Dassault Systèmes sta costruendo le piattaforme dell'Industrial Metaverse lavorando a un modo diverso da quello immaginato da Mark Zuckerberg per progettare le piattaforme del futuro

Forse la prospettiva con la quale stiamo tutti guardando al metaverso, cioè un “luogo virtuale nel quale si ritroveranno miliardi di persone a fare tutto ciò che fanno nella vita reale“, è completamente sbagliata. Forse la prospettiva portata avanti soprattutto da Mark Zuckerberg, che ha riorganizzato la sua azienda e il flusso delle conversazioni mainstream attorno a un concetto di mondo parallelo fatto per gli avatar che ci permetteranno di vivere la vita che vogliamo, è fuorviante o quantomeno limitato. È solo uno dei metaversi possibili, insomma.

Prendiamo l’esempio di Dassault Systèmes, che sta lavorando con una certa determinazione all’integrazione e consolidamento di tutti i suoi strumenti in vari settori, dal design all’engineering, dalla manifattura agli strumenti per il monitoraggio tramite IOT, in una piattaforma unica onnicomprensiva. Non è la sola azienda che sta lavorando su questa prospettiva: anche i suoi concorrenti nel settore del PLM (la gestione del ciclo di vita del prodotto o Product Lifecycle Management) come Siemens, PTC e Bentley stanno operando in questo modo. Si stanno tutti concentrando sulla semplificazione dei flussi di lavoro all’interno degli strumenti di lavoro digitale che fanno parte ciascuno della propria piattaforma. L’obiettivo è semplificare i flussi di lavoro tra strumenti diversi, integrando verticalmente oltre che orizzontalmente le varie componenti, per eliminare gli attriti tra componenti, rendendo sempre più fluido il processo di creazione all’interno dei vari settori.

Connettere persone, idee, dati e soluzioni in un unico ambiente collaborativo

In questa fase l’integrazione degli strumenti di un singolo produttore, Dassault Systèmes o anche gli altri, non supporta in forma compiuta l’interoperabilità con gli strumenti della concorrenza. Ma è anche questo il probabile destino di piattaforme come 3DEXPERIENCE Platform di Dassault Systèmes: connettere persone, idee, dati e soluzioni in un unico ambiente collaborativo che abilita le potenzialità non ancora sfruttate di grandi aziende come di piccole startup, di PMI come di singoli imprenditori-creativi e designer.

Gian Paolo Bassi, vicepresidente senior di 3DExperience Works in Dassault Systèmes
Gian Paolo Bassi, vicepresidente senior di 3DExperience Works in Dassault Systèmes

«La piattaforma – dice Gian Paolo Bassi, vicepresidente senior di 3DExperience Works in Dassault Systèmes – permette di fare moltissime cose: abbiamo esteso il concetto di simulazione a tutte le fasi del progetto. Si possono fare virtualizzazione dei test e prove sui materiali per dimostrare che un componente è funzionante ancora prima di fare il prototipo, anticipando i tempi e i test, che richiedono prove lunghe e costose per la validazione».

Un approccio di questo tipo ha moltissime conseguenze, non ultima la resistenza istintiva di molte Pmi:

«Per le piccole e medie aziende italiane – prosegue Bassi – utilizzare una cosa che non è mai stata testata prima può essere fonte di preoccupazione, ma in realtà bisogna capire che la simulazione è a 360 gradi, non solo sotto stress. E permette di simulare i processi produttivi, dell’ergonomia della fabbrica con gli operai virtualizzati che si spostano portando i materiali, quanto sono pesanti tali materiali e per quanto tempo devono essere mossi, la gestione del magazzino e via dicendo».

Verso l’Industrial Metaverse

È un passaggio storico. La direzione è quella della costruzione di grandi piattaforme, che permettono di reimmaginare completamente il flusso di lavoro più profondo, non solo quello della progettazione, in un modo completamente diverse da quel che abbiamo visto sino a questo momento. E il nome, come ha spiegato il Presidente del Board e Ceo di Dassault Systèmes, Bernard Charlés, durante la 3DExperience World Conference che si è tenuta di nuovo di persona a Nashville, nello stato americano del Tennessee, è quella di “Industrial Metaverse“.

Bernard Charlés, Presidente del Board e Ceo di Dassault Systèmes durante la 3DExperience World Conference
Bernard Charlés, Presidente del Board e Ceo di Dassault Systèmes durante la 3DExperience World Conference

Per una volta la scelta strategica del nome dato a un obiettivo progettuale non è semplicemente uno slogan di marketing che orecchia una parola chiave del momento, come il Metaverso di Zuckerberg, ma una dichiarazione di principio che sposa un’idea ben precisa. Il metaverso non è tanto un luogo di gioco e di commercio al pubblico, una specie di Second Life incrociata con Minecraft. Il metaverso non è, insomma, un posto.

Invece, Dassault Systèmes ha creato una piattaforma con più di sei milioni tra designer, studenti, imprenditori e maker che lavorano alla creazione di prodotti fisici utilizzando l’ecosistema di Solidworks. L’azienda sta trasformando i pacchetti software, fondendo i silos di dati delle dozzine di strumenti interni, e modificando il codice per renderli pienamente interoperabili. Inoltre, sta portando tutto sul cloud, aprendo i suoi centri di calcolo per fornire capacità di elaborazione e spazio di archiviazione delle informazioni, e sta introducendo un nuovo modello di licenze.

La gestione della collaborazione, la gestione dei dati, la mobilità e la sicurezza “by design” della piattaforma secondo Dassault Systèmes dovrebbero consentire di togliere moltissimi degli ostacoli e degli attriti all’utilizzo di questo tipo di strumenti da parte di altri milioni di utilizzatori, semplificando la vita soprattutto sul versante della creatività e aggiungendo l’intelligenza artificiale non come strumento generativo autonomo ma come aiuto e supporto alla realizzazione di passaggi ripetitivi e scontati nel lavoro.

Al centro c’è il concetto di Virtual Twin, il gemello digitale virtuale, cioè l’esperienza tecnologica attorno alla quale ruota il lavoro di consolidamento e riorganizzazione delle attività di ideazione, pianificazione, progettazione, costruzione, manutenzione e gestione della catena dei fornitori. Un modo per utilizzare gli strumenti con l’obiettivo di prendere e rimettere in ordine i “pezzetti” che costituiscono le varie fasi.

Il discorso visto sin qui è forzatamente generico e astratto, perché ruota attorno a componenti software eterogenei ma anche a settori produttivi completamente diversi: dalla progettazione, costruzione e manutenzione di aeroplani di linea a quella di automobili, dalla produzione di strutture ingegneristiche a mani robotiche. L’orizzonte commerciale dei prodotti di Dassault Systèmes (e di alcuni dei suoi concorrenti) è talmente ampio che sarebbero più le eccezioni da sollevare che non i punti di incontro tra i vari settori.

Eppure, una sintesi e un governo unico di questa complessità di strumenti è più che possibile.

«Siamo il numero uno – spiega Bernard Charlés – negli strumenti software per la produzione di aerei, tablet, robot, arredamento, barche, ma anche prodotti per la salute, medicina, life sciences, infrastrutture e smart cities, senza contare che il 35% del PIL mondiale è dato dal manufacturing, il 15% dalle life sciences e il 45% da infrastruttura ed energia».

Le soluzioni di Dassault Systèmes basate sulla tecnologia Virtual Twin si estendono quindi dal settore manifatturiero all’edilizia, all’energia, ai beni di consumo, alla sanità e ad altri settori. L’azienda vede anche un gran numero di piccole e medie imprese con una forte domanda di tecnologia digitale che possono aprire molto velocemente le porte a questo tipo di strumenti, perché necessari per la trasformazione digitale delle proprie attività oppure strumenti necessari per iniziare, nel caso delle nuove startup soprattutto nel settore manifatturiero in Europa come negli Usa.

Industrial Metaverse per spazzare l’idea che il metaverso sia un luogo

Il cambiamento di paradigma in corso, quello cioè che sta avvenendo negli strumenti per la creazione, progettazione, sviluppo e gestione del ciclo di vita di questi “oggetti fisici”, è dunque orientato attorno all’idea di Industrial Metaverse. Ma questa etichetta va in conflitto con l’idea di metaverso “stile Zuckerberg” e con quello che viene presentato abitualmente dalla stampa. Oppure no? È necessario approfondire la prospettiva dell’idea stessa di metaverso e cambiare punto di vista.

