Nanotubi di carbonio e nanodots e altre nanostrutture possono essere impiegate con grande vantaggio anche per la produzione di energia pulita.

TAKEAWAY

  • È possibile impiegare nanotecnologie per l’energia – in forma di nanotubi di carbonio e nanodots e altre nanostrutture – anche per produrre energia pulita.
  • I carbon nanodots nel fotovoltaico sono potenzialmente utili nel migliorare la resa delle celle fotovoltaiche.
  • Le nanostrutture di carbonio migliorano le prestazioni dei catalizzatori per una produzione sempre maggiore di idrogeno verde.

L’applicazione di nanotecnologie per l’energia, in forma di nanotubi di carbonio e nanodots e altre nanostrutture, è particolarmente interessante perché in grado di offrire grandi vantaggi. Oggi si parla molto di transizione energetica e di produzione di idrogeno verde: in entrambi i casi le nanotecnologie possono fornire un grande contributo. Diversi filoni di ricerca dimostrano le potenzialità applicative, tra l’altro l’Italia gioca un ruolo di primo piano.

Nanotecnologie per l’energia: nanotubi e nanodots per il fotovoltaico

A proposito dell’impiego delle nanotecnologie per l’energia, è stata da poco presentata una ricerca condotta da un team della Queensland University of Technology che ha impiegato capelli umani per realizzare nanoparticelle nelle celle solari in perovskite.

“I carbon nanodots nel fotovoltaico sono potenzialmente utili perché grazie alla loro capacità di assorbire la luce e di riemetterla possono essere impiegati nelle celle fotovoltaiche per attivare scambi energeticispecifica Maurizio Prato, professore ordinario di Chimica organica all’Università di Trieste – La loro utilità sarebbe legata alla possibilità di raccogliere una parte della luce altrimenti non catturabile dalla cella e di emetterla in un’altra lunghezza d’onda meglio impiegabile, ottimizzando la produzione energetica. Lo schema di funzionamento ricorda la fotosintesi clorofilliana, dove le clorofille assorbono ogni singolo fotone”.

Anche i nanotubi di carbonio sono particolarmente utili nel settore energetico e ambientale. Essi, infatti, trovano spazio e interesse per la produzione di idrogeno verde, con una metodologia produttiva alternativa all’elettrolisi tradizionale, che avviene con l’energia elettrica. Nel caso dei nanotubi di carbonio, si impiegherebbe la luce.

I nanotubi fungono da “antenne” in grado di catturare la luce, trasformarla in energia e convogliarla ai catalizzatori che ossidano l’acqua, separando gli atomi di ossigeno e idrogeno. I nanotubi sono molto efficienti per trasferire elettroni dal punto di reazione (catalizzatore) all’elettrodo

conclude Maurizio Prato.

Idrogeno verde: nanostrutture e luce solare per un futuro green

Spostandoci dalle nanotecnologie per l’energia alla produzione di idrogeno “pulito”, sono attivi diversi filoni di ricerca presso il centro di ricerca dell’Università di Trieste, dove lavora Paolo Fornasiero, professore di Chimica inorganica, il quale spiega:

L’idrogeno è e sarà fondamentale per il futuro. Già oggi c’è una richiesta enorme, per disparati ambiti come quello agricolo. L’idrogeno, infatti, è fondamentale per produrre ammoniaca come fertilizzanti a base di nitrato d’ammonio, molto utilizzato in agricoltura

Se gli ambiti di uso sono disparati, altrettanti sono i metodi di produzione “green”: catalisi, fotocatalisi, elettrocatalisi abbinata con fotovoltaico (o altre fonti rinnovabili). In questi due procedimenti le nanostrutture di carbonio sono importanti perché migliorano le prestazioni dei catalizzatori, ovvero fanno sì che la luce o la corrente elettrica sia utilizzata in maniera più efficiente per produrre quantitativi sempre maggiori di idrogeno.

Con la fotocatalisi oggi non si possono certo produrre i quantitativi ingenti richiesti dall’industria. Tuttavia, è un processo che permette di produrre idrogeno verde in situ – produzione e uso sul posto – per scopi totalmente diversi, come per esempio per sviluppare reazioni chimiche, per sintetizzare farmaci o per scopi alimentari” prosegue il professore.

Tra l’altro, a proposito di nanotecnologie per l’energia, una ricerca sempre guidata dall’Università di Trieste – e che vede attivi sia Prato che Fornasiero – ha messo a punto un materiale a base di nitruro di carbonio che ha caratteristiche adatte a un utilizzo per tecniche di fotocatalisi: sfruttando l’energia proveniente da una radiazione luminosa, il materiale attiva reazioni chimiche che portano alla formazione di molecole ad alto valore industriale senza l’utilizzo di metalli tossici e costosi, ma particolarmente utili per migliorare le prestazioni dei dispositivi a cristalli liquidi (smartphone, TV, monitor di PC…).

Nanotecnologie per l’energia: i progetti aperti

I progetti oggi in corso di studio e di sviluppo in tema di nanotecnologie per l’energia, sono vari: “Stiamo lavorando, in collaborazione con la Cina a un processo che impiega biomasse di scarto e acqua per produrre idrogeno e prodotti ad alto valore aggiunto. Ci si è focalizzati, in particolare, su una soluzione ibrida: produrre idrogeno e, dagli scarti, biodiesel con la luce”.

A questo proposito è stato messo a punto un processo e nuovi materiali in grado di trasformare le biomasse in combustibile diesel e idrogeno utilizzando la luce solare. La scoperta è finalizzata a rendere più green il trasporto aereo.

Oggi, dopo la pubblicazione degli esiti su Nature Energy, la ricerca è concentrata sulla modifica dei catalizzatori per aumentare le prestazioni, oggi triplicate rispetto a due anni fa.

Ora si lavora in vista di una futura dimostrazione su scala industriale e per rendere potenzialmente conveniente il processo, economicamente parlando. Un altro filone di ricerca è finalizzato a trasformare la CO2 con l’impiego di nanomateriali gerarchici mediante processi di fotocatalisi, elettrocatalisi. L’idea è trasformarla in etanolo, in acido formico o in metano.

Il ruolo dei nanomateriali: impatto e prospettive

Come si è potuto vedere, il ruolo delle nanotecnologie per l’energia è prezioso. Le prospettive su cui è concentrata la ricerca si focalizzano sul trovare soluzioni alternative e più sostenibili di produrre energia in modo da assicurare sostenibilità ambientale. In questo senso elettrolisi e fotocatalisi sono entrambe importanti.

I nanomateriali, come nanotubi di carbonio, vengono impiegati perché sono ottimi conduttori di elettroni. Per questo vengono usati nel processo fotocatalitico e per l’elettrolisi. Oggi la sfida è sull’efficienza, ovvero su quanta produzione di idrogeno “pulito” si possa fare. Ma le potenzialità per il futuro sono enormi perché produrre idrogeno in questo modo, con una fonte rinnovabile e infinita come la luce solare e contando sull’acqua, evitando l’impiego dei combustibili fossili, potrebbe essere la chiave di volta del futuro energetico” sottolinea Fornasiero.

Si parla molto oggi di idrogeno verde, specie coniugandolo con l’elettrolisi dall’acqua mediante uso di fotovoltaico. Tuttavia è un processo che implica problemi, in primis la perdita conseguente a ogni trasformazione energetica.

In tema di nanotecnologie per l’energia, l’impiego dei nanotubi di carbonio ha un ruolo prezioso: poiché sono ottimi conduttori elettrici, è possibile usare meno corrente favorendo una minore dispersione.

Ma in generale i nanomateriali, grazie alle loro eccezionali proprietà, godono da tempo di grande attenzione nel campo dei materiali per diverse applicazioni in campo tecnologico, e hanno le potenzialità per stimolare quel decisivo passo in avanti anche nell’ambito della produzione sostenibile di H2.

Negli ultimi anni è emersa l’importanza di combinare su scala nanometrica più componenti collegati tra loro in un ordine strutturale ben definito. Tali composti sono stati battezzati come “nanomateriali gerarchici”, in cui ogni componente interagisce sinergicamente con gli altri come in un’orchestra ben affiatata.

Il risultato è la comparsa di proprietà uniche, risultanti in performance significativamente più elevate per diversi processi catalitici, incluso la produzione di idrogeno. il materiale ideato e sviluppato parte da nanotubi di carbonio come base dell’intelaiatura complessiva, aggiungendo componenti metalliche in modo da esaltarne le proprietà catalitiche.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin