L’intelligenza artificiale è in grado, oggi, per mezzo dell’analisi audio e video e grazie anche all’apporto di materie quali psicologia e linguistica, di aiutare i team di lavoro all’interno delle aziende ad acquisire (o ad affinare) le competenze che fanno capo all’intelligenza emotiva.
TAKEAWAY
- Le abilità proprie dell’intelligenza emotiva sono sempre più richieste da aziende e recruiter, perché legate a capacità relazionali e comunicative positive sia per le dinamiche interne alle organizzazioni sia per i rapporti all’esterno, ad esempio con i clienti, di cui si riescono a gestire in modo più proficuo i rapporti.
- Tra le soluzioni AI in grado di favorire, nei team di lavoro, lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, anche un software che, grazie ad algoritmi di machine learning e a un sistema NLP, analizza il linguaggio scritto e parlato usato nelle conversazioni tra commerciali e clienti allo scopo di migliorarlo, suggerendo, laddove necessario, un linguaggio più empatico.
- Un’altra soluzione AI, invece, lavora in tempo reale all’analisi del tono della voce dell’interlocutore durante le telefonate, rilevandone lo stato emotivo, rendendone consapevole il commerciale e invitandolo a prestare attenzione alla “percezione del cliente”.
Esiste, nei luoghi di lavoro, una correlazione tra due sfere, per loro natura, così distanti come quelle che fanno capo all’intelligenza artificiale e all’intelligenza emotiva? E, qualora esistesse, di che tipo di correlazione si tratterebbe? Prima di tracciare il quadro di tale corrispondenza, facciamo, però, un breve percorso a ritroso.
L’intelligenza emotiva, da alcuni anni, è una competenza sempre più richiesta nel mondo del lavoro (al pari delle competenze tecniche), da organizzazioni e recruiter, tanto che il World Economic Forum, nel suo “The future of jobs Report 2020”, la inserisce – insieme a problem solving, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, il riuscire a coordinarsi con gli altri, capacità di giudizio e di prendere decisioni, orientamento al servizio, negoziazione e flessibilità cognitiva – tra le dieci abilità di base e tra quelle che verranno maggiormente ricercate nei futuri candidati.
L’espressione e il concetto al quale rimanda derivano dagli studi nel campo della psicologia (in particolare, quella USA), in cui l’intelligenza emotiva divenne oggetto di trattazione a partire dal 1990. Celebre il saggio dello psicologo Daniel Goleman del 1995, “Emotional Intelligence”, grazie al quale, nel mondo, si iniziò ad affrontare la tematica in riferimento a diversi ambiti, tra cui anche quello organizzativo/aziendale.
Dovendo fare una sintesi, senza addentrarci nelle pieghe di una materia di pertinenza di psicologi, diremmo che, oggi, l’intelligenza emotiva comprende quelle capacità atte a conoscere la propria sfera emozionale e, dunque, a saperla gestire e utilizzare al meglio per guidare azioni e pensieri. Ma non solo. L’esercizio di comprendere le proprie emozioni conduce a riconoscere e a comprendere anche quelle altrui, nell’acquisire quella che viene definita “empatia”. Queste capacità, proiettate nei luoghi di lavoro, negli uffici, nelle aziende di qualsiasi dimensione e tipologia di attività, si traducono – come evidenziato in uno studio del maggio 2020 a cura del National Bureau of Economic Research, nel Massachusetts – in stili di comunicazione e di interazione efficaci, positivi per le dinamiche di gruppo e, quindi, produttivi per le dinamiche aziendali, accentuando le competenze di leadership, le abilità nella soluzione dei conflitti e dei problemi e nel prendere decisioni.
Intelligenza artificiale e intelligenza emotiva: analisi audio e video per cogliere le emozioni dell’interlocutore
Torniamo alla domanda iniziale, ossia alla messa in relazione, nei luoghi di lavoro, di tecniche di intelligenza artificiale e intelligenza emotiva.
Il terreno sul quale si gioca questa relazione è quello dell’acquisizione (o di un loro maggiore sviluppo) delle competenze attinenti all’intelligenza emotiva da parte dei team di lavoro all’interno delle aziende, allo scopo di migliorare le loro capacità relazionali e comunicative all’interno dello stesso gruppo così come all’esterno, ad esempio con i clienti – specie se sparsi nel mondo e appartenenti a culture diverse, come nel caso di multinazionali – giungendone a gestire in modo più proficuo il rapporto e a coglierne in modo più puntuale le esigenze. L’obiettivo principe è “comprendere” l’interlocutore, capirne lo stato d’animo del momento, le emozioni che esprime attraverso il tono della voce, l’espressione del viso, lo sguardo, la postura. E l’intelligenza artificiale può, per mezzo di strumenti di analisi video e di analisi audio, fungere da supporto in questo processo.
L’evoluzione, a partire dagli ultimi cinque anni, dei sistemi di computer vision e di Natural Language Processing (NLP), grazie anche all’apporto di materie quali psicologia e linguistica, hanno portato a performance di qualità nell’analisi, ad esempio, della mimica facciale, della mimica del corpo e delle sfumature del tono delle voce. Tutti elementi che si riflettono sulla comunicazione e sul modo di interagire, con impatti positivi o negativi in base al livello di comprensione e di gestione che ne hanno gli attori coinvolti.
L’AI determina il quoziente emotivo (QE) dei candidati in fase di selezione
In tema di intelligenza artificiale e intelligenza emotiva – in particolare, negli Stati Uniti – è in aumento, da parte dei reparti Risorse Umane delle aziende, l’adozione di sistemi AI che, in fase di colloquio video preliminare, per ruoli che richiedono spiccate capacità comunicative e di interazione, analizzano determinati aspetti del comportamento del candidato, relativi, ad esempio, alla gestualità e al suo modo di gestire la comunicazione, tracciandone un profilo della sua intelligenza emotiva.
A tale riguardo, un esempio italiano è quello della catena di supermercati Esseleunga che, per la selezione del personale destinato a incarichi di leadership, applica tecniche di machine learning ai video-colloqui, al fine di individuare quei candidati in possesso di specifiche soft skill riconosciute dagli algoritmi AI.
Tuttavia, sebbene si tratti di pratiche, in determinati casi, consolidate (nello specifico, Esselunga la segue dal 2019) e in linea con quanto contenuto nel GDPR in tema di riservatezza dei dati e di consenso esplicito del lavoratore a loro utilizzo, rimangono tuttora aperte le questioni relative all’affidabilità di sistemi che, a differenza di quanto può accadere – solo per citare un esempio – con la loro applicazione nella manutenzione predittiva in ambito industriale, hanno un impatto diretto sulle persone, con possibili conseguenze negative in termini di esclusioni e di penalizzazioni nel processo di recruiting. Tenuto anche conto del fatto che, ad aprile 2021, la Commissione europea, nella sua proposta di Regolamento per lo sviluppo di un’AI sicura, ha inserito l’occupazione e la gestione dei lavoratori tra i campi in cui le applicazioni dell’AI sono ritenute ad alto rischio e per le quali devono essere previsti precisi obblighi e misure di sorveglianza.
Intelligenza artificiale e intelligenza emotiva: come comunicare con maggiore empatia
Ma, al di là del recruiting, le soluzioni di intelligenza artificiale trovano applicazione, all’interno delle aziende, anche da parte dei responsabili dei reparti commerciali, che le impiegano, in particolare, per analizzare le interazioni tra i team di vendita e i clienti, allo scopo di aiutare i primi ad acquisire le competenze proprie dell’intelligenza emotiva con le quali poter comunicare al meglio e gestire relazioni più produttive con la propria clientela.
Dagli Stati Uniti giunge l’esempio di un software (Gong) che, avvalendosi di algoritmi di machine learning e di un sistema di elaborazione del linguaggio naturale, lavora sul linguaggio scritto e parlato di commerciali e clienti, sulla base del contenuto delle loro email di scambio e delle loro video call. Nel dettaglio, raccoglie le informazioni qualitative che emergono dagli scritti e dal linguaggio parlato (tra cui tipologia del lessico usato, termini che indicano la propensione all’ascolto da parte del venditore, espressione di richiesta da parte del cliente), le analizza e, attingendo a un’ampia mole di esempi contenuti nel suo database, definisce la linea da adottare per un linguaggio più empatico e persuasivo da parte dei commerciali.
Questo strumento si è rivelato particolarmente efficace con l’inizio dell’emergenza pandemica, col passaggio, per i reparti commerciali, dalla modalità di vendita di persona a quella virtuale.
Tra le app del sistema, anche quella che, durante un incontro virtuale tra commerciale e cliente, individua le parole e le frasi, rilevate dalla macchina come “decisive” alla chiusura dell’accordo e alla stipula (o al rinnovo) del contratto, e quella che, invece, redige una classifica dei membri del team di vendita in base alle prestazioni che hanno condotto ai risultati migliori, in modo che il direttore commerciale possa poi fare delle loro performance quelle standard per tutti.
Un altro sistema AI basato su tecniche di machine learning (Cogito) lavora in tempo reale all’analisi del tono della voce dell’interlocutore durante le telefonate, rilevandone lo stato emotivo, rendendone consapevole il commerciale – per mezzo di avvisi a comparsa sullo schermo del PC – e invitandolo a prestare attenzione alla “percezione del cliente”, con indicazioni su come parlargli con maggiore empatia per comprendere il suo bisogno in quel preciso momento.
Dall’analisi delle conversazioni passate, il profilo emotivo del cliente
Dai processi in tempo reale all’analisi dello storico delle conversazioni agente-cliente, in cui l’intelligenza artificiale è di aiuto nell’implementare l’intelligenza emotiva. È il caso del software (Cyrano.AI) – sempre più impiegato in ambito USA – che, mediante tecniche di apprendimento automatico, è in grado di passare in rassegna tutte le conversazioni (orali) precedenti col dato cliente, giungendo a identificare i diversi “momenti emotivi” che le hanno caratterizzate, a definire il suo profilo, il suo specifico stile di comunicazione, a evidenziare le esigenze, i dubbi e le obiezioni sollevati e sui quali potrebbe tornare in futuro.
Si tratta di un “ascolto profondo” che analizza il parlato, la cui particolarità non è tanto quella di soffermarsi sulle singole parole e sulle singole espressioni utilizzate. L’algoritmo è stato allenato a individuare le preferenze, le domande, le richieste del cliente.
Su quanto rilevato dal sistema AI dovranno poi modularsi gli interventi futuri dell’agente su quel determinato cliente e il suo stile di comunicazione da tenere con lui. Un ulteriore supporto potrà essere dato dal suggerimento di alcuni passaggi chiave nella stesura delle future offerte commerciali o nelle riposte a eventuali nuove richieste, così come da consigli atti ad adattare il proprio stile al suo, evitando le proposte non in linea col profilo emotivo emerso.