Con la recente proposta di legge sui semiconduttori, il Vecchio Continente mira ad assicurarsi, da qui al 2030, l'approvvigionamento dei chip più avanzati senza interruzioni della catena, mobilitando oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati a sostegno della ricerca, progettazione e fabbricazione nei paesi dell’Unione.

TAKEAWAY

  • Con una quota di mercato inferiore al 10% della produzione globale di semiconduttori, l’Europa dipende dall’importazione di chip, specie dai paesi asiatici. Ma l’attuale crisi che pesa sulla catena di approvvigionamento ha riaperto la questione relativa alla sua autonomia produttiva nell’ambito della microelettronica.
  • È di tre giorni fa lo European Chips Act, proposta di legge della Commissione europea per fare fronte alla forte carenza di semiconduttori nell’Unione. In attesa che venga approvata, gli Stati membri sono invitati a mettere in pratica un pacchetto di strumenti volto a monitorare la crisi nell’ecosistema dei chip.
  • L’iniziativa Chips for Europe, in seno al pacchetto complessivo previsto dalla legge, prevede, in particolare, la raccolta di 11 miliardi di euro di investimenti pubblici destinati all’istruzione, formazione, qualificazione e riqualificazione del personale del comparto dell’elettronica, la cui domanda di talenti è sempre alta ed oltremodo esigente.

Emergenza pandemica uguale a crisi dei semiconduttori? La domanda è solo retorica e rimanda, purtroppo, a un’equazione dalle forti ripercussioni a livello mondiale, in particolare nei settori dell’elettronica e dell’informatica, in cui – in seguito alla chiusura delle fabbriche dovuta al Covid e, successivamente, alla ripresa a singhiozzo delle attività produttive e dell’export, unite all’impennata della richiesta di dispositivi digitali a partire dai vari lockdown – scarseggiano chip e microchip, realizzati per mezzo dei semiconduttori e basilari, ad esempio, nella produzione di smartphone, computer, tablet, oltre che di componenti per elettrodomestici, automobili, attrezzature mediche, per l’Energy e l’automazione industriale. Ma non solo. La trasformazione digitale globale sta facendo emergere nuovi mercati per l’industria dei chip, tra cui, ad esempio, quello delle auto a guida autonoma, dei più evoluti dispositivi IoT e dei supercomputer.

Crisi dei semiconduttori nell’UE: una lunga storia di dipendenza dai paesi asiatici

L’Europa, seppure con un quadro generale di forte dinamismo nelle attività di ricerca e sviluppo nel settore dei semiconduttori, con tecniche e sistemi di fabbricazione tra i più avanzati, possiede, a livello globale, una quota di mercato inferiore al 10% (si pensi che, solo nel 2020, un trilione di microchip sono stati prodotti in tutto il mondo). Da sempre dipende a filo doppio dall’importazione, specie da Cina, Corea e Taiwan. E attualmente è penalizzata dalle grandi ombre sulla catena di approvvigionamento, che si fanno sentire soprattutto in comparti come quello automobilistico (dove la produzione, in alcuni paesi dell’Unione, è calata di un terzo) e delle apparecchiature sanitare.

Ricordiamo che processi come quelli della transizione digitale e della transizione ecologica sono legati alla produzione di chip. E in questo momento l’Europa non può permettersi di restare indietro. A proposito di crisi dei semiconduttori, lo stesso Thierry Breton, Commissario europeo per il Mercato interno, osserva come, oggi,«garantire l’approvvigionamento dei chip più avanzati è una priorità economica e geopolitica. I nostri obiettivi, al riguardo, sono ambiziosi: raddoppiare la nostra quota di mercato globale, portandola al 20% entro il 2030 e produrre in Europa i semiconduttori più sofisticati ed efficienti sotto il profilo energetico». Vediamo in che modo questi traguardi sono conseguibili e quali azioni, finora, l’UE ha messo in atto per avvicinarvisi.

Il supporto della Commissione europea all’industria

Già negli scorsi anni, l’UE si è mossa per rendere più forte la propria azione nell’ambito dell’industria dei semiconduttori attraverso una serie di investimenti. Ricordiamo, a tale riguardo, l’EIC Accelerator Pilot, ossia il sistema dell’Acceleratore del Consiglio Europeo dell’Innovazione finalizzato a supportare, in particolare, start-up e piccole e medie imprese e che, tra i suoi obiettivi, vede la riduzione dei costi e dei tempi di progettazione dei chip, oltre all’attenzione per il consumo di energia e la produzione di rifiuti durante la loro fabbricazione.

Inoltre, diversi Stati membri stanno lavorando agli IPCEI (Important Projects of Common European Interest), focalizzati sulla microelettronica (comprendente anche il segmento dei semiconduttori) e sulle tecnologie della comunicazione. Nel dettaglio, l’iniziativa prevede finanziamenti a favore di quei progetti di particolare valenza trasformativa per il paese di riferimento e volti a innovare settori e tecnologie ritenuti strategici.

Più nello specifico, per quanto concerne ii progetti nazionali di Ricerca, Sviluppo e Innovazione (RSI) nell’ambito dei semiconduttori, gli Stati membri hanno la facoltà di concedere aiuti economici a sostegno.

Infine, in risposta alla crisi dei semiconduttori, è del luglio 2021 la creazione, da parte della Commissione, di «un’alleanza industriale per i processori e le tecnologie dei semiconduttori» tra aziende, poli di ricerca, Atenei, end user e rappresentanti degli Stati membri, il cui scopo è analizzare il mercato per identificare le falle nella produzione di chip e microchip e mettere a punto un piano di sviluppo che miri a superarle.

Crisi dei semiconduttori: che cosa prevede lo European Chips Act

Lasciamo le azioni passate e veniamo ad oggi. Tre giorni fa – l’8 febbraio 2022, per l’esattezza – la Commissione europea ha compiuto un passo decisivo per fare fronte alla crisi dei semiconduttori. E lo ha fatto con lo European Chips Act, ovvero con una proposta di legge – recita il documento – contenente una serie:

«… di misure atte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, la resilienza e la leadership tecnologica dell’UE nell’ambito delle tecnologie e delle applicazioni dei semiconduttori. La legge europea sui semiconduttori mobiliterà oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati e consentirà all’UE di conseguire l’obiettivo di raddoppiare la sua attuale quota di mercato portandola al 20% nel 2030»

Quali sono, ora, i prossimi passi? Innanzitutto, Parlamento europeo e Stati membri, nel corso di una serie di sessioni e con tempistiche al momento non ipotizzabili, discuteranno la proposta sul tavolo e, una volta approvata e divenuta legge, questa verrà applicata in tutta l’Unione.

Nell’attesa, tutti gli Stati membri sono comunque invitati a seguire la Raccomandazione definita dalla Commissione, attraverso «un pacchetto di strumenti volti a monitorare e ad attenuare la crisi nell’ecosistema dei chip, tra cui azioni immediate che potrebbero essere adottate per superare l’attuale carenza prima dell’entrata in vigore del regolamento».

Va sottolineato che quello della crisi dei semiconduttori e della conseguente carenza di chip rappresentano per l’Europa un nodo complesso e annoso. Scioglierlo non sarà un processo né rapido, né lineare. Ci vorrà del tempo, con azioni a breve, medio e lungo termine.

Come prima cosa, il pacchetto al quale si è accennato permetterà il coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, al fine di discutere e prendere decisioni in merito a misure tempestive, da adottare in risposta alla situazione attuale.

A medio termine, la legge sui semiconduttori – una volta approvata – andrà a potenziare la produzione di chip all’interno dell’Unione e «sosterrà l’espansione e l’innovazione nell’intera catena del valore». A lungo termine, invece, il Chips Act manterrà la leadership dell’Europa in campo tecnologico. Inoltre:

«Migliorando la sicurezza della propria catena di approvvigionamento e sfruttando la sua capacità di progettare e produrre semiconduttori potenti ed efficienti sotto il profilo delle risorse, l’UE contribuirà al riequilibrio della catena di approvvigionamento globale dei semiconduttori»

La sfida è anche quella di attirare e trattenere talenti nel settore dell’elettronica

Parte del pacchetto complessivo di finanziamenti previsto dalla legge sui semiconduttori, l’iniziativa Chips for Europe, in particolare, si occuperà di raccogliere 11 miliardi di euro di investimenti pubblici entro il 2030.

Ma l’aspetto più importante di tale iniziativa contro la crisi dei semiconduttori è in relazione al suo intervento in materia di istruzione, formazione, qualificazione e riqualificazione del personale che lavora nel comparto dell’elettronica, la cui domanda di talenti, nell’ultimo ventennio, è andata significativamente aumentando, ponendo, oggi, una sfida precisa, ossia riuscire ad attirare e a trattenere personale altamente qualificato.

Chips for Europe si avvarrà dei programmi Europa digitale e Orizzonte Europa: il primo a sostegno dello sviluppo di capacità digitali in cui, ad esempio, la tecnologia dei semiconduttori viene utilizzata per prestazioni che vedono al centro tecniche di intelligenza artificiale o soluzioni di cyber-security; il secondo a sostegno di attività di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione nel settore dei materiali e dei semiconduttori.

Nello specifico, l’iniziativa include, per studenti e lavoratori del comparto, «l’accesso a programmi post-universitari nel settore della microelettronica, a corsi di formazione, tirocini, programmi di inserimento professionale, ad apprendistati e corsi di formazione in laboratori avanzati. L’iniziativa sosterrà, inoltre, una rete di centri di competenza situati in tutta Europa»

L’obiettivo ultimo è sensibilizzare gli studenti – e coloro che sono da poco inseriti nel mondo del lavoro – in merito alle molteplici opportunità del settore dell’elettronica in generale e di quello dei semiconduttori in particolare.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin