In uno studio di epidemiologia genetica di ampio respiro, un team internazionale di scienziati, per la prima volta, identifica più aree del genoma correlate ai tratti del diabete di tipo 2 in popolazioni diverse, tra cui anche quelle di origine non europea. Dove porta questa inedita ricerca?

TAKEAWAY

  • Sulla base dei dati in possesso dell’Università di Exeter, il diabete di tipo 2 rappresenta una sfida sempre più grande per la salute globale, con una forte incidenza nei paesi extraeuropei.
  • Relativamente alle cause legate all’origine di questa patologia, studi genetici hanno evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario che esporrebbe maggiormente alcune popolazioni a tale patologia.
  • Un team internazionale di scienziati per la prima volta identifica più aree del genoma correlate ai tratti del diabete di tipo 2 in popolazioni diverse, tra cui anche soggetti di origine orientale, ispanica, afroamericana, sud asiatica e dell’Africa subsahariana, aprendo nuovi scenari in ambito diagnostico e terapeutico.

Finora, la maggior parte degli studi di epidemiologia genetica con, al centro, i marcatori genetici del diabete 2 si è concentrata su soggetti appartenenti a popolazioni di pelle bianca di origine europea.

L’epidemiologia genetica – lo ricordiamo – studia, per quanto riguarda l’essere umano, il ruolo dei fattori genetici nel determinare la salute e la malattia all’interno di famiglie e di intere popolazioni, mentre un “marcatore genetico” è una sequenza di DNA utilizzata per analizzare la relazione esistente tra una data patologia e la sua causa genetica, dove – ad esempio – una particolare mutazione di un gene genera una proteina difettosa.

Il diabete mellito di tipo 2 – chiamato anche “diabete mellito non insulino-dipendente” (perché, a differenza del diabete di tipo 1, l’iniezione di insulina non è di vitale importanza), “diabete dell’adulto” o, ancora, semplicemente “diabete 2” – è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia), dovuti a una non sufficiente quantità di insulina per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di insulina) oppure a una non soddisfacente azione di quest’ultima (insulino-resistenza).

Secondo le stime del Ministero della Salute, il diabete di tipo 2 rappresenta, in Italia, circa il 90% di tutti i casi di diabete e ne è affetto circa il 5% della popolazione, cioè oltre 3 milioni di persone.

E, sulla scorta dei dati in possesso di Inês Barroso – diabetologa e docente presso l’Università di Exeter, nel Regno Unito, nonché tra gli autori di un recente studio internazionale di epidemiologia genetica sul diabete 2 – questa patologia rappresenta una sfida sempre più grande per la salute globale, con una forte incidenza nei paesi extraeuropei: l’International Diabetes Federation parla di oltre 460 milioni di adulti colpiti, indifferentemente, in tutto il mondo, con circa 1,5 milioni di decessi nel 2019, come riferito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Marcatori genetici del diabete 2: il recente studio internazionale di epidemiologia genetica

Relativamente alle cause legate all’origine del diabete 2, studi genetici hanno evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario, non ancora completamente chiaro, che esporrebbe maggiormente alcune popolazioni – o addirittura alcune famiglie – a tale patologia.

Questo non significa affatto che il diabete di tipo 2 viene trasmesso dalla madre al figlio, come fosse un virus. Ma che esiste un “rischio genetico”, ossia una predisposizione genetica che può trarre origine da entrambi i genitori.

In materia di marcatori genetici del diabete 2, il recente studio internazionale di epidemiologia genetica al quale si è accennato poco fa – i cui risultati sono stati pubblicati il 31 maggio 2021 su Nature Genetics – va nella direzione di una maggiore comprensione circa l’insorgenza della malattia a livello globale, mappando le caratteristiche genomiche di popolazioni diverse per cogliere i differenti percorsi biologici sottostanti e le eventuali correlazioni con tratti glicemici tipici della patologia.

Il team internazionale vede la presenza di alcuni ricercatori dell’Università del Massachusetts Amherst e dell’Università di Exeter, a loro volta membri del gruppo di oltre 400 accademici da tutto il mondo – guidato dallo stesso Ateneo inglese – e impegnati nell’ambito di studi di associazione genome-wide, ovvero di indagini di tutti (o quasi) i geni di diversi individui di una determinata specie, per determinarne le variazioni genetiche e associarle ad alcuni tratti particolari, ad esempio a una malattia.

Nel dettaglio, il gruppo di studio ha aggregato i dati relativi all’analisi genomica di 281.416 soggetti non affetti da diabete – di cui il 30% di origine non europea – di cui si possedevano informazioni relative al livello di glucosio a digiuno, al livello di glucosio a 2 ore dopo un test glicemico, all’emoglobina glicata e all’insulina a digiuno.

marcatori genetici legati al diabete 2
Lo studio di epidemiologia genetica in tema di diabete di tipo 2 ha rilevato fattori genetici diversi tra più popolazioni, di cui la medicina deve tenere conto se, nel 2021, intende muoversi verso una “diabetologia di precisione”, che ottimizzi per tutti, non solo per le popolazioni bianche di origine europea, sia la fase di diagnosi, sia il trattamento terapeutico della malattia.

La scienza guarda alla “diabetologia di precisione”, con diagnosi e trattamenti terapeutici personalizzati in tutto il mondo

In tema di marcatori genetici del diabete 2, ad oggi circa l’88% delle ricerche è stato condotto su popolazioni bianche di origine europea. Il che – fa notare Cassandra Spracklen, membro del team – porta a esiti “che nulla hanno a che vedere con soggetti di origini diverse”. E osserva:

Se è pur vero che esistono fattori genetici condivisi tra diverse popolazioni, la nostra ricerca ci suggerisce che, allo stesso tempo, esistono anche fattori che, invece, differiscono e di cui i medici devono poter tenere conto se intendono, nel 2021, muoversi verso una diabetologia di precisione, che ottimizzi per tutti, non solo per le popolazioni bianche di origine europea, sia la fase di diagnosi, sia il trattamento terapeutico del diabete di tipo 2

Più nello specifico, il 30% dei soggetti di origine non europea inserito nel campione di studio è composto da soggetti di origine orientale, ispanica, afroamericana, sud asiatica e dell’Africa subsahariana.

Grazie a questo ampliamento del campione, è stato possibile identificare ben 24 nuovi “loci genici”, vale a dire nuovi regioni del genoma legate ai tratti correlati al diabete di tipo 2, dove, in biologia, il termine locus genico (plurale “loci”) designa la posizione di un gene all’interno del cromosoma. Ji Chen, esperto di data science presso l’Università di Exeter e parte del team, sottolinea:

“Un altro aspetto che segna l’importanza di questo nostro studio è il fatto di essere riusciti a raccogliere dei dati che ci consentono di fissare dei ‘punteggi genetici’ e di utilizzarli per stimare il rischio di insorgenza del diabete di tipo 2 che corre una determinata persona che vive in un dato paese nel mondo”

Queste parole ci fanno pensare a una “prevenzione globale”, che non poggia su informazioni standard relative al diabete 2, ma – grazie allo studio del genoma di soggetti appartenenti a una pluralità di popolazioni (asiatiche, orientali, africane e altre ancora) – sull’individuazione di più marcatori genetici e sulla correlazione tra questi e la predisposizione alla malattia in diverse parti del mondo, con conseguente definizione di trattamenti farmacologici personalizzati per ognuna di queste.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin