Biomimesi e ricerca avanzata - focalizzata su materiali ceramici - rappresentano le nuove frontiere della medicina rigenerativa. Ecco quali sono i principali filoni di studio.
TAKEAWAY
- Nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa e per la nanomedicina, ispirati alla natura, è il focus della ricerca dell’ISTEC-CNR.
- L’obiettivo è lavorare alla rigenerazione dell’osso e porre le basi per creare alternative alle protesi.
- Le potenziali applicazioni di questi nanomateriali sono ampie e comprendono anche la possibilità di svolgere trattamenti anti microbici in situ durante le operazioni chirurgiche.
Ispirarsi alla natura per mettere a punto nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa. Da qui partono la storia della ricerca e le prospettive aperte dall’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC), parte del CNR, che si propone come avanguardia a livello mondiale per la messa a punto di soluzioni innovative.
Una di queste è la trasformazione del legno in un particolare materiale ceramico. La possibilità di rigenerare le ossa parte da un particolare filone di studio che ha al centro l’idrossiapatite biomimetica per realizzare tessuti connettivi duri, ma vivi, e che vede il centro di ricerca italiano protagonista a livello internazionale.
Sede dell’Istituto è Faenza, storicamente nota per la produzione di ceramica artistica, tanto da ospitare il più importante museo al mondo. La maiolica (tipo di produzione ceramica dipinta) è conosciuta nel mondo col termine “Faience” da cui deriva il nome della città.
Ma ceramica significa anche “innovazione spinta”: dalle missioni spaziali all’elettronica, questo materiale inorganico ha molteplici usi. Anche nelle nostre ossa: esse, infatti, sono costituite per il 70% da un particolare materiale ceramico. Da qui parte la ricerca di ISTEC-CNR, alla scoperta dell’infinitamente piccolo, per parti macroscopiche a favore della medicina rigenerativa.
Nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa: da dove parte la ricerca
Prima di parlare però di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa è bene dire quanto sia ampio il campo dei materiali ceramici. Essi rappresentano la terza categoria di materiali più ampia in assoluto, insieme ai metalli e ai polimeri, sorta di terzo polo di tutti i materiali esistenti, che ha quali caratteristiche peculiari doti importanti di isolamento termico, durezza, resistenza ed inerzia chimica, per cui è particolarmente apprezzata in aerospazio ed in edilizia.
La ricerca dell’Istututo si è focalizzata nel loro impiego per rigenerare tessuti danneggiati, tra questi i tessuti ossei. Le nostre ossa sono costituite per il 70% da un particolare minerale, l’idrossiapatite.
“L’approccio dell’Istituto è quello di impiegare questo e altri materiali per rigenerare tessuti partendo dalla necessità che essi abbiano caratteristiche quanto più simili possibili al tessuto ospite. Così le cellule non solo non li rifiutano, ma li possono processare e metabolizzare – spiega Simone Sprio, Responsabile Scientifico della linea di ricerca Bioceramici per la medicina rigenerativa – È un obiettivo molto difficile da ottenere perché le ossa, tra i vari tessuti, sono particolarmente complesse a livello chimico, morfologico e meccanico. Le cellule hanno pseudopodi che aderiscono al corpo estraneo. Se la consistenza chimica non è adeguata, esse non attecchiscono”.
Tra l’altro, l’idrossiapatite presente nelle ossa è profondamente diversa da quella diffusa in natura. Nel tessuto osseo si presenta come un materiale nano cristallino reattivo e ideale per i bio-dispositivi destinati alla rigenerazione ossea. Ulteriore complessità è legata al fatto che questo materiale deve essere strutturato come oggetto solido, così da essere inserito come tessuto osseo e fornire sostegno.
Per questo, a tutt’oggi, malgrado ci siano moltissime impalcature ossee di idrossiapatite tollerate dall’organismo, spesso non sono metabolizzate.
Nanomateriali per la rigenerazione ossea: nasce il materiale bio-ibrido
Le ossa sono formate da fibre collagene, attorno alle quali sono organizzati i minerali, costituendo un’impalcatura organica per la formazione dei cristalli, composti come detto da idrossiapatite.
I ricercatori hanno quindi riprodotto in laboratorio questo processo, adottando un particolare tipo di collagene e scoprendo che in presenza di variazioni di pH si assembla, mentre in presenza di ioni calcio fosfati si mineralizza. Così è stato creato un materiale bio-ibrido, contenente una parte organica e una inorganica, da cui si è ottenuto un impianto per la rigenerazione ossea e in particolare per quella osteo-cartilaginea delle articolazioni.
“Siamo riusciti a modulare il processo per ottenere dei materiali mineralizzati a gradiente, ovvero una parte mineralizzata che mima l’osso e un’altra che imita la cartilagine” specifica ancora Sprio.
La scoperta è particolarmente preziosa perché grazie a essi si può prevenire il ricorso alla protesi. È particolarmente preziosa nei casi di lesione della superficie articolare, che rappresentano una condizione clinica molto diffusa, diagnosticata frequentemente anche in soggetti di giovane età. Se trascurate, degenerano in forme croniche invalidanti ad elevato impatto sociale e rendono necessari trattamenti invasivi per il paziente.
La messa a punto del device è stata coordinata da Anna Tampieri e Monica Sandri (rispettivamente direttore ISTEC-CNR e primo ricercatore) e fatta in collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
Questa nuova soluzione viene impiegata per lesioni osteocartilaginee di dimensioni limitate, inserita nell’osso già esistente. Ma la ricerca prosegue: in tema di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa, i ricercatori stanno lavorando a nuove soluzioni in grado di realizzare impianti osteocondrali dotati di maggiore resistenza meccanica e in grado di applicarsi in regioni più ampie.
L’obiettivo è sostituire completamente le protesi metalliche, potendo rigenerare completamente un condilo, ottenendo una qualità di vita decisamente maggiore, diminuendo le spese per le strutture sanitarie.
Nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa, la natura è maestra
Sempre in tema di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa, va segnalato un altro approccio ancora sperimentale, ma dalle potenzialità notevoli. Riguarda il processo mediante cui ISTEC è riuscita a trasformare un pezzo di legno in un impianto osseo, senza alterare la struttura originaria, ma modificandone la composizione finale, ovvero idrossiapatite nanocristallina.
L’idea che ha portato alla progettazione di questo dispositivo per la rigenerazione di segmenti di grandi dimensioni di ossa lunghe portanti carico nasce dall’intuizione che altre strutture presenti in natura che svolgono funzioni simili alle ossa quali le piante – portare peso e fare passare vasi linfatici in questo caso – potessero avere una struttura interna altrettanto simile a quella delle nostre ossa.
Così si è riusciti a sviluppare e brevettare una tecnologia che ha la capacità di trasformare il Rattan, un particolare tipo di legno, in dispositivi con la stessa composizione chimica dell’osso conservando la morfologia e la capacità del legno stesso di sopportare stress meccanici e favorire un’adeguata vascolarizzazione.
I risultati sono stati eccellenti nella sperimentazione pre-clinica, e ora si attendono i test clinici. I pregi sono quelli di promuovere la possibilità di rigenerare completamente la struttura ossea.
Ora l’Istituto sta lavorando a stretto contatto con le aziende sviluppatrici per la rigenerazione dell’osso, migliorando le caratteristiche meccanici di alcuni tipi di impianto, come ad esempio, un impianto per la rigenerazione cranica e maxillofacciale.
“È l’unica possibilità alternativa completamente integrata per restituire le stesse caratteristiche e performance del cranio naturale. Si tenga conto che la parte maxillo-facciale è quella maggiormente soggetta nel corpo umano a stimoli meccanici, considerando inoltre che i muscoli facciali sono caratterizzati da una forza notevole. Stiamo pensando anche ad applicazioni cutanee, per la sua rigenerazione”.
Si sta anche lavorando in ambito chirurgia spinale, al miglioramento di un osso iniettabile che inserito all’interno del corpo umano è in grado di permettere la rigenerazione ossea in maniera efficace.
Un altro aspetto altrettanto importante è la possibilità di svolgere dei trattamenti anti microbici in situ durante le operazioni chirurgiche che diano un maggiore tasso di successo.
Uno dei problemi fondamentali della medicina, infatti, è la resistenza batterica agli antibiotici, le infezioni post operatorie sono la principale causa di fallimento negli interventi chirurgici. “I materiali da noi progettati hanno una grande affinità con i tessuti naturali. Ciò che intendiamo dimostrare quanto prima è la loro altissima resistenza intrinseca alla proliferazione batterica”.
Pare, infatti, che instaurando la normale fisiologia cellulare all’interno dell’organismo si possano prevenire quelle reazioni infettive spesso legate a presenza di corpi estranei o a squilibri nel nostro sistema fisiologico.
Nanomedicina e materiali ceramici per la cura del cuore
Ma, quando di parla di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa, è inevitabile il riferimento alla nanomedicina. In questo caso, un materiale molto promettente per applicazioni multifunzionali terapeutiche e diagnostiche (teranostica), è rappresentato da nuove apatiti biomimetiche con proprietà magnetiche, inventate e sviluppate in ISTEC sotto la guida di Anna Tampieri.
Queste nanoparticelle magnetiche sono perfettamente tollerate dall’organismo e possono trovare applicazione come mezzo di contrasto per tecniche di imaging come la risonanza magnetica, per il trasporto di farmaci verso tessuti selezionati, o come mezzo per terapie antitumorali basate su ipertermia.
Un altro filone di ricerca vede al centro materiali nano-ceramici di calcio fosfato biocompatibili e biodegradabili, che combinati con molecole terapeutiche di RNA o peptidi ad azione cardio-specifica, possono essere inalati e raggiungere il cuore, passando attraverso la barriera alveolo-polmonare.
Questa tecnologia è stata sviluppata in ISTEC sotto la guida di Michele Iafisco nel corso del progetto europeo CUPIDO (Cardio ultraefficient nanoparticles for inhalation of drug products), coordinato da Daniele Catalucci. Una volta giunte a destinazione, queste particelle penetrano il tessuto cardiaco dove rilasciano il principio attivo guarendo alcuni tipi di disfunzioni cardiache come l’aritmia, e vengono poi degradate in calcio e fosfato, componenti naturali del corpo umano.
Anche in questo caso, la portata della ricerca in termini di benefici è enorme se si considera che l’incidenza delle malattie cardiovascolari causa in tutto il mondo 17,1 milioni di morti all’anno, provocando il 31% di tutti i decessi a livello globale e ha un costo di 139 miliardi di euro per la UE.