoro di raccolta informazioni viene coordinato attraverso una roadmap che viene pubblicata ogni 7 anni (la prossima uscirà nel gennaio 2021) e che assomma queste priorità. L’obiettivo è raccogliere i trend tecnologici in corso nel mondo e riportarli alle nostre aziende e gruppi di ricerca. Lo fa attraverso 7 steering committee strutturati per linee di intervento.
Quali sono le prospettive delle aziende al 2030 e 2050? Si trasformeranno in smart factory?
Da qui al 2030 prevedo una fabbrica sempre più sul modello smart factory, ossia molto più capace di gestire i dati e di essere gestibile mediante gli stessi. Nel 2050 la prospettiva auspicabile è pensare a un’impresa capace di implementare l’economia circolare, il cui processo cioè sia al tempo stesso intelligente e circolare. Inoltre, l’industria 4.0 che verrà la auspico come un sistema dove le persone sono al centro, in quanto hanno la capacità di esprimere il fabbisogno cui il sistema manifatturiero deve dare risposta. Prevedo, infine, che tutta la parte più materiale e relativa al processo di trasformazione sarà sempre più nelle mani delle macchine e della AI.