Uno studio co-condotto dal Berkeley Lab e dalla Columbia Engineering potrebbe portare a immagini su nanoscala ad alta risoluzione (e in tempo reale), superando l’ostacolo della diffrazione che, nella microscopia attuale, impedisce di mettere a fuoco campioni della grandezza di un miliardesimo di metro.

TAKEAWAY

  • Fin dai primi microscopi, gli scienziati hanno cercato di costruire strumenti in grado di visualizzare con una risoluzione sempre più elevata.
  • Tecniche sofisticate sono in grado di superare i limiti di ingrandimento, ma la risoluzione è comunque limitata dalla diffrazione, che impedisce di mettere a fuoco qualcosa di più piccolo di 200 miliardesimi di metro.
  • Un recente studio USA, sviluppando una particolare classe di materiale cristallino a supporto del microscopio confocale a scansione laser, scavalca tale ostacolo.

La microscopia ottica fa riferimento a tutte quelle tecniche impiegate per osservare un campione mediante lente di ingrandimento. Fin dai primi microscopi, gli scienziati hanno cercato di costruire strumenti in grado di visualizzare con una risoluzione sempre più elevata. Ma esiste un ostacolo.

L’ingrandimento tipico dei microscopi ottici è fino a 1500x, con un limite di risoluzione di circa 0,2 micromètri (ossia 0,2 µm, dove un micromètro corrisponde a un milionesimo di metro e a un millesimo di millimetro).

Tecniche più sofisticate sono in grado di superare tale limite di ingrandimento, ma la risoluzione è comunque limitata dalla diffrazione, una proprietà della luce che ha impedito a lungo ai microscopi ottici di mettere a fuoco qualcosa di più piccolo della metà della lunghezza d’onda della luce visibile (corrispondente a circa 200 nanometri, vale a dire a 200 miliardesimi di metro).

Per oltre un secolo, la scienza ha sperimentato diversi approcci, dai calcoli intensivi ai microscopi speciali. Nel 2014 fu ideata una tecnica rivoluzionaria – valsa agli autori il Premio Nobel per la chimica applicata alla microscopia ottica a super risoluzione – che, sfruttando speciali molecole fluorescenti e fasci laser di forma insolita, è riuscita ad aggirare il limite di diffrazione e a visualizzare immagini su nanoscala.

E oggi a che punto è la ricerca in questo specifico ambito? Un articolo apparso su Nature lo scorso 13 gennaio racconta di come un team di ricercatori – guidato dal Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e dalla Fu Foundation School of Engineering and Applied Science della Columbia University – ha sviluppato una nuova classe di materiale cristallino chiamato Avalanching Nanoparticles (ANPs) che, associato al lavoro del microscopio confocale a scansione laser, è capace di superare il limite della diffrazione.

Specifica Bruce Cohen, scienziato della divisione Molecular Foundry e Molecular Biofysics & Integrated Bioimaging del Berkeley Lab, membro del team di ricerca:

Queste nanoparticelle sono in grado di trasformare in tempo reale un semplice microscopio confocale in un microscopio a ‘super risoluzione’. Anche se ciò che fanno non è esattamente la super risoluzione. In realtà, rendono il limite di diffrazione molto più basso, senza la necessità dei calcoli pesanti tipici del processo delle tecniche precedenti” 

Ma capiamo meglio di che cosa si tratta.

Microscopia ottica per mezzo di nanocristalli che assorbono ed emettono luce

La microscopia ottica confocale a scansione laser è una particolare tecnica che produce un’immagine ingrandita di un campione, pixel per pixel, mediante, appunto, la scansione laser.

Le speciali nanoparticelle sviluppate dal team (le Avalanching Nanoparticles – ANPs) possiedono un diametro di circa 25 nanometri (dove un nanometro equivale a un miliardesimo di metro) e il loro nucleo contiene un nanocristallo mescolato a tulio, elemento chimico costituito da un metallo lucido, grigio-argenteo, duttile e facilmente lavorabile, che ha il pregio di assorbire e di emettere luce.

Un guscio isolante assicura che la parte della nanoparticella che assorbe ed emette luce sia lontana dalla superficie e non disperda la sua energia nell’ambiente circostante, rendendola così più efficiente.

All’aumentare dell’intensità del laser del microscopio confocale, aumenta l’intensità della luce emessa dalle Avalanching Nanoparticles. Più nel dettaglio, a ogni raddoppio dell’intensità del laser, aumenta l’intensità della luce emessa di 30.000 volte.

Inoltre, gli ioni di tulio, stimolati dalla luce del laser del microscopio confocale, a loro volta aumentano le probabilità che altri ioni tulio vicini assorbano la luce. E questo processo si ripete in un ciclo di feedback positivo, fino a quando un grande numero di ioni di tulio assorbono ed emettono luce.

Quando questo ciclo di energia diviene estremamente rapido, si parla di “valanga” di fotoni. Dalla traduzione inglese di “valanga” deriva “avalanching”, il nome dato alle nanoparticelle di materiale cristallino sviluppate dal team.

Ricordiamo che, per produrre le Avalanching Nanoparticles, i ricercatori si sono affidati a WANDA (Workstation for Automated Nanomaterial Discovery and Analysis), robot della Molecular Foundry appositamente creato per la produzione di nanocristalli, con l’obiettivo di fabbricare molti lotti di nanocristalli mescolati a diverse quantità di tulio e rivestiti da gusci isolanti.

microscopia ottica nanoparticelle
A sinistra: campione della grandezza di 300 nanometri osservato da normale microscopio confocale a scansione laser; a destra: lo stesso campione osservato con tecnica PASSI (Photon Avalanche Single-beam Super-resolution Imaging) che sfrutta le nanoparticelle Avalanche mescolate a tulio (credit: Berkeley Lab and Columbia University).

Valanghe di fotoni su scala nanometrica aumentano la risoluzione delle immagini infinitamente piccole

Gli esperimenti di microscopia ottica confocale a scansione hanno dimostrato che le nanoparticelle mescolate a concentrazioni moderatamente alte di tulio danno risposte maggiori del previsto, scatenando la valanga (avalanching) di fotoni.

In particolare, l’estrema non linearità delle Avalanching Nanoparticles (altra loro importante caratteristica) ha permesso a P. James Schuck, professore di Ingegneria meccanica presso la Columbia Engineering e scienziato senior presso il Molecular Foundry del Berkeley Lab, di stimolare e visualizzare singole nanoparticelle distanziate a meno di 70 nanometri.

Nella microscopia ottica “lineare” convenzionale, le nanoparticelle vengono stimolate dal raggio laser, che ha un diametro superiore a 500 nanometri, facendo apparire le nanoparticelle come un grande punto di luce.

La tecnica messa a punto dagli autori della ricerca si chiama Photon Avalanche Single-beam Super-resolution Imaging (PASSI) e sfrutta il fatto che un punto del raggio laser focalizzato è più intenso al centro che ai bordi.

Poiché l’emissione delle Avalanching Nanoparticles aumenta notevolmente con l’intensità del laser, solo le particelle al centro del raggio laser emettono quantità apprezzabili di luce, portando cosi l’immagine a una risoluzione molto alta.

A che cosa conducono, nel concreto, i risultati di questa ricerca? A un nuovo corso della microscopia ottica – sottolineano i ricercatori – che sarà in grado di promuovere, ad esempio, l’imaging ad alta risoluzione e in tempo reale degli organelli e delle proteine delle cellule, fondamentale per portare a un livello più alto gli studi nel campo della biologia molecolare.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin