L’European Banking Authority ha richiesto alle banche di incorporare i rischi ambientali e sociali nel Pillar 1 dei requisiti patrimoniali minimi per affrontare più prontamente i rischi legati al clima. È la prima autorità bancaria al mondo a deliberare così.
In tema di finanza e ESG, l’Unione Europea richiede una maggiore attenzione da parte delle banche sul tema dei rischi ambientali e sociali correlati al clima. Non solo: ha intrapreso una revisione del quadro Pillar 1 per far sì che vengano incorporati tali rischi.
Lo ha fatto di recente con un’iniziativa che non ha precedenti al mondo. La European Banking Authority ha pubblicato un report in cui raccomanda miglioramenti al quadro Pillar 1 (dedicato ai requisiti patrimoniali minimi) in modo da “catturare i rischi ambientali e sociali”. Come fa notare Bloomberg, per la prima volta a livello mondiale, il principale regolatore bancario europeo sta rivedendo il quadro che fissa i requisiti patrimoniali “in modo che i finanziatori riflettano i rischi ambientali e sociali in ‘zone cuscinetto’ obbligatorie a livello di settore”.
Il documento dell’EBA verte sul ruolo dei rischi ambientali e sociali “nel quadro prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento”. Adottando un approccio basato sul rischio, valuta il modo in cui l’attuale quadro prudenziale riesce a cogliere i rischi ambientali e sociali. Non si limita a questo: l’Authority raccomanda miglioramenti mirati ad accelerare l’integrazione dei rischi ambientali e sociali nel Pilastro 1, convinta che tali miglioramenti proposti possano “sostenere la transizione verso un’economia più sostenibile, garantendo nel contempo che il settore bancario rimanga resiliente”.
Finanza e ESG: i rischi correlati ai cambiamenti climatici
L’Authority bancaria dell’UE è consapevole che i rischi ambientali e sociali stanno modificando il profilo di rischio del settore bancario e si prevede che diventeranno più importanti nel tempo. Qui entra in gioco la relazione tra finanza e ESG, tra i cui rischi vengono contemplati in primo piano i cambiamenti climatici, che hanno e avranno sensibili conseguenze a livello ambientale e sociale. Non solo: anche a livello economico l’impatto è altissimo. Secondo la Casa Bianca i fenomeni estremi aggravati dal cambiamento climatico potrebbero costare al bilancio federale degli Stati Uniti circa duemila miliardi di dollari ogni anno fino da qui al 2100.
Questi costi li pagano anche le aziende. La Banca europea degli investimenti, in una survey pubblicata quest’anno, ha messo in rilievo che circa il 64% delle aziende dell’UE è stata colpita dai rischi fisici (inondazioni, uragani ecc.) del cambiamento climatico. Il problema è che solo il 36% di tutte le aziende dell’UE ha già adottato misure per rafforzare la resilienza contro questi rischi, consistenti principalmente in investimenti in soluzioni per evitare o ridurre l’esposizione a questi rischi. Solo il 13% delle aziende ha stipulato un’assicurazione per compensare le perdite legate al clima.


Se le imprese sono a rischio, lo sono anche le banche che prestano loro denaro. Lo sono anche nel cercare rimedi a questa situazione, che passano anche dall’attuazione della transizione verde, che a sua volta richiede investimenti significativi. La BCE (Banca Centrale Europea) ha analizzato quali possano essere le opportunità e le criticità poste su questo tema. Ha rilevato che le banche sono esposte al rischio di credito più elevato se la transizione deve essere affrettata in una fase successiva e gli investimenti sono necessari rapidamente a costi più elevati.
“Nella transizione tardiva, le banche possono aspettarsi un aumento del rischio di credito di oltre il 100% entro il 2030 rispetto al 2022, mentre nella transizione accelerata l’aumento è solo del 60%”.
Anche la Bank of England ha messo in guardie banche e assicuratori: se non riescono a gestire i rischi climatici come un problema di “prim’ordine” potrebbero subire un calo tra il 10% e il 15% sui profitti annuali e requisiti patrimoniali più elevati.
Le raccomandazioni dell’EBA
Servono, quindi, azioni immediate e servono quanto più rapidamente possibile. Per questo il rapporto dell’EBA raccomanda miglioramenti basati sul rischio alle categorie di rischio del quadro normativo del “Pilastro 1” e formula esortazioni per intraprendere azioni a breve termine da intraprendere nei prossimi tre anni. A questo proposito ritiene:
“in questa fase, che la soluzione più coerente da una prospettiva prudenziale basata sul rischio sia quella di affrontare i rischi ambientali attraverso un uso efficace e modifiche mirate del regime prudenziale esistente piuttosto che attraverso trattamenti dedicati come fattori di supporto o penalizzazione”.
La European Banking Authority propone diverse misure a tale proposito. Innanzitutto richiede di includere i rischi ambientali nell’ambito dei programmi di stress test sia nell’ambito dell’approccio basato sui rating interni che dell’approccio dei modelli interni nell’ambito della revisione fondamentale del portafoglio di negoziazione. Inoltre incoraggia l’inclusione dei fattori ambientali e sociali come parte delle valutazioni esterne del credito da parte delle agenzie di rating del credito. Promuove l’inclusione di fattori ambientali e sociali come parte dei requisiti di due diligence e di valutazione delle garanzie immobiliari.
EBA propone anche di richiedere alle istituzioni di identificare se i fattori ambientali e sociali costituiscono fattori scatenanti delle perdite dovute al rischio operativo. Infine, consiglia di sviluppare progressivamente parametri di misurazione del rischio di concentrazione legato all’ambiente come parte delle segnalazioni di vigilanza.
Rischi climatici e ambientali: banche ancora indietro, secondo la BCE
Le raccomandazioni dell’Authority bancaria dell’UE in materia di finanza e ESG non sono nuove e neppure isolate, in tema di finanza e clima. La stessa BCE la scorsa primavera aveva pubblicato una valutazione (la terza) sui progressi compiuti dalle banche europee nella divulgazione dei rischi climatici e ambientali. Quanto emerge non è positivo per le banche. Si legge infatti che:
“Sebbene nell’ultimo anno le banche abbiano aumentato le informazioni pubblicate, la qualità delle loro informative è ancora troppo bassa per soddisfare i futuri standard di vigilanza. Le maggiori banche europee generalmente dispongono di informazioni migliori rispetto alle loro controparti non-UE, ma non riescono comunque a soddisfare pienamente le aspettative della BCE. Le banche europee devono prepararsi a rispettare le norme più severe dell’UE sulla divulgazione dei rischi climatici e ambientali che entreranno in vigore quest’anno”.
I nuovi requisiti, delineati nel report dell’EBA, segnano il primo di quella che sarà una continua rielaborazione del quadro patrimoniale all’interno del quale le banche europee dovranno operare. L’obiettivo è riflettere la crescente minaccia alla stabilità finanziaria che i regolatori ora contemplano attraverso fattori ESG come il climate change e la disuguaglianza.
Finanza e ESG, le critiche delle banche
Per parte loro, gli istituti bancari hanno già posto critiche a riguardo. Già lo scorso anno la Federazione Bancaria Europea (EBF), la principale voce di rappresentanza del settore bancario europeo (conta 33 associazioni bancarie nazionali in Europa che insieme rappresentano circa 3.500 banche) parlando di rendimento patrimoniale del Pillar 1 per il rischio climatico lo ha definito “lo strumento sbagliato per lo scopo giusto”. In un comunicato, ha messo in luce che c’è consapevolezza che i cambiamenti climatici comporteranno nuove considerazioni sui rischi, segnalando anche come il quadro prudenziale offra molteplici strumenti per affrontarli progressivamente. Qui pone la critica a EBA e BCE, non citandoli direttamente, ma parlando di “alcuni” che sostengono che dovrebbero essere imposti aumenti di capitale fissati nel Pilastro 1 mediante fattori di aggiustamento ponderati per il rischio. Qui l’affondo:
“La lezione della pandemia ci ha insegnato che il Pilastro 1 non è la misura giusta in questo momento. Renderebbe il regolamento più rigido, ma non più robusto”.
Da una parte quindi gli enti di vigilanza, dall’altra le banche alle prese entrambi con scenari sempre più volubili e preoccupanti. Cosa fare allora? Secondo Jose Manuel Campa, presidente dell’EBA, l’unica soluzione è lavorare in sinergia. In una intervista riportata da Bloomberg ha affermato che:
“Dobbiamo essere lungimiranti e dobbiamo accettare che dobbiamo essere lungimiranti. Quindi dobbiamo essere disposti a lavorare di più con gli scenari. È probabile che il clima aumenti le correlazioni tra quei rischi che prima si pensava fossero diversificati. Alcuni che pensavi non fossero correlati, saranno molto correlati.”