Tra le molteplici applicazioni delle nanotecnologie, si aggiunge anche quella in campo informatico: attraverso l’utilizzo del grafene, nanomateriale a base di carbonio, i ricercatori dell’Università di Groningen puntano a creare computer neuromorfici.
TAKEAWAY
- Presso il dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università di Groningen si studia come, sfruttando l’utilizzo del grafene, si possa arrivare a costruire computer neuromorfici.
- I ricercatori sono partiti dal titanato di stronzio, materiale che presenta ferroelettricità, ovvero una polarizzazione elettrica spontanea.
- Alle lamine di questo materiale sono state applicate strisce di grafene, nanomateriale con una conduttività elettrica migliore anche del rame, per dare vita a nuove opportunità.
- Combinando titanato di stronzio e grafene, si crea una struttura dal comportamento simile a quello dei memristori, transistor con un tipo di memoria simile a quella dell’uomo.
Nanotecnologie e grafene sono legati a doppio filo, dal momento che quest’ultimo è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio. Il grafene si ricava artificialmente “esfoliando” la grafite, il minerale con cui sono fatte le mine delle matite, ed è l’unico nanomateriale a due dimensioni. Tra le sue proprietà c’è una notevole conduttività elettrica, migliore persino di quella del rame.
I ricercatori dell’Università di Groningen, tra i più specializzati, in Europa, in nanotecnologie, hanno deciso di utilizzarlo nei loro recenti studi sui memristori, componenti elettriche al centro anche di ricerche nell’ambito della robotica. Si tratta di particolari interruttori che, come suggerisce la parola, memorizzano stati elettronici imitando il ricordo di eventi passati, caratteristica propria dell’essere umano.
Nanotecnologie, la ricerca sulla ferroelettricità realizzata tra Olanda e Svezia
Gli esperimenti sono stati effettuati presso l’Istituto per i Materiali Avanzati “Frits Zernike” del Dipartimento di Nanoscienze e Scienza dei Materiali dell’Università di Groningen, in Olanda. Degli studi teorici, invece. si sono occupati gli esperti di nanotecnologie dell’Università di Uppsala in Svezia.
La costruzione di un memristore parte solitamente dall’utilizzo di ossidi di titano – elemento chimico molto resistente alla corrosione in acqua – e stronzio, elemento metallico altamente reattivo. In particolare, gli esperti di scienza dei materiali hanno analizzato il comportamento del titanato di stronzio, rilevando alcune particolarità a livello di numero di elettroni e, soprattutto, l’assenza di atomi di ossigeno, con la conseguente formazione di vuoti nella struttura, chiamati difetti.
Come ricordato dal team di ricerca, il titanato di stronzio è classificato come una perovskite, perché ha una struttura cristallina molto particolare, simile all’omonimo minerale dedicato al mineralogista russo Lev Perovski.
Tali caratteristiche fanno sì che il titanato di stronzio presenti una polarizzazione elettrica spontanea, senza che sia presente un campo elettrico. Si parla cioè di comportamento ferroelettrico, nel quale i ricercatori hanno trovato un collegamento con la resistenza dei memristori, che non è costante ma dipende dalla corrente da cui è attraversata.
La ferroelettricità nel titanato di stronzio è incipiente, si presenta solo a basse temperature, perdendosi al di sopra dei 105 gradi Kelvin, ovvero a -168°C. A seconda degli input ricevuti, i memristori cambiano le loro proprietà elettriche, memorizzando gli stati precedenti, da qui l’analogia con il comportamento dei nostri neuroni rispetto ai segnali provenienti dall’esterno. Oggetto ancora da approfondire sono le pareti di dominio, che separano tra di loro i domini magnetici, e che, in questo caso, si muovono quando viene applicata una tensione al titanato.
Nanotecnologie e grafene, una possibile soluzione per creare computer che si ispirano alla struttura dei neuroni
Una volta approfondita la natura del titanato di stronzio, i ricercatori hanno deciso di applicarvi delle strisce di grafene e osservare i cambiamenti a livello elettrico. “Le proprietà del grafene sono date soprattutto dalla sua purezza“, spiega Tamalika Banerjee, professoressa di Spintronica dei Materiali Funzionali, disciplina collegata alle nanotecnologie che sfrutta i principi dell’elettronica tradizionale. La scienziata, parlando di purezza, si riferisce all’alta percentuale di carbonio presente all’interno delle lamine di grafene.
Il grafene è stato definito un “platform material”, ovvero una struttura da cui partire per la ricerca sui memristori, i cui risultati sono stati pubblicati lo scorso 11 novembre sulla rivista Applied Materials and Interfaces, edita dall’American Chemical Society.
“Il comportamento memristive – sottolinea la professoressa Banerjee – è dato dai canali offerti dalle pareti di dominio per il movimento dei posti vacanti di ossigeno. Gli effetti possono essere paragonati a quelli della memoria a breve o lungo termine”.
Le pareti di dominio separano tra di loro i domini magnetici, che si muovono quando viene applicata una tensione al titanato. Numerosi studi hanno provato in passato ad approfondirne la natura, ma guardare all’interno di queste strutture risulta spesso complicato in termini di tempo e di sforzi impiegati.
Nel posizionare le strisce di grafene, infinitamente piccole trattandosi di nanotecnologie, ha avuto un ruolo centrale la dottoranda Si Chen, allieva di Banerjee e prima firma dello studio. Quando c’è un eccesso di elettroni o dei vuoti positivi, il grafene diventa conduttivo, spiega Chen. Ma nel punto in cui ci sono meno vuoti ed elettroni la conduttività è limitata.
Chen ha effettuato anche un altro esperimento sul titanato di stronzio: “Abbiamo mantenuto la tensione generata a -80 V misurando al contempo la resistenza nel grafene per quasi mezz’ora. Così abbiamo notato uno spostamento dal vuoto alla conduttività degli elettroni trovandone la causa nell’accumulo di posti vacanti di ossigeno sulla superficie del titanato di stronzio”
Combinando grafene e titanato di stronzio si ottiene un’etero-struttura dal comportamento memristive, che rappresenta una novità importante per le nanotecnologie e per le future applicazioni informatiche, a cominciare dai computer neuromorfici, i cui processori possiedono una struttura che si ispira ai neuroni del cervello umano.
Allo stato attuale, i computer, seguendo il sistema binario, impiegano molta più energia del cervello umano nello svolgere attività complesse come, ad esempio, il riconoscimento dei volti. Progettare computer prendendo a riferimento i neuroni, rappresenterebbe, quindi, un’autentica rivoluzione, che andrebbe a guardare oltre il codice binario.