È quello che stanno facendo vari analisti e un pensatore in particolare, Tim O’Reilly. L’editore irlandese naturalizzato americano è stato paragonato a Denis Diderot o a Jean-Baptiste d’Alembert. Perché ogni rivoluzione, a partire da quella francese, deve avere un editore che contribuisca a disseminare le idee degli intellettuali con la sua ‌Encyclopédie del caso.

Per quanto riguarda O’Reilly Media, che ha iniziato con i manuali per l’uso di Unix nei primi anni Ottanta, il lavoro di editore ha fornito i libri che hanno guidato tre generazioni di creatori digitali attraverso le fasi della grande trasformazione iniziata con l’informatica personale e proseguita con internet, il web, il cloud, big data, AI e open source (termine che ha popolarizzato proprio O’Reilly), per citarne solo alcune. Merito di O’Reilly anche la diffusione dell’idea di Web 2.0, dell'”Internet Operating System” o del “Government as a platform”.

In queste settimane O’Reilly gioca con un’idea: quella secondo la quale “il Metaverso non è un luogo“.

Il concetto è semplice:

«Le metafore che usiamo per descrivere le nuove tecnologie – dice O’Reilly –  condizionano il modo in cui le consideriamo e, come una mappa obsoleta, spesso ci portano fuori strada. Così è per il metaverso. Alcuni sembrano pensarlo come una sorta di proprietà immobiliare, con tanto di accaparramento di terreni e tentativo di portare traffico a qualsiasi pezzo di proprietà virtuale che hanno creato. Il metaverso inteso come il successore di Second Life e del Web, dei feed social media e dell’idea dei siti come posti da visitare, Invece, cosa succede se pensiamo al metaverso come a un mezzo di comunicazione?».

«Se usiamo la metafora di metaverso come “communications medium” – dice O’Reilly –, lo vediamo come una continuazione degli strumenti che già usiamo, partendo dalla messaggistica, dalle email, dagli incontri sui social, nelle app come Zoom, Google Meet, Teams e quelle per il broadcast come Twitch e Discord. Un mediatore per interazioni che non sono basate su un “posto” ma che accadono nell’etere, tra due o più persone connesse. L’occasione allora è più un punto che non un posto».

Questa idea di metaverso non come luogo virtuale, non come metafora spaziale, ma come strumento per la connettività e che permette di far incontrare flussi di comunicazioni tra persone dislocate fisicamente in ambiti e momenti differenti, ma che sono in contatto sia tramite lo scambio di messaggi in tempo reale (ad esempio una videocall) che registrati (una mail o un messaggio già inviato), apre la porta a una realtà più complessa e sociale.

Una realtà che comprende anche – ma non esclusivamente – gli strumenti 3D, gli occhiali e i visori costosi e complessi utilizzati per la visualizzazione operativa dei Virtual Twin. In sostanza, usando questa metafora, “essere” nel metaverso vuol dire far parte di un flusso di comunicazione, come accade con mail, messaggi e telefonate, che nessuno immagina come dei “luoghi” bensì come delle forme di relazione a distanza mediata da dispositivi informatici diversi e spesso non molto immersivi.

Ecco che la trasformazione digitale profonda che le piattaforme di PLM integrate come quella che Dassault Systèmes sta costruendo viene spiegata e compresa meglio (anche da parte di chi la sta realizzando) cambiando punto di vista, cioè cambiando metafora.

Quelli che Dassault Systèmes e gli altri stanno costruendo non sono posti. Invece, sono modi che permettono di fare cose insieme in maniera diversa, rimuovendo la frizione nelle attività di ideazione e progettazione, fornendo strumenti più potenti con un loop e un feedback più rapido a chi deve pensare cose e provare a realizzarle per vedere se funzionano, e poi entrare in contatto con tutto il resto della filiera per produrle e renderle sostenibili oltre che sicure e operative.

Se l’Industrial Metaverse è destinato effettivamente ad attecchire, questo non accadrà perché è un posto virtuale dove si possano trovare milioni di creativi e maker. Sarà invece perché è una conversazione a cui si può partecipare.

Scritto da:

Antonio Dini

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin