L’eolico italiano sconta ancora molti ritardi nello sviluppo, malgrado - a livello industriale e di ricerca, oltre che sotto il profilo climatico - il nostro Paese vanti grandi potenzialità.

TAKEAWAY

  • L’Italia ha un potenziale eolico per buona parte inespresso. La potenza installata è limitata rispetto alle possibilità.
  • Come afferma il presidente dell’Associazione nazionale di settore ANEV, l’energia eolica in Italia sconta limiti e ostacoli burocratici e gli obiettivi riguardanti la transizione energetica sono ancora lontani dal raggiungimento.
  • Il nostro Paese presenta, però, grandi pregi e opportunità, a partire dal contesto climatico al comparto industriale e alla ricerca e sviluppo. Industria e R&D pongono l’Italia ai vertici mondiali in alcuni comparti tecnologici dell’eolico.

Lo sviluppo dell’energia eolica in Italia procede a rilento. Peccato, perché è una delle fonti rinnovabili che potrebbero aiutare ad affrancarci dalla dipendenza delle fonti fossili e ad accelerare la transizione energetica.

Non solo: aiuterebbe a pagare bollette meno salate. Basta considerare che il costo dell’energia eolica è intorno ai 70 euro per Megawattora, contro gli oltre 200 €/MWh attualmente quotati in Borsa a causa del costo del gas.

Il potenziale eolico nazionale al 2030 è pari a 19,3 GW, ma siamo ancora indietro nell’installato. Lo evidenzia Simone Togni, presidente ANEV – Associazione Nazionale Energia del Vento. Con lui abbiamo voluto comprendere lo scenario dell’eolico nazionale, partendo dalla consapevolezza che il ritardo sull’eolico lo scontano l’Italia e l’Europa. Secondo l’ultima statistica annuale di WindEurope, riportata da ANEV:

«… la UE ha realizzato solo 11 GW di nuovi impianti eolici nel 2021 e installerà 18 GW all’anno tra il 2022 e il 2026 ma, per raggiungere i target europei al 2030, si dovranno installare almeno 30 GW annuali»

Qual è lo stato dell’arte dell’energia eolica in Italia? Quali sono i fattori che potrebbero permettere all’eolico onshore e offshore di svilupparsi?

Simone Togni, presidente ANEV - Associazione Nazionale Energia del Vento
Simone Togni, presidente ANEV

A proposito di energia eolica, in Italia siamo giunti a una potenza installata che sfiora gli 11 GW, che consente di coprire i consumi di circa il 7% del fabbisogno elettrico del Paese. Abbiamo di fronte un’accelerazione obbligata delle installazioni che, secondo i piani del Governo inviati a Bruxelles, dovrebbe portare a un raddoppio di questa produzione e a coprire quindi il 15% circa dei consumi elettrici nazionali al 2030.

Tuttavia, siamo in grave ritardo rispetto a questo tabellino di marcia; per quanto riguarda l’eolico offshore l’apporto in termini di produzione elettrica da questo comparto potrà arrivare solo dopo il 2030, date le tempistiche piuttosto lunghe.

Quanto potrà essere utile il PNRR per stimolare lo sviluppo dell’eolico?

Per quanto riguardo l’eolico onshore, è una tecnologia ormai matura (lo segnala lo stesso PNIEC – nda) e consente, quindi, di produrre energia elettrica a costi più bassi di quelli da fonti fossili. Ciò che serve, però, è contare su meccanismi di stabilizzazione del prezzo e di semplificazione dei processi autorizzativi e di connessione alla rete, alquanto farraginosi in Italia.

Di certo il PNRR potrà aiutare per gli elementi a contorno, come nel caso dello sviluppo delle reti di trasmissione nazionale o dei meccanismi di accumulo e all’utilizzo dell’idrogeno, parti integranti nel futuro prossimo del processo di produzione legato all’energia eolica in Italia.

Quanto costa, oggi, realizzare un impianto eolico in Italia e quanto mediamente in Europa?

Per quanto riguarda la tecnologia, ha un costo equivalente analogo a livello internazionale, seppure risalito del 20% a seguito del rincaro delle materie prime e delle conseguenze della tensione geopolitica recente. A proposito di costi di installazione di un impianto di energia eolica in Italia, esso assomma a 1,2 milioni di euro circa, secondo quanto risulta nei documenti ufficiali del Ministero dello Sviluppo economico e del Ministero della Transizione ecologica.

La differenza col resto d’Europa è data dal fatto che una buona parte dei costi della connessione elettrica vengono coperti dalla rete, quali oneri di sistema. In Italia – purtroppo, aggiungo – vengono fatti pagare all’operatore direttamente. Questa è una differenza sostanziale e che non consente di armonizzare i costi rispetto agli altri Paesi europei.

Quali sono le difficoltà che sconta il settore dell’energia eolica in Italia? 

La principale riguarda le autorizzazioni. Nonostante le normative europee prevedano un periodo di un anno e qualche mese, in Italia ci vogliono cinque anni e mezzo per arrivare alla conclusione dell’iter autorizzativo, cui poi si aggiunge il quasi automatico diniego da parte della Soprintendenza del Ministero della Cultura, che comporta poi la necessità di ulteriori passaggi, sia in termini di giustizia amministrativa sia con l’intervento della Presidenza del Consiglio, che deve poi esprimersi per risolvere questo parere negativo.

Tutto questo malgrado sia stato detto più volte, a livello istituzionale, che si sarebbe cercato di velocizzare l’iter autorizzativo… In questo senso, qualcosa è stato fatto in questi mesi?

Qualcosa si è fatto, ma il problema è che si è intervenuti su molti aspetti, ma non sulla questione centrale: le soprintendenze. Ciò non ha consentito di superare l’impasse, malgrado i passi avanti fatti.

Per quanto riguarda il contesto climatico-ambientale, quali sono le potenzialità che il nostro Paese dovrebbe sfruttare maggiormente in tema eolico rispetto, ad esempio, ad altri Paesi europei?

L’Italia ha un potenziale tecnico di sviluppo riguardante l’eolico onshore prossimo ai 27 GW, con una ventosità media che colloca a metà tra Spagna e Germania. A questo va aggiunto il potenziale dell’eolico offshore, che inizia a essere significativo alla luce delle recenti implementazioni della tecnologia flottante, sfruttabile anche nel Mediterraneo.

A livello assoluto, ci siamo posti l’obiettivo finale di raggiungere l’attuale livello di potenza già installata in Spagna e la metà di quella in Germania. Tuttavia, dobbiamo triplicare quanto abbiamo fatto finora.

Quali sono le regioni potenzialmente più interessanti dove sviluppare impianti eolici?

Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata e Campania sono le regioni con la maggiore ventosità. Alcune sono meno interessanti dallo sviluppo eolico, in quanto presentano limitazioni nell’orografia, mentre altre (in primis Molise e Marche) hanno potenzialità ancora in gran parte poco sfruttate.

Per quanto riguarda il Lazio, ha anch’esso grandi potenzialità e da poco sta aprendo agli impianti. In generale, le regioni del Centro Sud Italia hanno importanti possibilità di sviluppo per l’energia eolica in Italia. Occorre, però, che tali possibilità non vengano bloccate da normative penalizzanti o di opposizione.

A livello di ricerca e sviluppo, quali sono le linee più interessanti su cui si concentra l’attenzione dell’energia eolica in Italia?

L’attenzione, in termini R&D, si sta focalizzando sui materiali, perché la taglia media degli aerogeneratori sta crescendo sempre di più e anche le dimensioni delle macchine – oggi alte anche 200 metri – richiedono una particolare enfasi su questo aspetto.

Per immaginare pale eoliche lunghe 100 metri, si rende sempre più necessario puntare sui materiali compositi. In questa direzione, è una priorità sempre più sentita il loro impiego e quello delle nanotecnologie, proprio per coniugare leggerezza a robustezza ed elasticità.

Si lavora, inoltre, sui motori elettrici e al miglioramento delle loro già elevate performance: si studiano, a questo proposito, evoluzioni nei meccanismi di trasmissione, lavorando sulla durevolezza dei materiali delle ruote dentate.

Come si caratterizza il settore industriale italiano per quanto riguarda l’eolico?

L’Italia esprime pregi già oggi significativi in alcuni comparti. Quale presidente ANEV, ci tengo a dire che già da sei anni siamo esportatori di tecnologia, producendone di più di quanta ne installiamo.

Su questo, in particolare abbiamo sviluppato un know-how avanzato nella meccanica di precisione e di trasmissione. Nel Nord Est si contano molti produttori che realizzano questi componenti installati negli aerogeneratori realizzati in Nord Europa.

Un altro ambito in cui il nostro Paese esprime una leadership di livello mondiale riguarda la lavorazione della fibra di carbonio. In Puglia c’è un distretto dedicato.

In generale, la lavorazione della fibra di vetro e di carbonio è un retaggio che l’Italia ha sviluppato nel settore della nautica da diporto, che utilizza questi materiali e nel quale la cantieristica italiana è apprezzata in tutto il mondo.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin