Industria e biomedicale sono i due settori di ricerca più interessati allo sviluppo della soft mechatronics, branca della soft robotics che combina le possibilità della meccatronica per realizzare strumenti, cobot, ma anche organi artificiali.
TAKEAWAY
- La soft mechatronics unisce le proprietà della meccatronica e della soft robotics, per la creazione di robot utili sia per l’industria che per il settore biomedicale.
- Tra i team di ricerca più avanzati c’è la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove è attivo il Soft Mechatronics for BioRobotics Lab.
- Le potenzialità di combinare meccatronica e soft robotics sono ampie. Tra i filoni di ricerca c’è anche la possibilità di creare organi artificiali, come cuore, laringe o muscoli.
Meccatronica e soft robotics uguale “soft mechatronics”: industria e medicina guardano con favore all’evoluzione e alle opportunità aperte da questa combinazione, che sta trovando nuovi sviluppi applicativi per aprire a prospettive finora impensabili, tra cui la robotica collaborativa (ovvero i cobot) e la robotica assistiva, ossia i robot pensati per agevolare persone anziane o disabili. Ma spingiamoci ancora più in là: si lavora da tempo alla realizzazione di organi come cuore, laringe o muscoli artificiali.
In tutto questo sono attivi team di ricerca internazionali e l’Italia fornisce un importante contributo. In particolare, alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è attivo il Soft Mechatronics for BioRobotics Lab, nato per sviluppare una serie di tecnologie abilitanti per la Soft Robotics. Lo scopo e le opportunità le spiega lo stesso laboratorio:
“L’utilizzo di componenti soft, elastici e deformabili con rigidità variabile infatti è un fattore chiave per garantire interazioni sicure ed efficaci in ambienti non strutturati, aprendo ai robot una vasta gamma di possibilità di applicazione”
Vediamo allora quali sono le potenzialità in parte già tratteggiate in parte invece ancora inesplorate, ma assai lusinghiere che può offrire la meccatronica applicata alla robotica soft.
Meccatronica e soft robotics: una combinazione virtuosa
Nella soft robotics “viene meno il concetto di robotica tradizionale, in cui la parte hardware è trattata separatamente alla sfera del controllo” evidenzia il responsabile scientifico del Lab pisano, nonché assistant professor, Matteo Cianchetti.
Nella “robotica morbida” il corpo assume un ruolo fondamentale perché è in base alle caratteristiche meccaniche e fisiche della parte fisica che alcuni comportamenti possono essere prodotti e adattati, con un dispendio molto inferiore in fase di controllo.
Meccatronica e soft robotics insieme, in particolare, trovano nuovi sviluppi applicativi in quanto operano su tecnologie quali attuatori o sensori. Ma non solo: uno degli aspetti più interessanti e totalmente differenti rispetto all’approccio robotico tradizionale è che i componenti “più che montati, in soft robotics sono fusi, in quanto non c’è una distinzione netta tra una parte e l’altra. La fusione è un concetto chiave in questa branca robotica: prevale quindi l’idea che i componenti progettati siano complementari l’uno per l’altro e abbiano una logica d’insieme”.
La soft robotics, quindi, può dispiegare tutte le sue potenzialità d’impiego solo se tutti i componenti del sistema sono presi in considerazione.
Soft mechatronics e le applicazioni possibili: Industry e biomedicale
La soft robotics, e la Soft Mechatronics in particolare, sta facendo la differenza in tutte le applicazioni in cui serva un elevato grado di destrezza e di sicurezza intrinseca. In ambito industriale – e non solo – trova spazio e interesse nella robotica collaborativa (ovvero, i cobot): si pensi, per esempio, a wearable device, ovvero dispositivi indossabili oppure a interfacce uomo-operatore.
Questo comparto potrebbe trovare opportunità incredibili. ABI Research prevede che il solo mercato dei bracci robotici collaborativi raggiungerà un valore stimato di 11,8 miliardi di dollari entro il 2030, con un aumento enorme rispetto ai 711 milioni di dollari del 2019. Altrettanto interessante è l’applicazione nella robotica assistiva: gli ausili robotici (Assistive Robotics).
“Un esempio possono essere speciali pinze semi-antropomorfe con tre ‘dita’, realizzate con materiale morbido attivabili simultaneamente e, a contatto con un oggetto delicato, permette di maneggiare con cura prodotti agendo con capacità adattiva, la struttura si conforma all’oggetto adattandosi ma irrigidendosi per sviluppare una certa forza”
spiega Cianchetti. Qui si sviluppa l’interesse del settore alimentare per le opportunità offerte per le operazioni di raccolta.
Un campo applicativo altrettanto interessante aperto da meccatronica e soft robotics è quello rivolto alla chirurgia: a questo proposito è già stato messo a punto un manipolatore robotico chirurgico per la chirurgia minimamente invasiva che abilitava il chirurgo a operare mediante uno speciale endoscopio per chirurgia addominale ideale per essere condotto e sufficientemente flessibile per muoversi in ogni direzione su comando, potendosi allungare e irrigidirsi. Ed è proprio questa una delle strade percorribili nel futuro della meccatronica soft: la possibilità di irrigidire materiali intrinsecamente morbidi.
Meccatronica e soft robotics per creare “organi bionici”
Un altro filone di ricerca aperto da meccatronica e soft robotics sfocia nello sviluppo di organi artificiali. Proprio Matteo Cianchetti è coinvolto direttamente nel progetto europeo Hybrid Heart, finalizzato alla realizzazione di un cuore robotico bioispirato:
“Uno dei vantaggi della soft mechatronics for biorobotics è proprio quella che trova nel cuore e nel relativo funzionamento il suo fine. Ricreare quanto più precisamente le sue caratteristiche meccaniche attive (pulsazione, frequenza ecc.) combinate alle capacità fluido dinamiche, si sposa perfettamente alla necessità di realizzare un organo pulsante composto di tessuti molli com’è il cuore. Le caratteristiche tipiche della soft robotics fanno sì che favoriscano la durabilità dello stesso sistema, anche a livello meccanico”
Tramite lo studio della soft mechatronics sugli attuatori, è possibile applicarli per ricreare l’apparato muscolare alla base del ventricolo in modo da generare la stessa dinamica cardiaca. L’idea è di arrivare, tra qualche anno, ad applicarla a un essere umano, dopo adeguate ottimizzazioni e sperimentazioni mediche.
Dal cuore ai muscoli artificiali: le prospettive della ricerca
Il progetto è uno dei quattro finalisti della competizione internazionale “Big Beat Challenge” organizzata dalla British Heart Foundation per finanziare i migliori progetti che puntano a risolvere le gravi problematiche legate alle malattie cardiache e circolatorie.
L’istituzione mette in palio un premio di ricerca di ben 30 milioni di sterline. Intanto il progetto si è ampliato, coinvolgendo anche il MIT di Boston, mediante Ellen Roche, specializzata proprio nell’integrazione di componenti organici con soft robot e nell’applicazione dei dispositivi impiantabili per i test preclinici.
In prospettiva, un altro organo replicabile grazie alla robotica soft è la laringe artificiale: in questo senso alla Sant’Anna di Pisa sono già state realizzate le corde vocali. Non si tratta solo di protesi, ma l’importanza di ricreare organi o modelli analoghi, è di grande aiuto ai medici anche per simulare alcune patologie e per studiarle.
Altro ambito di particolare interesse è quello dei muscoli artificiali: “sono proprio loro l’aspetto centrale su cui si impernia la soft robotics – conclude Cianchetti – La capacità intrinseca di un tessuto molle di irrigidirsi è il fine precipuo di questa branca robotica”. In questo caso ci sono già team attivi, quale quello inglese della Bristol University coordinato dal professor Jonathan Rossiter.