Gli aspetti legati a Environmental, Social, and Governance fanno sempre più parte non solo dell’opinione pubblica, ma anche del mercato finance. Ecco perché sono così importanti gli investimenti, i criteri e i rischi ESG.

C’è chi pensa che l’ESG (Environmental, Social, and Governance) sia il futuro dell’investimento azionario. Invece è già il presente: il valore delle attività globali che applicano dati ambientali, sociali e di governance per guidare le decisioni di investimento è quasi raddoppiato in quattro anni. Secondo i dati Opimas, si è passati da quasi 23 mila miliardi nel 2016 a oltre 40mila miliardi nel 2020. E aggiunge, che stando così le cose, è improbabile che questo trend di crescita rallenti presto.

L’idea alla base dell’ESG è che, se sei un’azienda sostenibile e stai facendo affari in modo responsabile, questo ti premia nel breve, oltre che nel medio e lungo periodo perché questo significa trasparenza e applicazione di standard e politiche ESG alle proprie operazioni. Un esempio: nel 2015, Bank of America ha rivalutato le sue pratiche e ha stabilito più attività con energie rinnovabili, ha adeguato i suoi contratti con i dipendenti e ha promosso la diversità nell’azienda e nel senior management. L’azienda ha guadagnato 16,5 miliardi di dollari quello stesso anno. La sostenibilità, ambientale e sociale, che sta dietro alla sigla ESG è quindi un investimento, oltretutto remunerativo, non un costo.

ESG: cosa significa

Ma cos’è l’Environmental, Social, and Governance (ESG)? Ambiente, sociale e governance sono le tre categorie, o aree di interesse degli “investitori socialmente responsabili”. Significa anteporre l’attenzione all’ambiente, ma anche ai diritti umani e al rispetto di determinati standard lavorativi, alla deontologia professionale.

L’ambiente quindi è una parte, ma non tutto. L’ESG riguarda il rispetto di questioni sociali come le pratiche lavorative di un’azienda, la gestione dei talenti, la sicurezza dei prodotti e dei dati. Copre questioni di governance come la diversità del consiglio di amministrazione, la retribuzione dei dirigenti e l’etica aziendale.

Andiamo a guardare in particolare, cosa significano le tre singole voci. A livello ambientale, i parametri ESG includono aspetti quali l’impiego di fonti energetiche rinnovabili da parte di un’azienda, il suo programma di gestione dei rifiuti, il modo in cui gestisce i potenziali problemi di inquinamento dell’aria o dell’acqua derivanti dalle sue operazioni, la deforestazione, l’atteggiamento e le azioni dell’azienda in relazione ai problemi legati al climate change. 

Altri possibili aspetti legati alla voce Enviromental comprendono l’approvvigionamento delle materie prime, e se un’azienda segue pratiche di biodiversità sui terreni che possiede o controlla.

I criteri Social sono perlopiù legati alle relazioni sociali dell’azienda. Uno dei fattori chiave in questo senso per un’azienda è la relazione che ha con i propri dipendenti. Dagli stipendi ai piani pensionistici, all’attenzione del loro benessere tutto questo entra in gioco. Persino la salute mentale: in un articolo della Harvard Law School Forum on Corporate Governance, si mette in luce come la mental health e il benessere dei dipendenti si stanno posizionando in alto nella catena delle priorità aziendali. Iniziative efficaci condotte dall’impresa sul benessere emotivo sono ora apprezzate dagli azionisti, così come da altre parti interessate. Si scrive che:

Le stesse imprese stanno iniziando a mettere in evidenza queste questioni nelle divulgazioni esterne. Per esempio, nel suo rapporto ESG inaugurale dell’autunno 2020, Uber sottolinea come abbia ‘amplificato la nostra attenzione sulla salute mentale e il benessere e identificato modi sistematici per normalizzare la conversazione, come l’aggiunta di un giorno di riposo per il benessere come opzione nel nostro sistema di richiesta ferie’; l’ultimo rapporto di Eaton mette in evidenza il ‘Supporto alla salute mentale’; e AstraZeneca ora rivela nel suo rapporto di sostenibilità un formale ‘Modello di benessere della forza lavoro’”

Infine, il fattore ESG legato alla Governance (spesso compare come Corporate Governance) ha a che fare essenzialmente al modo in cui una società è gestita dai vertici aziendali. Quanto è alto il loro interesse per dipendenti, azionisti e clienti?

L’azienda restituisce alla comunità in cui è situata? Anche la trasparenza finanziaria e contabile è assai importante. Per esempio, la questione della compensazione dei dirigenti è un obiettivo primario di molti investitori ESG, che, per esempio, non tendono a favorire i bonus multimilionari per i dirigenti mentre l’azienda impone un blocco dei salari in vigore per tutti gli altri dipendenti.

ESG
L’ESG riguarda anche il rispetto di questioni sociali come le pratiche lavorative di un’azienda, la gestione dei talenti, la sicurezza dei prodotti e dei dati. Copre questioni di governance come la diversità del consiglio di amministrazione, la retribuzione dei dirigenti e l’etica aziendale.

Investimento ESG: a cosa si riferisce

Il parametro Environmental, Social and Governance ha un valore sempre più alto, specialmente nei criteri di investimento. In particolare, quello ESG si riferisce a una classe di investimento nota anche come “investimento sostenibile”. Questo è un termine che comprende, più in ampiezza, le operazioni finanziarie che cercano rendimenti positivi e un impatto a lungo termine sulla società, l’ambiente e la performance del business.

Ci sono diverse categorie di investimento sostenibile. Esse includono, tra l’altro, l’impact investing, l’investimento socialmente responsabile (SRI), e i value-based investing, ovvero quelli che ricercano il rendimento selezionando le opportunità d’investimento secondo criteri di rischio ambientale e sociale. 

Environmental, Social, and Corporate Governance è un parametro ben definito e ormai centrale negli investimenti e, tra l’altro, sempre più popolare tra i millennial. Secondo un recente sondaggio di Morgan Stanley Bank, quasi il 90% degli investitori nati tra anni Ottanta e Novanta sono interessati a perseguire investimenti dedicati.

Come evidenziava Standard & Poors lo scorso anno, gli investitori stavano reimmaginando lo stato futuro degli investimenti all’indomani della pandemia Covid-19, e i flussi record nei fondi ESG riflettono senza dubbio questa mentalità.

Quest’anno si è avuta la conferma: i fondi ETF dedicati ai temi ambientali, sociali e di governance aziendale hanno raggiunto un punto di svolta nel 2020, con un’incredibile crescita del 223% nel corso dell’anno, raggiungendo un nuovo record di 189 miliardi di dollari, segnala TrackInsight. Ma è da notare il fatto che gli ETF ESG hanno dominato anche in termini di performance complessiva, piazzando 5 titoli nei primi 10 più performanti a livello globale.

Per comprendere quanto sia importante il fattore ESG basti guardare ai principi ONU per l’investimento responsabile, frutto di un lavoro di una commissione di esperti. Da quanto si legge, esso è un approccio all’investimento che riconosce esplicitamente la rilevanza dei fattori ambientali, sociali e di governance per la performance e la redditività degli investimenti e per la salute e la stabilità a lungo termine del mercato nel suo complesso. Come principio primo riporta la volontà di incorporare le questioni ESG nell’analisi degli investimenti e nei processi decisionali.

Criteri ESG: ambiente, ma non solo

L’investimento segue, come detto, determinati criteri. In questo senso anche quelli ambientali, sociali e di governance ne hanno di specifici. Sono una serie di standard per le operazioni di un’azienda che gli investitori socialmente consapevoli usano per vagliare i potenziali investimenti.

Come già accennato, i criteri legati all’ambiente considerano come un’azienda si comporta nella sua gestione ecologica, ad ampio spettro. I criteri sociali esaminano come gestisce le relazioni con i dipendenti, i fornitori, i clienti e le comunità in cui opera. La governance riguarda la leadership di un’azienda, la retribuzione dei dirigenti, le revisioni, i controlli interni e i diritti degli azionisti.

Per comprendere quanto siano importanti citiamo il caso della società di asset management Amundi (1650 miliardi di fatturato), tra le 10 più importanti al mondo. Lo scorso 15 febbraio, l’amministratore delegato Yves Perrier ha inviato una lettera a 500 Ceo e presidenti di società quotate a livello internazionale, sottolineando i due temi prioritari che guideranno la politica di voto di Amundi nel 2021.

Per quanto riguarda la remunerazione dei manager, Amundi garantirà che sia in linea con la performance della società, a un livello accettabile rispetto ai benchmark di mercato, e che integri pienamente gli obiettivi Environmental, Social and Governance specifici. Ha anche votato contro i piani di remunerazione dei manager che non contenevano indicatori ESG. E ha ricordato che nella propria strategia di responsabilità verso la società viene perseguita in tre modi complementari: la considerazione dei criteri ESG nelle decisioni di investimento, una politica di voto che li incorpori, oltre al dialogo continuo con le aziende.

ESG
Gli investimenti comportano dei rischi. Nel caso degli ESG, si fa riferimento al rischio che deriva da fattori riconducibili a problemi di carattere ambientale, sociale e di governance aziendale.

ESG, l’attenzione alla sostenibilità è alta

Gli investimenti comportano dei rischi. Nel caso degli ESG si fa riferimento al rischio che deriva da fattori riconducibili a problemi di carattere ambientale, sociale e di governance aziendale, che abbiano impatto sulle performance dei titoli, nei quali un fondo comune d’investimento può detenere posizioni.

Oggi le aziende fanno particolare attenzione a questo aspetto, perché sono coscienti di quanto una scarsa attenzione verso uno di questi aspetti può provocare gravi danni reputazionali sia alle aziende sia, indirettamente, ai loro investitori. 

Il rischio ESG è stato preso in considerazione in maniera attenta durante il crollo delle Borse scatenato dallo scoppio della pandemia di Covid-19 in primavera. Lo rileva uno studio di Banca d’Italia, che ha utilizzato per la sua analisi, il Morningstar Sustainability rating, che permette di misurare il rischio legato a fattori ambientali, sociali e di governance. Tale studio ha messo in luce come, con lo scoppio della crisi, gli investitori hanno domandato fondi con basso rischio ESG a discapito di quelli che ne presentano uno alto.

L’importanza del fattore ESG e dei relativi rischi a livello economico-finanziario è tale che l’Unione Europea si è mossa da tempo per regolamentare il settore. Lo comprova, tra l’altro, il documento che la Commissione Europea ha commissionato a BlackRock (la più grande società di investimento nel mondo), in particolare alla divisione di consulenza dedicata, Financial Markets Advisory. Il documento riguarda lo sviluppo di strumenti e meccanismi per l’integrazione dei fattori ESG “nel quadro prudenziale bancario dell’UE e nelle strategie commerciali e nelle politiche di investimento delle banche”.

Pubblicato lo scorso dicembre, lo studio intermedio dovrebbe fornire “una prima panoramica dei possibili accordi, processi, meccanismi e strategie che le banche dell’UE devono attuare per mappare, valutare e gestire i rischi ESG, i meccanismi per la loro integrazione “nella vigilanza prudenziale dell’UE”, così come “gli impedimenti allo sviluppo di un mercato UE ben funzionante per la finanza verde e per gli investimenti responsabili, nonché gli strumenti e le strategie appropriate per promuovere la diffusione della finanza verde”. Articolato in quattro fasi, si concluderà con la consegna dello studio finale.

Se l’Europa dimostra attenzione all’aspetto ambientale, sociale e di governance ci aspettiamo che anche oltreoceano le cose cambieranno sensibilmente con l’amministrazione Biden. L’amministrazione Trump ha disincentivato gli investimenti ESG, come pure energie rinnovabili ed efficienza energetica.

Il nuovo presidente degli Stati Uniti in carica ha già mostrato di voler recuperare il terreno perso. Per questo fin dalla campagna elettorale la lotta al climate change è stata messa in primo piano, con l’intenzione di stanziare 2000 miliardi di dollari.

ESG e 17 SDGs: che legame c’è tra i parametri “green” e gli obiettivi di sviluppo sostenibile

C’è più di un legame tra ESG e 17 SDGs. Per comprenderlo occorre considerare, innanzitutto, un dato: entro il 2030 dovranno essere realizzati gli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello globale da tutti i 193 Paesi membri dell’ONU.

Questo richiederà un investimento pari a 1,4mila miliardi di dollari nei Paesi in via di sviluppo a basso reddito. Da qui emerge il significativo ruolo del settore privato e degli investitori nel centrare tali obiettivi.

Dall’altra parte, i 17 goals sono un riferimento basilare per aziende e investitori che puntano ai parametri ESG. In un momento in cui il reporting ambientale, sociale e di governance sta entrando nell’agenda strategica e operativa di sempre più aziende, gli SDGs delle Nazioni Unite sembrano essere i migliori strumenti da utilizzare come quadro di riferimento per migliorare i punteggi di rischio ESG e garantire le prestazioni aziendali a lungo termine.

Con 169 obiettivi specifici, gli SDGs presentano una vasta gamma di opportunità per le aziende che intendono mettersi in evidenza, fornendo un contributo tangibile per il Pianeta. Gli Obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite possono essere utilizzati per gestire il reporting ESG e creare valore finanziario a lungo termine.

Già oggi 207 ETF (Exchange Traded Funds, particolari fondi di investimento) ESG sono stati classificati come allineati agli SDG, rappresentando quasi il 38% di tutti i fondi “environmental, social and governance”, mette in luce TrackInsight nel suo Global ETF Insights, un’analisi condotta con il sostegno della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD).

Le potenzialità aperte per centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile puntando su investimenti “Environmental, Social, Governance” sono davvero ampie: lo stesso report segnala che sul totale dei 207 fondi ESG, 186 si concentrano solo su tre dei 17 SDGs, vale a dire l’azione per il clima (goal 13), l’energia accessibile e pulita (goal 7) e la parità di genere (goal 5).

Questi fondi hanno raccolto più di 71,6 miliardi di dollari in tutto il mondo, rappresentando quasi il 98% di tutti gli ETF allineati agli SDG. Sebbene altri otto obiettivi SDG siano coperti, lo sono in misura molto ridotta, con meno di 5 ETF per SDG. Ma soprattutto ci sono ancora sei goal attualmente non coperti da fondi ESG, lasciando opportunità non sfruttate e aree innovative per il settore.

ESG e 17 SDGs: il quadro d’insieme

Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) stabiliscono 17 aree critiche per risolvere le sfide economiche, sociali e ambientali entro il 2030. Sono l’evoluzione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio stabiliti dall’ONU e tramontati nel 2015 e tutti i 193 Stati membri hanno accettato l’Agenda 2030, chiedendo a tutte le imprese di essere parte attiva e creativa delle soluzioni.

Mentre alcuni obiettivi ricadono direttamente sotto la responsabilità dei governi, l’ONU si aspetta che organizzazioni di ogni dimensione facciano passi incisivi per centrare il traguardo.

In un momento in cui il reporting ambientale, sociale e di governance sta entrando nell’agenda strategica e operativa di sempre più aziende, i goal delle Nazioni Unite sembrano essere i migliori strumenti da utilizzare come quadro di riferimento per migliorare i punteggi di rischio ESG e garantire le prestazioni aziendali a lungo termine.

Nemmeno la pandemia ha incrinato la crescita dei fondi (ETF) ESG: malgrado il mercato finanziario globale abbia subito una grave crisi nei mesi più duri dell’emergenza sanitaria i fondi Environmental, Social and Governance hanno avuto un lusinghiero andamento, con oltre 174 miliardi di dollari raccolti solo attraverso gli investimenti in ETF.

Tra l’altro, l’Europa – che per molto tempo ha dominato il mercato degli investimenti ESG – mantiene il suo ruolo prevalente. Più di 155 fondi ESG sono ora quotati in Europa con più di 52,8 miliardi di dollari in attività (quasi il 74% del totale delle attività allineate agli SDG).

Da tutto questo si evidenzia l’importanza che possono avere tali fondi e soprattutto le politiche aziendali per sostenere gli sforzi utili a centrare i traguardi ONU. A meno di 10 anni dalla scadenza degli SDGs mancano ancora le risorse necessarie e deve essere colmato un’ampia lacuna in termini di finanziamenti.

Già nel 2019, in occasione del Forum delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo sostenibile, i vertici ONU hanno sottolineato l’importanza di sbloccare maggiori risorse e allineare meglio il capitale privato per il progresso degli SDG.

D’altra parte, gli investitori sono costretti a “navigare a vista” nel decidere quali ETF ESG acquistare. In tale contesto, gli obiettivi di sviluppo sostenibile rappresentano un potente strumento per confrontare tali fondi d’investimento: sono riconosciuti a livello globale, sanciti da accordi internazionali e indipendenti da preoccupazioni commerciali. Così si rafforza il legame tra ESG e 17 SDGs.

Il ruolo degli investitori, sempre più attratti dal green

Resta da capire se i fondi sostenibili siano allineati o meno con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, ovvero se ESG e 17 SDGs possano trovare metriche comuni. Su questo punto TrackInsight ha avviato un’analisi mirata a mappare i fondi ESG e a trovare punti in comune con uno qualsiasi dei 17 Sustainable Development Goals, in base alla metodologia o alla strategia dei fondi come indicato nel loro obiettivo di investimento.

l risultato di questa analisi, come detto all’inizio, è che alla fine del 2020, ben 207 ETF ESG sono stati classificati come allineati agli obiettivi, rappresentando quasi il 38% di tutti i fondi.

Tuttavia, 186 dei 207 fondi allineati agli obiettivi SDG si concentrano solo su tre dei 17 goal. Questi fondi hanno raccolto più di 71,6 miliardi di dollari in tutto il mondo, rappresentando quasi il 98% di tutti gli ETF allineati agli SDG. C’è quindi molto da fare, anche se le basi per cogliere risultati tangibili ci sono tutte.

Come ha messo in luce la società di servizi finanziari S&P Global (che svolge servizi tra i quali quelli svolti dall’agenzia di rating Standard & Poor’s) il 49% dei ricavi delle maggiori aziende globali sono generati in attività commerciali che sostengono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Secondo la Commissione Affari e Sviluppo Sostenibile, lanciata a Davos nel 2016, mettere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al centro della strategia economica mondiale potrebbe sbloccare 12mila miliardi di dollari in opportunità e 380 milioni di posti di lavoro all’anno entro il 2030.

Sulle cifre concorda anche Deloitte: le organizzazioni che si impegnano per la sostenibilità nel suo senso più ampio, incarnato dai 17 SDGs avranno generato almeno 12mila miliardi di dollari di risparmi e nuove entrate in quattro aree chiave: energia, città, cibo e salute.

A ricordarlo è il World Economic Forum, che evidenzia come attualmente, gli investitori cerchino attivamente le aziende con forti credenziali ambientali, sociali e di governance. E lo confermano le grandi quantità di denaro diretti su prodotti e fondi finanziari etichettati ESG. Tra il 2014 e il 2019, gli investimenti sostenibili nei paesi sviluppati sono aumentati del 68% e hanno raggiunto i 30,7 trilioni di dollari di patrimonio in gestione.

Si aggiunga a questo quadro, infine, che secondo una nuova ricerca di Martin Currie, parte di Franklin Templeton Group, gli investitori che utilizzano i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nella loro analisi ESG possono identificare meglio le aziende best-in-class e produrre i migliori risultati relativi alla sfera environmental, social and governance.

Cresce l’interesse delle PMI verso i criteri ESG

I criteri environmental, social e governance piacciono sempre più alle PMI. Un quarto circa dei titolari e manager di Piccole e Medie Imprese afferma di avere adottato un piano ESG: la crescita è significativa rispetto al 2020 (14%). Lo rileva un’indagine Generali, mediante sondaggio su più di mille PMI europee.

Questa crescita di interesse è anche una conseguenza di ciò che sta accadendo nelle grandi imprese, sottoposte a una crescente pressione da parte di investitori, consumatori, dagli stessi dipendenti fino alle autorità di regolamentazione, affinché le imprese integrino le considerazioni e le metriche ESG.

Lo scrivono Olivier Woeffray e Zishu Chen sul sito del World Economic Forum, segnalando come il segmento delle Piccole e Medie Imprese stia avendo una crescente consapevolezza su questo fenomeno. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, esse rappresentano il 90% di tutte le imprese a livello globale, contribuiscono a circa il 70% dell’occupazione e sstrainano fino al 70% del PIL mondiale.

Certo, ci sono ancora diversi aspetti su cui lavorare. Un esempio: quanto sono ricettive le PMI alla rendicontazione ESG? Secondo una consultazione pubblica, riportata dalla Commissione Europea, emerge che il 53% delle PMI dell’UE è d’accordo con uno standard di rendicontazione volontario, il 15% (obbligatorio), mentre il 30% non ritiene necessario uno standard di rendicontazione.

Eppure ci sono segnali lusinghieri di una progressiva consapevolezza da parte delle imprese di medio piccola dimensione. Sono i dati che emergono dal primo database ESG su Euronext Growth Milan. Da qui emergono diversi elementi di interesse: il primo è che il 22% delle Società EGM rendiconta le tematiche di sostenibilità (in crescita del +54% rispetto al 2020).

Inoltre, Il 60% del campione (40 società sul totale delle 179 quotate, con una capitalizzazione sdi mercato pari a 3,2 miliardi di euro) integra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile all’interno della propria strategia aziendale (era il 46% nel 2020).

Tale analisi ha il merito di mostrare alcune caratteristiche peculiari di queste società. La prima riguarda il settore in cui operano: la maggior parte appartiene a quello dei technology service (30%), seguito dai settori commercial service (13%) e producer manufacturing (10%). Riguardo alla loro provenienza, metà del campione ha sede in Lombardia, seguita da Lazio (13%), Emilia-Romagna, Veneto e Campania (8%).

La maggioranza (62%) delle società quotate in Euronext Growth Milan che redige un documento ESG dichiara un’esperienza almeno biennale nella rendicontazione di sostenibilità. Inoltre, l’87% delle imprese rendiconta almeno una tematica ambientale all’interno del proprio documento di sostenibilità.

In merito invece all’attenzione delle PMI quotate rispetto ai 17 Goals di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, ben il 60% delle aziende campione ha preso in considerazione l’impatto che la propria attività ha sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. Si tratta di un dato in netto miglioramento rispetto all’esercizio 2020, quando il 54% dichiarava altresì di non adottare politiche SDGs (38% nel 2021).

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin