I cambiamenti climatici generano impatti sempre più significativi sull’ambiente del pianeta. I ghiacciai, attraverso il loro ritiro, costituiscono un testimone loro malgrado privilegiato. Grazie alla ricerca e alla tecnica fotografica e al contributo di apporti scientifici multidisciplinari, i risultati degli studi della climatologia e della glaciologia incontrano il grande pubblico, con intenti di sensibilizzazione e divulgazione scientifica.

TAKEAWAY

  • La montagna, attraverso le sue trasformazioni, rappresenta un indicatore molto efficace degli effetti a livello locale e globale generati dal cambiamento climatico.
  • Le moderne tecnologie (fotografia, droni, satelliti, ecc.) consentono di monitorare e osservare il ritiro dei ghiacciai con un livello di dettaglio e completezza mai raggiunto prima.
  • Il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai” riassume tredici anni di ricerca ed esplorazione di Fabiano Ventura sulle montagne di tutto il mondo. Oggi in mostra al Forte di Bard, che rinnova il proprio impegno nei confronti della cultura e della salvaguardia dell’ambiente montano.

Documentare il cambiamento climatico in montagna, significa raccogliere – per divulgarle – tutte quelle informazioni sulle trasformazioni dell’ecosistema, causa di impatti sempre più significativi a livello globale, condizionando la vita e la sopravvivenza stessa di intere comunità, oltre a stravolgere lo stato dei luoghi per come eravamo e siamo abituati a conoscerli.

Un ecosistema ricco e fragile come la montagna è da sempre uno dei testimoni privilegiati dei processi di cambiamento, oggetto di studi da parte di discipline scientifiche come la climatologia e la glaciologia, che si avvalgono di tecnologie all’avanguardia per rilevare, analizzare e divulgare i dati relativi alle dinamiche da cui scaturisce la trasformazione del paesaggio montano.

Tali temi sono oggetto della presentazione dei risultati del progetto fotografico-scientifico “Sulle tracce dei ghiacciai”, ora allestito in anteprima mondiale nella mostra “Earth’s Memory – I ghiacciai, testimoni della crisi climatica”, in programma presso il Forte di Bard (AO) fino al prossimo 18 novembre.

Il progetto, realizzato dal fotografo, alpinista e ricercatore Fabiano Ventura, si è svolto attraverso otto spedizioni scientifiche svolte dal 2009 al 2021, per scoprire l’evoluzione in atto sui più importanti ghiacciai del pianeta, dai colossali giacimenti sull’Himalaya alle montagne di casa nostra. Il denominatore comune, salvo rarissime eccezioni, ci mostra fenomeni di ritiro dei ghiacci che ormai si posizionano ben oltre il livello di guardia.

LEGGI l’INTERVISTA A FABIANO VENTURA

Climatologia, glaciologia e divulgazione scientifica

Prima di addentrarci nel tema e approfondire le tecniche e i metodi volti a documentare il cambiamento climatico in montagna, preme ricordare come il fenomeno del climate change sia diventato di grande attualità nel corso degli ultimi anni, quando hanno iniziato a manifestarsi in maniera evidente una serie di episodi sempre più distruttivi per l’ambiente in cui viviamo.

Nonostante una serie di buone intenzioni, tra cui spicca il celebre Protocollo di Kyoto (1997, in vigore dal 2005), in cui 37 paesi industrializzati, oltre alla Comunità Europea, si sono presi l’impegno di ridurre le emissioni dei gas serra, non si è ancora riusciti a convergere verso azioni resilienti per la salvaguardia del pianeta.

Gli aspetti speculativi e le tensioni a livello geopolitico certamente non aiutano a viaggiare verso una direzione comune.

La maggior parte delle persone vive nelle città, contesti spiccatamente artificiali in cui non è affatto immediato percepire gli effetti continuativi del cambiamento climatico, se non per i disagi provocati da fenomeni meteorologici sempre più estremi.

Il paesaggio naturale riesce a testimoniare in maniera più efficace e diretta l’evoluzione dell’ambiente, attraverso le sue trasformazioni fisiche.

Tale fenomeno risulta più che mai evidente nel caso dei ghiacciai montani, soggetti al fenomeno del ritiro dei giacimenti causati dall’innalzamento della temperatura media annua e dalla riduzione delle precipitazioni nell’arco del periodo invernale.

Scienze come la climatologia e la glaciologia hanno reso sempre più frequente il rapporto tra tecnologia e montagna, avvalendosi degli strumenti più innovativi sia per condurre le loro ricerche che per divulgarne i risultati anche presso il pubblico generalista.

Nel contesto tecnologico, i due metodi di rappresentazione delle variazioni climatiche sui ghiacciai più utilizzati sono il fotoconfronto e la fotografia timelapse.

Il fotoconfronto, come il nome stesso suggerisce, accosta simultaneamente le immagini dello stesso luogo in differenti situazioni nel tempo, ai fini di mettere in evidenza le trasformazioni intervenute nel periodo che separa i due scatti.

Il messaggio rappresentato attraverso tale tecnica è incredibilmente intuitivo e consente anche al pubblico non esperto di rendersi conto dell’entità del ritiro che i ghiacciai subiscono nel corso degli anni.

La fotografia timelapse è una tecnica cinematografica consolidata che prevede che la frequenza di cattura dei fotogrammi sia inferiore rispetto a quella di riproduzione, in modo che la ripresa subisca l’effetto di una decisa accelerazione rispetto alla situazione reale di ripresa.

Nella ripresa dei ghiacciai, il montato finale descrive in pochi secondi l’azione di ritiro dei ghiacci, che nella realtà avviene in diverse settimane, mesi e anni.

La tecnica della fotografia timelapse è molto utilizzata in generale nel documentario naturalistico, quando si rende necessario visualizzare movimenti molto lenti, che in tempo reale l’uomo non sarebbe in grado di cogliere: un fiore che sboccia, la trasformazione di un albero attraverso le quattro stagioni o il movimento del sole e degli astri sulla volta celeste costituiscono alcuni degli esempi più ricorrenti.

Documentare il cambiamento climatico in montagna: tecniche e metodi per comunicare le trasformazioni dell’ecosistema glaciale

Tecnologia e montagna hanno negli anni sviluppato un rapporto sempre più solido e continuativo, per supportare attività di ricerca scientifica e divulgazione sulle trasformazioni dell’ecosistema glaciale e, più in generale, sull’ambiente e le annesse attività antropiche legate alle regioni più elevate del pianeta.

Senza alcuna pretesa esaustiva, vediamo una rapida rassegna delle tecniche e dei metodi più diffusi per documentare il cambiamento climatico in montagna e, più in generale, per conoscere l’ambiente della montagna.

Stazioni meteorologiche

Sistemi di monitoraggio solitamente impiegati per la preparazione in tempo reale di analisi metereologiche, per lo studio del clima, per indagini idrologiche, per la meteorologia agricola oltre che, come nel caso del paesaggio montano, per la ricerca metereologica e climatologica.

Ne esistono di varie tipologie e sono in grado di operare in condizioni ambientali estreme, grazie al controllo da remoto. Acquisiscono dati in tempo reale dal contesto fisico in cui si trovano e li trasmettono ai sistemi di gestione, dove vengono preparati e analizzati.

Ricerca di archivio e restauro dei supporti fotografici originali

L’istruttoria di un percorso di conoscenza contemporaneo si colloca in continuità con gli studi effettuati in passato.

La ricerca archivistica consente di utilizzare i documenti e le testimonianze di chi ci ha preceduti, in riferimento a fatti e situazioni che non esistono più. Molto spesso, le fonti dirette necessitano di operazioni di restauro per restituire i dettagli originali, soprattutto nella prospettiva di un fotoconfronto.

Documentare il cambiamento climatico in montagna: la fotografia digitale

Disciplina che si avvale di numerose tecnologie hardware e software per documentare luoghi e situazioni, ai fini di divulgarne la conoscenza.

Il digitale ha inoltre ampliato enormemente le potenzialità in termini di post-produzione, oltre ad abilitare funzioni come la condivisione diretta di immagini e video sui social network.

Tale prassi, sempre più diffusa, ha abilitato il fenomeno dello user generated content, laddove i comuni cittadini diventano la fonte primaria dell’informazione, grazie a strumenti professionali o alla qualità che oggi anche un comune smartphone è in grado di garantire.

Fotografia a punto di ripresa fisso con intervallometri

La tecnica del timelapse richiede l’allestimento di postazioni di ripresa fisse, in cui la camera effettua i propri scatti grazie alle impostazioni definite dagli intervallometri. Non ci sono regole assolute, la cadenza viene definita in base elle esigenze specifiche.

Nel caso di fenomeni caratterizzati da tempi di trasformazione lunghi, come nel caso di un ghiacciaio, è ad esempio sufficiente uno scatto al giorno, mantenendo stabili sia il punto di ripresa che l’obiettivo.

Documentare il cambiamento climatico in montagna: la fotografia aerea con droni

I droni hanno consentito di semplificare e rendere decisamente più economiche le riprese aeree, per coprire e rilevare zone anche molto vaste in tempi relativamente limitati.

In altri termini, grazie ai droni possiamo accedere ad una varietà di luoghi decisamente più ampia, oltre ad ottenere quantità e varietà di dati molto significative, sia per le attività di monitoraggio che per l’integrazione in tempo reale con una grandissima varietà di applicazioni, tra cui la climatologia e la glaciologia.

Fotogrammetria 3D

Le riprese effettuate con i droni vengono spesso utilizzate quali fonti per i software di fotogrammetria 3D, che consentono di ricreare una nuvola di punti digitale e un modello 3D realistico del contesto rilevato.

Tale tecnica si impiega soprattutto quando si intende focalizzarsi su un dettaglio ben riconoscibile, come una conca in cui è in atto un evidente fenomeno di ritiro, creando di fatto un vero e proprio digital twin che può essere utilizzato per vari scopi di analisi e rappresentazione.

Documentare il cambiamento climatico in montagna: la fotografia satellitare

I satelliti costituiscono un occhio costantemente puntato sul nostro pianeta, in grado di acquisire immagini della situazione zenitale con una risoluzione molto elevata. La fotografia satellitare viene da tempo utilizzata per applicazioni civili e militari.

Nel caso del monitoraggio dei ghiacciai, si rivela estremamente utile per correlare i fenomeni che non possono essere rilevati puntualmente, per via della loro naturale estensione.

I singoli ghiacciai si estendono lungo decine di chilometri, interessando, attraverso le loro ramificazioni, aree di svariati km quadrati. La fotografia satellitare può essere utilizzata per confrontare l’evoluzione, nel tempo, dei fenomeni di ritiro su scala territoriale, evidenziando aspetti collaterali come la formazione di laghi glaciali, la cui costituzione rappresenta una notevole fonte di rischio idro-geologico.

Torri del Paine (Patagonia, Cile). Foto storica, 1945, Alberto Maria De Agostini (Credit: Museo Borgatello di Punta Arenas); foto contemporanea, 2016, Fabiano Ventura (Credit: Associazione Macromicro).
In alto, i ghiacciai Torri del Paine (Patagonia, Cile) in una foto storica del 1945 di Alberto Maria De Agostini (Credit: Museo Borgatello di Punta Arenas); in basso, una foto contemporanea (2016) di Fabiano Ventura (Credit: Associazione Macromicro).

L’esperienza di Fabiano Ventura: il progetto fotografico-scientifico “Sulle tracce dei ghiacciai (2009-2022)”

Un mirabile esempio di climatologia e glaciologia al servizio della divulgazione scientifica, per documentare il cambiamento climatico in montagna, è sintetizzato nella mostra Earth’s Memory, la cui prima edizione è attualmente in corso presso il Forte di Bard.

Tecnologia e montagna trovano il loro punto di incontro nel progetto di ricerca fotografico-scientifico “Sulle tracce dei ghiacciai”, ideato e diretto in prima persona dal fotografo Fabiano Ventura.

La mostra è costituita da due tipologie di allestimento. Da un lato, il fotoconfronto di oltre novanta situazioni, ricostruite da Ventura sulla base del lavoro svolto attraverso la ricerca di archivio e le immagini acquisite durante le spedizioni sul Karakorum (2009), Caucaso (2011), Alaska (2013), Ande (2016), Himalaya (2018) e Alpi (2019, 2020, 2021).

Le immagini sono in grado di generare un evidente impatto emozionale e invitano il pubblico generalista a una riflessione circa gli effetti derivanti dai cambiamenti climatici.

I fotoconfronti sono completati dalle presentazioni multimediali dei backstage relativi alle spedizioni, a cominciare dai pareri degli esperti e degli scienziati (geologi, climatologi, glaciologi, ecc.) che hanno accompagnato Ventura nel corso delle sue missioni.

In particolare, si distingue il contributo dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), che ha sviluppato una serie di elaborati analitici, fotoconfronti e timelapse sulla base della fotografia satellitare.

La mostra riesce pienamente nel suo intento divulgativo grazie a un messaggio semplice e diretto, supportato da una grande varietà tecnologica multimediale. Secondo Fabiano Ventura: «La mostra nasce dalla volontà di condividere un percorso composto da varie fasi: dalle ricerche di archivio sulle fotografie, le carte geografiche e i diari di viaggio dei primi esploratori alla definizione degli itinerari in grado di rintracciare gli esatti punti fotografici storici, dalle emozioni vissute esplorando nuovi orizzonti all’indignazione provata di fronte a un paesaggio drammaticamente stravolto».

La componente emozionale, secondo Ventura, svolge in fatti un ruolo essenziale nell’indirizzare un messaggio costruttivo, attraverso l’oggettiva rappresentazione dei fatti: «L’uomo è un abitante della Terra e non è estraneo alla natura. Salvaguardarla vuol dire salvaguardare noi stessi come specie e come umanità. L’abbandono di una visione totalmente antropocentrica è diventata una delle sfide più importanti del nostro tempo. […] I confronti esposti rappresentano i cambiamenti avvenuti in un breve arco temporale e al tempo stesso lasciano una testimonianza e un monito per le generazioni future»

Ghiacciaio del Morteratsch (Canton Grigioni, Svizzera), vista da Nord. Foto storica, 1883, Florio Tognoli (Credit: SLUB Dresden/Deutsche Fotothek); foto contemporanea, 2021, Fabiano Ventura (Credit: Associazione Micromega).
In alto, il ghiacciaio del Morteratsch (Canton Grigioni, Svizzera), vista da Nord, in una foto storica del 1883 di Florio Tognoli (Credit: SLUB Dresden/Deutsche Fotothek); in basso, una foto contemporanea dello stesso ghiacciaio (2021) scattata da Fabiano Ventura (Credit: Associazione Micromega).

Documentare il cambiamento climatico in montagna: l’impegno del Forte di Bard per la cultura e la salvaguardia dell’ambiente montano

«Il Forte di Bard intende contribuire a veicolare nei confronti del pubblico una maggiore consapevolezza sull’impatto che le attività umane hanno sul clima, sensibilizzandolo sulla necessità di salvaguardare le risorse naturali per la tutela delle generazioni future. […] Un ambito sul quale lavoriamo da anni e su più fronti sostenendo anche progetti scientifici e di ricerca che contribuiscono a fare conoscere l’impatto del cambiamento climatico sulle aree glaciali».

È con queste parole che Ornella Badery, presidente del Forte di Bard, ha accompagnato l’inaugurazione di Earth’s Memory.

Dopo anni di abbandono, l’imponente struttura del Forte di Bard, collocata all’ingresso della Valle D’Aosta, a soli 25km da Ivrea, è stata rifunzionalizzata quale polo didattico-museale ed è dal 2006 sede del Museo delle Alpi, un allestimento composto da venticinque sale attraverso cui si articolano tre sezioni tematiche, in cui a farci da guida ritroviamo la presenza multimediale di naturalisti, geografi, antropologi, storici, meteorologi e noti esperti della montagna.

La notorietà a livello internazionale è arrivata nel 2014, quando il Forte ha “interpretato” la sede dell’Hydra nell’immaginaria Sokovia di Avengers: Age of Ultron. Il set, allestito insieme ad altre località della Valle d’Aosta, è stato oggetto di una mostra divenuta ben presto sede di pellegrinaggio da parte dei fan del Marvel Cinematic Universe provenienti da tutto il mondo.

Il progetto Save The Glacier

L’insieme delle azioni utili a sensibilizzare in merito agli effetti dei cambiamenti climatici e alla salvaguardia dell’ambiente e delle culture montane ha dato luogo al progetto Save The Glacier, che si compone di un’ampia serie di attività.

Adieu des glaciers: ricerca fotografica e scientifica

Oltre alla già citata Earth’s Memory, il Forte di Bard ha ospitato negli anni numerose mostre utili a raccontare la montagna in maniera multidisciplinare, attraverso l’utilizzo della tecnica fotografica associata ai risultati della ricerca scientifica.

In questo contesto si colloca il progetto quadriennale, aperto dal 2020 al 2023, che vede ritratti il Monterosa (2020), il Cervino (2021), il Gran Paradiso (2022, in corso) e il Monte Bianco (previsto per il 2023). Oltre alle montagne, non mancano le mostre dedicate alla vita e all’impegno di ricercatori come il glaciologo Umberto Monterin, attualmente in corso.

Progetti e ricerche

L’Associazione Forte di Bard, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, Arpa Valle d’Aosta, il Comitato Glaciologico Italiano e Fondazione Montagna Sicura, dal 2020 bandisce ogni anno il “Premio Forte di Bard”, con l’impegno di valorizzare le attività di ricerca focalizzate su temi chiave per il futuro dell’ambiente e della montagna.

Il Forte di Bard contribuisce inoltre al progetto di ricerca sull’analisi fisico-chimica per rilevare la presenza di microplastiche nella neve, che si svolge sul Monte Rosa, in collaborazione con il CNR-IRSA e l’Università degli Studi di Torino, con cui è in atto una convenzione utile a sostenere un’ampia gamma di iniziative di ricerca e divulgazione, oltre alla possibilità di garantire lo svolgimento di tirocini e stage per gli studenti dell’ateneo.

Energy Saving e turismo sostenibile

Oltre a sostenere e a ospitare attività divulgative e didattiche finalizzate alla tutela dell’ambiente montano e delle sue culture, il Forte di Bard ha da tempo adottato tecnologie e iniziative mirate ad abbattere i costi energetici dell’imponente struttura museale di cui dispone, oltre a promuovere varie forme di mobilità sostenibile.

Tali attività sono rientrate nel contesto delle politiche energetiche a livello comunitario Clima Energia 20-20-20 (2007) e Energy Saving (dal 2019 al 2023). Gli interventi prevedono la sostituzione delle fonti fossili con fonti di energia rinnovabile.

Il Forte di Bard sarà inoltre un nodo fondamentale della ciclovia internazionale Interreg, in corso di realizzazione, il cui percorso connetterà una serie di località di rilievo in Piemonte, Valle D’Aosta e Svizzera.

L’iniziativa prevede un circuito attrezzato per e-bike, supportato da colonnine di ricarica e ciclofficine, che porterà i visitatori a scoprire gli aspetti naturalistici, monumentali ed enogastronomici di cui le regioni citate costituiscono una riconosciuta eccellenza.

Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin