Sulla transizione digitale ed energetica passa buona parte del futuro dell’Italia e non solo. Siamo pronti ai cambiamenti già presenti oggi? Ecco come è messa l’Italia.

TAKEAWAY

  • La transizione digitale e quella energetica impongono sfide importanti, cui bisogna farsi trovare preparati. L’Italia mostra lati chiaroscurali in entrambi i sensi.
  • Per vivere l’evoluzione digitale, in particolare, si deve accrescere il livello di formazione e di competenze, su cui cittadini e imprese mostrano lacune.
  • A proposito di transizione energetica, come ha spiegato il Ministro Cingolani al convegno di PwC Italia, il nostro paese la sta affrontando aumentando la quota di rinnovabili e rendendosi indipendente dal gas russo. Ma per il futuro, occorre puntare anche su nuove tecnologie.

Digital transformation e transizione energetica sono due temi su cui ci si confronta e cui ci si confronterà nei prossimi anni. I mutamenti avviati in entrambi i fronti sono già oggi epocali e riguardano tutti i noi, avendo un impatto significativo sulle nostre vite nei più svariati aspetti.  In entrambi i casi, la tecnologia è al centro di questa trasformazione/transizione.

La domanda è: siamo pronti ad affrontare il cambiamento che già sta avvenendo? L’Italia, in particolare, come sta gestendo la transizione digitale ed energetica, tra l’altro punti focali del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?

A livello di impresa, l’anno scorso l’Italia si è posizionata al 20esimo posto tra i 27 Stati membri dell’UE, in base all’indice DESI – Digital Economy and Society Index. Una posizione arretrata che però è migliorata, in parte grazie ai progressi ottenuti in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, specialmente dalle imprese.

Così il nostro Paese ha raggiunto la decima posizione, considerando unicamente la digitalizzazione delle imprese, con una media superiore a quella UE-27. C’è però da segnalare un aspetto preoccupante: il ritardo significativo sotto l’aspetto del capitale umano: «l’Italia registra livelli di competenze digitali molto basse rispetto alla media UE» afferma Andrea Toselli, presidente e amministratore delegato PwC Italia.

Digital transformation e transizione energetica, tra tecnologia e nuovo umanesimo

Digital transformation e transizione energetica sono stati al centro di un convegno recentemente organizzato da Pwc Italia – “Tecnologia e nuovo umanesimo” – al quale ha partecipato lo stesso Toselli.

Partiamo dalla transizione digitale: è un percorso che «non significa una mera implementazione di una piattaforma tecnologica, quanto il processo che porta le persone a comprendere, abbracciare, incorporare la tecnologia» spiega Anna Ruzene, partner PwC Italia, Finance Transformation.

Questo significa grandi investimenti, attività di upskilling e reskilling. Lo conferma anche l’esito di una recente analisi svolta dalla stessa Pwc, secondo cui, per l’80% dei CEO, la mancanza delle giuste competenze – in particolare, di quelle digitali – mette a rischio la crescita prospettica.

Questo scenario si rivede nelle analisi secondo cui il 69% delle piccole e medie imprese italiane ha, sì, raggiunto un livello quanto meno basilare di intensità digitale (superiore alla media UE-27), contando che il 38% utilizza servizi cloud (la media UE è del 26%).

Ma le imprese italiane rivelano lacune nell’ambito dei big data (solo il 9% li impiega, rispetto al 14% della media UE) e dell’impiego dell’intelligenza artificiale (18% contro 25%). Sotto la media UE è anche l’utilizzo dell’ICT per la sostenibilità ambientale (60% contro il 66%).

L’aspetto più preoccupante, oggi, rivela Toselli «è il significativo ritardo in termini di capitale umano: l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto basse rispetto alla media UE».

Una conferma viene dai dati Cedefop sulla forza lavoro impiegata nei settori hi-tech e in ottica Industria 4.0 e che usa tecnologie avanzate (cloud, intelligenza artificiale, robotica e software): in Italia, solo il 7,4% della forza lavoro è impiegata in questi settori.

Connettività e conoscenza, traguardi da raggiungere

Ancora prima di parlare di digital transformation e transizione energetica, è bene ragionare di connettività, di uso e di comprensione delle nuove tecnologie, su cui c’è ancora molto da fare. «Ci sono 12 milioni di diplomati che non hanno mai pensato di iscriversi all’Università. Spesso si parla dell’accelerazione digitale post pandemia, ma è bene ricordare che il giorno di Codogno, che coincide con l’avvio conclamato della pandemia nel nostro Paese, un italiano su quattro non era mai andato su internet» fa notare Fabio Vaccarono, presidente e AD del Gruppo Multiversity, specializzato in e-learning, aggiungendo che da questa situazione lacunosa si esce con innovazione e formazione.

C’è poi la crisi energetica, intimamente legata allo scoppio della guerra in Ucraina, da affrontare puntando sì alle fonti rinnovabili, ma anche affrancandosi quanto prima dalla dipendenza dall’oil and gas russo. Un piano possibile, ma con i tempi necessari, ha spiegato il Ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani.

Anche a quest’ultimo proposito, c’è bisogno di maggiore consapevolezza di nuove logiche di produzione, ma anche di efficienza energetica. È necessario ricordare gli obiettivi posti dall’Unione Europea e vagliati anche dall’Italia: oltre che a una produzione crescente da fonri rinnovabili, occorrerà arrivare a una percentuale significativa in termini di riduzione del consumo di energia e di emissioni.

C’è bisogno di formazione e di competenze digitali

Si ritorna quindi alla necessità primaria: c’è bisogno di formazione e di conoscenza. «L’Italia deve recuperare un ritardo rispetto a diversi Paesi UE in cui il capitale intellettuale è straordinariamente più avanzato del nostro» sottolinea Vaccarono.

Pensare secondo logica digital first richiede un profondo ripensamento dei modelli: «siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica che richiede una riconversione del capitale umano per restare competitivi ed essere pronti alle sfide del futuro. Le Università devono essere il cuore di questa trasformazione, perché il digitale va imparato immersivamente e non solo da un punto di vista teorico».

Stando ai dati del Digital Skills Index di Salesforce, su un punteggio globale complessivo per la preparazione digitale già basso (solo di 33 su 100) l’Italia riesce a fare peggio, con un index pari a  25 su 100.

Secondo l’indice europeo DESI, solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede perlomeno competenze digitali di base (56 % nell’UE) e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base (31% nell’UE).

Il PNRR può venire in aiuto, non solo in termini di digital transformation e transizione energetica, ma anche con la possibilità di colmare i digital gap. Per esempio, attraverso l’istituzione del fondo “Repubblica Digitale”, che prevede 250 milioni di euro da destinare a iniziative di formazione digitale per il superamento del digital divide. L’obiettivo è raggiungere il target previsto dall’Europa, con il 70% di cittadini digitalmente abili entro il 2026.

Il Ministro per la Transizione Ecologia, Roberto Cingolani
Il Ministro per la Transizione Ecologia, Roberto Cingolani, durante un momento del convegno virtuale.

Transizione energetica: la parola al Ministro Cingolani

Il PNRR sarà di sicuro aiuto in tema di digital transformation e transizione energetica. A quest’ultimo proposito è intervenuto il Ministro Cingolani, che ha fatto il punto sulla situazione in termini energetici.

A partire da un dato: il Governo ha stanziato in poco meno di un anno più di 30 miliardi di euro per fronteggiare una situazione di inaudita gravità, innanzitutto per mitigare il costo dell’energia, i cui prezzi sono lievitati per vari motivi. «Stiamo intervenendo in maniera infrastrutturale in modo da essere autonomi dal gas russo».

Si tratta di 25 miliardi di metri cubi (che andranno a sostituire i 29/30 miliardi di metri cubi provenienti dalla Russia, grazie agli accordi stilati con sei Stati africani), di cui 12 miliardi di gas e 13 miliardi di GNL (Gas Naturale Liquefatto), che cominceranno ad arrivare nel secondo semestre di quest’anno (5 miliardi); 18 miliardi arriveranno nel 2023 e il completamento della fornitura nel secondo semestre 2024.

«Il prossimo inverno si ragionerà con gli stoccaggi, non con le nuove forniture. L’obiettivo è arrivare a fine 2022 con gli stoccaggi pieni». Per questa fase, la necessità di puntare su forniture di gas è imprescindibile.

«A oggi, se dovessimo interrompere la fornitura di gas russo, non avremmo un’alternativa». È vero che, come ha ricordato, nel primo semestre dell’anno sono stati autorizzati impianti rinnovabili per 5,1 GW, che già contribuiscono – insieme alle altre fonti di energia rinnovabile – a evitare almeno 5 miliardi di metri cubi di gas, «ma è inutile dire che questi non si possono sostituire da subito con le rinnovabili perché, tra accumulatori, rete da adeguare e nuovi impianti, ci vuole il tempo necessario».

Ma non c’è solo gas nel futuro dell’Italia: a tale scopo, per esempio, si sono firmati in questi giorni accordi per sei progetti pilota, cinque dei quali riguardano hydrogen valley, veri e propri distretti per produrre idrogeno verde.

«Sono parte della strategia del PNRR con progetti concordati con alcune regioni (Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia, Umbria e Basilicata), in cui principalmente saranno realizzati idrolizzatori per produrre idrogeno con fonti rinnovabili e arrivare, nel 2026, a una produzione in ognuno dei distretti attestata tra 1 e 5 MW equivalenti».

C’è anche la questione delle nuove tecnologie relative alla carbon capture: «sul breve-medio termine, non esiste altra alternativa che potenziare il più possibile le rinnovabili e produrre elettricità green, utile anche per la mobilità elettrica e per decarbonizzare. Con qualche sforzo, raggiungere il target del 2030 (-55% di CO2 rispetto ai livelli 1990) è alla nostra portata. Ma poi occorre pensare al 2050 e agli obiettivi Net Zero. Da oggi dovremo ragionare e investire anche sulle tecnologie CCS per quell’orizzonte temporale».

Digital transformation e transizione energetica: il futuro energetico guarda all’energia delle stelle

Ci sarà bisogno di digital transformation e di transizione energetica per il futuro dell’energia. Il Ministro Cingolani prefigura quale possa essere: «per arrivare gli obiettivi Net Zero al 2050, ci servirà un accesso universale all’energia illimitata. È una visione cui arriveremo probabilmente dieci anni dopo, ma con questa forma di energia potremo desalinizzare i mari, risolveremo diseguaglianze globali e tanto altro ancora. Questo si fa solo con la fusione nucleare, che è il meccanismo di produzione dell’energia delle stelle. Non sto parlando del nucleare di prima o di seconda generazione. È il momento di investire seriamente e mi immagino un futuro dove ogni nazione ha la sua “piccola stella”».

È una visione impossibile? Cingolani ricorda quanto si era detto riguardo al vaccino anti Covid: «contrariamente alle previsioni secondo cui per il vaccino ci sarebbero voluti otto anni, in diciotto mesi siamo riusciti a realizzarlo. La domanda è: siamo davvero preoccupati dei cambiamenti climatici? Se sì, allora se in diciotto mesi siamo riusciti a realizzare un vaccino, per un problema ben più pericoloso come il climate change in diciotto anni possiamo arrivare alla fusione nucleare».

Negli ultimi due anni, ha affermato ancora il titolare del MiTe, c’è stata «un’enorme accelerazione, tutta dovuta ai privati. Ora il governo USA e quello del Giappone stanno investendo. L’Italia con ENEA sta facendo investimenti importanti in ricerca e il confinamento magnetico per la prima volta si è dimostrato molto promettente. Chissà che non vi sia qualche sorpresa nell’arco dei prossimi quindici anni. Però bisogna crederci».

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin