Da un insieme di studi dell’Università della Tuscia di Viterbo, una strategia di difesa fitosanitaria sostenibile, che sfrutta le nanotecnologie applicate all’estrazione di biopolimeri dagli scarti della filiera agricola.

Tra i numerosi ambiti di applicazione delle nanotecnologie – tra cui, solo per citarne alcuni, ricordiamo l’elettronica, le costruzioni, la medicina, il tessile, il risparmio energetico – quella che vede al centro l’utilizzo degli scarti agricoli per la produzione di fitofarmaci green, privi di sostanze chimiche e dalle dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri (dove un nanometro è pari a un miliardesimo di metro), rappresenta una conquista nella difesa delle colture in linea con i principi della sostenibilità ambientale.

Una conquista che risponde ai regimi ecologici inclusi nella Common Agricultural Policy (CAP) dell’UE – volta a supportare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile e ad aiutare gli agricoltori europei nel contribuire agli obiettivi climatici dell’Unione – i quali prevedono, entro il 2030, la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici nella difesa fitosanitaria.

Riguardo all’impiego degli scarti della filiera agricola come base da cui partire per ricavare biopolimeri, a loro volta utilizzabili per la messa a punto di specifiche formulazioni in grado di proteggere le piante da batteri e funghi, nocivi per la loro salute, «è, in realtà, la prima volta che se ne valuta la concreta possibilità» fa notare Giorgio Mariano Balestra, docente di “Strategie di difesa ecosostenibile delle coltivazioni agrarie” presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (DAFNE) dell’Università della Tuscia di Viterbo, alla guida del team di ricercatori che recentemente ha firmato differenti studi in materia. Vediamo insieme di che cosa si stratta.

Agrofarmaci naturali: perché il ricorso alle nanotecnologie?

Giorgio Mariano Balestra, docente di “Strategie di difesa ecosostenibile delle coltivazioni agrarie” presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (DAFNE) dell’Università della Tuscia di Viterbo
Giorgio Mariano Balestra

In tema di nanotecnologie per fitofarmaci green, la metodologia di cui si è avvalso il gruppo di studio – insieme alla tipologia dei materiali prescelti, ossia gli scarti agricoli – ha connotato l’intero lavoro di ricerca.

È stato proprio il poter ricondurre a dimensioni infinitamente piccole elementi presenti in natura e dalle proprietà antimicrobiche, a consentirne un utilizzo ideale contro i microrganismi (batteri e funghi) che aggrediscono le colture, spiega Balestra, precisando come le nanotecnologie siano state uno strumento che ha permesso, in particolare, di:

«… ottimizzare in maniera esponenziale la combinazione dei principi attivi che abbiamo messo a punto – nel nostro caso, di origine naturale – e la loro uniformità di distribuzione, con la possibilità di “entrare” all’interno delle piante per fare assorbire tale combinazione attraverso il sistema vascolare. Si comprendono le dimensioni sulle quali stiamo lavorando, facendo un confronto con le formulazioni per la difesa fitosanitaria oggi in commercio, al 99% su scala micrometrica. Mentre noi, invece, siamo su una scala mille volte più piccola»

In materia di nanotecnologie per fitofarmaci green, la formulazione alla quale è giunto il team è a base di cellulosa e lignina – estratte dagli scarti provenienti da differenti filiere agroalimentari e sintetizzate su scala nanometrica, al punto da ottenere “nanocristalli” di cellulosa e “nanoparticelle” di lignina – il cui potere antimicrobico, teso a ucciderei i microrganismi (o a impedirne la riproduzione) che assalgono le piante, «agisce senza provocare l’insorgenza di alcun effetto collaterale e svolgendo un’azione pari a quella dei comuni fitofarmaci come i sali di rame, ma senza risultare dannosa per le piante e per l’ambiente».

Schema del processo di valorizzazione degli scarti agricoli (in questo caso, gusci di nocciole e rami di potatura) attraverso il metodo applicato dal team di ricerca in tema di nanotecnologie per fitofarmaci green (Credit: Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo).
Schema del processo di valorizzazione degli scarti agricoli (in questo caso, gusci di nocciolo e rami di potature) attraverso il metodo applicato dal team di ricerca (Credit: Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo).

Nanotecnologie per fitofarmaci green: le tipologie di scarti agricoli utilizzati

In tema di nanotecnologie per fitofarmaci green, l’attenzione del gruppo di lavoro è andata su cellulosa e lignina per due motivi, osserva il docente:

«Oltre a trattarsi di biopolimeri particolarmente presenti nel mondo vegetale e, quindi, anche negli scarti stessi delle coltivazioni, sono biodegradabili e possiedono molteplici proprietà sotto il profilo fisico-chimico meccanico e – come abbiamo già sottolineato – antimicrobico».

In generale, il team ha lavorato sugli scarti agricoli dati da piante che, a fine raccolto, vengono interrate nel suolo, da rami di potatura e da gusci. Più precisamene, il focus – illustra Balestra – è andato sugli scarti delle filiere di grano, vite, pomodoro, olivo, nocciolo e actinidia, le cui coltivazioni sono – esse stesse – oggetto di attacchi da parte di batteri e funghi, portatori di gravi patologie.

Si tratta di agenti patogeni capaci di provocare, nel settore agroalimentare del nostro paese, danni e perdite importanti sotto il profilo economico, prosegue il ricercatore. Allo stesso tempo, la difesa fitosanitaria che poggia su prodotti chimici o su metalli come il rame, ha, però, un impatto negativo sull’ambiente:

«Ecco che il nostro obiettivo è stato, fin da subito, quello di sviluppare, per mezzo delle nanotecnologie applicate alla lavorazione degli scarti agricoli, una strategia di protezione delle colture alternativa, sicura e sostenibile dal punto di vista ambientale. E il processo che abbiamo messo a punto – procedendo “dal campo alla tavola del consumatore” – va in questa direzione. Se riusciamo a valorizzare, a fare diventare una risorsa quello che oggi, nella filiera agricola, è solo uno scarto, arrechiamo beneficio all’intero sistema, compresi ambiente, suolo, acqua, piante, fino al consumatore finale»

Immagine di spiga di grano recante sintomi da Fusariosi, malattia fungina piuttosto pericolosa che, se non curata tempestivamente, porta le colture alla morte (Credit: Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo).
Spiga di grano recante sintomi da fusariosi, malattia fungina piuttosto pericolosa che, se non curata tempestivamente, porta le colture alla morte (Credit: Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo).

Nanotecnologie per fitofarmaci green: l’attività antimicrobica dei nanocristalli di cellulosa e delle nanoparticelle di lignina

In tema di nanotecnologie per fitofarmaci green, i nanocristalli di cellulosa e le nanoparticelle di lignina sintetizzati dai differenti scarti agricoli citati, nel corso di differenti studi hanno dato esiti diversi per ognuna delle colture prese in esame.

Ad esempio, è stato osservato che quelli estratti dagli scarti delle piante di pomodoro, in associazione ad amido a elevato contenuto di amilosio, rilasciano il “chitosano”, polimero di origine naturale in grado di combattere il batterio responsabile della “picchettatura batterica“ del pomodoro e della malattia fungina (Fusariosi) che colpisce le spighe di grano.

I nanocristalli di cellulosa e le nanoparticelle di lignina estratti, invece, dagli scarti della coltivazione del nocciolo sono risultati efficaci contro l’agente che provoca, nelle colture, la necrosi batterica, mentre quelli provenienti dagli scarti di potatura dell’olivo hanno dato prova della loro azione antimicrobica contro l’agente patogeno che causa la cosiddetta “rogna” sulle piante di olivo, risultando addirittura più efficace dei sali rame. Conclude Giorgio Mariano Balestra:

«La parte sperimentale del nostro studio ha dato, finora, tutta una serie di evidenze circa l’attività antimicrobica dei biopolimeri provenienti dagli scarti agricoli presi in esame, alternativa a quella dei prodotti chimici ad oggi impiegati nella protezione delle colture. Quello che ora ci aspettiamo è un riscontro da parte dell’industria, per uno sviluppo industriale della metodologia che abbiamo sviluppato»

La valenza di questi studi risiede anche nell’avere aperto uno scenario di ampio respiro in materia, che induce a pensare a future ricerche focalizzate su filiere in cui sono presenti quantità più grandi di scarti agricoli, per applicazioni più vaste e scale di intervento diversificate.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin