Dall’Università di Southampton, un nuovo metodo per identificare e isolare le cellule staminali scheletriche, preziose per la rigenerazione delle cellule del tessuto osseo. Metodo che si avvale delle nanotecnologie e, più in particolare, di nanoparticelle composte da migliaia di atomi d'oro e rivestite di filamenti di DNA.

TAKEAWAY

  • La medicina, in molteplici campi, dipende dalle nanotecnologie. Tra questi, anche la medicina rigenerativa, focalizzata sullo sviluppo di terapie mirate alla riparazione – attraverso le cellule staminali presenti nei tessuti stessi – di organi compromessi.
  • Tra le sfide poste da quella parte della popolazione che invecchia, vi è la necessità di approcci innovativi per quel segmento della medicina rigenerativa che si occupa di riparazione ossea.
  • Due anni e mezzo dopo l’identificazione delle cellule staminali scheletriche, in grado di generare cellule del tessuto osseo, un nuovo studio propone un metodo alternativo, che si avvale delle nanotecnologie per isolare le cellule staminali scheletriche dalle cellule circostanti.

Di nanotecnologie e medicina rigenerativa si parla da diversi anni come di un ambito ricco di applicazioni. Le prime – lo ricordiamo – si occupano della progettazione di strutture su scala dimensionale nanometrica, caratterizzate non soltanto dalla dimensione (nano, appunto), ma anche da proprietà inedite. Proprietà che hanno portato, ad esempio, allo sviluppo, in medicina, di nanomateriali biocompatibili per trattamenti terapeutici, diagnostica e ingegneria tissutale.

La medicina, oggi, in molteplici campi, dipende dalle nanotecnologie. Tra questi, anche la medicina rigenerativa, focalizzata sullo sviluppo di terapie mirate alla riparazione e alla ricostruzione – attraverso le cellule staminali presenti nei tessuti stessi e in grado di autorinnovarsi – di tessuti e di organi compromessi da difetti congeniti, malattie, traumi o invecchiamento.

Le cellule staminali sono quelle cellule cosiddette “primitive”, non ancora dotate di “specializzazione” nell’organismo, ma capaci di trasformarsi in diversi tipi di cellule del corpo, con funzioni speciali.

In particolare, tra le sfide poste da quella parte della popolazione che invecchia, vi è la necessità di approcci innovativi per quel segmento della medicina rigenerativa che si occupa di riparazione ossea. Necessità motivata dai fatti: nel mondo, una donna su tre e un uomo su cinque sono a rischio di fratture osteoporotiche, come si legge in un articolo apparso sul Journal of the American Chemical Society il 22 marzo 2021.

Un’importante risposta alla questione arriva nel 2018, quando, per mano dei ricercatori della Stanford University, vengono identificate le cellule staminali scheletriche, in grado di generare cellule del tessuto osseo e cellule del tessuto spugnoso all’interno dell’osso e delle cartilagini.

Lo studio, pubblicato il 20 settembre 2018 sula rivista di settore Cell, ha aperto la strada alla medicina rigenerativa per tutte le patologie osteoarticolari. I tentativi precedenti hanno sfruttato le cellule staminali mesenchimali, relativamente facili da isolare. Ma questo approccio non ha dato risultati apprezzabili.

Al contrario, le cellule staminali scheletriche umane, condividendo pochi marcatori biologici con le staminali scheletriche di topo – su cui vengono condotti gli studi preliminari – sono difficili da isolare dal sangue, dal midollo osseo e dal grasso.

Per aggirare il problema, il team di Stanford ha confrontato i profili di espressione genica delle staminali scheletriche di topo con quelli di vari tipi di cellule umane prelevate da campioni di tessuto osseo umano in ricrescita. E, individuata una popolazione cellulare con un profilo genico simile a quello delle staminali scheletriche di topo, ha poi identificato i marcatori di superficie che le distinguono e permettono di isolarle.

Nanotecnologie e medicina rigenerativa: dall’Università di Southampton un metodo nuovo per identificare le cellule staminali scheletriche

Due anni e mezzo dopo, un gruppo di scienziati dell’Università di Southampton – in un lavoro dal taglio multidisciplinare, in tema di nanotecnologie e medicina rigenerativa, che vede la partecipazione di fisici, medici, chimici ed esperti di ingegneria dei tessuti – ha sviluppato un nuovo metodo per isolare le cellule staminali scheletriche, di cui si parla nell’articolo del Journal of the American Chemical Society citato.

Metodo che si avvale di nanoparticelle d’oro appositamente progettate da nanotecnologi per identificare – nel sangue, nel midollo osseo e nel grasso – le cellule staminali scheletriche umane, creando un bagliore fluorescente che rileva la loro presenza tra altri tipi di cellule. Questa nuova tecnica – sottolineano i ricercatori – oltre che efficace, è più semplice, rapida e meno costosa di quella normalmente utilizzata a partire dal 2018.

Andando nel dettaglio, durante i test di laboratorio i ricercatori hanno utilizzato minuscole particelle sferiche composte da migliaia di atomi d’oro, rivestite di oligonucleotidi (filamenti di DNA), per rilevare otticamente le firme specifiche dell’RNA messaggero (mRNA) delle cellule staminali scheletriche presenti nel midollo osseo, ovvero l’mRNA di HSPA8 e l’mRNA di Runx2.

Quando avviene il rilevamento, le nanoparticelle d’oro rilasciano – sotto osservazione microscopica – un colorante fluorescente, rendendo le cellule staminali distinguibili dalle altre cellule circostanti. Le cellule staminali, a quel punto, possono essere separate utilizzando un sofisticato processo di selezione in fluorescenza.

nanotecnologie e medicina rigenerativa
I ricercatori hanno utilizzato minuscole particelle sferiche composte da migliaia di atomi d’oro – rivestite di filamenti di DNA – per rilevare otticamente le firme specifiche dell’RNA messaggero (mRNA) delle cellule staminali scheletriche presenti nel midollo osseo.

La progettazione e la programmazione delle nanoparticelle d’oro utilizzate

Come accennato, le cellule staminali sono quelle cellule non ancora “specializzate”, che possono svilupparsi per svolgere diverse funzioni. L’identificazione delle cellule staminali scheletriche consente agli scienziati di farle crescere in condizioni definite, con l’obiettivo di consentire la formazione di tessuto osseo e cartilagineo per aiutare a riparare le ossa rotte o malformate. Osserva Richard Oreffo, professore di Scienze Muscoloscheletriche a Southampton e a capo del team di ricerca:

Le terapie basate sulle cellule staminali scheletriche offrono alcune delle aree più interessanti e promettenti per il trattamento delle malattie ossee e per la medicina rigenerativa ossea per una popolazione che invecchia

E il professor Antonios Kanaras, del Quantum, Light and Matter Group – dipartimento che, in seno all’Ateneo inglese, si occupa dello studio delle proprietà della materia su scala nanometrica e delle loro interazioni con la luce – spiega che, in ambito di nanotecnologie e medicina rigenerativa, una progettazione ad hoc dei nanomateriali è essenziale per la loro applicazione in sistemi complessi.

È stato proprio personalizzando la chimica delle nanoparticelle d’oro (rivestendole di filamenti di DNA e facendo loro rilasciare un colorante fluorescente) che si è riusciti a programmare le loro funzioni specifiche in seno al progetto.

In particolare – fa notare il professore – un aspetto importante della progettazione ha riguardato la tecnica utilizzata per regolare la densità degli oligonucleotidi sulla superficie delle nanoparticelle d’oro, in modo tale da evitare la degradazione enzimatica del DNA nelle cellule.

Un’altra strategia ha, poi, riguardato il colorante fluorescente posto sugli oligonucleotidi, che ha consentito di osservare lo stato delle nanoparticelle in diversi stadi dell’esperimento, garantendo la qualità del sensore endocellulare utilizzato.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin