La legge di Moore enuncia che i microprocessori elettronici raddoppiano le loro performance entro una certa unità di tempo, mantenendo relativamente invariati i costi. Su tale modello previsionale, totalmente empirico, si è basato lo sviluppo di varie generazioni di sistemi di elaborazione. Oggi la legge di Moore si ritrova di fronte a un bivio, tra chi la ritiene ormai superata e chi le prospetta una rinnovata e lunga vita.
TAKEAWAY
- La legge di Moore rappresenta il più celebre modello predittivo sull’evoluzione tecnologica legata ai semiconduttori e viene continuamente aggiornata da quasi sessant’anni.
- Il CEO di NVIDIA, Jensen Huang, sostiene che la legge di Moore sia definitivamente superata, in quanto non più rappresentativa dello scenario attuale, che vede l’elaborazione quale il risultato di un connubio tra hardware e software. L’esempio più ricorrente riguarda le tecnologie emergenti, tra cui spicca l’intelligenza artificiale, sempre più diffusa a livello consumer.
- Il CEO di Intel, Pat Gelsinger, ritiene, invece, che la legge di Moore sia tuttora valida e lo diventerà a maggior ragione con le nuove generazioni di CPU, che superano la concezione monolitica a favore di una più moderna architettura basata su differenti blocchi funzionali, connessi in un unico packaging.
La Legge di Moore rappresenta da sempre un punto di riferimento nell’ambito dell’evoluzione delle tecnologie computazionali, in particolare per quanto concerne il ritmo con cui le tecnologie sono in grado di progredire in un determinato periodo di tempo.
A livello divulgativo, si discute spesso sul fatto che la legge di Moore sia tuttora valida per descrivere l’evoluzione della microelettronica dopo quasi sessant’anni dalla sua enunciazione, avvenuta nel lontano 1965, in un contesto tecnologico totalmente differente rispetto a quello che stiamo attualmente vivendo.
La questione torna puntualmente di attualità in occasione degli eventi di NVIDIA e Intel che, senza rinunciare ad una buona dose di spettacolarizzazione mediatica, si schierano sui fronti radicalmente opposti della vicenda. Vediamo perché, a cominciare da una rapida sintesi su cosa si intende attualmente per legge di Moore.
La legge di Moore: cos’è, come funziona e perché è diventata un punto di riferimento
Formulata ed enunciata per la prima volta nel 1965 dal co-fondatore di Intel, Gordon Moore, la legge che oggi porta il suo nome descrive lo sviluppo della microelettronica sulla base della sua complessità tecnologica, evidenziando i termini temporali di riferimento.
Sulla base di questo principio, la Legge di Moore sostiene che la complessità dei microcircuiti, espressa secondo il numero di transistor presenti in un’unità di superficie di un processore di calcolo elettronico (CPU), è in grado di raddoppiare periodicamente.
La domanda che a questo punto sarebbe lecito porsi è: qual è il periodo a cui fa riferimento la legge di Moore? Nel 1974, quando Moore ribadì pubblicamente l’enunciato originale della propria legge empirica, si parlava di un anno. Già alla fine degli anni Settanta, il termine è stato riformulato nell’ordine di due anni, per subire una contrazione fino a 18 mesi nel corso degli anni Ottanta.
La legge di Moore viene descritta attraverso un grafico cartesiano che vede il tempo sull’ascissa e il numero di transistor sull’ordinata, a esprimere una retta crescente, la cui pendenza risulta essere proporzionale al periodo del raddoppio a cui la legge stessa fa riferimento.
La legge di Moore non riguarda semplicemente la densità dei transistor per unità di superficie di un microchip elettronico, ma considera tutte le migliorie tecnologiche che possono intervenire in un dato periodo di tempo, a fronte dell’eventuale riduzione del costo unitario.
L’enunciato della legge, analizzato da un differente punto di vista, rileva come in un determinato periodo vi sia un raddoppio delle performance a parità di costo del chip.
La legge di Moore è stata utilizzata per descrivere la crescita tecnologica di vari semiconduttori, dalle CPU alle memorie presenti sui PCB delle schede elettroniche ed è curioso come, pur data la sua natura empirica, sia riuscita a rispettare le previsioni con un elevato livello di precisione.
Dalle formulazioni iniziali, la legge di Moore si è evoluta verso piani di sviluppo previsionali più complessi, come il modello ITRS (International Technology Roadmap for Semiconductors), risultato di una collaborazione internazionale finalizzata, tra le altre cose, a garantire la leale competitività, cercando di prevenire importanti speculazioni sulle nuove tecnologie introdotte sul mercato.
La ITRS indica che la microelettronica continuerà a svilupparsi secondo le previsioni della legge di Moore almeno per i prossimi 15 anni. Tuttavia, c’è chi ritiene che possa addirittura ritenersi già superata, essendo variato radicalmente lo scenario tecnologico rispetto al suo enunciato originale. Vediamo quali sono attualmente le due scuole di pensiero più influenti a livello mediatico.
Perché la legge di Moore sarebbe superata? Le tecnologie emergenti rendono cruciale il ruolo del software nell’elaborazione
Il principale sostenitore dell’obsolescenza della legge di Moore è Jensen Huang, fondatore e CEO di NVIDIA, che ha ribadito questo concetto nel corso dell’evento di presentazione della nuova linea di schede video RTX 4000.
Secondo Huang, il problema non sarebbe riconducibile soltanto a un raddoppio di performance dei processori senza che si verifichi un aumento dei costi, per quanto ritenga questa eventualità altamente improbabile, visti i generali rincari sulle materie prime e sulla logistica.
Il fondatore di NVIDIA – che, nel momento in cui scriviamo, è la settima azienda più capitalizzata al mondo – ritiene che attualmente l’elaborazione non possa essere riconducibile soltanto ai chip, in quanto sarebbe da intendersi quale un connubio indissolubile tra l’hardware e il software.
Questa osservazione sarebbe in particolar modo evidente nel caso delle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale, ormai sempre più diffuse anche nel mercato consumer.
Le tecnologie emergenti, secondo Huang, avrebbero quindi variato sostanzialmente la geografia del mercato dei microprocessori, finito per diventare soltanto uno degli elementi che contribuisce all’innovazione dei sistemi computazionali.
Per tali aspetti, la legge di Moore, al di là della sua validità previsionale, non sarebbe più rappresentativa del fenomeno in atto.
Perché la legge di Moore sarebbe tuttora valida? Le nuove architetture computazionali supereranno i limiti fisici del silicio
Se Jensen Huang ritiene che la legge di Moore sia ormai un bel ricordo del passato, di tutt’altra opinione sarebbe Intel, storico leader nell’ambito delle CPU basate su architettura x86, di recente entrato in diretta concorrenza con NVIDIA con la presentazione delle schede video ARC.
Il nuovo CEO Pat Gelsinger ha annunciato che le innovazioni che Intel sta iniziando a introdurre nei processi produttivi riporteranno in auge la validità della legge di Moore già a partire dal 2025, confermando l’affezione per il brand nei confronti del suo storico mantra, enunciato del resto da uno dei suoi soci fondatori.
Oggi probabilmente tra le fila del colosso di Santa Clara non c’è un nuovo Gordon Moore, ma con il piano di rilancio previsto da Gelsinger, Intel promette di recuperare con gli interessi gran parte del terreno perso negli ultimi anni, sia a livello di quote di mercato, che sul fronte della pura innovazione.
In particolare, così come è di fatto avvenuto per quanto riguarda il software, anche l’hardware sta uscendo dalla propria concezione monolitica, passando dallo storico modello del chip unificato a una architettura più eterogenea, formata da diversi processori a cui viene assegnata una funzione specifica.
Tali unità computazionali riescono a collaborare tra loro grazie a un unico packaging ed è proprio su questo fronte tecnologico che Intel ha investito moltissimo in termini di ricerca nei tempi più recenti.
I nuovi package della CPU consentono di espandere continuamente i blocchi funzionali sulle rispettive unità di calcolo, superando i limiti fisici dell’architettura del silicio, che attualmente vengono visti quale il principale collo di bottiglia per le previsioni della legge di Moore.
Una delle affermazioni più forti pronunciate da Gelsinger in merito alla volontà innovativa del nuovo corso di Intel è stata: «Non ci fermeremo fino a quando non avremo esaurito la tavola periodica», con evidente rimando alla volontà di esplorare tutte le soluzioni possibili non soltanto a livello di architettura della CPU, ma anche sul fronte di nuovi semiconduttori capaci di offrire un’alternativa al silicio, arrivato ormai al limite della corsa alla miniaturizzazione.
Le nuove linee di fabbricazione consentiranno, inoltre, a Intel di rispondere in maniera adeguata alla storica concorrente AMD che, in partnership con il colosso taiwanese TMSC, ha già avviato delle CPU basate su più blocchi funzionali, proprio per ottimizzare l’architettura di ciascuno di essi, aumentando le performance in funzione di una generale riduzione dei costi.
Si tratta di un concetto che, ancora una volta, ci riconduce al fondamentale enunciato della legge di Moore, confermando, almeno a livello hardware, la sua validità predittiva.