È stato a partire dagli anni ’90 che le nanotecnologie sono diventate ricerca, fatto concreto, uscendo dal territorio della genialità di scienziati visionari. E oggi, dopo trent’anni, siamo in grado di manipolare ogni genere di materiale su scala dimensionale inferiore al micrometro, modificandone la composizione e la disposizione atomica o molecolare, con la possibilità di sviluppare prodotti e dispositivi nanotech negli ambiti più diversi, dall’elettronica alle costruzioni, dalla medicina alla farmaceutica, fino al risparmio energetico e ai beni di consumo.

Cosa sono le nanotecnologie

Le nanotecnologie – il cui prefisso deriva dal greco “nanos”, ossia “nano” – rimandano a quell’insieme di metodi e di tecniche per la manipolazione della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro, valore compreso fra 1 e 100 nanometri, dove un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro e a un miliardesimo di metro.

L’obiettivo è realizzare prodotti e dispositivi radicalmente nuovi, grazie all’apporto di discipline diverse, tra cui la biologia molecolare, la chimica, la scienza dei materiali, la fisica, fino ad arrivare all’ingegneria meccanica ed elettronica.

È la scienza dell’infinitamente piccolo, in cui – per intenderci – il rapporto tra un nanometro e un metro corrisponde al rapporto di grandezza che esiste tra il diametro di una pallina da tennis e il diametro del pianeta Terra.

Ma non è solo un fatto di dimensioni, né di “riduzione” delle dimensioni. I vantaggi e i benefici del mondo nanotech sono correlati anche ai cambiamenti che le caratteristiche fisiche, chimiche e strutturali dei materiali subiscono nel momento stesso in cui passano dalle loro forme naturali a quelle nanometriche.

Cambiamento che investe anche i comportamenti dei materiali “nano”, al punto che possono essere differenti rispetto a quelli che questi possiedono nelle loro dimensioni naturali.

L’oro, ad esempio, nella sua forma originaria, presenta il classico colore giallo, mentre, quando viene sintetizzato sotto forma di nanoparticelle e viene immerso in soluzione, cambia colore a seconda delle loro dimensioni e forme.

In particolare, quando parliamo di nanoparticelle, è il rapporto che c’è tra l’area delle superfici e il loro volume a fare la differenza: se negli oggetti macroscopici – per i quali il rapporto area/volume è piccolo – le proprietà fisiche e chimiche sono date dalla struttura del solido, negli oggetti microscopici – per i quali il rapporto area/volume è elevato – sono le caratteristiche della superficie a influenzare le proprietà chimiche e fisiche degli oggetti stessi, fino a migliorarne le proprietà strutturali e funzionali.

Con l’avvento delle nanotecnologie, dunque, hanno fatto la loro comparsa materiali dalle proprietà inedite (non presenti nelle loro forme naturali), che hanno aperto nuovi scenari nei settori della chimica, della medicina, dell’edilizia e delle costruzioni, dell’elettronica e in altri ancora.

Struttura atomica su fondo bianco
Le nanotecnologie ci consentono di manipolare ogni genere di materiale, modificandone la composizione e la disposizione atomica o molecolare su scala dimensionale inferiore al micrometro.

Nanotecnologie: come nascono

Fu nel 1959 che venne portata, per la prima volta, l’attenzione sul fatto che: “le leggi della fisica non stabiliscono nessun limite inferiore per le dimensioni dei dispositivi che l’uomo può costruire“.

Sono le parole dello statunitense Richard Feynman, Premio Nobel per la fisica nel 1965, secondo il quale era possibile realizzare dispositivi composti da pochi atomi. Celebre la sua affermazione, in base alla quale:

… con gli strumenti adatti, sarebbe possibile trascrivere l’intera Enciclopedia Britannica su una capocchia di spillo.

L’idea di Feynman era, al medesimo tempo, semplice e geniale: costruire una macchina in grado di produrre una copia di se stessa, ma dieci volte più piccola. E la nuova macchina ne avrebbe prodotto un’altra, che sarebbe risultata cento volte più piccola della prima. E così via, fino ad arrivare a una macchina composta da pochi atomi.

L’idea di Feynman affascinò molti gruppi di ricerca USA dell’epoca, che iniziarono a lavorare alla miniaturizzazione sempre più spinta dei componenti informatici, rimanendo, però, ancora ben lontani dalle “nano-dimensioni”.

Il termine “nanotecnologia” venne pronunciato per la prima volta negli anni ‘80 per bocca dell’ingegnere statunitense Kim Eric Drexler, ricercatore presso l’Institute for Molecular Manufacturing (IMM) a Palo Alto, il quale, per la prima volta, spiegava che raggiungere la nano-dimensione avrebbe aperto le porte ad applicazioni rivoluzionarie in molti ambiti, dall’informatica alla medicina, fino alla scienza dei materiali.

Ma sarà solo a partire dagli anni ‘90 che le nanotecnologie avrebbero iniziato a diventare fatto concreto e non più solo idea e pura genialità. E un capitolo importante è stata la scoperta di una particolare molecola composta da atomi di carbonio, chiamata “fullerene”, per mano di due chimici statunitensi, Richard E. Smalley e Robert F. Curl Jr, i quali, per questa ricerca, avrebbero vinto il Nobel nel 1996 insieme al chimico inglese Harold W. Kroto.

Nel corso degli anni, i ricercatori hanno fabbricato fullereni sempre più grandi – arrivando anche a palloni composti da 960 atomi – e modelli dalla forma allungata (assai vicina a quella di un cilindro) detti “nanotubi”, a partire dai quali, da quel momento in poi, ha preso ufficialmente il via la ricerca sulle nanotecnologie.

Nanotecnologie: applicazioni

Universo dell’infinitamente piccolo, dove le dimensioni dei materiali lavorati sono comprese tra 1 e 100 nanometri (ricordiamo che un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro e a un miliardesimo di metro), le nanotecnologie, fin dal loro esordio, negli anni ’90, hanno spalancato le porte a numerosi ambiti di applicazione, coprendo settori come l’elettronica, le costruzioni, la medicina, il tessile, il risparmio energetico, energia e ambiente, così come i beni di consumo, dove i nanomateriali sono impiegati in centinaia di applicazioni, dai dentifrici ai cosmetici, dalle vernici all’abbigliamento. Di seguito, una sintesi dei settori più significativi.

  • Alimentare

In questo settore, particolari nanoparticelle – aggregati atomici o molecolari con un diametro compreso tra 1 e 100 nanometri – trovano applicazione, in particolare, nella conservazione dei cibi: se usate per ricoprirli, ne rallentano la maturazione; se inserite all’interno delle confezioni, sono in grado di rilasciare agenti antimicrobici e di aumentare, in questo modo, la durata di conservazione. Sempre nell’ambito del confezionamento, i nanosensori sono in grado di monitorare i parametri di conservazione durante il trasporto e lo stoccaggio, rilevando la presenza di eventuali batteri.

  • Agricoltura

È attraverso le nanotecnologie che l’agricoltura di precisione consente di monitorare tutti i parametri (da quelli climatici e fisiologici) delle coltivazioni, compresi i grossi latifondi – che implicano problemi legati alle dimensioni particolarmente estese – fino a quelle aree che presentano condizioni difficili per le colture, intervenendo tempestivamente solo quando e dove effettivamente serve. L’agricoltura di precisione utilizza erbicidi, pesticidi e nutrienti miniaturizzati e incapsulati, somministrati attraverso il rilascio lento. Inoltre, la precisione e la selettività proprie dei prodotti nanotech portano progressivamente all’abbandono, in agricoltura, dell’utilizzo massivo di sostanze chimiche.

  • Costruzioni

Quello delle costruzioni è il settore in cui, dagli anni ‘90 ad oggi, le nanotecnologie hanno espresso gran parte del proprio potenziale, a iniziare dallo sviluppo di materiali quali le strutture portanti con nanotubi, il calcestruzzo ad alta resistenza, i siliconi termicamente conduttivi, i materiali anticorrosione, autopulenti, idrorepellenti, isolanti e antiscivolo. Una lunga lista, insomma. Particolarmente interessante l’area dei materiali per rivestimenti costituiti da microscopiche sfere cave di ceramica immerse in supporto acrilico, con innovative caratteristiche fisiche quali alta impenetrabilità da parte di acqua, smog, batteri e muffe e resistenza all’invecchiamento.

esperto in nanotecnologia con in mano un microchip
Le nanotecnologie, fin dal loro esordio, negli anni ’90, hanno spalancato le porte a numerosi ambiti di applicazione, coprendo settori come l’elettronica, le costruzioni, la medicina, il risparmio energetico e molti altri.
  • Elettronica

Nel settore dell’elettronica, l’impiego delle nanotecnologie ha avuto ricadute importanti. Qui, in particolare, la ricerca è stata trainata dalla necessità di potenziare l’efficienza dei dispositivi e di andare verso una miniaturizzazione sempre più spinta dei componenti. Basti ricordare che proprio l’utilizzo delle nanotecnologie nei componenti elettronici ha permesso lo sviluppo di apparecchiature sempre più sofisticate, oggi alla base di videocamere, schermi, scanner biometrici, fari intelligenti delle autovetture, sensori anticollisione, fino ai proiettori integrati negli smartphone.

  • Medicina e farmaceutica

Il valore delle nanotecnologie in medicina risiede nella loro capacità di agire su una scala – quella “nano”, appunto – da 100 a 10.000 volte più piccola di quella della cellula umana, consentendo alle nanoparticelle di muoversi allo stesso livello dimensionale dei processi biologici, aprendo la strada alla medicina di precisione. Un’applicazione particolarmente rilevante è quella in ambito oncologico, dove sono stati sviluppati mezzi di contrasto costituiti da nanoparticelle che, grazie alle loro proprietà e a particolari tecnologie, individuano il tumore con una precisione elevatissima. In ambito farmaceutico, invece, si lavora allo sviluppo di nanoparticelle per il trasporto dei farmaci all’interno dell’organismo: l’idea è quella di strutturare il materiale in modo che, da una parte, agganci la molecola del farmaco, e dall’altra, dopo essere stato iniettato, si muova nel corpo e, arrivando nel punto esatto, si apra, si disaccoppi dal farmaco e lo rilasci solo dove serve.

  • Risparmio energetico

Nella produzione, gestione e risparmio energetico, le nanotecnologie svolgono un ruolo cardine, grazie ai continui progressi nella messa a punto di nanomateriali sempre più efficienti e performanti, tra cui i nanocatalizzatori, capaci di aumentare l’efficienza dei normali motori termici, i materiali nanoporosi di ultima generazione e, più in generale, tutti quei materiali resi più leggeri, più forti e più coibentati per mezzo delle nanostrutture.

  • Tessile

Sono numerose le applicazioni delle nanotecnologie in questo ambito, alcune disponibili già da diversi anni quali, ad esempio il tessuto Goretex, costituito da fori 20mila volte più piccoli delle particelle dell’acqua. Ricordiamo anche i tessuti intelligenti, i film e tutte le fibre idrorepellenti, autopulenti, antibatterici, isolanti, antimacchia, antistatici, resistenti ai lavaggi, antifiamma e le loro applicazioni nei settori dello sport, degli abiti da lavoro e dell’antinfortunistica.

  • Le nanotecnologie nella vita di tutti i giorni

Nel quotidiano, la presenza di nanoparticelle è più diffusa di quanto immaginiamo. Alcuni dei tanti esempi sono le superfici antigraffio presenti sulle suppellettili di casa, sugli occhiali e sugli orologi; gli abiti dai tessuti antimacchia, antipiega e in grado di essere lavati a basse temperature; i dentifrici contenenti microsfere pulenti e sbiancanti, fino ai cosmetici e alle creme solari con nanoparticelle di diossido di titanio, in grado di proteggere dai raggi UV senza sbiancare la pelle.

Ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie

Lo sviluppo dei materiali è sempre stato scandito dall’evoluzione tecnologica che ha caratterizzato ogni epoca. Gli antichi egizi, ad esempio, aggiungevano paglia all’impasto di argilla per fabbricare mattoni da costruzione, dimostrandosi, in questo modo, abili nel sapere impiegare materiali diversi in sinergia tra loro, per realizzare quello che oggi si chiamerebbe “materiale composito”.

I materiali moderni sono caratterizzati dalla capacità di generare prodotti con strutture e proprietà su scala micrometrica e, in tempi più recenti, anche su scala nanometrica, utilizzando le nanotecnologie.

I criteri con cui vengono sviluppati materiali e processi produttivi nuovi dipendono dalla conoscenza che si ha dei materiali stessi e del loro comportamento. Conoscenza, questa, propria della disciplina dedita all’ingegneria dei materiali coniugata alle nanotecnologie, in cui i saperi relativi alla produzione, alla trasformazione e all’applicazione dei materiali si integrano.

Pile di barre di metallo in stabilimento metallurgico
Le opportunità professionali del laureato in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie provengono prevalentemente dalle industrie per la produzione dei materiali, la loro trasformazione e la progettazione.

Laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie: gli sbocchi professionali

Se l’ingegnere dei materiali si occupa di Ricerca & Sviluppo, progettazione e collaudo nel campo dei materiali – studiando la struttura chimica, le proprietà, le caratteristiche e il comportamento delle sostanze, per mettere a punto materiali innovativi e performanti – il laureato in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie possiede, in più, un ampio ventaglio di conoscenze nei settori della produzione, trasformazione e applicazioni dei materiali, con particolare riguardo alle nanotecnologie.

È in grado di sviluppare il materiale e il relativo processo produttivo, tenendo conto dell’influenza che la trasformazione e le successive lavorazioni possono avere sulla struttura e sulle proprietà del materiale stesso.

Le opportunità professionali del laureato in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie provengono prevalentemente dalle industrie per la produzione dei materiali, la loro trasformazione e la progettazione.

Anche i settori del trattamento delle superfici, l’industria dei materiali polimerici e l’industria metallurgica offrono interessanti opportunità dopo la laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie, insieme alle industrie che operano con i materiali nei settori della meccanica, dell’energia, dei trasporti, delle costruzioni e dell’elettronica.

Cos’è la nanomedicina

Con l’applicazione delle nanotecnologie in ambito medico e farmacologico, entriamo nel territorio della “nanomedicina”, in cui le conoscenze e le tecnologie hanno un utilizzo nell’ordine di grandezza dei nanometri, dove un nanometro – lo ricordiamo – è pari a un milionesimo di millimetro e a un miliardesimo di metro.

Sono due le macro-tendenze (tra loro correlate) che, fin dagli esordi, hanno segnato il campo di studi della nanomedicina:

Ma soffermiamoci sui biomarcatori, che abbiamo detto essere, in biologia, “molecole che identificano la presenza di un determinato tessuto”. Qual è la loro importanza nella nanomedicina? Il loro utilizzo risulta prezioso nell’inquadrare tutta quella serie di reazioni biochimiche all’interno di una data cellula, punto di partenza per la ricostruzione della catena di eventi che conduce, passo dopo passo, ai sintomi della malattia.

Andando più in profondità, la catena di reazioni biochimiche all’interno di una cellula si traduce in cambiamenti molecolari nella cellula stessa che, a loro volta, generano cambiamenti a livello di più cellule, investendo, in questo processo, il funzionamento dei tessuti e degli organi e, nel frattempo, portando alla comparsa di quei segni e di quegli eventi che connotano lo stato di “non-benessere”.

La nanomedicina, governata, a sua volta, dalle nanotecnologie, regno dell’infinitamente piccolo, guarda a ogni singolo minuscolo anello di questa catena, puntando a intervenire precocemente laddove i biomarcatori indicano la presenza di una dissonanza. I biomarcatori diventano, così, indizi, sentinelle, predittori dell’insorgere di una patologia o di un aumento del rischio di tale patologia.

Infine, un’altra interessante prospettiva aperta dalla nanomedicina è quella della nanotecnologia rigenerativa, ovvero della riparazione di tessuti e organi e del ripristino di determinate funzioni fisiologiche per mezzo di biomateriali intelligenti o di cellule staminali come agenti per terapie cellulari.

nanomedicina nanofarmaci
Una tendenza della nanomedicina vede le nanotecnologie operare verso la progressiva miniaturizzazione dei dispositivi, con il nano-incapsulamento per il rilascio di farmaci mirati (nanofarmaci) e l’uso di nanoparticelle per terapie meno invasive.

Nanotecnologie e diagnostica

Le nanotecnologie, per definizione, in quanto ambito scientifico dell’infinitamente piccolo, tendono alla miniaturizzazione di materiali e dispositivi. E questo, applicato alla diagnostica, si traduce nella possibilità di esami estremamente mirati, precisi e circoscritti.

Nell’ambito della diagnosi delle malattie, in particolare, vengono distinti due tipi di nanotecnologie:

  • il primo utilizza biosensori, ovvero dispositivi in cui l’elemento di riconoscimento biologico (ad esempio un enzima, un anticorpo) viene posto a contatto diretto con un trasduttore (un comune esempio di biosensore è quello usato per misurare la glicemia). Per mezzo dei biosensori, vengono identificate le molecole (biomarcatori) associate a una specifica patologia
  • il secondo tipo misura i biomarcatori utilizzando tecniche di imaging molecolare oppure nanosensori introdotti nel corpo del paziente

Uno dei risultati più significativi della ricerca nel campo delle nanotecnologie diagnostiche è il Lab-on-a-chip (LOC), letteralmente “laboratorio diagnostico in un chip”. Di che cosa si tratta? Di un laboratorio dalle dimensioni di un francobollo, rappresentato da un chip – che va da pochi millimetri a qualche centimetro quadrato di grandezza – capace di trattare volumi di fluidi estremamente piccoli come una goccia di sangue.

Il primo sistema di analisi su tecnologia Lab-on-a-chip venne sviluppato nel 1975 dalla Stanford University, ma fu solo alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta che la ricerca in questo specifico segmento iniziò a prendere il volo.

L’imaging molecolare, invece, è un esempio di misurazione in vivo basata sull’uso di nanoparticelle impiegate come mezzo di contrasto, che si legano a specifici biomarcatori rendendoli, in questo modo, visibili all’interno di un dato organo o tessuto.

Rispetto ai tradizionali metodi di imaging, l’imaging molecolare con Risonanza Magnetica, SPECT – Single Photon Emission Computed Tomography (tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo) o con PET – Positron Emission Tomography (tomografia a emissione di positroni) è in grado di garantire una risoluzione e una precisione più elevate.

Un altro esempio di diagnostica su test in vivo è dato dall’utilizzo di nanosensori da introdurre nell’organismo dei pazienti, pratica – questa – oggi in fase di studio e di test. Attualmente, attraverso un chip sottocutaneo che trasmette informazioni in modalità wireless a un’unità IT, è possibile misurare la temperatura corporea, profili glicemici e altri parametri fisiologici.

Infine, lo sviluppo di sensori su nanoscala – meccanici, elettrici oppure ottici – e la loro integrazione all’interno di dispositivi su microscala, offrono un potenziale importante per la messa a punto di dispositivi sanitari portatili, utilizzabili al di fuori del laboratorio o dell’ospedale, da personale medico o direttamente dai pazienti, nell’ambito della telemedicina.

nanotecnologie diagnostica
Nanotecnologie e diagnostica: l’imaging molecolare è un esempio di tecnica diagnostica basata sull’uso di nanoparticelle impiegate come mezzo di contrasto nell’ambito, ad esempio, della risonanza magnetica.

Nanorobot: cosa sono e a cosa servono

I nanorobot (detti anche “nanobots”) sono dispositivi la cui grandezza varia da 0,1 a 10 micrometri, costituiti da componenti molecolari sufficientemente piccoli da penetrare all’interno di una cellula vivente e, in maniera controllata e prevedibile, compiere modifiche nell’ambiente circostante.

Tra i primi esempi, quello annunciato nel 2004 dalla rivista britannica New Scientist riguardo a un nanorobot a carburante glucosico non più spesso di un capello umano – messo a punto da un team di ricercatori dell’Università della California – costituito da un filo di silicio arcuato, al di sotto del quale sono impiantate le fibre miocardiche.

Inserito nel corpo umano, questo dispositivo, in origine, aveva l’obiettivo di flettere un materiale piezoelettrico o un filo di silicio, con conseguente emissione di scariche elettriche che avrebbero stimolato i nervi frenici danneggiati del paziente.

Tra le applicazioni attuali dei nanorobot, quella nell’ambito della drug delivery, ovvero del rilascio di sostanze – farmaci o enzimi – all’interno dei tessuti.

I nanorobot oggi esistenti sono di diversa natura e si spostano all’interno del corpo umano in modo differente. Per quanto riguarda la loro struttura e il loro funzionamento, però, sono tutti progettati allo stesso modo: gli studiosi hanno definito un modello di base con un “braccio” e una “mano” su cui localizzare il principio attivo da rilasciare nei tessuti. Si possono, poi, aggiungere più braccia, nel caso in cui vi sia la necessità del rilascio contemporaneo di più molecole.

Ma la componente più importante tra tutte quelle che costituiscono il nanorobot è la coda, in grado di riconoscere quando il dispositivo è arrivato nel punto esatto programmato.

Ricordiamo che, tra i primi nanorobot progettati, vi sono quelli guidati da un campo magnetico: i più rilevanti tra questi sono quelli costituiti da una testa di materiale magnetico e da una coda che, ruotando, aiuta il movimento. Se sottoposta a un campo rotante, la testa ruota anch’essa, dando ulteriore spinta al nanorobot e permettendo di controllarne il movimento all’interno del corpo.

In passato, sono stati progettati anche nanorobot il cui movimento obbediva a stimoli luminosi, a stimoli sonori o a sostanze chimiche. Recentemente, un team di ricercatori della Cornell University, nello stato di New York, si è spinto oltre: ha messo a punto i primi nanorobot iniettabili che incorporano componenti semiconduttori, consentendo loro di essere controllati – e di camminare – per mezzo di segnali elettronici standard.

Questi robot, più o meno delle dimensioni di un organismo unicellulare, forniscono un modello base per sviluppare, in futuro, versioni ancora più complesse, che sarà possibile produrre in serie e che, un giorno, potrebbero viaggiare attraverso i tessuti e il sangue umani.

Il trattamento delle patologie oncologiche rappresenta l’area terapeutica più vasta per l’impiego dei nanorobot. Diversamente dalla terapia chemioterapica, per mezzo dei nanorobot è possibile raggiungere agilmente le cellule cancerogene, permettendo al farmaco di aggredire il tumore dall’interno, preservando, in questo modo, le cellule sane.

Infine, tra le applicazioni più interessanti dei nanorobot, vi è anche la ricostruzione di tessuti viventi danneggiati mediante una semplice iniezione sottocutanea, operazione che, altrimenti, richiederebbe un intervento di microchirurgia invasiva.

nanorobot
Tra le applicazioni attuali dei nanorobot, quella nell’ambito della drug delivery, ovvero del rilascio di sostanze – farmaci o enzimi – all’interno dei tessuti.

Nanomedicina e progetti UE

Il programma sulle tecnologie industriali, nell’ambito del settimo programma quadro dell’UE per la ricerca, nell’arco di tempo compreso tra il 2007 e il 2010 ha investito circa 265 milioni di euro in progetti relativi alla nanomedicina.

In particolare, il finanziamento ha riguardato settori quali lo sviluppo di prodotti nanofarmaceutici mirati, nanotecnologie in ambito diagnostico, biomateriali per impianti e medicina rigenerativa e lo sviluppo di protesi intelligenti con interfacce neurali, in grado di fornire sensazioni e attivate dall’attività cerebrale del paziente.

E il programma Horizon 2020 (con 80 miliardi di euro di finanziamenti disponibili) sostiene la nanomedicina, aiutandola a uscire dal laboratorio e a fornire una reale assistenza sanitaria, favorendo, in questo modo, il passaggio dalla ricerca al trattamento.

In questa fase, la collaborazione con l’industria è più stretta, con un settore privato sempre più interessato a entrare nell’area della nanomedicina.

Inoltre, oltre a una migliore qualità dell’assistenza sanitaria, la nanomedicina apre a nuovi posti di lavoro. A tale proposito, l’Unione Europea ha istituito The European Technology Platform for Nanomedicine, forum guidato dall’industria che fornisce informazioni sulle priorità di ricerca da affrontare e consulenza sulle politiche relative all’innovazione per il campo della nanomedicina.

Tra i diversi progetti attraverso i quali la ricerca sta aprendo le porte a nuove opportunità per i pazienti – oltre a favorire i contatti tra ricercatori, industria e Istituti finanziari per fare progredire queste tecnologie – il progetto ENATRANS, il quale è riuscito a creare una rete di supporto alle PMI, offrendo consulenze di esperti su questioni quali la proprietà intellettuale, i modelli di business e le strategie di finanziamento nell’ambito della nanomedicina.

I finanziamenti dell’UE, attraverso il progetto NeoNaNo, invece, hanno contribuito a sviluppare terapie mirate al trattamento dei tumori. Mentre il progetto FORMAMP sfrutta le nanotecnologie per sviluppare nuovi sistemi e nuovi strumenti nella lotta contro le malattie infettive, cercando di dare una risposta al problema della resistenza agli antibiotici, una delle questioni aperte che, oggi, la medicina si trova a dovere affrontare.

Nanotecnologie applicate al settore alimentare

Le nanoparticelle – aggregati atomici dal diametro compreso tra 1 e 100 nanometri – trovano applicazione anche nella filiera alimentare. In particolare, i settori in cui sono protagoniste sono la conservazione dei cibi (se usate per ricoprirli, ne rallentano la maturazione) e il loro confezionamento (se inserite all’interno delle confezioni, rilasciano agenti antimicrobici).

Per quanto concerne il confezionamento dei cibi, le nanotecnologie sono in grado di intervenire anche per mezzo di nanosensori che monitorano i parametri di conservazione degli alimenti durante il trasporto e lo stoccaggio, rilevando la presenza di eventuali batteri. Nella produzione agricola, invece, i nanosensori vengono utilizzati per rilevare pesticidi.

Per quanto riguarda da vicino i cibi, invece, le nanotecnologie vengono utilizzate per ottimizzarne il sapore, il gusto, il colore, la consistenza e per migliorare l’assorbimento e la biodisponibilità di alcuni nutrienti e integratori.

Anche se c’è da dire che la presenza di nanoparticelle nei cibi non è un fatto nuovo. Nell’alimentazione quotidiana, infatti, abbiamo a che fare da sempre con ingredienti e sostanze infinitamente piccole (nanocomposti) del tutto naturali.

Interagiamo con le nanoparticelle alimentari fin dai tempi della macinatura delle granaglie. Ai nostri giorni, invece, un esempio classico è quello della salsa di maionese, a tutti gli effetti una “nanoemulsione”.

Molte delle caratteristiche delle principali categorie di alimenti sono, poi, nanoformulazioni di additivi. Si devono ai nanocomposti la particolare fluidità di alcune creme da spalmare e la fragranza di alcuni tipi di biscotti.

Recenti studi hanno, poi, proposto l’impiego di nanoparticelle di ferro da mescolare ai cibi – in modo da essere facilmente accessibili a livello cellulare e curare carenze di fero e diverse forme di anemia – e di acidi grassi omega3 nanoincapsulati – per nasconderne il sapore poco gradevole e favorirne l’assimilazione – da integrare nell’alimentazione per proteggere l’apparato cardiovascolare.

Le nanotecnologie nella conservazione dei cibi

Come accennato all’inizio, le nanotecnologie trovano ampio impiego nel packaging alimentare, contribuendo così all’aumento della qualità e della sicurezza dei cibi

Nanoparticelle miscelate a polimeri aumentano la rigidità e la resistenza delle confezioni, mentre particolari film (nanocoatings) perfezionano la barriera ai gas – tra cui l’etilene – e alle temperature.

Nanocomposti a base di argilla vengono, poi, usati per ridurre le perdite di anidride carbonica, evitando l’ingresso di ossigeno all’interno di confezioni di bevande gassate.

Altri esempi di nanoparticelle mescolate a determinati elementi sono la caolinite che, modificata con nanoparticelle di ferro, viene aggiunta al polietilene con l’obiettivo di catturare le molecole di ossigeno presenti all’interno degli imballaggi, o le nanoparticelle di biossido di titanio integrate negli imballaggi per eliminare l’etilene.

E le nanoargille lamellari sono in grado di reagire in maniera colorimetrica con i metaboliti microbici presenti durante la degradazione alimentare, permettendo di dedurre il grado di freschezza di un dato prodotto. Sfruttando il medesimo meccanismo, il nanoargento tiolato consente di rilevare in maniera colorimetrica quando un alimento ha raggiunto o superato una determinata temperatura.

nanotecnologie settore alimentare
Le nanoparticelle trovano applicazione anche nella filiera alimentare: in particolare, i settori in cui sono protagoniste sono la conservazione dei cibi e il loro confezionamento.

Il quadro normativo UE e il ruolo dell‘Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare

In Europa è l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare – EFSA a seguire, fin dal 2006, gli sviluppi del settore delle nanotecnologie per quanto riguarda il proprio ambito di competenza, fornendo a coloro che sono impegnati nella sicurezza alimentare e nell’analisi dei rischi consulenze e assistenza tecnica di natura indipendente.

Il comitato scientifico dell’EFSA fornisce suggerimenti pratici sulle modalità per eseguire la disamina di richieste di autorizzazione presentate dall’industria alimentare per l’impiego di nanomateriali ingegnerizzati – i cosiddetti ENM (Enginereed. NanoMaterial) – in additivi alimentari, enzimi, aromatizzanti, materiali a contatto con alimenti, nuovi prodotti alimentari, integratori alimentari, additivi per mangimi e pesticidi.

