I sistemi microelettromeccanici combinano capacità di elettronica e meccanica e vanno ben oltre, a tutto vantaggio dei più disparati campi applicativi. L’Italia ha un ruolo storico nel loro sviluppo e ancora oggi svolge ricerche promettenti per il loro futuro.

TAKEAWAY

  • I MEMS – Micro Electro-Mechanical Systems sono presenti praticamente dappertutto, in elettronica, robotica, informatica.
  • Sono già disponibili oggi sul mercato, ma ci si attende una enorme diffusione grazie anche all’Internet of Things, per la quale rappresentano la componente sensore.
  • L’Italia allo sviluppo dei MEMS ha contribuito in modo significativo e ancora oggi sono avviati svariati progetti di ricerca che si spingono anche all’ultima frontiera dei sistemi microelettromeccanici.

I MEMS – Micro Electro-Mechanical Systems sono una delle tecnologie più interessanti del XXI secolo. Molte soluzioni sono già disponibili oggi, ma ci si attende una enorme diffusione grazie anche all’Internet of Things, per la quale rappresentano la componente sensore. 

Sono presenti praticamente dappertutto, in elettronica, robotica, informatica. Prendete il vostro smartphone con cui state leggendo questo articolo, oppure l’automotive o anche i fitness tracker usati per fare sport. Tanto piccoli quanto smisurati – se ne contano miliardi – come potenzialità, si calcola che nel 2018 la loro quota di mercato era stimata attorno ai 50 miliardi di dollari.

L’Italia in tutto questo mondo ha contribuito non poco: da Bruno Murari a oggi, si contano svariati progetti di ricerca che si spingono anche all’ultima frontiera dei sistemi microelettromeccanici, come i Lab On Chip, ma non solo. Il nostro Paese svolge un importante ruolo nello sviluppo di questi componenti per renderli ancora più performanti e ubiqui.

MEMS: cosa sono e perché sono importanti per l’IoT

I sistemi microelettromeccanici (MEMS) sono particolari dispositivi elettromeccanici costituiti da strutture meccaniche e circuiti elettronici integrati sullo stesso chip di silicio. Si tratta, quindi, di dispositivi in miniatura, di diversa natura (elettrica, meccanica, elettronica) che integrano attuatori, sensori e processori in grado di coniugare le proprietà elettroniche dei circuiti integrati con proprietà opto-meccaniche per formare sistemi intelligenti.

Le dimensioni fisiche dei dispositivi MEMS spaziano da meno di un micron – o anche meno, in questo caso si parla di NEMS nanoelectromechanical systems – ad alcuni millimetri, mutando tanto in dimensioni quanto a complessità tecnologica: infatti, possono variare da strutture relativamente semplici senza elementi in movimento, a sistemi elettromeccanici estremamente complessi con molteplici elementi dinamici.

Questi sistemi miniaturizzati, realizzati con specifiche tecniche di micro fabbricazione, nascono idealmente negli Stati Uniti dal fisico Richard Feynman nel 1959. Lo scienziato, in un celebre discorso intitolato There’s Plenty of Room at the Bottom (“C’è un sacco di spazio in fondo”) esaminò molteplici applicazioni conseguenti alla manipolazione della materia su scala atomica. Tra queste la possibilità di realizzare circuiti di computer più densi. Ma è dagli anni Novanta del XX secolo che furono realizzate le prime soluzioni e così da trent’anni a questa parte i sistemi microelettromeccanici sono entrati in sempre maggiori utilizzi, dai dispositivi per gli airbag a componenti per applicazioni aerospaziali.

La storia dei MEMS si lega all’IoT in vari comparti, a partire dall’industria 4.0, in cui reti di sensori, attuatori e microcontrollori sono alla base dell’Internet of Things e da più parti sono considerati l’innovazione più dirompente e potenzialmente in grado di incidere in modo trasversale su tutti i principali settori industriali.

Tali reti IoT sono costituite da Micro Electro Mechanical System. Questi stessi sono una tecnologia abilitante per l’Internet of Things grazie al fatto che i MEMS rende possibili sensori e attuatori piccoli, a basso costo e ad alte prestazioni. Questa è storia recente e lo sviluppo futuro è ancora tutto da scoprire. 

MEMS e ricerca: il ruolo dell’Italia

Nel percorso di sviluppo dei MEMS l’Italia ha avuto un peso specifico decisivo. A partire da Bruno Murari, inventore – ha al suo attivo almeno 200 brevetti – riconosciuto a livello mondiale per i risultati nel campo ingegneristico, tanto da essere premiato col prestigioso premio Elmer A. Sperry (unico italiano ad averlo ricevuto dal 1955 a oggi) e padre di alcune applicazioni di MEMS divenute di grandissimo successo, dall’accelerometro, di cui sono dotati gli smartphone, al telecomando wireless del Nintendo.

Murari è stato una colonna della ricerca di ST Microelectronics, colosso italo francese dei semiconduttori che di recente è balzata agli onori della cronaca per la collaborazione con l’azienda padovana Alifax alla realizzazione del Molecular Mouse, un device miniaturizzato che permetterà di rendere più rapide ed economiche le analisi dei tamponi di possibili pazienti affetti da Covid-19. Per riuscire sfrutta un sistema di rilevamento diagnostico molecolare sfruttando la tecnica PCR – Polymerase Chain Reactions per amplificare il materiale genetico (RNA e DNA1) nei campioni dei pazienti.

Tutto questo c’entra ancora una volta con i sistemi microelettromeccanici: perché lo strumento portatile a forma di mouse utilizza reagenti medicali creati da Alifax per gestire il controllo e il test di più target o campioni su una minuscola cartuccia monouso.  prodotta dalla ST utilizzando appunto la tecnologia di processo a semiconduttore MEMS.

Prospettive e progetti dai lab italiani

L’Italia nella ricerca per lo sviluppo di questi sistemi vanta centri di ricerca di livello internazionale, come il MEMS and Microsensors Laboratory del Politecnico di Milano. Al suo interno sono vari gli studi condotti. Tra questi va segnalato il contributo al progetto europeo TRAINING4CRM. Esso, spiega lo stesso lab:

…affronta in maniera innovativa malattie neurogenerative come Parkinson e Alzheimer mediante tecniche optogenetiche in cui cellule neuronali, geneticamente modificate per essere sensibili ad impulsi di luce, sono impiantate nel paziente per rimpiazzare cellule inattive. Il compito del Politecnico di Milano è lo sviluppo di un sistema miniaturizzato per stimolare otticamente e rilevare elettricamente in-situ (prospetticamente direttamente nel cervello umano) l’effettivo rilascio dei neurotrasmettitori da parte delle cellule neuronali impiantate

Si tratta di uno degli sviluppi più promettenti di strumentazione integrata per le nanobiotecnologie, in cui l’elettronica può svolgere un ruolo fondamentale nel mondo della ricerca in nanobiotecnologie e diagnostica.

In tutt’altro campo svolge invece ricerca ENEA, attiva in “SenSI – Nuovi Sensori MEMS per un Sistema Integrato di monitoraggio per la conservazione, valorizzazione e fruizione dei Beni Culturali”. Il progetto intende sviluppare un sistema tecnologico integrato finalizzato a monitorare il microclima e la qualità dell’aria negli spazi chiusi o aperti dedicati ai beni culturali per promuovere la loro conservazione, valorizzazione e fruizione.

Grazie a questo progetto si intende mappare gli inquinati atmosferici oltre a monitorare il degrado dei beni culturali mediante un approccio non invasivo che prevede l’utilizzo di biosensori. Esso contempla lo sviluppo di diverse tecnologie avanzate, spaziando dai sensori e biosensori con supporti digitali (e qui entra in gioco la tecnologia IoT) per il monitoraggio continuo dei vari parametri, fino al sistema di geo-localizzazione con beacon in tecnica GPS per l’outdoor e in triangolazione con tecnica Bluetooth per l’indoor.

E ancora: mentre stiamo ancora godendo i frutti della stampa 3D, l’Italia della ricerca sta già lavorando alla 5D. stiamo parlando del progetto di ricerca 5DNanoPrinting in cui lavora come coordinatore l’Istituto italiano di Tecnologia (IIT) attraverso il proprio Centro di MicroBioRobotica, di cui il Cnr è partner con l’Istituto per la microelettronica e microsistemi (Imm).

Finalità del progetto è lo sviluppo di nuovi materiali intelligenti e nuove metodologie di fabbricazione per realizzare micro e nano dispositivi attraverso un innovativo metodo di stampa 3D e nuovi materiali, permettendo la realizzazione di prototipi in maniera rapida e con caratteristiche personalizzabili.

Grazie alle tecnologie di 5DNanoPrinting, i dispositivi MEMS potranno essere sviluppati in meno tempo, minor costo e con maggior flessibilità. Il consorzio include partner industriali e accademici provenienti sia dall’Italia che da altri paesi europei che porteranno la loro expertise in ambiti quali la chimica, scienza dei materiali, fisica e ingegneria

Tra i settori di ricerca più interessanti c’è quello dei Lab-On-a-Chip, un sottogruppo dei dispositivi MEMS, che integrano funzioni multiple di laboratorio in un singolo chip, capace di trattare volumi di fluidi dell’ordine dei picolitri. Si tratta, in estrema sintesi, di un sofisticato laboratorio di ricerca tascabile. Possiamo immaginare i potenziali e gli sviluppi per la ricerca. 

Anche in questo caso non mancano interessanti novità, in cui si fa notare la ricerca italiana. Un esempio è il progetto PREPRINT (high PREcision material PRINTer for electronics) condotto da Gianluca Fiori, docente di Elettronica presso il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa.

È uno dei 55 ricercatori europei vincitori di un ERC “Proof of Concept”, assegnato dal Consiglio Europeo delle Ricerche, per il suo progetto che intende realizzare una stampante in grado di fabbricare microdispositivi elettronici con dimensioni dell’ordine del micrometro su substrati flessibili come la carta, con risoluzioni di gran lunga migliori rispetto a quelle attualmente ottenibili con stampanti commerciali.

La potenzialità della ricerca è legata alla possibilità di stampa di un elevato numero di dispositivi sullo stesso substrato, che permette così di realizzare sistemi con performance e caratteristiche migliori, aprendo il pieno potenziale dell’elettronica stampabile e flessibile a un ampio campo di applicazioni, come gli stessi dispositivi lab-on-a-chip, come ha illustrato lo stesso docente. Sono solo alcuni esempi, quelli citati, che mostrano il ruolo dell’Italia sui MEMS, tecnologia di cui avremo modo di parlarne ancora perché prospettive e progetti sono davvero molteplici e interessanti per molti ambiti.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin