Per costruire il futuro servono un riccio e una volpe. La volpe è più emotiva, spontanea, intuitiva, si muove su più discipline. Il riccio è più pragmatico, verticale su alcuni saperi. Senza l’una o senza l’altro non si crea niente di innovativo: serve la volpe per identificare il bisogno e il percorso da fare, serve il riccio per costruirlo.
«Io, sono la volpe».
Giorgia Zunino è architetto per formazione. Dirigente atipica della pubblica amministrazione, opera nel settore della Sanità. Ma è come le figure medievali degli architetto-capomastro costruttori delle cattedrali: si sposta dove c’è una dirigenza illuminata per lavorare sul lungo termine.
Il pensiero anticipatorio
«Il pensiero anticipatorio non è facile da seguire – dice durante un incontro virtuale -, io vado dove c’è terreno fertile, per poter lavorare in prospettiva. Purtroppo, in politica oggi si guarda all’incasso a breve termine, mentre noi lavoriamo per portare una visione del futuro possibile che sia utile nel lungo periodo per un determinato contesto».

Rispetto ai futuristi “tradizionali”, Giorgia Zunino ha un ruolo più vicino alla Strategia [anche se, va puntualizzato, un esercizio di futuro che non si concretizza in una strategia ed un piano di azione è un esercizio incompleto – ndr]. La domanda di base è: come si raggiungono gli obiettivi prefissati?
«I temi sono quelli della salute e della gestione del servizio sanitario, del digital healthcare, ma c’è tantissimo da fare, perché è prima di tutto da capire – e poi cambiare – il paradigma di fondo di questo settore».
La storia della Sanità, in Europa in generale e in Italia in particolare, è legata a dei paradigmi antichi. Il modello della salute del Dopoguerra: strutture pensate e costruite per i momenti acuti, come la malattia o gli interventi.
«La nostra società è orientata alla cronicità. Va cambiato il modello di approccio: la salute è un percorso. Il modello sanitario “episodico”, che si attiva quando qualcuno sta male, non è più adeguato. Serve un nuovo approccio che parta dal concepimento e duri tutta la vita», spiega Zunino.
Questa è una trasformazione molto specifica, apparentemente, ma che ricade perfettamente nell’area della trasformazione culturale che l’evoluzione dei nostri tempi ci chiede.
«Implica un cambiamento di mentalità dei medici e nella gestione delle strutture ospedaliere. Un esempio è il Covid: è dal 2014 che sono stati fatti studi e si sapeva cosa far fare alle persone chiuse in casa per una pandemia. Ma non è stato possibile farlo. Il livello cognitivo è chiaro per tutti i decisori, o almeno poteva esserlo, ma la politica è lenta. Nel 2050 le persone nelle città saranno tantissime e molte saranno povere. Cosa fare? Quale idea di futuro? E quali investimenti di base è necessario fare?», è la provocazione di Zunino.
Questo che Giorgia Zunino richiama è il problema di una politica che non si occupa di futuro: mentre in Finlandia esiste un Ministro del futuro, che deve essere consultato e coinvolto in una serie di decisioni, «nel Sud dell’Europa la politica si occupa di tagliare nastri. In medicina siamo educati all’idea di un futuro della malattia in cui prendi una medicina migliore e guarisci. Ma non è questa la strada».
In Africa c’è più spinta all’evoluzione e al cambiamento
La formazione di Giorgia Zunino è complessa. Come architetto ha studiato e si è occupata di cose molto diverse: arte, scienza, filosofia, psicologia. E poi c’è lo spirito del futurismo, il movimento culturale che tramite l’architettura (e non solo) ha disegnato un modo di immaginare il mondo ancora prima che guardarlo.
Molto più concretamente, la frase dello scrittore americano di fantascienza William Gibson, “Il futuro è già qui, solo che non è distribuito in modo uniforme“, è l’epigrafe del momento di cambiamento di prospettiva di Zunino.
«Nel 2013 ho lasciato il mio lavoro di dirigente tecnico di una struttura ospedaliera, ho venduto casa, vestiti e tutto il resto, per partire e fare un viaggio intorno al mondo. Sentivo che qualcosa stava cambiando ma non riuscivo a identificarlo e spiegarlo. Avevo lampi di futuro e una certa ansia. Viaggiando ho capito che il futuro non è un quando ma un dove».
Il viaggio ha portato Giorgia Zunino in Africa, in un ospedale rurale in una zona apparentemente priva di tecnologia.
«Il problema è che oggi si confonde la tecnologia con l’obiettivo, mentre è solo lo strumento che consente di lavorare al futuro, non la cosa in sé. La tecnologia cambia la vita ma dobbiamo comprendere gli effetti che ha sul futuro vicino e lontano».
In Africa, Giorgia Zunino ha trovato più spinta all’evoluzione e al cambiamento che non in Italia:
«In Kenya, dove si doveva fare attenzione agli animali, le persone pagavano il ticket all’ospedale missionario con il cellulare quando da noi ancora si attaccavano le marche da bollo. I dipendenti dell’ospedale entravano con l’impronta digitale perché costava troppo fare i cartellini magnetici. L’evoluzione tecnologica proveniva dal bisogno, e questa è una lezione che ho ritrovato ovunque».
Se si vuole trovare chi è nato prima, tra l’uovo della tecnologia e la gallina della società, la risposta è semplice: la società. Alla base dello sviluppo della tecnologia c’è il bisogno, che viene dalle persone. E lo sviluppo delle tecnologie è legato alle persone.
«Il mondo non esisterebbe senza le persone. L’interazione produce cambiamento e la società è il quadro di riferimento per la tecnologia, non viceversa».
Mentre tantissimi investimenti vanno nella direzione della tecnologia, «bisognerebbe esserle indifferenti e avere un orientamento autonomo», suggerisce Giorgia Zunino.
Il problema nelle nostre società, però, è anche un altro:
«In Africa ho scoperto che l’innovazione arriva anche perché non c’è nulla da distruggere rispetto al mondo occidentale, troppo strutturato e abituato a un approccio riduzionista delle cose anziché a un approccio che contiene tutto. Gli applicativi negli ospedali sono dei silos, ognuno fa una singola cosa, e si continua a pensare alla digitalizzazione come alla trasformazione della carta in digitale. Non cambia il pensiero: il carrello delle pratiche è diventato digitale ma fa sempre gli stessi percorsi. Invece, il valore del digitale è creare un unico contenitore dei dati dove possono essere analizzati da punti di accesso diverso, riducendo la necessità di informazioni, di procedure… di complessità».
La strategia anticipatoria, percepire il rischio spostato nel tempo
La parola futurista potrebbe essere persino logora, nella visione di Giorgia Zunino:
«Io mi definisco “stratega anticipatorio”. Non sono una studiosa del futuro, non ho quel tipo do formazione. Lo faccio, lavorando insieme alle persone su strategie partecipative. Gli strumenti di partecipazione dei cittadini ci sono, la legge li ha stabiliti. Io utilizzo il pensiero anticipatorio per percepire il rischio spostato nel tempo, che in ambito sanitario, secondo me, è uno dei bias più critici».
Il cambiamento di paradigma è centrale. L’Istituto di sanità sta lavorando all’idea di One Health. Come spiega l’Istituto stesso, “La visione olistica One Health, ossia un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, è antica e al contempo attuale. Si basa sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema siano legate indissolubilmente“.
In altre parole, “Womb-to-Tomb“, dal grembo alla tomba.
«La partecipazione delle persone è strategica, gli investimenti sulla digital literacy sono fondamentali. Una persona non alfabetizzata sulla salute si ammala di più e se va in ospedale si cura peggio. I finanziamenti ci sono e il germe di One Health c’è, ma il resto è tutto da creare», spiega Giorgia Zunino. «Vanno trovati i KPI giusti per i direttori generali, facendo in modo che sia compresa la partecipazione del cittadino e il risultato del lavoro. E bisogna capire quali sono le opportunità di salute per le persone, a partire dai comportamenti sociali, dall’ambiente in cui si vive. Medicina, sport, psicologia e persino il gaming: sono tutte cose che si toccano».
Il discorso è complesso: lasciare i cittadini da soli di fronte a un fenomeno medico come, ad esempio, la prevenzione del fumo (“Se fumi ti ammali e puoi morire”) che non ha poi un seguito nel resto della vita e della società, secondo Zunino è sbagliato.
«Realtà virtuale e metaverso possono già oggi essere usati per aiutare e rinforzare, usando metodologie come la gamification che permette di fare rewarding e reinforcement sulla base di tutta la teoria e la tecnica psicologica per la creazione dell’abitudine positiva. C’è tantissimo che si può mettere assieme».
Ci sono gli esempi positivi, come il progetto mille giorni: «I primi mille giorni della persona, per formare le abitudini corrette alla salute, inizia con il concepimento e con segnali e metodi insegnati alla madre per rinforzare le buone abitudini», spiega Giorgia Zunino.
Questo approccio è legato a un’idea di fondo, che è sempre quella degli architetto-capomastro costruttori che si spostano dove serve: progettare oltre l’orizzonte della propria vita. Progettare e costruire una cattedrale vuol dire lavorare su qualcosa che non vedremo mai portato a compimento. L’humus sotterraneo che deve essere aiutato a svilupparsi servirà a far crescere delle querce che non vedremo mai adulte.
«Il futuro che cerchiamo di capire richiede gruppi multidisciplinari, in cui l’esperto del settore parli con il data scientist per trovare i pattern che lui sa riconoscere, in cui si coinvolgono le persone perché il loro benessere è definito e dichiarato da esse stesse. Quello che si vede incasellato non è futuro: il vero futuro è ingannevole, una delle abilità del pensiero futurista è separare i segnali dal rumore. Questa è la cosa più difficile. Ma è anche un grande potere», conclude Giorgia Zunino.