Per quanto riguarda il quadro normativo che regola l’applicazione delle nanotecnologie al settore alimentare, l’Unione europea ha deciso di adottare un “approccio integrato, sicuro e responsabile”: che comprende:

  • il riesame e l’adeguamento della legislazione dell’UE
  • il monitoraggio degli aspetti relativi alla sicurezza
  • l’instaurazione di un dialogo con le autorità nazionali, le parti interessate e i cittadini

In particolare, nel novembre 2020 l’EFSA ha pubblicato una relazione di parti terze contenente informazioni e linee guida per la valutazione del rischio ambientale da nanomateriali. Tale relazione costituirà la base della seconda parte delle linee guida dell’EFSA sulla valutazione dei rischi derivanti dall’applicazione delle nanoscienze e delle nanotecnologie nella catena degli alimenti e dei mangimi.

La prima parte della guida, pubblicata nel luglio 2018, riguardava, nello specifico, la salute umana e animale. La seconda parte si focalizzerà, invece, sui rischi per l’ambiente.

Nanotecnologie per la difesa delle colture, a favore della sostenibilità ambientale

Tra i molteplici ambiti di applicazione delle nanotecnologie, quella che vede l’utilizzo degli scarti agricoli per la produzione di fitofarmaci privi di sostanze chimiche e dalle dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri (dove un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro e a un miliardesimo di metro), rappresenta la nuova frontiera nella difesa delle colture, in linea con i principi della sostenibilità ambientale e con i dettami della Common Agricultural Policy (CAP) dell’UE, volta a supportare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile e ad aiutare gli agricoltori europei nel contribuire agli obiettivi climatici dell’Unione, i quali prevedono, entro il 2030, la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici nella difesa fitosanitaria.

Ne abbiamo parlato nell’intervista a Giorgio Mariano Balestra, docente di “Strategie di difesa ecosostenibile delle coltivazioni agrarie” presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (DAFNE) dell’Università della Tuscia di Viterbo, alla guida del team di ricercatori che ha firmato uno studio sull’impiego degli scarti della filiera agricola come base da cui partire per ricavare biopolimeri, a loro volta utilizzabili per la messa a punto di specifiche formulazioni in grado di proteggere in modo naturale le piante da batteri e funghi.

È stato proprio il poter ricondurre a dimensioni infinitamente piccole elementi presenti in natura e dalle proprietà antimicrobiche, a consentirne un utilizzo ideale contro i microrganismi (batteri e funghi) che aggrediscono le colture, spiega Balestra, precisando come le nanotecnologie siano state uno strumento che ha permesso di ottimizzare in maniera esponenziale la combinazione dei principi attivi messi a punto e la loro uniformità di distribuzione, con la possibilità di “entrare” all’interno delle piante per fare assorbire tale combinazione attraverso il sistema vascolare.

In particolare, la formulazione alla quale è giunto il team è a base di cellulosa e lignina – estratte dagli scarti provenienti da differenti filiere agroalimentari e sintetizzate su scala nanometrica, al punto da ottenere “nanocristalli” di cellulosa e “nanoparticelle” di lignina – il cui potere antimicrobico, teso a uccidere (o a impedirne la riproduzione) i microrganismi che assalgono le piante, «agisce senza provocare l’insorgenza di alcun effetto collaterale e svolgendo un’azione pari a quella dei comuni fitofarmaci e dei sali di rame, ma senza risultare dannosa per l’ambiente».

Nanotecnologie nel settore edile e nel settore costruzioni

Le applicazioni delle nanotecnologie nell’ambito dell’edilizia e delle costruzioni sono numerose. In particolare, in questi settori, il loro utilizzo si focalizza principalmente su tre macro aree:

  • materiali da costruzione
  • rivestimenti superficiali
  • isolamento termico

Per quanto concerne i materiali da costruzione, la ricerca attuale mira allo studio di materiali sempre più leggeri, più resistenti e a bassa manutenzione. E, nel caso specifico del cemento, a materiali più performanti.

Relativamente a quest’ultimo, ricordiamo che le sue fasi di produzione sono responsabili dell’emissione di CO2 nell’atmosfera. A tale riguardo, grazie alle nanotecnologie, si stanno mettendo a punto procedimenti di lavorazione che vedono, ad esempio, l’aggiunta, al cemento, di nanotubi di carbonio prodotti mediante un inedito processo di elettrolisi, dando così vita a un materiale composito dalle migliorate proprietà, riducendo, al tempo stesso, le emissioni di anidride carbonica.

Le nanotecnologie, attraverso un processo che utilizza speciali nanoparticelle, si occupano anche di rafforzare la struttura atomica del vetro, ottenendo un prodotto più resistente e utile, sia per applicazioni industriali, sia per la creazione di elementi di arredo e design.

In tema di rivestimenti, le nanotecnologie si occupano, inoltre, del trattamento di pareti e di altre superfici, rendendole idrorepellenti e impermeabili. E, per quanto riguarda l’isolamento termico, dello sviluppo di tessuti dotati di elevato potere isolante, tra cui quelli pieghevoli, simili al feltro, costituiti da nanofibre di nitruro di silicio.

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Per quanto riguarda i materiali da costruzione, la ricerca nell’ambito delle nanotecnologie mira allo studio di materiali sempre più leggeri, più resistenti e a bassa manutenzione. E, nel caso specifico del cemento, a materiali più performanti.

Nanomateriali per rivestimenti superficiali

Quello dei nanomateriali per ricoprire intere superfici è uno dei segmenti di ricerca su cui, negli ultimi anni, si sta concentrando l’attenzione dei ricercatori. Ne è un esempio lo sviluppo di materiali fatti di sottili polimeri (dallo spessore di alcuni milionesimi di metro) dalle proprietà di fusione e di aderenza simili a quelle dei fili adesivi elastici dei mitili.

In particolare, chi ha messo a punto questo materiale ha combinato il politetrafluoroetilene – polimero normalmente conosciuto attraverso le sue denominazioni commerciali di Teflon o Fluon – con il polimero PV3D3.

Sono state sfruttate le diverse proprietà dei due polimeri: il teflon non è noto solo per le sue proprietà antiaderenti, ma la sua superficie è anche idrofobica, il che significa che eventuali gocce d’acqua scivolano via immediatamente oppure si congelano leggermente. Il polimero PV3D3, al contrario, è caratterizzato da buone proprietà adesive.

Combinando gradualmente i due materiali su scala nanometrica, ma riuscendo allo stesso tempo a mantenere le diverse proprietà di ognuno (non si tratta di una fusione), è stato ottenuto un materiale di rivestimento composto da una parte superiore idrorepellente e una parte inferiore ben aderente.

Dalle ristrutturazioni fino al restauro dei beni architettonici

Per mezzo delle nanotecnologie, oggi, è anche possibile trattare tutte le superfici col fine di preservarle, di proteggerle da eventuali danneggiamenti e dall’usura del tempo, aprendo il campo alle ristrutturazioni in generale e al restauro dei beni architettonici.

L’obiettivo è quello di aumentarne le caratteristiche prestazionali, tra cui idrorepellenza, antigraffiti, antigelivo (contro l’azione disgregante del gelo), pro o anti raggi UV e antiscivolo.

Tra i materiali oggetto di trattamento che sfruttano le nanotecnologie, figura il legno, particolarmente utilizzato in edilizia e che, grazie a composti a base di specifiche nanoparticelle, è in grado di migliorare la sua resistenza all’umidità e ad altri agenti esterni.

Si tratta, nello specifico, di trattamenti capaci di creare una protezione invisibile sulle superfici in legno, rendendole idrorepellenti e olio-repellenti, respingendo acqua e contaminanti esterni come sporco, oli, grasso e polvere e prevenendo problemi legati a umidità, insorgenza di muschi e funghi e a insetti come tarli e tèrmiti.


DOMANDE E RISPOSTE

Cosa sono le nanotecnologie?

Le nanotecnologie rappresentano un insieme di metodi e di tecniche per la manipolazione della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro, valore compreso fra 1 e 100 nanometri (dove un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro e a un miliardesimo di metro), che servono a realizzare prodotti e dispositivi radicalmente nuovi attingendo anche a discipline come la biologia molecolare, la chimica, la scienza dei materiali, la fisica, fino ad arrivare all’ingegneria meccanica ed elettronica.

Quali sono le applicazioni delle nanotecnologie?

Le nanotecnologie, fin dal loro esordio, negli anni ’90, hanno spalancato le porte a numerosi ambiti di applicazione, coprendo settori come l’elettronica, le costruzioni, la medicina, il risparmio energetico. Le applicazioni principali delle nanotecnologie sono:

  • Alimentari
  • Agricoltura
  • Costruzioni
  • Elettronica
  • Medicina e Farmaceutica
  • Risparmio Energetico
  • Tessile

Quali sono le nanotecnologie applicate alla medicina?

Le nanotecnologie aprono la strada alla medicina di precisione. Un’applicazione particolarmente rilevante è quella in ambito oncologico, dove sono stati sviluppati mezzi di contrasto costituiti da nanoparticelle che, grazie alle loro proprietà e a particolari tecnologie, individuano il tumore con una precisione elevatissima. In ambito farmaceutico, invece, si lavora allo sviluppo di nanoparticelle per il trasporto dei farmaci all’interno dell’organismo.

Quale Università fare per lavorare nel campo delle nanotecnologie?

Per lavorare nel campo delle nanotecnologie è necessario conseguire una Laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie. L’ingegnere dei materiali si occupa di Ricerca & Sviluppo, progettazione e collaudo nel campo dei materiali (studiando la struttura chimica, le proprietà, le caratteristiche e il comportamento delle sostanze, per mettere a punto materiali innovativi e performanti). Il laureato in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie ha un ventagli ventaglio di conoscenze anche nei settori della produzione, trasformazione e applicazioni dei materiali, con particolare riguardo alle nanotecnologie.

Nanotecnologie, quali sono gli sbocchi lavorativi?

Le opportunità professionali del laureato in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie provengono prevalentemente dalle industrie per la produzione dei materiali, la loro trasformazione e la progettazione. Anche i settori del trattamento delle superfici, l’industria dei materiali polimerici e l’industria metallurgica offrono interessanti opportunità dopo la laurea in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie, insieme alle industrie che operano con i materiali nei settori della meccanica, dell’energia, dei trasporti, delle costruzioni e dell’elettronica.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin