Nel mondo dei videogiochi, l’inclusione sta ridefinendo il concetto stesso di divertimento. Non si parla solo di battaglie epiche o gare spericolate, ma di esperienze che abbattono le barriere digitali, rendendo il gaming accessibile anche a chi convive con disabilità. Handimatica, evento organizzato dalla Fondazione Asphi, è il palcoscenico ideale per scoprire le innovazioni tecnologiche che trasformano i videogiochi in strumenti di partecipazione, apprendimento e autonomia.

Grazie a dispositivi adattivi e tecnologie avanzate, persone con difficoltà motorie, sensoriali o cognitive possono finalmente partecipare, giocare e interagire. Ma questa rivoluzione non si ferma al divertimento: si tratta di un passo avanti verso una società più equa, dove l’accessibilità digitale diventa sinonimo di inclusione sociale.


Le tecnologie che rendono i videogiochi accessibili a persone con disabilità non servono solo al divertimento: rappresentano una porta verso nuove possibilità, dentro e fuori dallo schermo.

Sviluppo personale e autonomia: utilizzare controller adattivi o sensori alternativi permette non solo di giocare, ma anche di scoprire capacità nascoste e di acquisire competenze utili nella vita quotidiana, dal lavoro alla gestione domestica.
Inclusione sociale: giocare insieme agli altri, con strumenti che rispettano le diversità, rafforza il senso di appartenenza e contribuisce a una società più equa.
Innovazione per tutti: le soluzioni progettate per l’accessibilità migliorano l’esperienza di gioco anche per chi non ha disabilità, dimostrando che l’inclusione favorisce la creatività e l’usabilità universale.
Prospettive future: l’intelligenza artificiale promette ulteriori sviluppi, come sistemi adattivi personalizzati e tecnologie più sensibili, in grado di abbattere barriere anche invisibili, come accenti o difficoltà di pronuncia.

La sfida non è solo giocare meglio, ma ripensare il ruolo del gaming come strumento di crescita, inclusione e innovazione per tutti.


Le tecnologie che rendono i videogiochi accessibili

Il mio “folletto” guida Alessandro Norfo, formatore e sviluppatore software di Fondazione Asphi, si dimostra subito fondamentale per spiegarmi l’utilità dei device che vedo sparsi attorno ad uno schermo dove un culturista mal vestito si agita per combattere un mostro. Ci sono due grandi “smarties”, uno verde e uno giallo, una sfera ruotabile blu, una scatoletta grigia. Quest’ultima, la più anonima e apparentemente insignificante, è il pezzo chiave di un puzzle di sensori personalizzabile e adattabile nel tempo, che rende possibile giocare ai “videogame per tutti” a soggetti che hanno alcune tipologie di disabilità. È un hardware commerciale (è l’Xbox adaptive controller), quindi ha un costo accessibile, e rappresenta una sorta di centralina a cui si possono collegare tutti i sensori di cui necessitano coloro che non possono utilizzare il joystick così come venduto comunemente.

I due “smarties” sono comodi bottoni da schiacciare, la sfera è grande e facile da ruotare, ci sono poi superfici nere ultrasensibili da sfiorare e anche lo stesso joystick in commercio si può unire a questa “community di sensori inclusivi”.

“L’ampiezza di collegamenti e combinazioni possibili si traduce nella possibilità di realizzare facilmente e con costi limitati una postazione di gioco totalmente personalizzata per ogni singolo giocatore – spiega Norfo – selezionando solo sensori e comandi utili e stimolanti, integrando anche l’eventuale presenza di un co-pilota. E nel tempo tutto si può cambiare, se le capacità variano, o adeguare alle esigenze anche di un videogioco particolare che richiede abilità diverse”.

Nella mia postazione multi-sensore, mi sento strana e totalmente scoordinata. Abituata ad avere tutti i comandi tra le mani, compatti e piccoli, tutto sotto controllo attraverso i miei sensi più sviluppati, sono incredibilmente spaesata. Il mio avatar non avanza fluido, mi sento incapace e i tanti sensori collegati mi stanno mostrando quanto sia scollegata io, dentro. E quanto io usi sempre gli stessi “collegamenti” dentro di me, senza mai stimolare il mio corpo a farne altri.

Videogiochi inclusivi - videogame e disabili - Credits: Fondazione Asphi
Videogiochi inclusivi e tecnologie che rendono i videogiochi accessibili a persone con disabilità | Credits: Fondazione Asphi

Da tremenda scoperta, questa sensazione si trasforma in divertimento, complice un amico fotografo che ride di me e mi fa ridere di me. E qui inizia il mio vero gioco, quello per cui sono venuta a Handimatica. Il prossimo livello prevede l’uso di un altro device, più hard e per me improbabile da “dominare”: un beccuccio da mettere in bocca, per comandare il gioco con il proprio respiro. Io che notoriamente, nonostante anni di yoga, spesso non respiro, sono destinata a restare al palo. O a educarmi, come chiunque abbia una difficoltà e ci tenga a superarla per decidere della propria posizione nel mondo e guadagnare libertà possibili.

La mia totale incapacità di muovere un ipotetico mouse respirando in un beccuccio mi toglie il fiato, Alessandro (lo chiamo per nome, per via della confidenza creatasi destrutturando le mie certezze) mi tira su il morale mostrandomi dei cuscinetti colorati di tessuto conduttivo. Sono morbidi, li posso accarezzare anche con il volto. Sono molto sensibili, basta sfiorarli e si possono lanciare comandi in modo delicato ed efficace. Rientro in una zona di discreto comfort, ci resto anche quando mi propone di continuare l’avventura su schermo con un pezzo di Didò. È lo stesso con cui ho sempre giocato; un bambino affianco a me ne tiene tra le dita una pallina, pensieroso.

“È collegato a Click4all con dei cavetti, così i comandi confluiscono con quelli ricevuti da altri sensori e si può comporre uno spazio ancora più personalizzato per ogni giocatore” mi spiega Alessandro.

[Click4all è un kit pensato per chi ha una disabilità motoria o cognitiva complessa e non è in grado di utilizzare le interfacce standard come mouse, tastiera o schermo touch. Con Click4all è possibile utilizzare diversi dispositivi informatici come computer, tablet, smartphone, ecc. creando tastiere e mouse personalizzabili e adattabili alle capacità della persona – ndr].

Alessandro ci tiene a precisare che Click4all è stato sviluppato dalla stessa Fondazione Asphi, è economicamente accessibile e molto adatto soprattutto alla didattica, grazie all’ampia possibilità di aggiungere sensori anche molto “children-friendly”.

Annuisco, ma il Didò non ha mai smesso di piacermi… mi ha regalato un momento di relax necessario, per rituffarmi in altre aree out of comfort alla scoperta della parte software dell’esperienza. Qui mi trovo a dover guidare un’auto in corsa ad alta velocità usando il mio naso. Uno strumento traccia le coordinate del mio volto, focalizzandosi sulla posizione proprio del naso e usandola per capire che direzione voglio prendere. Inutile spiegare che non ho alcuna consapevolezza dei movimenti del mio naso e scarsissima sensibilità e delicatezza nel guidarlo dove vorrei. Ma questa tecnologia permette a chi muove solo il volto di giocare, di partecipare, di divertirsi ma anche di interagire con lo schermo per qualsiasi altro tipo di attività e interesse.

“È diverso dall’eye tracking, più noto, molto preciso, tecnologicamente più avanzato ma non sempre necessario – mi spiega Alessandro – questo non è particolarmente complesso da sviluppare, si collegano una libreria open source per il tracciamento volto e una per l’emulazione del gamepad, con uno script python, ed è fatta!”.

Audiogame, ascoltarsi ascoltare

Più facile da realizzare che da usare, quasi, per una come me che, sempre più consapevole della propria disconnessione interna, affronta il gran finale. Gli audiogame. Chiudo gli occhi e mi lascio immergere nei suoni emessi nella partita del mio vicino di postazione. Non so chi sia, ma lui sa cosa sta facendo: sente rumori per me tutti uguali e gioca di conseguenza. Sento che dà comandi sicuri, reagisce, partecipa. È impegnatissimo e sta anche vincendo. Lo so perché commenta soddisfatto con un amico.

Per giocare in modo scorrevole, in media serve crearsi una mappa mentale di almeno 80-90 suoni. Per un videogioco di lotta possono bastare, più complessi sono quelli con una missione, una sfida” racconta Francesco Aleotti, formatore informatico esperto di accessibilità. Intuisce la mia sorpresa, gli spiego che mi sembra molto sfidante per chiunque raggiungere questi livelli. “Non è banale, ma non è così difficile come sembra, soprattutto per chi ha una disabilità visiva. La conquista davvero importante è che oggi per quasi tutti i videogiochi in commercio esiste la possibilità di essere utilizzati come audiogame perché la parte audio viene solitamente adeguatamente sviluppata. Prima, dovevamo usare ‘i nostri’, quelli fatti apposta per chi non vede, decisamente ghettizzanti”.

Videogiochi accessibili, non solo per giocare

Chi è arrivato fin qui, merita una spiegazione chiara, sintetica e precisa dell’utilità di quanto ho sperimentato a Handimatica (e di tutto ciò che ancora si sta realizzando, coming soon).

Sviluppare tecnologie che permettano a chi ha disabilità di trasmettere input e interagire con un computer, significa:

  • Consentire alle persone di giocare ma anche di lavorare, gestire dispositivi di domotica per abitare in modo più indipendente possibile il proprio ambiente, usufruire di servizi pubblici digitalizzati, muoversi in una rete di trasporti moderna;
  • far sentire le persone parte del gioco, con le altre, come le altre, dello stesso gioco. In senso sia metaforico che reale, con ovvi impatti sull’aspetto morale e sociale;
  • scoprire e/o sviluppare nuove capacità della singola persona che non erano emerse perché non stimolate (un bambino sembra non riconoscere la destra e la sinistra, non risponde se glielo si chiede, ma “magicamente” in un gioco di auto, guida con sicurezza in ogni curva…);
  • rendere le tecnologie più adeguate, per tutti indistintamente.

L’intelligenza artificiale promette nuove interessanti svolte per chi lavora a un futuro di tecnologie senza barriere. Alessandro è restio a parlarne, ma si vede che ci crede e non vede l’ora di poter sviluppare e sperimentare i prossimi passi avanti. Ci potrebbe essere un copilota AI based personalizzato, adattabile alle potenzialità in evoluzione della singola persona e che capisce da solo cosa non riesce a fare e cosa riesce a fare. E il software per il riconoscimento vocale potrebbe diventare sempre più abile a “riconoscere” cosa dice chiunque, indipendentemente dalla pronuncia o dai difetti di pronuncia rendendoli del tutto irrilevanti. Insomma, un software capace di ascoltare davvero, senza pregiudizi, meglio di noi esseri umani.

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