La diagnosi precoce dello spettro autistico è cruciale nel migliorare la qualità di vita dei pazienti. L’impiego delle tecniche di machine learning sta accelerando e rendendo più accurati i processi diagnostici, mentre una ricerca più inclusiva è essenziale per sviluppare trattamenti personalizzati e mirati.
Negli ultimi anni, le ricerche sui disturbi dello spettro autistico e le tecniche di machine learning hanno trovato sempre più punti di convergenza, con un numero crescente di team di ricerca internazionali impegnati su due fronti principali: da un lato, si lavora per perfezionare la diagnosi precoce, ritenuta cruciale per avviare percorsi di trattamento personalizzati, capaci di migliorare i sintomi associati allo spettro autistico e di offrire un supporto più efficace alle persone che ne sono affette. Dall’altro, gli studi si concentrano sull’esplorazione dei «meccanismi molecolari e cellulari coinvolti in questa condizione che, da un punto di vista biologico, è ormai concordemente descritta dalla comunità scientifica come un disturbo dello sviluppo neurologico di origine genetica».
In questo articolo, esaminiamo le direzioni prese dagli studi più recenti e i progressi compiuti fino ad oggi, con l’obiettivo di offrire una panoramica dei risultati ottenuti e delle nuove prospettive di ricerca.
Takeaway
Che cosa sono i disturbi dello spettro autistico
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce i disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder – ASD) come un gruppo eterogeneo di condizioni legate allo sviluppo cerebrale, caratterizzate da difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale, nonché da comportamenti e attività ripetitive o atipiche.
Questi comportamenti possono includere difficoltà a passare da un’attività all’altra, una forte attenzione ai dettagli e reazioni insolite a stimoli sensoriali. Le prime manifestazioni dell’autismo possono essere rilevate già nella prima infanzia, anche se la diagnosi avviene spesso in età più avanzata.
Secondo le stime dell’OMS, in media, circa un bambino su 100, nel mondo, è affetto da autismo: un valore medio che può variare notevolmente tra i diversi studi e le regioni geografiche, tenendo anche conto del fatto che in regioni o paesi a basso e medio reddito i dati specifici possono essere imprecisi o comunque poco noti.


Le persone affette da ASD presentano abilità e bisogni diversi, che possono cambiare nel tempo: alcune riescono a condurre una vita indipendente, mentre altre hanno disabilità gravi e necessitano di assistenza continua per tutta la vita.
L’OMS sottolinea – ed è questo un punto che avvalora l’importanza degli studi in corso – come i disturbi dello spettro autistico possano influire sulle opportunità educative e lavorative e come le famiglie che si occupano della cura e del sostegno di persone autistiche possano affrontare carichi significativi. Inoltre, la qualità della vita delle persone con autismo dipende anche dagli atteggiamenti della società e dal livello di supporto fornito dalle autorità locali e nazionali.
Per migliorare la salute e il benessere delle persone con autismo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda interventi psicosociali basati su evidenze scientifiche, che possono potenziare le capacità comunicative e sociali, e sottolinea l’importanza di azioni mirate a livello comunitario, per promuovere maggiore accessibilità, inclusione e sostegno.
L’importanza della diagnosi precoce
Quando si parla di disturbi dello spettro autistico, la diagnosi precoce è fondamentale. E, in questi ultimi anni, l’uso del machine learning sembra finalmente offrire una via promettente per ottenere una diagnosi più rapida e precisa.
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare tre anni fa in questo articolo di approfondimento, nonostante i progressi fatti nella comprensione dell’autismo, non esiste ancora un biomarcatore affidabile per la diagnosi, che si basa principalmente sull’osservazione dei sintomi comportamentali.
Sebbene l’autismo possa essere rilevato già a 14 mesi e con maggiore certezza prima dei due anni, spesso la diagnosi viene effettuata solo dopo i quattro anni e mezzo, quando i bambini sono già inseriti nel sistema scolastico.
Diagnosticare il disturbo prima dei tre anni è cruciale, poiché interventi tempestivi possono migliorare significativamente lo sviluppo del bambino. La sfida è, quindi, individuare metodi di diagnosi precoce e quantificare oggettivamente le atipicità comportamentali.
In questo contesto, l’intelligenza artificiale sta fornendo un valido supporto nel monitoraggio dei movimenti e dei comportamenti nei test standardizzati per la valutazione dell’autismo. Cerchiamo, dunque, di comprendere quale direzione hanno preso gli studi più recenti in materia.
L’impiego delle tecniche di machine learning
Pubblicato quest’anno, è lo studio intitolato “An evaluation of machine learning approaches for early diagnosis of autism spectrum disorder”, condotto da un team multidisciplinare di ricercatori delle università di Kushtia, Khulna e Savar, in Bangladesh, e delle università del Missouri e di Troy, negli Stati Uniti.
Lo studio ha esplorato in modo approfondito l’uso di diversi approcci di machine learning per migliorare la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico. La diagnosi tradizionale dell’ASD – che si basa su interviste e osservazioni comportamentali – è spesso lenta e richiede un’ampia quantità di tempo e risorse. Di conseguenza, molti pazienti ricevono la diagnosi tardi, con un ritardo nell’avvio delle terapie necessarie.
Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno applicato otto modelli di classificazione e cinque metodi di clustering ai dati relativi a bambini e adulti con ASD. La loro analisi si è concentrata su metriche come accuratezza, precisione, richiamo e area sotto la curva (AUC) per determinare l’efficacia dei modelli. (ndr: L’AUC – Area Under the Curve – valuta la capacità di un modello di machine learning di assegnare punteggi più alti agli esempi positivi rispetto a quelli negativi. Essendo indipendente dalla soglia decisionale, l’AUC fornisce un’indicazione dell’accuratezza del modello senza la necessità di scegliere un valore limite specifico).
I ricercatori sono partiti anche da un dato di fatto importante: nonostante l’incidenza globale dei disturbi dello spettro autistico sia in aumento in tutto il mondo, ci sono ancora pochissimi dataset pubblicamente disponibili specifici per lo studio dell’autismo. Attualmente, la maggior parte dei database si concentra sulla genetica e c’è una carenza di dataset clinici per lo screening dell’autismo.
I dataset usati in questo studio, “ASD nei bambini” e “ASD negli adulti”, provengono da un archivio pubblico (UCI Repository). Il dataset dei bambini contiene 292 casi, con età comprese tra 4 e 11 anni, mentre quello degli adulti ha 704 casi, entrambi con 21 attributi. Entrambi i dataset includono le risposte a un questionario di 10 domande, noto come AQ-10 (Autism Spectrum Quotient), uno strumento di screening per capire se un individuo dovrebbe essere sottoposto a una valutazione completa per l’autismo. Ogni domanda viene valutata con un punteggio di 0 o 1, e un punteggio totale più alto indica una maggiore probabilità di autismo, suggerendo la necessità di ulteriori approfondimenti.
Le domande riguardano aspetti comportamentali come la comunicazione, l’attenzione ai dettagli, l‘interazione sociale e l’immaginazione. Oltre alle risposte alle domande, i dataset includono altre informazioni come età, genere, etnia, eventuale ittero alla nascita, la presenza di disturbi pervasivi dello sviluppo nei familiari e altre caratteristiche del partecipante.
Classificazione dei dati e analisi della relazione tra variabili
Tra tutti i modelli oggetto dello studio, Support Vector Machine (SVM) e la regressione logistica (LR) hanno ottenuto le migliori prestazioni, con un’accuratezza del 100% per i dati sui bambini e del 97,14% per gli adulti.
Con Support Vector Machine (SVM) si indica un metodo di machine learning utilizzato per classificare dati. Si basa sull’idea di trovare una linea (o un piano, nel caso di dati multidimensionali) che separa i dati in due categorie in modo ottimale. Questa “linea” è chiamata iperpiano di separazione. SVM cerca di massimizzare la distanza tra l’iperpiano e i dati di ciascuna categoria, per garantire la miglior separazione possibile.
La regressione logistica, invece, è un algoritmo di machine learning utilizzato per analizzare la relazione tra variabili e fare previsioni su un risultato che può assumere valori discreti, come “sì” o “no”. A differenza della regressione lineare, che prevede valori continui, la regressione logistica utilizza una funzione logistica per stimare la probabilità che un determinato evento si verifichi, permettendo di classificare i dati in categorie definite. Inoltre, i ricercatori hanno sviluppato un modello di rete neurale artificiale che ha raggiunto un’accuratezza del 94,24% su un dataset combinato, dopo un’ottimizzazione accurata dei parametri.
