La Generative AI è una delle applicazioni emergenti nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale. La sua capacità generativa consente di produrre dati sintetici e di supportare l’uomo nelle sue attività creative. Le applicazioni della Generative AI sono sempre più diffuse nell’industria multimediale, nella sanità, nell’arte, nel design e nella produzione di nuovi prodotti.
TAKEAWAY
- La Generative AI è piuttosto nota per i famigerati deepfake, dati sintetici in grado di emulare in maniera estremamente credibile immagini e audio che in realtà non esistono.
- Tra le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale generativa spicca un impiego trasversale nel mondo dell’arte, che spazia dalla creazione di nuove opere al restauro dei manufatti esistenti.
- La terra promessa della Generative AI è costituita dal Generative Design, un paradigma in grado di variare in maniera sostanziale il modo di concepire, progettare e produrre nuovi prodotti e architetture.
Secondo Gartner, che la classifica nei Top Strategic Technology Trends del 2022, la Generative AI, o Intelligenza Artificiale generativa, è una «tecnologia dirompente in grado di generare artefatti che in precedenza si basavano sulla creatività dell’uomo, garantendo risultativi innovativi privi di quei pregiudizi tipici dell’esperienza umana e dei suoi processi di pensiero». Gartner ritiene inoltre che: «I leader IT a livello globale devono utilizzare una governance appropriata per sfruttare il suo straordinario potenziale creativo».
Vediamo che cosa si intende per Generative AI e quali sono, ad oggi, alcune tra le sue più significative applicazioni, avvalendoci di una serie di esempi utili per focalizzare i concetti fondamentali della sua azione creativa [per approfondimenti sull’AI, consigliamo la lettura della nostra guida all’intelligenza artificiale che spiega cos’è, a cosa serve e quali sono gli esempi applicativi – ndr].
Tecnologie e utilizzi della Generative AI
Sotto il cappello della Generative AI rientra una varietà di tecnologie che consentono a un sistema di apprendimento automatico, opportunamente allenato grazie a un insieme di data set tematici, di creare contenuti artificiali e dati sintetici di varia natura.
La tecnologia più rappresentativa nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale generativa è costituita dalle GAN (Generative Adversarial Networks), particolarmente note per via del loro utilizzo nella creazione dei deepfake, contenuti audio video in grado di sostituirsi in maniera molto accurata alla controparte reale. Tra gli esempi più frequenti abbiamo la sostituzione del volto in un video, perfettamente coerente con la sua animazione facciale, o la creazione di un audio falso con la voce identica a quella del soggetto che si intende imitare.
Le GAN non sono l’unica tecnologia attiva nell’ambito delle Generative AI. Tra le più diffuse ritroviamo anche i transformers (es. GPT-3 e LaMDA), molto efficaci con il linguaggio, e i variational auto-encoders, disponibili anche in diverse app mobile.
Nonostante la giovane età della tecnologia, le applicazioni della Generative AI sono già piuttosto diffuse. Non è raro incontrarle, oltre ai già citati deepfake, in contesti come:
- image processing: ricostruzione di immagini a risoluzione maggiore, con livello di dettaglio più elevato
- restauro dei video su supporto analogico: molto diffuse per “rimasterizzare” i film di vecchia generazione, portandoli comodamente a 4K con 60fps, ripulendo l’immagine, rendendola più nitida, con tanto di ricostruzione del colore
- simulazioni in ambito medicale: in supporto alle tecnologie 3D per pre-visualizzare protesi e organismi molecolari
- supporto attività diagnostica e ricerca microbiologica: capacità di rilevare situazioni maligne nella diagnosi precoce ed effettuare ricerche su agenti patogeni
- tutela della privacy: protezione delle identità sensibili tramite avatar per rendere impossibile il riconoscimento di soggetti che potrebbero essere vittima di persecuzioni, ad esempio durante il rilascio di un’intervista
Iniziano, inoltre, a delinearsi dei filoni sempre più strutturati, capaci di andare ben oltre le potenzialità di una singola applicazione, configurandosi in maniera sempre più evidente quali discipline autonome nell’utilizzo delle capacità generative dell’Intelligenza Artificiale
Generative Art: quando l’artista crea grazie all’algoritmo
Uno degli utilizzi ad oggi popolari e suggestivi della Generative AI è quello che vede la sua espressione in ambito artistico, dove i creatori si avvalgono di tecniche algoritmiche per dare vita a immagini sintetiche derivate a parte da un data set tematico. Non si contano ormai più le opere realizzate utilizzando le GAN, tra cui il celebre Ritratto di Edmond Bellamy, a opera del collettivo parigino Obvious, venduto da Christie’s nell’ottobre 2018 alla cifra di 432mila dollari. Il ritratto è stato creato da una GAN allenata con le immagini di 15mila ritratti, oggetto di una selezione di opere dal XIV al XX secolo.
In tale contesto, è sempre opportuno precisare come il digitale sia in grado di contribuire alla creazione dell’opera d’arte, dal momento che non sempre ciò avviene in maniera generativa, come spiega Alice Barale, nelle pagine del suo “Arte e Intelligenza Artificiale. Be my GAN” (Jaca Book, 2020): «Una cosa è parlare di computer o digital art, in cui software e hardware sono un mezzo per l’artista, come la spatola robotica di Can’t help myself dei cinesi Sun Yuan & Peng Yu o le opere realizzate da David Hockney su tablet con l’app Brushes. Nell’arte creata con l’AI deve esserci almeno una fase della creazione che sfugge alla volontà dell’artista ed è completamente delegata all’Intelligenza Artificiale».
L’intenzione di ricreare un’entità ignota in un contesto più o meno noto è alla base di alcuni studi sull’intelligenza emotiva, come ArtEmis: Affective Language for Visual Art, a cura di un team di ricerca della Stanford University, che utilizza un data set basato sulle sensazioni degli esseri umani, descritte attraverso il testo, di fronte a una varietà di opere d’arte opportunamente classificate. In questo caso, l’Intelligenza Artificiale ha soprattutto lo scopo di aiutarci a comprendere l’interazione tra un contenuto visivo, l’emozione che suscita e la descrizione linguistica. Il data set utilizzato per il progetto Artemis comprende 455mila descrizioni emotive, ricavate di fronte a circa 80mila opere d’arte.
Attraverso i risultati di queste ricerche, una Generative AI potrà, ad esempio, creare nuovi contenuti capaci di includere tra le proprie variabili anche concetti astratti ed emozioni umane. O per lo meno provarci. Uno dei principali fini dell’arte generativa, al di là di ricercare nel digitale nuovi linguaggi espressivi, è infatti sostenuto da una forte matrice di carattere sperimentale.
Differente il caso delle applicazioni strumentali, dove le GAN sono in grado di restituire sin d’ora esiti molto concreti. Vengono, ad esempio, utilizzate per il restauro virtuale delle opere d’arte che presentano delle significative lacune, ai fini di ricostruire con elevate probabilità di coerenza la loro figurazione originale. La logica non varia. Si allena il sistema grazie a un data set mirato su tutte le variabili relative all’attività dell’artista in questione, per consentire alla AI di reintrerpretare digitalmente la sua pennellata e ricostruire la simulazione del contenuto mancante sull’opera originale.
Generative Design: dall’ottimizzazione di forma ai nuovi concept per l’architettura e il design di prodotto
Il Generative Design costituisce, a sua volta, un cappello di soluzioni molto ampio, che utilizza l’Intelligenza Artificiale per finalità differenti. In questo contesto ci limiteremo a due macroambiti, utili a puntualizzare i concetti chiave.
Il Generative Design utilizza, in primo luogo, tecniche di machine learning per l’ottimizzazione formale.Sulla base di un processo di apprendimento in grado di formare il sistema su tutte le caratteristiche e i vincoli da rispettare (materiali, normative, dimensioni ecc.), un software dotato di funzionalità AI parte da una forma data per proporre una serie di ipotesi ricostruttive. Tale tecnica è molto utilizzata, ad esempio, nelle industrie automotive e aerospace per alleggerire i telai e i componenti di auto, moto e aerei.
Analizzando la forma e le caratteristiche fisiche del telaio di partenza, l’AI è infatti in grado di simulare una forma capace di garantire le stesse prestazioni e la medesima resistenza meccanica, utilizzando meno materiale per realizzarlo e rendendolo, di conseguenza, molto più leggero. La libertà di forma è garantita in fase di fabbricazione dall’impiego della stampa 3D.
Il Generative Design offre, inoltre, la possibilità di generare nuovi concept nell’ambito dell’architettura e del design industriale di prodotto. Il caso più inflazionato è costituito dal classico “esempio della sedia”, che Autodesk e Dassault hanno ormai presentato in centinaia di occasioni nel corso degli eventi di design, per illustrare le potenzialità generative della AI e della progettazione parametrica 3D nell’ambito dell’arredo di design.
Tale approccio si spinge dunque oltre, combinando il beneficio dell’ottimizzazione formale con la capacità propositiva di cercare nuove soluzioni espressive e supportare l’intenzione creativa del designer. Un esempio capace di ottenere una notevole fortuna mediatica è la A.I. Chair di Philippe Starckx, realizzata per Kartell e presentata alla Milan Design Week 2019.
Il popolare designer francese ha espresso in maniera piuttosto teatrale e umano-centrica la propria posizione in merito, in linea con la sua esuberante personalità: «A.I. Chair è qualcosa di simile ad una conversazione […] l’Intelligenza Artificiale non ha cultura, non ha memoria, né è al momento in grado di esercitare influenze, quindi, grazie al suo essere artificiale, può solo rispondere alle nostre domande. A.I. è la prima sedia disegnata all’infuori del cervello umano, fuori dalle nostre abitudini e dal modo in cui siamo solitamente abituati a pensare».
Esistono molti casi in cui la Generative AI è stata in grado di supportare il design del prodotto. Il designer francese Patrick Jouin, utilizzando le tecnologie generative di Dassault, ha creato TAMU, una sedia ispirata all’origami giapponese che si basa su un approccio decisamente differente rispetto a quello ostentato da Starckx per la sua A.I.Chair. Secondo Jouin: «Il nostro obiettivo era impiegare il materiale in modo intelligente, per creare forme mai pensate finora per una sedia. Come designer noto che oggi i confini tra forma, funzione e materia sono sempre più fluidi. Il processo di design stesso è diventato molto più organico rispetto al passato. In precedenza i designer erano ispirati dalla forma organica quale riferimento estetico, provavano ad emularla. Oggi la tecnologia consente di fare molto di più, pensare al design soltanto in termini di stile è limitante».
Gli appassionati di Generative Design a 360° non dovrebbero in alcun modo trascurare l’attività del duo americano Nervous System che, in tempi decisamente non sospetti, si presentò come un “Generative Design studio”. Autentici pionieri della disciplina, formati nelle aule del MIT, dal 2007 Jessica Rosenkrantz e Jesse Louis-Rosenberg coniugano la ricerca estetica e formale con l’automatizzazione e l’ingegnerizzazione più avanzata. Un risultato possibile grazie all’ossessiva ricerca sulle più innovative tecnologie disponibili, dalla simulazione in computer grafica ai sistemi di fabbricazione in stampa 3D.
Nelle varie applicazioni di Generative Design cui abbiamo avuto modo di assistere negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale non ha mai puntato a sostituirsi al progettista. Il suo contributo è, infatti, di carattere ispirazionale e di supporto decisionale, sfruttando le proprietà computazionali dei moderni dispositivi informatici per simulare una quantità e una varietà di ipotesi e suggestioni che vanno ben oltre le capacità del progettista umano, a cui spetta sempre l’ultima parola nella definizione del design da mandare in produzione.
La potenza è nulla senza controllo
Negli esempi sin qui descritti abbiamo soltanto sfiorato le potenzialità applicative della Generative AI. Attualmente si tratta di un territorio ancora in gran parte da esplorare, ma il successo ottenuto con le prime sperimentazioni concrete ci porta a sostenere con crescente fiducia l’avanzamento nella sua ricerca.
Ma non possiamo ignorare evidenti limiti sul piano del controllo. La stabilità delle GAN rappresenta una notevole incognita e sono spesso necessari moltissimi cicli di calcolo per generare un risultato apprezzabile. Comprendere appieno e regolare il comportamento dei modelli di Intelligenza Artificiale generativa costituisce una sfida costante per i ricercatori impegnati in questo ambito.
Al tempo stesso, un ruolo centrale è nella qualità dei dati. Ciò si riflette nella costruzione del data set, indispensabile per allenare il sistema di apprendimento automatico su cui si basano in buona sostanza tutte le applicazioni generative. Si tratta di sistemi che creano soluzioni basate su ciò che conoscono, ma non sono in grado di inventare nulla da zero. Il training è pertanto fondamentale. Oltre alla quantità di esempi, è necessario fornire una qualità e una coerenza dei dati molto elevata, per evitare di ritrovarci alle prese con grossolani bias o risultati del tutto disattesi.
Senza sottovalutare l’eterna discussione legata agli aspetti etici dell’Intelligenza Artificiale, non possiamo d’altro canto ignorare le conseguenze derivanti da un utilizzo malevolo della Generative AI, che si presta molto facilmente ad attività fraudolente, alla generazione di pericolose fake news e alla realizzazione di dati sintetici in grado di gettare un pesante discredito su persone e aziende.