Uno studio americano spiega come ottenere una raffigurazione verosimile (e con super-risoluzione) dell’universo, avvalendosi dell’apporto delle reti neurali.
TAKEAWAY
- Simulare la grandezza dell’universo è una prassi che incontra spesso difficoltà realizzative.
- Un team di ricercatori statunitensi ha ripreso estese zone del cosmo in meno di un giorno, avvalendosi di sofisticati algoritmi.
- Le reti neurali hanno supportato gli scienziati nel tracciare la strada alla super-risoluzione dello spazio.
Intelligenza artificiale e cosmologia sono due ambiti dalle correlazioni inaspettate. Fino a pochi decenni fa, disquisire sull’ampiezza delle galassie voleva dire imbattersi in numerosi ostacoli, dovuti alla mancanza di una precisione adeguata. Allora, sulla base delle stime e delle misurazioni fatte dagli scienziati, si sono cominciate a fare delle ipotesi sulla quantità di spazi che, all’apparenza, sembravano inesplorabili.
L’attenzione si è inizialmente focalizzata soltanto su aree molto circoscritte, ma di recente si sono aperti spiragli davvero interessanti, da scorgere tramite il deep learning approccio con cui le macchine emulano il modus operandi dell’uomo e che oggi può finalmente sciogliere enigmi in piedi da millenni.
Segnali positivi a riguardo sono giunti con estrema chiarezza dai fisici della Carnegie Mellon University di Pittsburgh (USA), in primis dai professori Tiziana Di Matteo e Rupert Croft e dal dottorando Yueting Ni, in collaborazione con alcuni poli didattici della California. Ma procediamo con ordine.
L’apporto delle reti neurali
L’automatizzazione dei processi è una tendenza ormai frequente in vari comparti, poiché consente di effettuare analisi altrimenti impossibili da svolgere manualmente. Il discorso trova un risvolto singolare nelle reti neurali, strutture computazionali organizzate su più livelli e formate da neuroni artificiali, meccanismi che imitano le cellule del cervello. Sono le principali tecnologie che hanno reso possibile l’incontro tra intelligenza artificiale e cosmologia. In che modo?
Partiamo da un caso pratico, ossia la visione di una comune fotografia, o di un video, in cui sono pienamente identificabili alcuni personaggi e oggetti, mentre degli altri appaiono sfocati.
Per intravedere le sfumature nascoste serve ovviamente una definizione maggiore, in termini, ad esempio, di nitidezza e di ingrandimento della superficie ritratta. Ed è proprio questa l’idea presentata sulla rivista PNAS – (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.
La metodica adoperata è definita, nel corso dell’articolo, con l’espressione “super-resolution” che, presa a prestito dalla grafica, indica l’opportunità di avere un’altissima risoluzione dello spazio interstellare, mettendo insieme più frame, o fotogrammi.
Un concetto che si evince sin dal titolo, “AI-assisted superresolution cosmological simulations”. Oltre al team della Carnegie Mellon, a firmare il documento ci sono Simon Bird, assistente presso l’University of California di Riverside, Yu Feng, research fellow presso il Berkeley Center for Cosmological Physics e Yin Li, membro del Flatiron Insitute di New York.
Come si correlano intelligenza artificiale e cosmologia
In rappresentanza dell’equipe, la professoressa Tiziana Di Matteo, italiana formatasi in Inghilterra che dirige il centro di cosmologia californiano, ha rilasciato qualche dichiarazione ai colleghi dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, soffermandosi sulle caratteristiche basilari del lavoro:
“Da una serie di ammassi indistinti, abbiamo piano piano distinto svariati luoghi tra cui riconosciamo la Via Lattea, nella quale si collocano la Terra e gli altri pianeti orbitanti intorno al Sole, con una velocità sorprendente. Ad esempio, per una regione con 134 milioni di particelle, i metodi tradizionali avrebbero richiesto 560 ore, vale a dire 23 giorni, per ottenere una descrizione dettagliata. Nel nostro caso sono bastati 36 minuti e non un’intera giornata. È fantastico realizzare come e quanto, con il progressivo avanzamento delle tecnologie digitali, si possa arrivare a studiare così bene, e a fondo, le molteplici angolature dell’astronomia”
Nella ricerca in tema di intelligenza artificiale e cosmologia ha ricoperto un ruolo centrale la General Adversative Network, l’estensione di una normale rete generativa avversativa (o avversaria), ovvero la tipologia di addestramento che fa sfidare tra loro due reti neurali con l’obiettivo di creare un modello che non ha più bisogno di input esterni da parte degli utenti.
Nota con la sigla inglese GAN, questa rete costituisce il tassello che ha permesso di aumentare di 512 volte i pixel di partenza, gli elementi minimi che compongo le immagini digitali.
Cosa è avvenuto precisamente? Entrambe le reti “generano”, appunto, simulazioni e, alla fine, si sono implementate a vicenda. Si tratta di un procedimento che ha rivoluzionato in toto l’ambito di ricerca che vede, insieme, intelligenza artificiale e cosmologia. E non si ferma qui, anzi intende superarsi ancora in futuro.
Connubio intelligenza artificiale-cosmologia: un aiuto nella comprensione dell’universo
“I risultati raccolti hanno un impatto enorme – ha aggiunto Di Matteo – Dai telescopi di ultima generazione si può appurare se la direzione che stiamo seguendo è aderente all’assetto effettivo. La tecnica è in grado tranquillamente di stare al passo con le nostre idee. Il momento è senza dubbio emozionante per la materia nel suo complesso, e non solo”.
Va ricordato che in rete si possono scaricare codici accessibili a tutti – tra cui il GADGET-4, del Max Planck Institute di Monaco di Baviera – che compiono calcoli strettamente relativi alle dinamiche galattiche. Intelligenza artificiale e cosmologia, dunque, sono sempre più vicine, soprattutto attraverso le potenzialità dell’Information Technology e della data science, la disciplina che dà valore alle statistiche.
In tale quadro, quante più informazioni si riusciranno a trarre da questo materiale infinito, maggiori saranno le rispettive ricadute sul piano scientifico.
Per le ragioni elencate, l’universo si staglia intorno a noi come il più grande dataset esistente, a cui possono attingere i fisici a livello globale. Dimensioni immense, se si pensa che ha un diametro di 93 miliardi di anni luce, unità di misura che corrisponde alla distanza percorsa dalle radiazioni solari nel vuoto nell’arco di 12 mesi.
La legge formulata dal celebre astronomo Edward Hubble parla di una continua espansione, destinata a non arrestarsi mai. Eppure, nelle prime fasi del progetto americano, si sono riscontrati non pochi problemi, come ha ricordato il professor Yin Li:
“L’algoritmo ha iniziato a funzionare all’improvviso, dopo un lungo biennio in cui non riusciva più ad attivarsi. Con l’ultima scoperta, possiamo ora concentrarci su aspetti meno indagati come la formazione di corpi luminosi. Il tutto è in costante evoluzione”