Uno degli aspetti innovativi dello studio è stato l’utilizzo di metodi di clustering per analizzare i dati in assenza di etichette precise. Questo approccio ha permesso ai ricercatori di valutare le prestazioni degli algoritmi in scenari reali, nei quali le informazioni non sempre sono completamente definite.
In particolare, il clustering spettrale (una tecnica di machine learning utilizzata per suddividere i dati in gruppi, basata sulla teoria dei grafi spettrali e sull’algebra lineare: l’obiettivo è quello di dividere un grafo in più piccoli gruppi, raggruppando insieme i valori simili o vicini tra loro) ha dimostrato di essere il metodo più efficace, in termini di Normalized Mutual Information (NMI) e Adjusted Rand Index (ARI), superando altri modelli di riferimento come k-means.
Lo studio non si è limitato solo all’analisi teorica. Il team ha anche sviluppato una piattaforma con interfaccia grafica integrata, per permettere un’applicazione clinica più pratica e immediata di questi modelli.
I ricercatori hanno anticipato la volontà di proseguire nello studio con dataset più ampi. L’obiettivo è rendere la diagnosi dell’ASD più rapida, accurata e accessibile, riducendo i tempi e i costi associati al processo diagnostico tradizionale.
Federated learning e machine learning alleati della ricerca
Ad analoghe conclusioni è arrivato anche uno studio pubblicato a novembre 2023 da un team di ricercatori pakistano, in cui si ricorre all’uso dell’apprendimento federato e del machine learning per la diagnosi precoce dell’autismo nei bambini e negli adulti.
In questo studio è importante la scelta del Federated Learning (FL), che consente di addestrare modelli ML senza condividere i dati sensibili tra le organizzazioni.
I ricercatori hanno utilizzato gli stessi due modelli di ML risultati migliori nello studio precedentemente descritto, ossia la regressione logistica (LR) e la macchina a vettori di supporto (Support Vector Machine – SVM). I due modelli sono stati addestrati localmente su quattro diversi dataset contenenti informazioni su bambini e adulti con ASD. I risultati sono stati poi inviati a un server centrale, dove è stato addestrato un meta-classificatore per determinare l’approccio più accurato nella rilevazione dell’ASD.
Il modello proposto ha ottenuto un’accuratezza del 98% per i bambini e dell’81% per gli adulti, dimostrando l’efficacia dell’FL nella diagnosi precoce dell’autismo, mantenendo nel contempo la sicurezza e riservatezza dei dati.
L’apprendimento statistico nella diagnosi dei disturbi dello spettro autistico
Pubblicato quest’anno, è un ulteriore studio, condotto dai ricercatori italiani Roberta Bettoni, Chiara Cantiani, Elena Maria Riboldi, Massimo Molteni, Hermann Bulf e Valentina Riva e pubblicato su Plos One.
Secondo quanto emerge dal lavoro del team, i disturbi dello spettro autistico potrebbero manifestarsi già a 6 mesi di età. I ricercatori hanno, poi, esaminato l’apprendimento statistico visuale, ovvero la capacità di riconoscere regolarità nell’ambiente. Con visual statistical learning (VSL), si intende, infatti, la capacità del cervello di riconoscere e imparare le probabilità con cui forme o oggetti visivi appaiono insieme in configurazioni complesse, semplicemente osservandole.
In pratica, quando si guarda una scena visiva, il cervello è in grado di cogliere schemi e regolarità, come quali oggetti compaiono spesso insieme o in determinate sequenze. Studi dimostrano che anche i neonati sono sensibili a queste regolarità visive e possono impararle fin dai primi mesi di vita.
Il questo caso, il VLS è stato utilizzato con un gruppo di bambini ad alto rischio di autismo (fratelli di bambini autistici) e in un gruppo di controllo. I bambini ad alto rischio hanno mostrato difficoltà nel riconoscere regolarità rispetto ai bambini neurotipici. Queste difficoltà potrebbero influenzare le abilità sociali e comunicative tra i 24 e i 36 mesi.
I risultati indicano che l’apprendimento statistico precoce potrebbe essere un marcatore predittivo per l’autismo. Nonostante i limiti dello studio, i ricercatori sottolineano l’importanza di identificare precocemente questi segnali per migliorare gli interventi personalizzati, prevenendo così lo sviluppo di problematiche sociali e comunicative.
Glimpses of Future
I lavori di ricerca descritti hanno messo in evidenza come tecniche di machine learning, declinate in base a diversi approcci e metodologie, possano essere di grande aiuto nella diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico nei bambini, fin dalla primissima infanzia, e finanche negli adulti non diagnosticati.
Ora, con l’obiettivo di anticipare possibili scenari futuri, proviamo ad analizzare – servendoci della matrice STEPS– quali potrebbero essere gli impatti dell’evoluzione di questi studi, grazie anche a una maggiore disponibilità di dati, e quali potrebbero esserne i riflessi sotto il profilo sociale, tecnologico, economico, politico e della sostenibilità.
S – SOCIAL: la diagnosi precoce dell’autismo può aprire la strada a interventi tempestivi, come terapie che migliorano le capacità comunicative e sociali dei bambini, contribuendo a migliorare la loro qualità della vita nel tempo. Questi programmi di intervento possono iniziare già a 2 o 3 anni, quando il cervello è ancora in fase di sviluppo, rendendo le terapie più efficaci rispetto a quando iniziano in età più avanzata. Alcuni bambini diagnosticati con autismo possono, inoltre, accedere a servizi statali, come centri regionali che offrono assistenza continua per le disabilità dello sviluppo. Tra le possibili terapie ci sono la logopedia, la fisioterapia, servizi per l’udito, supporto nutrizionale e formazione per le famiglie. Questi interventi aiutano i bambini a sviluppare competenze di base come comunicazione, interazione sociale, forza fisica, pensiero e gestione delle emozioni, riducendo la frustrazione e comportamenti problematici legati alla difficoltà di comunicare. In Italia, il Network NIDA, finanziato dal Ministero della Salute per monitorare lo sviluppo neuroevolutivo della popolazione generale e dei soggetti ad alto rischio, ha raggiunto una copertura nazionale e nel 2023 è stato ulteriormente potenziato con il progetto BABY@NET, grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alla collaborazione del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie e della Cassa Depositi e Prestiti. Le nuove iniziative permetteranno di integrare i dati clinici e sperimentali con quelli neurofisiologici e di estendere la teleassistenza a tutte le Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e ai servizi di neuropsichiatria infantile (UONPIA) del Sistema Sanitario Nazionale. Questo faciliterà un accesso più rapido e capillare a valutazioni specialistiche e interventi mirati.
T – TECHNOLOGICAL: questo è probabilmente l’ambito nel quale il percorso è ancora lungo. Gli studi presentati in questo servizio dimostrano l’importanza di sfruttare i più recenti sviluppi di tecnologie come l’intelligenza artificiale e il machine learning, che potrebbero essere utilizzate per sviluppare nuovi strumenti o adattare quelli già in uso in altri campi, come per il monitoraggio del movimento nei pazienti con Parkinson. Anche le Brain Computer Interface potrebbero essere adattate per aiutare le persone autistiche con difficoltà di comunicazione verbale. Sarebbe anche utile pensare a nuovi approcci, ad esempio implementando laboratori mobili, che aumenterebbero la portata geografica e l’accessibilità degli studi. Consentire ai partecipanti autistici di svolgere i compiti di ricerca vicino a casa loro, piuttosto che in un laboratorio sterile, potrebbe rendere la ricerca più inclusiva e più allineata alle esperienze reali di vita delle persone autistiche. Soprattutto, se si vogliono ottenere progressi significativi nella ricerca sull’autismo bisogna espandere l’orizzonte di ciò che è considerato “ricercabile”, così da poter realmente sbloccare il vero potenziale della ricerca sull’autismo e trovare soluzioni concrete.
E – ECONOMIC: da un punto di vista strettamente economico, sono molti gli interventi (uno su tutti, quello presentato nel 2019 da Davide Moscone, Presidente dell’Associazione Spazio Asperger ONLUS e portavoce dall’Associazione Progetto Autismo FVG alla Camera), che evidenziano come investire nella ricerca sull’autismo potrebbe avere un impatto economico significativo nel lungo termine, poiché permetterebbe di migliorare l’efficacia dei servizi e ridurre i costi sanitari futuri. Attualmente, la formazione e i servizi per l’autismo sono distribuiti in modo disomogeneo sul territorio e spesso non ottimizzati. Con investimenti mirati in prevenzione, formazione e innovazione tecnologica, sarebbe possibile ridurre la spesa sanitaria a lungo termine, rendendo i servizi più accessibili ed efficienti. Gli ambiti di intervento includono: interventi precoci, che, sebbene più costosi nei primi anni, riducono i costi sanitari nel lungo periodo; formazione di genitori e insegnanti, che può migliorare la gestione dell’autismo a scuola e a casa; e la creazione di specialisti all’interno delle scuole, per garantire continuità educativa e ridurre le spese per la formazione di nuovi operatori. Altri settori d’investimento includono: l’ottimizzazione dei processi diagnostici, con tecnologie aperte e meno costose, la prevenzione dei rischi ambientali e l’uso di tecnologie come la teleassistenza, che possono rendere i servizi più accessibili anche in aree remote, riducendo al contempo i costi. Inoltre, l’inserimento lavorativo delle persone autistiche potrebbe stimolare l’autonomia economica, riducendo l’impatto sociale della disabilità. Investire in questi ambiti garantirebbe non solo una migliore qualità della vita per le persone autistiche e le loro famiglie, ma anche un significativo risparmio economico a lungo termine.
P – POLITICAL: il problema politico nella gestione dei soggetti con disturbi dello spettro autistico risiede nell’applicazione generalizzata di ricerche, terapie e strategie educative che non tengono conto della diversità tra le persone autistiche. Questo approccio “unico per tutti” spesso porta a fallimenti terapeutici, a conseguenze negative come l’inserimento in classi con basse aspettative, la chiusura di opportunità e risultati di vita meno positivi. Nonostante la crescente consapevolezza di questo problema, le pratiche di educatori, fornitori di servizi e professionisti medici restano legate a informazioni superate, con conseguenze dannose per le persone ASD. Per questo motivo, è non solo importante ma necessario espandere la rappresentazione dei profili autistici nella ricerca, rivedendo metodologie e strumenti di valutazione per includere anche coloro che mostrano abilità motorie limitate, difficoltà comunicative o tempi di reazione più lenti. Non è un caso che, nella “Risoluzione del Parlamento europeo del 4 ottobre 2023 sull’armonizzazione dei diritti delle persone autistiche”, si legga «[…considerato che…] negli Stati membri potrebbero essere necessari anni per giungere a una diagnosi di autismo per bambini e adulti e che, di conseguenza, vi è una carenza di servizi di intervento e di sostegno di qualità e a prezzi accessibili incentrati sulla persona, basati sulle esigenze individuali e forniti da professionisti formati; che attualmente non esistono orientamenti dell’UE sull’intervento nel contesto dell’autismo basato su elementi di prova e sui diritti; che le famiglie in tutta Europa ricevono ancora proposte di terapie e interventi non comprovati e potenzialmente dannosi, tra cui procedimenti chiaramente illegali che comportano gravi abusi fisici sui minori, come i clisteri di biossido di cloro, che sono ancora diffusi e non sufficientemente regolamentati nella maggior parte degli Stati membri e dovrebbero essere vietati; che le diagnosi tardive e insufficienti possono avere gravi conseguenze, spaziando dalla negazione dei servizi ai decessi prematuri[…]».
S – SUSTAINABILITY: il tema del “digital divide” nell’accesso alle tecnologie per la diagnosi e il trattamento dell’autismo è una questione cruciale, specialmente nei paesi a basso e medio reddito, nei quali, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si registra la maggiore concentrazione di casi. Le barriere in questi paesi sono numerose: dalla scarsa disponibilità di elettricità alle connessioni internet instabili, fino al limitato accesso a dispositivi digitali, che impediscono l’utilizzo delle tecnologie emergenti per l’autismo. Sebbene le tecnologie digitali possano potenzialmente migliorare la diagnosi precoce e i trattamenti, l’accesso limitato a tali risorse nelle aree meno sviluppate amplifica le disparità già esistenti tra paesi ricchi e poveri. Questa mancanza di accesso impedisce a molte famiglie di beneficiare di strumenti diagnostici e terapie basate su tecnologie digitali, come il teleconsulto e le app di monitoraggio. Senza un’adeguata attenzione a questi problemi, il divario digitale potrebbe continuare a crescere, compromettendo ulteriormente l’inclusione e la partecipazione sociale di persone con autismo nelle regioni meno sviluppate.