È in fase di sperimentazione una piattaforma di nanoparticelle capace di facilitare la consegna diretta di agenti incapsulati oltre la Barriera Emato-Encefalica (BEE), struttura di difesa che circonda il cervello.

TAKEAWAY

  • Nella ricerca di sempre nuovi interventi terapeutici contro i disturbi neurologici, la vera sfida non sta tanto nell’efficacia del farmaco, quanto nella sua capacità di raggiungere in modo preciso e mirato le aree cerebrali coinvolte dalla patologia.
  • Capacità alla quale si oppone la Barriera Emato-Encefalica (BEE), struttura di difesa che circonda il cervello e che, in caso di malattia, finisce con l’ostacolare il rilascio di farmaci all’interno del sistema nervoso centrale.
  • Per facilitare la somministrazione di terapie in grado di penetrare la Barriera Emato-Encefalica, un team USA composto da medici e bioingegneri ha sviluppato una piattaforma di nanoparticelle capace di facilitare la consegna di agenti incapsulati oltre la BEE.
  • La tecnologia messa a punto potrebbe consentire di trattare lesioni secondarie associate ai traumi cranici, oltre che i sintomi dell’Alzheimer, del Parkinson e di tutti quei disturbi neurologici in cui è basilare la consegna diretta di agenti terapeutici al cervello.

I disturbi neurologici, negli ultimi due decenni, sono stati oggetto di studi e ricerche che hanno identificato nuove patologie e nuove sintomatologie, sviluppando, al contempo, nuovi agenti molecolari in grado di aggredirle.

Ma la traduzione di tali risultati in trattamenti clinicamente efficaci è progredita a un ritmo lento. In particolare, nella ricerca di sempre più validi interventi terapeutici contro patologie quali, ad esempio, l’Alzheimer e il glioblastoma, la vera sfida non sta tanto nell’efficacia del farmaco, quanto nella sua capacità di raggiungere quelle precise aree cerebrali coinvolte da questi disturbi neurologici.

Capacità alla quale si oppone la Barriera Emato-Encefalica (BEE, in inglese BBB – Blood-Brain Barrier), struttura biologica di difesa che circonda il cervello con la funzione di selezionare le sostanze autorizzate a penetrarlo, impedendo l’ingresso di eventuali elementi a lui nocivi presenti nel sangue. Una sorta di “muraglia” difensiva che, in caso di malattia, finisce, però, con l’ostacolare il rilascio di farmaci all’interno del sistema nervoso centrale.

Per facilitare la somministrazione di terapie in grado di penetrare la Barriera Emato-Encefalica, un team composto da medici e bioingegneri presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston e il Boston Children’s Hospital ha creato una piattaforma di nanoparticelle capace di facilitare la consegna diretta di agenti incapsulati oltre la BEE, i cui risultati sono stati di recente pubblicati sulla rivista scientifica Science Advances. Vediamo di che cosa si tratta.

Contro i disturbi neurologici, agenti terapeutici incapsulati in nanoparticelle biocompatibili

Gli approcci classici volti a fornire terapie direttamente al cervello dopo, ad esempio, un trauma cranico, si basano sulla naturale (e temporanea) violazione della Barriera Emato-Encefalica che segue la lesione fisica alla testa. Ma, dopo poche settimane – il tempo che occorre alla BEE per rinsaldarsi – i medici non hanno più strumenti a disposizione per una somministrazione diretta dei farmaci nell’area cerebrale danneggiata.

Osserva un membro del team di ricercatori, Nitin Joshi, bioingegnere presso il Center for Nanomedicine nel Dipartimento di Anestesiologia e Medicina del Dolore del Brigham and Women’s Hospital di Boston:

E molto difficile ottenere agenti terapeutici distribuiti attraverso la Barriera Emato-Encefalica, sia sotto forma di piccole che di grandi molecole. La nostra soluzione prevede di incapsulare agenti terapeutici all’interno di nanoparticelle biocompatibili con proprietà superficiali ingegnerizzate, che ne consentono il trasporto fino al cervello, indipendentemente dallo stato della BEE

Questa tecnologia potrebbe consentire ai medici di trattare lesioni secondarie associate ai traumi cranici, oltre che i sintomi dell’Alzheimer, del Parkinson e di tutti quei disturbi neurologici in cui è di vitale importanza la consegna diretta di agenti terapeutici al cervello.

E Rebekah Mannix, della Divisione di Medicina d’urgenza al Boston Children’s Hospital e co-autore senior dello studio, rimarca che la Barriera Emato-Encefalica inibisce la somministrazione di un’ampia gamma di farmaci – inclusi antibiotici, agenti antitumorali e neuropeptidi – al sistema nervoso centrale.

disturbi neurologici
Nella ricerca di sempre nuovi interventi terapeutici contro i disturbi neurologici, la vera sfida non sta tanto nell’efficacia del farmaco, quanto nella sua capacità di raggiungere in modo preciso e mirato le aree cerebrali coinvolte dalla patologia. Capacità alla quale si oppone la Barriera Emato-Encefalica, struttura di difesa che circonda il cervello e che, in caso di malattia, finisce con l’ostacolare il rilascio di farmaci all’interno del sistema nervoso centrale.

Un polimero biocompatibile per la piattaforma di rilascio dei farmaci

Più nel dettaglio, la terapia utilizzata in questo studio è una piccola molecola di RNA interferente (siRNA), progettata per inibire l’espressione della proteina TAU, che si ritiene svolga un ruolo chiave nell’ambito delle malattie neurodegenerative e, più in generale, dei disturbi neurologici.

Come materiale di base per le nanoparticelle è stato utilizzato il PLGA, ovvero un polimero biodegradabile e biocompatibile già presente in diversi prodotti approvati dalla Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.

Più in particolare, i ricercatori hanno sviluppato nanoparticelle dalle proprietà tali da massimizzare la loro penetrazione diretta attraverso una Barriera Emato-Encefalica intatta, non danneggiata da eventi traumatici. E questo ha portato all’identificazione di un design inedito di nanoparticelle, in grado di trasportare la molecola di RNA interferente incapsulata attraverso la BEE e migliorare, così, in modo significativo l’assorbimento da parte delle cellule cerebrali.

Nei test di laboratorio, è stata osservata una riduzione del 50% della proteina TAU nei topi che hanno ricevuto la molecola di RNA interferente attraverso il nuovo sistema di rilascio. Al contrario, la TAU non è stata influenzata in quei topi che hanno ricevuto la molecola attraverso un sistema di somministrazione convenzionale.

Oltre alla proteina TAU, i ricercatori hanno in corso una serie di studi che hanno come oggetto altri obiettivi nell’ambito dei disturbi neurologici, sempre utilizzando la piattaforma di nanoparticelle messa a punto. Spiega Jeff Karp, bioingegnere presso il Center for Nanomedicine nel Dipartimento di Anestesiologia e Medicina del Dolore del Brigham and Women’s Hospital di Boston:

Il nostro sistema è suscettibile di altri traguardi. Chiunque studia i disturbi neurologici, potrà trovare questo lavoro di beneficio per le proprie ricerche, fornendo uno slancio significativo verso obiettivi terapeutici multipli e verso la sperimentazione sull’uomo

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin