Alle teorie sulla supremazia quantistica corrisponde uno scarso riscontro empirico. Un team di ricerca interdisciplinare supportato da IBM ha pertanto svolto una serie di test pratici per comprendere come le reti neurali quantistiche siano effettivamente in grado di risultare più potenti ed efficaci da allenare rispetto alle reti neurali classiche.

TAKEAWAY

  • Il quantum computing offre in via teorica una soluzione ai tradizionali limiti del machine learning, ma le applicazioni pratiche stentano ad arrivare.
  • Un gruppo interdisciplinare supportato da IBM ha pubblicato i risultati di una ricerca mirata a confrontare l’efficienza delle reti neurali quantistiche con le reti neurali classiche.
  • Le reti neurali quantistiche sono, di base molto, più performanti rispetto alle controparti classiche, ma occorre una ricerca maggiormente improntata su evidenze empiriche, laddove la messa a punto di soluzioni di quantum machine learning ibrido potrebbe rivelarsi un ottimo acceleratore per la ricerca.

La ricerca sul quantum computing procede a ritmo serrato. Dai quantum lab sempre più avveniristici, i big tech rilanciano la disponibilità in cloud di elaboratori in grado di performare con un numero di qubit sempre più elevato, ma se dovessimo interrogarci sull’effettivo contributo che computer quantistico e reti neurali potranno effettivamente offrire nel breve e medio termine alle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale… calerebbe un assordante silenzio.

A livello di potenziale, non ci sono dubbi. Un computer quantistico è sulla carta largamente superiore rispetto ad un calcolatore tradizionale e molto più adatto a descrivere la complessa attività dei modelli di machine learning.

Sfruttando le proprietà dell’informatica quantistica è infatti possibile creare modelli di nuova concezione, per superare finalmente i problemi di generalizzazione dei modelli classici, che tendono ad andare in crisi di fronte alle simulazioni più complesse.

Senza trascurare il fatto che ad oggi molte simulazioni non possono essere eseguite, in quanto non avrebbero possibilità di giungere ad una conclusione nemmeno utilizzando i più potenti supercomputer classici.

Laddove la teoria offre sin d’ora confortanti garanzie e stimoli ad investire, la pratica latita. Ad oggi non ci sono infatti studi e ricerche strutturate in grado di dimostrare quale sia il valore computazionale e il livello di training che il machine learning quantistico potrebbe garantire rispetto alle attuali applicazioni, basate sulle reti neurali classiche eseguite da elaboratori tradizionali.

Per capire quale potenza si annida all’interno delle reti neurali quantiche, un gruppo interdisciplinare formato dai ricercatori di IBM Quantum, IBM Research, ETH Zurich e la University of KwaZulu-Natal di Durban (Repubblica Sudafricana) ha messo a punto un programma in grado di confrontare alcuni metodi di machine learning, ai fini di ottenere conoscenza pratica soprattutto in merito a due aspetti fondamentali, su cui si interroga la comunità scientifica:

  • quantificare la supremazia delle reti neurali quantiche rispetto a quelle classiche
  • valutare la qualità del training del quantum machine learning a fronte dei limiti e delle problematiche che tuttora affliggono i computer quantistici

La ricerca “The power of quantum neural networks” è stata condotta nel 2020 e pubblicata su Nature Computational Science vol. 1 del giugno 2021. Vediamo com’è andata a finire.

Computer quantistico e reti neurali: design e training dei nuovi modelli di machine learning

Dopo un’ampia indagine preliminare, il gruppo di ricerca ha scelto un iter piuttosto articolato ma al tempo stesso utile a mettere a confronto una rete neurale classica, una rete neurale quantica ed un modello quantico semplificato.

La base del test è stata impostata sulla dimensione effettiva, una misura fondata sui dati dipendente dall’informazione di Fisher. Tale condizione ha garantito al team di ricerca degli indicatori efficaci per quanto concerne la capacità di training dei modelli, oltre ai dati empirici relativi alla velocità e all’accuratezza nella simulazione.

Durante i test effettuati, la rete neurale quantica ha pienamente confermato le aspettative, rivelandosi, numeri alla mano, la più precisa nel descrivere la dimensione effettiva, e la più veloce nel training del modello.

Dopo le simulazioni su un calcolatore tradizionale, che ha consentito di confrontare l’elaborazione dei tre sistemi, la rete neurale quantica è stata testata anche su un computer quantistico vero e proprio.

Il nemico pubblico numero uno del calcolo quantistico è rappresentato dal rumore che si verifica a livello hardware, creando una condizione di decoerenza che causa la perdita dello stato di sovrapposizione dei qubit e gli invalidanti errori nel calcolo che ne derivano. Le simulazioni eseguite su un computer quantistico IBM da 27 qubit hanno empiricamente dimostrato come elaborazioni di dataset più complessi garantiscano una maggior resilienza del sistema, capace di contenere meglio il rumore rispetto all’esecuzione di calcoli più semplici.

Questo fattore, se verrà supportato da maggiori certezze empiriche e da una maggior stabilità dei sistemi hardware, porterà all’impiego di un computer quantistico e reti neurali con modelli di machine learning capaci di rendere al meglio in condizioni di complessità crescente, laddove i modelli attuali rischiano costantemente di avere un crollo nelle performance e nel training. Per i data scientist potrebbe essere la realizzazione di un sogno, oltre che l’inizio di una nuova era di efficienza per l’intelligenza artificiale.

Computer quantistico e reti neurali: la via dell’ibridazione

I promettenti risultati pubblicati dal team di ricerca supportato da IBM ci consentono di fare alcune valutazioni in merito al presente ed al futuro di computer quantistico e reti neurali necessari per iniziare a sfruttare davvero il potenziale del quantum machine learning, verso scenari di complessità crescente.

Da un lato, appare evidente come un setup puramente quantistico (computer quantistico e reti neurali quantistiche) rappresenti ancora qualcosa di troppo distante dal contesto produttivo, in quanto i sistemi hardware e software sono ancora in fase di totale sperimentazione e non saranno pronti per un effettivo utilizzo commerciale prima di diversi anni.

D’altro canto, la maturità dell’informatica classica può offrire all’approccio quantistico il supporto necessario a procedere più speditamente lungo la via sperimentale, anticipando delle condizioni pratiche che consentano l’utilizzo anche nelle applicazioni commerciali, utili per ottenere quei feedback di utilizzo concreti, indispensabili per lo sviluppo di sistemi di quantum machine learning sempre più veloci, pratici e semplici da implementare in produzione.

Il quantum machine learning tra approcci standard e algoritmi variazionali

Lo stato dell’arte del quantum computing attuale ci porta pertanto a considerare come l’approccio ibrido, basato in parte sull’informatica quantistica ed in parte sull’informatica classica, possa costituire la soluzione più efficace per iniziare a superare i limiti storici del machine learning, ai fini di ottenere una miglior rappresentazione dei dati ed una ottimizzazione dei risultati sempre più rapida.

L’informatica classica è più lenta, ma molto più stabile rispetto ai sistemi quantistici, per cui è possibile sfruttare i punti di forza di entrambi i metodi, per mettere a punto delle configurazioni ad hoc sulla base delle effettive esigenze.

I linguaggi di programmazione tradizionali consentono di comporre circuiti quantistici per effettuare simulazioni sia sui computer tradizionali che sui computer quantici. Questo offre la possibilità di approcciare il machine learning con un approccio ibrido sia a livello software, con algoritmi classici-quantistici, che a livello hardware, grazie alla possibilità di scegliere di volta in volta l’elaboratore più idoneo.

Un algoritmo ibrido può ad esempio consentire di utilizzare un circuito quantistico per ottenere una miglior rappresentazione dei dati, data la sua affinità con grandi volumi di dati complessi da analizzare, riservando piuttosto ad un algoritmo classico le fasi dedicate all’ottimizzazione. Per quanto riguarda il superamento degli attuali limiti dell’informatica quantistica, la ricerca dimostra un notevole interesse per le potenzialità degli algoritmi variazionali, che impiegano circuiti quantistici brevi, interrogando con una frequenza molto elevata il computer quantistico, sfruttando così al massimo i ridotti tempi di coerenza di cui dispone.

Gli attuali progressi di computer quantistico e reti neurali ci indicano come la via al quantum machine learning sia finalmente aperta. Informatici e data scientist dovranno capire il modo più veloce per scalarla, avvalendosi progressivamente del supporto di strumenti resi sempre più performanti dalla ricerca.

Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin