MindBot - Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0 è il progetto europeo coordinato dall’Italia che intende creare un cobot che tuteli la salute mentale dei lavoratori. Per riuscire, mette in campo intelligenza artificiale, robotica e psicologia.

Intelligenza artificiale e robotica possono migliorare la sicurezza sul lavoro grazie ai “cobot” – detti anche co-robot – ovvero robot concepiti per interagire fisicamente con l’uomo in uno spazio di lavoro.

I robot collaborativi sono impiegati già oggi per lavorare con le persone in contesti industriali, contribuendo ad aumentare la produttività. Ma un giorno potranno anche servire a tutelare la salute mentale del lavoratore

Tutto questo sarà reso possibile anche grazie al contributo dell’Italia in un progetto altamente innovativo a livello mondiale che vede combinare tecnologia e psicologia, ma anche attenzione alla persona e inclusione. Il suo nome è MindBot – Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0, è stato avviato quest’anno e ha ottenuto un finanziamento UE di quasi 4 milioni di euro. Ideatrice del progetto è l’Istituto IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco) che è anche coordinatore dei vari partner.

Intelligenza artificiale e robotica per la salute mentale dei lavoratori: cos’è MindBot

Il progetto nasce per dare una risposta a un bisogno sempre più sentito a livello europeo: preservare la salute mentale dei lavoratori. Non è solo un fine umanitario, ma ha anche una valenza economica. Secondo lo studio della Commissione UE “Health at a Glance”, i costi totali dei problemi riguardanti la salute mentale incidono per oltre il 4% del Pil nei paesi dell’Unione Europea, equivalenti a più di 600 miliardi di euro all’anno. Essi comprendono anche la minore occupazione e la produttività dei lavoratori oltre ai costi per i sistemi sanitari e i programmi di sicurezza sociale.

Gianluigi Reni, ideatore del progetto MindBot
Gianluigi Reni, ideatore del progetto MindBot

Lo scopo di Mindbot è far sì che la persona stia bene nel proprio ambiente lavorativo. Per contribuire al suo benessere, si è pensato di impiegare un cobot speciale, partendo dal ruolo implicito che è proprio di questi robot collaborativi: interagire con l’uomo. L’idea è che questo robot collaborativo contenga anche meccanismi di tutela del lavoratore, non solo di ausilio al lavoro

spiega Gianluigi Reni, ideatore del progetto e responsabile dell’area di Ricerca in tecnologie applicate del Medea. Finora le applicazioni riguardanti la salute per le quali sono stati attivati questi specifici robot industriali si sono limitate all’ergonomia, ovvero intervenire per correggere eventuali posture scorrette di chi opera in ambito industriale. 

L’idea di far intervenire un cobot per preservare il benessere psicologico è nuova e vincente, tanto che il progetto ha vinto un bando Horizon 2020 nel settore della salute mentale sul luogo di lavoro. Ed è un’idea concepita proprio dall’istituto lombardo. 

MindBot – Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0, oltre che sull’IRCCS E. Medea, conta anche sul contributo di altre realtà scientifiche italiane: Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato (STIIMA) del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche e Università degli Studi di Milano. 

Oltre all’Italia, partecipano anche Germania (Centro di ricerca DFKI sull’intelligenza artificiale, Kuka Robotics, Università di Augsburg), Belgio (impresa Biorics NV) e Croazia (Università di Rijeka, Ministero del Lavoro, Famiglia e Politiche sociali).

Il progetto, inoltre, si prefigge di definire linee guida organizzative per progettare un ambiente produttivo basato sul cobot in grado di promuovere la salute mentale dei lavoratori. Non solo: il team vuole caratterizzare un modello occupazionale adatto alle persone con diagnosi di disturbo dello spettro autistico che lavorano nelle piccole e medie imprese manifatturiere che adottano cobot.

Come funziona il cobot MindBot e il ruolo dell’AI

MindBot “sarà in grado di percepire una situazione anomala del lavoratore e mettere in atto meccanismi correttivi. Per accorgersi saranno attivati diversi parametri di misura, oggettivi e soggettivi – risponde Reni – Nel primo caso ci si avvarrà di wearable device commercialmente già in uso, ad esempio l’Apple Watch, provvisto di un algoritmo specifico, sviluppato da uno dei partner del progetto che in base a diversi parametri misura il “consumo di energia mentale”.

La dotazione si completerà con videocamere ad alta risoluzione installate sul robot industriale, mediante cui sarà possibile riconoscere in automatico movimenti del corpo ed espressioni facciali, grazie ad algoritmi di visione basati su AI e Machine Learning: così si potranno scorgere segnali di stress o altre situazioni di disagio. L’intelligenza artificiale sarà anche determinante per l’analisi dell’enorme mole di dati provenienti sia dai wearable device sia dalle immagini in tempo reale.

Per la parte soggettiva stiamo invece lavorando alla composizione di domande o di frasi specifiche che verranno rivolte dal cobot al lavoratore nel momento stesso in cui noterà segnali anomali, basati anche su parametri fisiologici – specifica Reni – Sarà quindi importante contare sugli input dello stesso lavoratore per comprendere meglio la sua condizione e formare il quadro complessivo della sua situazione in tempo reale“.

Il team di ricerca: tecnologia, psicologia e il contributo dell’autismo

Per realizzare il cobot ci si avvarrà del lavoro congiunto di partner di ricerca accademici e industriali, esperti in psicologia, organizzazione aziendale, riabilitazione, interfaccia cobot-operatore umano, intelligenza artificiale, sensoristica wearable.

Non solo: del team fa parte anche una persona con disturbo dello spettro autistico. Osserva il coordinatore del progetto:

L’intuizione avuta dal nostro istituto è lavorare per migliorare l’inserimento dei soggetti autistici nel mondo lavorativo. Una delle chiavi vincenti messe in atto già in altri progetti condotti da Medea è stata il loro coinvolgimento attivo per valutare e perfezionare l’ambiente di lavoro. Il loro contributo è stato prezioso per suggerirci accorgimenti e migliorie. O meglio: il loro punto di vista è fondamentale. Per questo abbiamo assunto nel progetto una persona con disturbo dello spettro autistico, laureato in scienze sociali, che ci fornirà il proprio aiuto per ottimizzare meglio il il cobot MindBot

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Journalist Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin