I Fab Lab costituiscono in assoluto uno dei fenomeni più interessanti sul fronte della open source innovation, con un approccio bottom up in grado di favorire risposte concrete e condivise ai problemi della società attuale, a livello locale, regionale e globale.

Sviluppatosi nei primissimi anni 2000, a partire un progetto del MIT per un ente governativo americano, il modello Fab Lab si è diffuso fino ad interessare oltre 100 Paesi in tutto il mondo, attraverso una rete estremamente dinamica e vitale, in cui ogni giorno viene prodotto e condiviso uno straordinario patrimonio di conoscenze legate alla fabbricazione digitale.

Cos’è il Fab Lab, il makerspace per eccellenza

Il Fab Lab (da Fabrication Laboratory) è l’abbreviazione di quello che in italiano potremmo definire un laboratorio di fabbricazione digitale, un posto dove giocare con la tecnologia, creare liberamente, fare da mentori a membri meno esperti e inventare: un luogo di cultura diffusa, per la formazione e l’innovazione.

Secondo le disposizioni ufficiali di Fab Foundation, ente che dal 2009 si occupa di favorirne la regolamentazione e la diffusione in tutto il mondo, i Fab Lab garantiscono l’accesso all’ambiente, alle competenze, ai materiali e alle tecnologie avanzate per consentire a chiunque to make (almost) everything, di realizzare quasi tutto, come recita il suo azzeccatissimo claim.

I Fab Lab si configurano quali singoli laboratori a livello locale e come una rete globale aperta, che supera i confini del tempo e dello spazio, per diventare una vera e propria community di maker, artigiani, artisti, scienziati, ingegneri, educatori, studenti, professionisti e semplici appassionati di innovazione, collocati in oltre 100 paesi in tutto il mondo. Attualmente i Fab Lab ufficialmente registrati sotto l’inconfondibile egida di Fab Foundation ammontano a circa 2.000 in tutto il mondo.

Il concetto e il modello Fab Lab sono nati nel 2001 presso il Center for Bits and Atoms (CBA) del MIT, con la collaborazione del Grassrots Invention Group, grazie ad una sovvenzione della National Science Foundation, agenzia governativa degli Stati Uniti che da sempre sostiene la ricerca e la formazione di base in tutti i campi non medici della scienza e dell’ingegneria.

Il CBA del MIT è tuttora diretto da colui che viene accreditato quale l’inventore dei Fab Lab, il professor Neil Gershenfeld, autore presso il MIT della lezione “How to Make (Almost) Everything”, da cui tutto ebbe inizio e che tuttora caratterizza il claim dei Fab Lab, oltre che, come vedremo, il fondamento educativo del Fab Academy Program a livello globale.

La nascita e la diffusione dei Fab Lab secondo Neil Gershenfeld

In un curioso articolo-intervista pubblicato su MIT News all’inizio del 2016, Neil Gershenfeld ha risposto a tre domande fondamentali circa la diffusione dei Fab Lab, di cui riportiamo una sintesi essenziale, utile a focalizzare i tre concetti chiave.

Cos’è la fabbricazione digitale?

La prima fresatrice controllata da un computer è stata realizzata al MIT nel 1952 […] Come accadeva con la prima macchina a controllo numerico, i processi utilizzati oggi nella più avanzata prototipazione rapida continuano ad aggiungere e rimuovere continuamente materiale. […] Claude Shannon, pioniere della teoria dell’informazione, in quegli anni stava scrivendo la sua tesi di master al MIT […] in cui sosteneva come, manipolando simboli discreti anziché quantità continue, i dispositivi imperfetti possono funzionare più o meno perfettamente.

Oggi stiamo estendendo questo concetto alla fabbricazione, discretizzando non solo la descrizione del design, ma anche i materiali di cui è costruito, nello stesso modo in cui gli esseri viventi sono assemblati a partire da un piccolo set di amminoacidi. I progetti collaborativi del Center for Bits and Atoms stanno codificando la costruzione di sistemi che spaziano dalle macchine molecolari, all’elettronica integrata, agli aerei alle strutture spaziali.

Cos’è un Fab Lab?

Ora il CBA gestisce una struttura di ricerca sulla fabbricazione digitale che […] contiene strumenti del valore di milioni di dollari, con una roadmap di ricerca che sembra un replicatore di Star Trek. I Fab Lab sono tuttavia partiti come un modesto progetto di sensibilizzazione per la National Science Foundation, per consentire l’accesso alla fabbricazione digitale, poi si sono inaspettatamente diffusi in una rete globale (che conta attualmente circa 2000 Fab Lab in tutto il mondo, NdR).

Un Fab Lab attuale è qualcosa che riempie una stanza, pesa circa due tonnellate e costa almeno 100mila dollari, tra scanner, stampanti 3D, macchine di precisione, laser e macchine da taglio controllate da computer […] e strumenti di calcolo per il design e la collaborazione sui progetti.

[…] In questo c’è una stretta analogia con la storia dell’informatica. Internet è stato sviluppato molti anni prima del personal computer, su minicomputer che corrispondevano per dimensioni, costi e complessità a un Fab Lab.

Queste tecnologie sono state successivamente integrate in un personal computer, ma non è stato necessario aspettare che ciò accadesse per sviluppare le prime applicazioni. Allo stesso modo, al momento occorrono ancora molti anni per avere i personal fabricator, ma i Fab Lab emulano già ora ciò che saranno in grado di fare.

Come viene insegnata la fabbricazione digitale?

[…] Al MIT ho iniziato a tenere un corso di prototipazione rapida. How to Make (Almost) Anything. Era rivolto a un piccolo gruppo di studenti che stava effettuando questa ricerca, ma è stato inaspettatamente sopraffatto ogni anno da centinaia di studenti, che volevano prendervi parte.

Per cercare di soddisfare questa domanda abbiamo dovuto espanderci, […] al MIT e ora una delle classi è attiva anche ad Harvard, per tutti gli studenti che si registrano da lì. Ciò che mi gratifica maggiormente è come tutto questo superi i confini delle classi, con artisti che insegnano agli ingegneri l’ingegneria e ingegneri che insegnano agli artisti l’arte.

La fab class del MIT si è diffusa grazie ad una controparte a livello globale, nota come Fab Academy, che è piuttosto un modello distribuito di formazione a distanza, che si svolge con gruppi di lavoro presenti all’interno dei Fab Lab, dove ci sono gli istruttori locali e le macchine, con lezioni video interattive e la gestione di progetti collaborativi. Questa piattaforma la utilizziamo ora anche per una seconda classe sulle biotecnologie, chiamata How to Grow (almost) Anything, curata da George Church, docente di genetica presso la medical school di Harvard.

In questo caso il percorso è stato inverso. La classe è partita all’interno della rete dei Fab Lab ed è ora svolta anche dagli studenti di Harvard e del MIT. Questo a mio avviso deve essere il nostro obiettivo. Al MIT possiamo essere poche centinaia di persone, in tutto il mondo qualche miliardo. Ovunque abbiamo aperto un Fab Lab, abbiamo scoperto persone brillanti e dotate di inventiva. Il punto di incontro tra l’informatica e la fabbricazione digitale consente di raggiungere le persone ovunque e coinvolgere la maggior parte del brain power del pianeta.

Fab Foundation

Lo scopo principale dei Fab Lab, sin dalla loro concezione originale è stata quella di favorire l’accesso agli strumenti, alle conoscenze e alle risorse economiche necessarie a finanziare l’educazione, l’innovazione e le invenzioni attraverso la tecnologia e la fabbricazione digitale. I Fab Lab si strutturano per realizzare questi scopi con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone in tutto il mondo.

Per dare concretamente forma a questa visione, nel 2009 è nata Fab Foundation, che si è posta l’obiettivo di facilitare e supportare la crescita della rete internazionale dei Fab Lab. L’attuale direttrice di Fab Foundation, Sherry Lassiter, ha fatto notare come il numero dei Fab Lab è finora raddoppiato ogni due anni e mezzo, con un andamento simile a quello della nota Legge di Moore, ironicamente rinominata da Neil Gershenfeld quale Legge di Lass, nota di sincero encomio all’entusiasmo e all’iniziativa messa in campo dalla Lassiter, ogni giorno, in tutti questi anni.

Per favorire il senso di community e lo spirito di collaborazione a livello globale, ogni anno Fab Foundation coordina l’organizzazione delle Fab Conference. Il FAB01 si è svolto a Boston, dove a tutti gli effetti sono nati i Fab Lab, mentre fa un certo effetto pensare che il FAB17 ha avuto luogo addirittura in Bhutan, uno dei luoghi più remoti e per giunta inaccessibili del pianeta, dove è stato recentemente fondato un laboratorio secondo quello che presso il CBA del MIT sta prendendo forma quale modello di Fab Lab 2.0.

Fab Charter (la carta dei Fab Lab)

Per avere una percezione completa e sintetica di ciò che rappresenta un Fab Lab, non esiste una risorsa più efficace della Fab Charter, la carta dei Fab Lab stipulata dal CBA del MIT e patrocinata da Fab Foundation. Ne riportiamo una traduzione il più possibile accurata dal testo originale in lingua inglese.

  • Cos’è un Fab Lab? I Fab Lab sono una rete globale di laboratori locali, che abilitano l’invenzione garantendo l’accesso agli strumenti per la fabbricazione digitale.
  • Cosa c’è in un Fab Lab? I Fab Lab condividono un inventario in continua evoluzione delle funzionalità principali “to make (almost) everyting”, per realizzare quasi tutto, permettendo la condivisione di persone e progetti.
  • Cosa offre la rete di Fab Lab? Assistenza operativa, educativa, tecnica, finanziaria e logistica, oltre ciò che è disponibile nel singolo laboratorio.
  • Chi può utilizzare un Fab Lab? I Fab Lab sono disponibili come una risorsa per la comunità, aperto sia ai singoli individui che ai programmi pianificati.
  • Quali sono le responsabilità degli utenti? Sicurezza: non danneggiare persone e macchine; Operativa: collaborare nella pulizia, nel mantenimento e nel miglioramento del laboratorio.
  • Chi detiene le invenzioni del Fab Lab? I progetti e i processi sviluppati nei Fab Lab possono essere protetti e venduti come sceglie il loro inventore, ma devono rimanere disponibili per formazione e uso personale.
  • Come possono i business utilizzare un Fab Lab? Le attività commerciali possono essere prototipate e incubate all’interno di un Fab Lab, ma non devono entrare in conflitto con altre attività e la loro crescita dovrebbe procedere oltre l’attività svolta nel laboratorio. Ci si attende che diano a loro volta benefici agli inventori, ai laboratori e ai network che hanno contribuito al loro successo.

Open Source Innovation

Il significato originale del termine open source ci riconduce inevitabilmente ad un software il cui codice sorgente è reso disponibile a chiunque per il suo utilizzo, comprese le modifiche al suo progetto originale. Per quanto riguarda I Fab Lab, il concetto pratico di open source si riferisce al fatto che le strumentazioni e le conoscenze vengono messe pubblicamente a disposizione, affinché tutti possano disporne e modificarle per realizzare progetti innovativi, sperimentando nuovi approcci e soluzioni sulla base di quanto precedentemente sviluppato nella rete dei Fab Lab.

Questa posizione offre una ulteriore valenza ai presupposti della Fab Charter, che auspicano una filosofia open source capace di dare luogo ad un circolo virtuoso, entro cui chiunque abbia utilizzato le risorse del Fab Lab (strumentazioni, conoscenze, persone, ecc.) le rimette a sua volta a disposizione della fab community, per diffondere la conoscenza che consente ad altre persone di dare vita a nuove progettualità, all’insegna della open source innovation.

I progetti sviluppati nei Fab Lab si configurano come hardware e software open source capaci di generare in maniera incessante nuovi prodotti e soluzioni.

Il Fab Lab, inteso quale laboratorio locale, diventa uno spazio open source in cui è possibile condividere ogni attimo vissuto al suo interno, nella logica di essere parte di un contesto molto più ampio, dove migliaia di realtà in tutto il mondo stanno condividendo un obiettivo capace di dare forma ad innumerevoli esperienze di open innovation.

La cultura del fare: l’anima maker del Fab Lab

I Fab Lab si configurano con vari modelli di business e vari layout, che spaziano dai laboratori di comunità ai centri di ricerca avanzata, condividendo l’obiettivo di democratizzare l’accesso agli strumenti per l’innovazione tecnologica. Il Fab Lab nasce ed è profondamente permeato dalla cultura del fare. La cultura del fare (quasi) qualsiasi cosa.

La community che anima i Fab Lab è quindi il risultato di una straordinaria sinergia di attività che spazia dagli spazi per la fabbricazione, in cui sono disponibili l’hardware e il software necessario per dare realizzare (quasi) tutto, ai campus distribuiti per l’educazione tecnologica, ai laboratori di ricerca per digitalizzare la fabbricazione.

L’obiettivo dei Fab Lab, a qualsiasi livello di conoscenza, è orientato a guardare sempre avanti, con lo spirito di inventare la prossima generazione della manifattura e la cosiddetta fabbricazione personale. Questa missione spiega perché nei Fab Lab è possibile incontrare figure tanto eterogenee, dall’hobbista, ai designer, agli specialisti di altissimo livello in vari campi della produzione.

Lo spirito maker è ciò che anima la nascita stessa del Fab Lab. Secondo la FabLab Guide, realizzata dalla University of Bristol e Fab Foundation, alla base della costituzione di un Fab Lab ci sarebbero le cosiddette Making Motivations:

  • Formalizzare un makerspace esistente
  • Aiutare la rigenerazione di luoghi, comunità e quartieri
  • Offrire un servizio alla comunità locale
  • Educare nuovi maker
  • Trasmettere la conoscenza delle tecnologie digitali ed esplorarne le nuove possibilità
  • Supportare la ricerca, lo sviluppo e l’upgrade della conoscenza nelle discipline esistenti
  • Garantire servizi alle industrie esistenti, soprattutto per la prototipazione e l’innovazione

Da una sintesi delle Making Motivations emerge chiaramente come il Fab Lab sia un makerspace focalizzato, oltre che sulla fabbricazione digitale, nel coinvolgere le persone e determinare un impatto concreto all’interno della comunità in cui vive.

Gli attori protagonisti all’interno dei Fab Lab fanno almeno idealmente parte del cosiddetto Movimento Maker, fondato su una cultura do it yourself non fine a se stessa, ma votata a creare nuovi prodotti e reinterpretare quelli esistenti per renderli più efficienti e sostenibili.

A seconda degli obiettivi prevalenti, un makerspace può assumere identità di business differenti. Alcuni esprimono dichiaratamente un’anima piuttosto commerciale, nel senso che aiutano gli imprenditori e le aziende a dare forma alle loro idee, a cominciare dai prototipi necessari per validarle e attirare i necessari investimenti per procedere verso gli step successivi del business plan. Altri makerspace si configurano quali spazi di comunità aperti agli hobbisti e ai programmi di educazione con le scuole del territorio.

Fab Lab e makerspace non sono, almeno all’origine, termini sinonimi, ma quando le Making Motivations delle loro attività coincidono tendono a diventare la stessa cosa, condividendo i principi espressi nella Fab Charter.

La storia relativamente recente dei Fab Lab vede la cultura del fare del Movimento Maker quel motore in grado di sfruttare il potere della fabbricazione digitale per offrire un contributo concreto all’innovazione, all’imprenditoria e all’educazione, per risolvere i problemi concreti che vengono intercettati nella comunità di riferimento, offrendo al tempo stesso il proprio contribuito alla soluzione delle sfide globali.

I modelli di business dei Fab Lab

Aprire un Fab Lab comporta un investimento importante in termini di tempo e risorse economiche, attualmente stimate tra i 100mila e i 200mila dollari. In altri termini, un Fab Lab non si improvvisa, deve essere fondato su un business plan concreto, capace di garantirne la nascita, la crescita e la sostenibilità nel breve, medio e lungo periodo.

Uno dei principali obiettivi di Fab Foundation, fin dalla sua nascita, è stato quella di produrre dei framework in grado di supportare non soltanto gli aspetti tecnologici del Fab Lab, ma soprattutto gli aspetti relativi al finanziamento e alla capacità di sviluppare un business sostenibile sotto tutti i punti di vista.

Analogamente a qualsiasi impresa, anche i Fab Lab vivono quotidianamente la sfida di doversi assicurare i fondi necessari per svolgere con successo le proprie attività, a cominciare dall’acquisto dell’hardware e del software per allestire gli spazi di laboratorio, oltre che provvedere al pagamento del loro affitto, qualora non siano di proprietà o concessi in maniera gratuita da enti pubblici o privati, sulla base di accordi speciali.

Il Fab Lab deve essere in primo luogo una struttura capace di organizzare un flusso di finanze, persone e strumentazioni per svolgere le attività prefissate. Questa sfida imprenditoriale può essere finanziata in vari modi, a cominciare dalle eventuali opportunità che il pubblico mette a disposizione per coloro che intendono avviare iniziative finalizzare a sviluppare progetti in grado di generare ricadute positive nell’ambito locale, coinvolgendo nuove realtà imprenditoriali, iniziative di carattere sociale e progetti didattici in collaborazione con le scuole del territorio.

Il Fab Lab non segue uno standard unico. Anzi, ogni Fab Lab deve rivelarsi in grado di sviluppare in autonomia un proprio modello di business. Tra le modalità che consentono di finanziare un Fab Lab possiamo annoverare:

  • Finanziamenti pubblici
  • Quote di iscrizione dei membri
  • Tariffe di utilizzo per gli spazi e le strumentazioni
  • Educazione e sviluppo professionale
  • Finanziamenti privati (es. da aziende sponsor / partner)
  • Servizi su commissione per soggetti terzi

Tali fonti sono liberamente combinabili per sviluppare modelli di business anche molto differenti tra loro. Ritroveremo quindi il Fab Lab che vanta una quota consistente di finanziamenti pubblici per svolgere un’attività di innovazione e coinvolgimento rivolta alla comunità di riferimento, per supportare iniziative di pubblica utilità o supporto alla formazione di nuove attività in grado di dare nuova linfa al tessuto economico locale.

Allo stesso modo, ritroveremo Fab Lab strutturati come dei veri e propri incubatori tecnologici, in cui le aziende possono trovare supporto nello sviluppo dei propri progetti innovativi. Così come è possibile riscontrare Fab Lab che basano la propria attività in grande prevalenza sulla formazione delle nuove tecnologie legate alla fabbricazione digitale o offrono servizi di sviluppo per prototipi e progetti di varia natura.

Un Fab Lab, al netto della sua sostenibilità economica, non ha potenzialmente limiti dal punto di vista creativo, per cui può dare vita a business estremamente variegati, capaci di afferire al contesto artigianale quanto a quello industriale, valorizzando in pieno le risorse e la cultura di un territorio con un approccio bottom up.

Grazie al legame nativo tra il Fab Lab e il territorio in cui si colloca, il contesto può fare tutta la differenza del mondo a livello vocazionale. Per capirci, un Fab Lab negli Stati Uniti avrà implicazioni diverse rispetto ad un Fab Lab in Africa. Non sarebbe del resto logico attenderci il contrario.

A Tulsa, in Oklahoma, ritroviamo un Fab Lab che offre un aiuto concreto all’imprenditoria locale per la fabbricazione digitale di soluzioni legate all’industria motociclistica. In Kenya ritroviamo un Fab Lab attivo nella prototipazione a realizzazione di device medicali per supportare la popolazione nell’ambito dell’assistenza sanitaria, superando alcune difficoltà che fino a qualche tempo fa parevano insormontabili.

La forza e l’unicità della rete globale dei Fab Lab è data dalla capacità di saper intercettare dal basso le esigenze del proprio contesto di riferimento e tradurle in iniziative concrete di open innovation. I Fab Lab, al di là di seguire determinati modelli più o meno diffusi, sono infatti tutti differenti tra loro ma sono uniti sotto vari aspetti dalla condivisione dei principi della Fab Charter.

La collaborazione che si genera all’interno della rete globale dei Fab Lab non si limita alla natura tecnologica, ma è implica anche aspetti di natura finanziaria ed emozionale, capaci di strutturare continuamente nuove sinergie e trovare nuovi spunti di innovazione.

Layout, hardware e software per la fabbricazione digitale

Tra i vari compiti in capo a Fab Foundation vi è lo sviluppo di framework, continuamente aggiornati, per definire dei Fab Lab kit standard, che comprendono le dotazioni minime necessarie per aprire un laboratorio, a fronte di una serie di budget disponibili.

Tali considerazioni tengono necessariamente conto anche degli spazi a disposizione all’interno dei laboratori, in modo da individuare il layout più funzionale, sempre contestualmente alla necessità di collocare almeno un’unità tecnologica tra quelle ritenute essenziali per garantire una pipeline completa per la fabbricazione digitale.

Spulciando nel nutrito elenco di layout ipotizzati da Fab Foundation, ritroviamo ad esempio un 18×20 metri in cui trovano luogo le seguenti unità:

  • Laser area (6 x 8 m)
  • Moulding and casting (5 x 2,5 m)
  • Shopbot space (6 x 4,5 m)
  • Assemblaggio e disassemblaggio (5 x 2,5 m)
  • Aula formazione e conferenze (6 x 6 m)
  • Electronics area (5 x 4 m)
  • 3D printing area (3,5 x 5 m)
  • Uffici, magazzini ed eventuali spazi espositivi (18 x 4 m)

Le configurazioni standard, sia a livello distributivo che di dotazioni hardware e software costituiscono un ottimo punto di riferimento iniziale, per capire come progettare gli spazi del laboratorio e quantificare al meglio la portata degli investimenti da effettuare. Sulla base di questi standard ogni Fab Lab personalizza i dettagli in funzione delle proprie esigenze specifiche.

Le risorse umane

Al di là di tutte le possibili strumentazioni, la risorsa fondamentale di un Fab Lab sono le persone che lo animano quotidianamente per sostenere le sue attività. Una figura fondamentale è costituita dal Fab Lab Manager, che può o meno un founder dell’organizzazione. Il più delle volte è una figura full time che si occupa di condurre il business sotto tutti i punti di vista, individuando ed avvalendosi di tutte le collaborazioni di cui necessita, a cominciare dalle mansioni di carattere amministrativo.

Per il resto, il Fab Lab assume una fisionomia per certi versi simile a quella di molte aziende tecnologiche, individuando figure full time / part time, stagisti e volontari per ricoprire mansioni legate alla tecnologia, alla formazione, alla comunicazione, con un occhio di riguardo per gli aspetti relativi al business development e alla formazione di una solida community.

Lo spirito di condivisione è da sempre una componente essenziale dei Fab Lab, per cui non è raro incontrare imprenditori che hanno avviato aziende di successo nel contesto o in seguito ad esperienze volontarie, fondamentali per acquisire conoscenze e contatti ai fini di dare vita ad un nuovo business nell’ambito dell’innovazione tecnologica.

Gli stage possono prevedere o meno compensi e sono in genere legati a periodi di tempo limitati, della durata non superiore a un anno, anche in virtù delle specifiche normative nazionali sul lavoro. Le attività di volontariato non hanno di per sé vincoli di durata, in quanto i singoli collaborano in base al tempo che si intendono dedicare alle attività del Fab Lab, come accade del resto anche in altri ambiti.

Le attività di stage e nei Fab Lab, spesso associate a collaborazioni retribuite con start-up tecnologiche, consentono ai giovani di formare un solido bagaglio di esperienze e costituiscono spesso il miglior banco di prova possibile per valutare in autonomia il proprio spirito imprenditoriale prima di gettarsi per davvero nella mischia. Osservando direttamente l’attività che viene svolta nei laboratori si percepisce in primo luogo lo sforzo necessario per sviluppare, far conoscere e finanziare le proprie idee. Inutile girarci attorno, ai veri maker non manca mai un pizzico di sana follia.

Oltre alle figure residenti e abituali, il Fab Lab diventa il teatro per moltissimi maker che partecipano con le loro attività in maniera più o meno occasionale, anche in funzione dei progetti che intendono attivare all’interno del laboratorio.

La ricerca di personale nei Fab Lab avviene in moltissimi modi. Si va dal naturale recruiting nelle scuole con cui il laboratorio collabora, fino a risorse online come Fablabs.io, il social network di riferimento per la comunità internazionale dei Fab Lab, nato da un progetto spin-off del Fab Lab di Barcellona per condividere a vario titolo laboratori, competenze, macchine, eventi e gruppi di lavoro che collaborano su progetti a distanza. Nella natura di un social network, Fablabs.io assume un ruolo fondamentale per mettere in contatto i maker e favorire la nascita di nuove opportunità di collaborazione.

Condividere la conoscenza a livello locale e globale

La rete globale dei Fab Lab è uno scrigno prezioso di conoscenza, dati e informazioni, collezionata ogni giorno sulla base di migliaia di progetti e programmi di formazione condivisi e accessibili da chiunque. Questa conoscenza viene condivisa all’interno e all’esterno dei singoli laboratori.

Molte persone frequentano i Fab Lab anche quando non necessitano di accedere alle strumentazioni dei laboratori. Il laboratorio non è solo il luogo della fabbricazione digitale, ma un punto di incontro per avere informazioni, confrontarsi con altri fabber e scambiare idee su tematiche legate all’innovazione, oltre che trascorrere piacevolmente il proprio tempo in compagnia degli amici con cui si condividono le principali passioni.

Questa visione dinamica e condivisa della conoscenza rende i Fab Lab un ambiente incredibilmente coinvolgente e stimolante a tutti i livelli. Non mancano tuttavia delle criticità nel condividere queste conoscenze, soprattutto su scala regionale e globale, quando il singolo laboratorio esce dalle proprie mura fisiche e digitali per interfacciarsi con altre realtà, collocate in tutto il mondo.

La principale barriera è data dal fatto che la maggioranza delle risorse è disponibile in lingua inglese, ed in ogni caso l’inglese è la lingua di riferimento quando si tratta di dover condividere informazioni su scala globale attraverso la rete dei Fab Lab. In alcuni contesti, soprattutto per quanto riguarda il continente asiatico, l’inglese non è particolarmente diffuso, per cui fruire delle risorse può diventare problematico se non sono disponibili alternative o programmi di localizzazione.

Per quanto riguarda la collaborazione da remoto su progetti condivisi tra Fab Lab collocati in varie zone del mondo un parziale ostacolo è costituito dai differenti fusi orari, che limitano i periodi di apertura sovrapponibili.

La possibilità e la crescente abitudine nel lavorare “anytime / anywhere” diffusa nelle logiche del lavoro da remoto sta ovviando in buona parte il problema, considerando che alcuni laboratori sono anche in grado di garantire un accesso 24/7 ai propri membri per accedere alle strumentazioni. Il problema dei differenti fusi orari non va in ogni caso sottovalutato, perché può comportare disagi con una frequenza maggiore rispetto a quanto si possa pensare.

Un altro tema, eternamente dibattuto, è relativo al “online vs offline”. Se oggi gran parte delle risorse sono disponibili in rete, un’attività ad alto contenuto creativo come quella sviluppata nei Fab Lab richiede il confronto di persona per poter valorizzare al momento i momenti di brainstorming.

In generale, fruire delle risorse online o in presenza comporta per l’attività dei Fab una serie di caratteristiche specifiche, che occorre saper valorizzare attraverso la combinazione delle due modalità. Nel caso della conoscenza online:

  • Il modello di learning di riferimento è il “learning by watching” di risorse disponibili online (es. Youtube, ecc.)
  • La conoscenza può essere standardizzata e condivisa ovunque
  • Disponibilità di risorse concepite per la community, come Thingiverse e FabLabs.io
  • Condivisione di progetti su larga scala
  • Utilizzo di forum e social capaci di connettere milioni di persone in tutto il mondo per discutere su idee e progetti

Nel caso della conoscenza in presenza:

  • Il modello di learning di riferimento è il “learning by doing” a diretto contatto con l’hardware e i software per la fabbricazione digitale, che ben difficilmente può essere surrogato dalla semplice esperienza online
  • La conoscenza può essere personalizzata attraverso il rapporto diretto
  • Possibilità di agire in maniera diretta sulle macchine presenti in laboratorio, per attività operative e di formazione “hands on”
  • Maggior semplicità di confronto a livello inter-generazionale, coinvolgendo persone molto esperte nell’utilizzo di strumenti di fabbricazione ma poco inclini alla comunicazione online
  • Discussione di persona di idee e progetti, anche per gruppi ristretti di persone

In merito a quest’ultimo punto, i Fab Conference, meeting tra la community dei Fab Lab, costituiscono un momento estremamente prezioso per i maker di tutto il mondo, abituati a comunicare online nel quotidiano, con la possibilità di ritrovarsi di persona almeno una volta all’anno, in occasione degli eventi Fab numerati, promossi da Fab Foundation. Per favorire la partecipazione a livello globale, ogni anno l’evento Fab ufficiale si svolge in un differente luogo del pianeta.

Fab Lab e industria: i maker e l’innovazione bottom up

Inizialmente, il Movimento Maker non era visto particolarmente di buon occhio dall’industria tradizionale che, pur riconoscendone le doti tecnologiche e creative, lo vedeva come un elemento eccessivamente acerbo dal punto di vista del business per poter risultare utile al contesto aziendale.

Con il passare del tempo e soprattutto con il mutamento delle abitudini legate alla trasformazione digitale, lo scenario è profondamente variato. Ora stiamo assistendo ad un vero e proprio ribaltamento di fronte, che ha finito nel coinvolgere, a vari livelli, anche l’attività dei Fab Lab.

Ad oggi, secondo quanto osservato da Fab Foundation, sono principalmente due le eventualità in cui i Fab Lab entrano in comunicazione con il mondo industriale.

In primo luogo, i makerspace possono mettere a disposizione le loro conoscenze per ripensare prodotti e servizi, oltre a sviluppare prototipi e servizi di fabbricazione digitale, in modo più agile ed economico rispetto a quanto avviene nei tradizionali contesti di produzione industriale. Si tratta comunque di un’attività di natura consulenziale che molti Fab Lab hanno sempre svolto, sin dal giorno della loro fondazione, essendo nati con quell’obiettivo di business.

In seconda istanza, dando per scontato che le grandi realtà enterprise dispongono ormai da tempo di divisioni che si occupano di tali aspetti, i Fab Lab possono svolgere un ruolo cruciale nell’avvicinare soprattutto le start-up innovative e le PMI al mondo della fabbricazione digitale, sfruttando le opportunità della stampa 3D e, più in generale, dell’additive manufacturing, sin dalle fasi di design. Questa prospettiva supera la semplice natura collaborativa tra il Fab Lab e le aziende, spingendo queste ultime ad entrare in maniera sempre più stabile all’interno dei makerspace.

Secondo queste logiche, negli Stati Uniti, in primis nell’area di Boston, dove ha sede lo stesso MIT, sono nati una serie di innovation hub basati sul modello Fab Lab, che uniscono i laboratori tecnologici, attività di formazione e start-up innovative che finiscono regolarmente nel mirino dei venture capitalist.

Uno dei principali aspetti che differenzia il contesto americano da quello diffuso nel resto del mondo è che la realtà dei Fab Lab e, nello specifico, le progettualità che gravitano al loro interno, godono di un sostegno molto attivo da parte dei finanziatori, per accelerare la maturazione dei modelli di business delle realtà imprenditoriali emergenti.

In altri termini, se una volta venivano visti alla stregua di ritrovi per nerd e smanettoni provenienti da vari background culturali, attualmente i Fab Lab sono presi sempre più spesso in considerazione per via della loro expertise nella fabbricazione additiva, in merito alle tecnologie e alle competenze necessarie per sfruttarla nel modo più opportuno, affinché risulti davvero funzionale a dare forma a progetti innovativi, ottimizzando i processi di fabbricazione rispetto alla loro concezione tradizionale.

Top-down vs bottom-up: due modelli a confronto nella trasformazione digitale

Oltre agli aspetti direttamente legati all’innovazione tecnologica, l’industria e il modello basato sulla cultura maker dei Fab Lab hanno trovato un punto di incontro per via della trasformazione che ha interessato negli ultimi anni l’andamento dei mercati, in particolar modo per quanto concerne la generazione della domanda.

In un mondo che vive sempre più in una dimensione interattiva omnichannel, che vede i consumatori perennemente connessi con i prodotti attraverso una moltitudine di esperienze online e offline, i tradizionali modelli industriali basati sulla produzione di massa sono entrati in crisi, in quanto sono troppo lenti e scarsamente flessibili per adattarsi ad una domanda che varia praticamente in tempo reale, esprimendo il desiderio individuale di ciascun potenziale cliente.

Rispetto al tradizionale approccio top-down dell’industria, negli ultimi anni si sta rivelando molto più efficace l’approccio bottom-up della open innovation, che da sempre contraddistingue la cultura maker, le realtà dei design studio e molte imprenditorialità di recente concezione che gravitano attorno ai Fab Lab.

Consci e sempre più consapevoli della grande opportunità che si sta presentando in questo periodo storico di grande transizione tecnologica, maker e designer hanno iniziato a farsi piacere anche il business, avvicinando la visione tipica del business aziendale, in modo da avviare un dialogo costruttivo con una realtà che fino a poco tempo fa li aveva sempre visti con particolare sospetto. Oggettivamente, nemmeno con tutti i torti.

I tempi per una proficua collaborazione tra le risorse e la tradizione dell’industria e la spinta innovativa del Movimento Maker sono finalmente maturi, al punto che ogni giorno nascono interessanti sinergie e collaborazioni, con l’obiettivo di intercettare in maniera più efficace la domanda di mercato, a cui rispondere con nuove progettualità, più agili e sostenibili rispetto a quelle che il mondo industriale ha seguito almeno fino all’avvento del nuovo paradigma Industria 4.0.

In questo contesto, anche le grandi realtà enterprise, che non potrebbero sostenere internamente certi progetti per via dei costi eccessivamente elevati, hanno dato luogo a spin-off che operano secondo il modello delle start-up innovative che ritroviamo connesse ai circuiti imprenditoriali dei Fab Lab. Il futuro va sempre più nella direzione della fabbricazione digitale, soprattutto per quanto riguarda la sua intrinseca capacità di personalizzare l’offerta in funzione delle esigenze di ciascun consumatore.

Questo non vuol necessariamente dire che avremo tutti una stampante 3D in casa, secondo le credenze primordiali che ci hanno propinato in tutte le salse durante la fase ascendente dell’hype cycle della stampa 3D, puntualmente smentite dai fatti.

Ben più probabilmente assisteremo alla nascita di nuovi processi produttivi, sempre più agili e capaci di individualizzare la produzione, anche con le numeriche abitualmente richieste dalla produzione industriale. Per quanto riguarda la fabbricazione personale, ci si pone invece in un contesto di natura diversa, dichiaratamente consumer, per cui vanno predisposte altre valutazioni

Fab Lab e educazione: pensare e fabbricare (quasi) tutto

Secondo Neil Gershenfeld, prima di qualsiasi altra connotazione, il Fab Lab è sempre stato un programma di educazione. Uno degli obiettivi fondamentali per cui i Fab Lab hanno preso forma all’interno del Center for Bits and Atoms del MIT è quello di educare le nuove generazioni a risolvere i propri problemi grazie alla fabbricazione digitale e a tutto ciò che essa comporta.

Tornando al paragone tra la fabbricazione digitale e l’informatica, in merito alla formazione, nel 2005 Gershenfeld aveva già le idee decisamente chiare in merito a quanto ci avrebbe atteso in futuro, alla luce del fatto che si sta puntualmente verificando nei giorni in cui scriviamo: “L’educazione tradizionale è come il mainframe computing, ma noi siamo Internet, un campus per l’educazione di alto livello distribuito a livello globale. Chiunque può imparare le top skill dai leader globali e metterle in pratica in tutto il mondo”.

I Fab Lab hanno sempre assunto nella propria vocazione, ribadita nella Fab Charter, la natura di un centro di formazione della cultura del fare. Il Fab Lab si è quindi imposto come un soggetto in grado di generare ricadute positive a livello sociale, producendo un profondo impatto sulle comunità e i contesti locali in cui si collocano.

I Fab Lab offrono regolarmente corsi sulle discipline STEM pensati per varie fasce della popolazione, dai più piccoli, che sin dai primi anni dell’età scolare apprendono i principi basilari della programmazione hardware e software, agli studenti delle scuole superiori e delle università che vogliono professionalizzarsi grazie alle tecniche della fabbricazione digitale, oltre ad una vasta schiera di comuni appassionati, da cui spesso e volentieri spuntano delle vocazioni inaspettate nei confronti dell’innovazione.

Il catalogo corsi dei Fab Lab si configura sotto vari aspetti, che vanno dalle classi di insegnamento teorico ai workshop svolti a diretto contatto con gli strumenti di fabbricazione. I corsi possono altresì svolgersi all’interno dei Fab Lab o in sede decentrata presso le scuole del territorio, con cui si creano molto spesso delle stimolanti sinergie, capaci di coinvolgere i ragazzi e le loro famiglie in esperienze divertenti ed estremamente efficaci dal punto di vista formativo.

Oltre alle risorse messe a disposizione dal CBA del MIT, tra le varie iniziative che fanno capo alla straordinaria fucina di innovazione che è Fab Foundation, figura SCOPES-DF (Scaling a Community of Practice for Education in STEM using Digital Fabrication) che consiste in un programma di lezioni online per tutti gli insegnanti interessati a utilizzare la fabbricazione digitale nelle loro classi. La piattaforma consente anche agli insegnanti stessi di contribuire attivamente, caricando online le proprie lezioni per creare una community in grado di auto alimentarsi attorno ai temi della fabbricazione digitale nelle scuole.

Fab Academy

Al grido di Learn to Make (almost) Anything ha preso luogo Fab Academy, un programma sostenuto da Fab Foundation, dal CBA del MIT, da Fab Lab Barcelona e da Dassault Systemés per sostenere programmi basati su esperienze di formazione hands-on, dove gli studenti possono apprendere e perfezionare i concetti e le tecniche della fabbricazione digitale attraverso la prototipazione rapida.

I corsi erogati presso i nodi diffusi del Fab Academy Program prendono spunto dal corso madre del MIT, How to Make (almost) Anything, e prevedono la progettazione e l’esecuzione di un progetto personale che attraversa tutte le fasi fondamentali della prototipazione rapida in maniera piuttosto intensiva, per favorire la diffusione dei suoi concetti teorici e pratici presso un pubblico molto ampio.

Il programma di Fab Academy prevede sedici moduli, rispettivamente della durata di uno o due settimane, con contenuti di carattere sia tecnico che orientate ad offrire i fondamenti del business e degli aspetti legali relativi alla fabbricazione digitale:

  1. Digital fabrication principles and practices
  2. Computer-aided design, manufacturing and modelling
  3. Computer-controlled cutting
  4. Electronics design and production
  5. Computer-controlled machining
  6. Embedded programming
  7. 3D molding and casting
  8. Collaborative technical development and project management
  9. 3D scanning and 3D printing
  10. Sensors, actuators and displays
  11. Interface and application programming
  12. Embedded networking and communications
  13. Machine design
  14. Digital fabrication applications and implications
  15. Invention, intellectual properties and business models
  16. Digital fabrication project development

L’attività di Fab Academy si presenta più aperta rispetto ai corsi ufficiali del CBA del MIT, che si rivolgono ad un pubblico universitario e post-universitario, in un contesto di natura accademica. L’obiettivo del Fab Academy Program è dichiarato nel capillarizzare e democratizzare la conoscenza della fabbricazione digitale nella società civile, con uno spirito di evangelizzazione che va oltre i contesti tipicamente professionali.

Secondo l’esplicita volontà di Neil Gershenfeld, che ne supervisiona costantemente l’attività, Fab Academy si propone come un modello educativo distribuito, capace di mettere a disposizione risorse da remoto e classi in presenza, che solitamente hanno luogo presso i Fab Lab, per il semplice fatto che dispongono delle strumentazioni necessarie per poter mettere in pratica la pratica della prototipazione rapida, che rappresenta il fondamento per qualsiasi attività orientata verso la fabbricazione digitale.

I Fab Lab possono, attraverso programmi specifici, richiedere di entrare a far parte della rete di Fab Academy ed ottenere l’esclusiva di tenere i suoi corsi. Il Fab Academy Program fa a sua volta parte di un progetto più ampio, l’Academany, the Academy of (Almost) Anything, che gode della supervisione scientifica di un corpo docenti attivo presso il MIT e Harvard.

Attualmente in Italia sono attivi cinque Fab Lab registrati quali nodi ufficiali del Fab Academy Program: Opendot (Milano), Chrunchlab (San Donà di Piave, Venezia), FabLab Valsamoggia, Santa Chiara Lab dell’Università di Siena e FabLab Napoli.

Fab Lab e società

Un altro concetto fondamentale su cui si fondano i Fab Lab è quello di risultare ben più della somma delle loro parti, grazie al potenziale che sanno esprime nella ricaduta positiva che la loro attività genera a livello sociale, migliorando la vita delle comunità. Ciò avviene sia attraverso le progettualità che vengono sviluppate e condivise al loro interno, spesso finalizzate a risolvere problemi locali con soluzioni tecnologicamente innovative.

L’attività sociale dei Fab Lab si concretizza in maniera ancora più diffusa educando la comunità ai principi della fabbricazione digitale, generando opportunità occupazionali e imprenditoriali con modalità altamente inclusive, capaci di coinvolgere il pubblico femminile e molti soggetti socialmente svantaggiati, anche nei paesi in via di sviluppo.

Tra i vari impatti che un Fab Lab è in grado di generare positivamente nella società ritroviamo aspetti di sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Dal punto di vista della sostenibilità economica, i Fab Lab garantiscono:

  • supporto nel creare nuove imprenditorialità (competenze e strumentazione)
  • supporto ai giovani imprenditori nell’avvio della loro carriera (incubazione start-up, aiuto nel trovare investitori, ecc.)
  • formano i disoccupati per offrire competenze in grado di dare loro nuove opportunità nel mondo del lavoro
  • supporto alle aziende locali (es. sviluppo nuovi progetti e consulenze)
  • supporto alle istituzioni pubbliche
  • supporto alle multinazionali presenti sul territorio (es. IKEA con FabLab Barcellona, Sony con FabLab Shibuya, ecc.)
  • supporto alle agenzie non governative

Dal punto di vista della sostenibilità sociale, i Fab Lab garantiscono:

  • formazione di una community attiva in grado di coinvolgere molte persone nello sviluppo di attività utili alla società a livello locale, regionale e globale
  • formazione del capitale sociale
  • formazione a livello inter-generazionale, dall’infanzia alla terza età, coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole e le loro famiglie in attività corali orientate alla creazione di progetti sostenibili
  • condivisione della conoscenza dei valori e della memoria della società locale
  • creazione di benessere diffuso, grazie a progetti e iniziative condivise, in grado di generare una ricaduta positiva a vantaggio della collettività

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, i Fab Lab garantiscono:

  • contenimento dell’impatto generato dalle attività del Fab Lab stesso, attraverso l’impiego di metodi e tecniche in grado di minimizzare il carbon footprint, iniziando dalla scelta della loro localizzazione, con l’obiettivo di favorire il loro raggiungimento con pratiche legate alla mobilità sostenibile
  • sostenibilità degli edifici in cui hanno sede le attività del Fab Lab, sia nel caso di interventi di nuova costruzione che di recupero. Nell’ultimo caso, oltre agli aspetti relativi all’efficienza energetica e al basso impatto ambientali dei materiali e dei processi costruttivi impiegati, il Fab Lab si propone come fattore di rigenerazione a livello urbano
  • Sicurezza del cibo, con Fab Lab specializzati su tematiche agri-food, anziché sui tradizionali output legati alla manifattura. È il caso dei Fab Lab che fanno parte della rete di GreenLabs Initiative (GreenLab Londra, GreenLab Valldaura, ecc.)
  • Riciclo materico, sia nei prodotti impiegati durante i processi di fabbricazione, sia in un design orientato verso concetti di economia circolare
  • Ri-progettazione di vecchi prodotti (re-design e retro-engineering), per renderli più efficienti e sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale
  • Ri-localizzazione della produzione, come tendenza opposta rispetto agli aspetti speculativi della globalizzazione, favorendo iniziative a filiera corta, in grado di valorizzare i contesti locali, ad esempio sostenendo la digitalizzazione e la modernizzazione dell’artigianato di eccellenza.
Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin