Con oltre mezzo miliardo di persone, nel mondo, che ne sono affette e circa 60 milioni di nuovi casi ogni anno, le malattie del sistema cardiovascolare figurano, a livello globale, al primo posto tra le cause di mortalità [fonte: World Heart Report 2024 – World Heart Federation di Ginevra].
In particolare, tra tali malattie, quella correlata alla perdita di contrattilità miocardica dovuta alla morte delle cellule del muscolo cardiaco (dette “cardiomiociti”), in seguito a un infarto o all’esistenza di una cardiomiopatia, risulta tra i maggiori problemi sanitari globali, con impatto crescente determinato dall’invecchiamento della popolazione mondiale. Il riferimento è all’insufficienza cardiaca – o scompenso cardiaco – definita come incapacità del cuore di pompare sangue in quantità adeguata – fornendo ossigeno in modo efficace a tutti gli organi – in tutto l’organismo.
I dati riguardanti Europa e Nord America (solo negli USA, colpisce quasi 7 milioni di adulti ed è responsabile del 14% dei decessi in un anno) rilevano, per questa patologia, un declino dell’incidenza dell’età dei pazienti, evidenziando un’evoluzione dell’epidemiologia. Nel dettaglio, la percentuale di mortalità per scompenso cardiaco tra le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni è passata da +2,36 nel 1999 a +3,16 nel 2019, segnando un aumento maggiore rispetto ai pazienti di età superiore ai 75 anni [fonte: “Global epidemiology of heart failure” – Nature Reviews Cardiology, giugno 2024].
Takeaway
Rigenerazione naturale del muscolo cardiaco sano
Nel cuore umano sano, i cardiomiociti hanno la capacità di rinnovarsi durante l’intero arco di vita dell’individuo, anche se a un ritmo lento.
Il rinnovamento avviene a una velocità di circa 0,5% all’anno durante l’età adulta, col risultato che, durante l’esistenza, il 40% dei cardiomiociti ventricolari viene rigenerato. Ciò che rimane ancora oscuro, è in che misura i cardiomiociti si rigenerano nei pazienti colpiti da scompenso cardiaco.


«L’apparato muscolo-scheletrico ha una capacità significativa di rigenerarsi dopo un infortunio. Se, ad esempio, mentre si sta praticando uno sport, si verifica uno strappo muscolare, è sufficiente stare a riposo per guarire – fa notare Hesham Sadek, ricercatore e direttore del Sarver Heart Center presso l’University of Arizona – Quando, invece, ad essere leso è il muscolo cardiaco, questo non ricresce».
Studi passati hanno ipotizzato una rigenerazione importante delle cellule del muscolo cardiaco dopo una lesione come l’infarto. Tuttavia, questa ipotesi si è rivelata ardua da dimostrare, poiché «l’identificazione e l’osservazione della proliferazione dei cardiomiociti dopo un evento lesivo ai danni del miocardio è complessa, a causa dell’infiammazione, della formazione di cicatrici e del diffondersi di altre popolazioni cellulari nell’area danneggiata» [fonte: “A latent cardiomyocyte regeneration potential in human heart disease” – National Library of Medicine, 2023].
Rinnovamento dei cardiomiociti in pazienti con scompenso cardiaco
Non esiste una cura per l’insufficienza cardiaca, anche se i farmaci possono rallentarne la progressione.
Nei casi di scompenso avanzato, l’unico trattamento diverso dal trapianto è dato dall’impianto chirurgico del cosiddetto “dispositivo di assistenza ventricolare sinistra” (Left Ventricular Assist Device – LVAD), in grado di aiutare il cuore a pompare il sangue, riducendo il carico di lavoro del muscolo e aiutando a mantenere in vita il paziente più a lungo [fonte: Centers for Disease Control and Prevention, maggio 2024].
Ebbene, il recente studio descritto in “A Latent Cardiomyocyte Regeneration Potential in Human Heart Disease” (rivista “Circulation”, gennaio 2025), a cura di un team internazionale guidato dal Sarver Heart Center presso l’University of Arizona, ha osservato come il tessuto cardiaco di un gruppo di pazienti affetti da cardiomiopatia e supportati da dispositivi di assistenza ventricolare sinistra, sia riuscito a registrare un rinnovamento dei cardiomiociti a un ritmo superiore rispetto a quello normalmente rilevato nei cuori sani, recuperando così gran parte del funzionamento del miocardio.
Riposo e rigenerazione del miocardio
Va detto che il lavoro citato si ispira a una precedente ricerca, realizzata dall’University of Texas Southwestern Medical Center, in tema di riposo e rigenerazione del muscolo cardiaco, in cui gli autori hanno dato evidenza al fatto che i cardiomiociti si moltiplicano attivamente già nel feto e che «il loro processo di riproduzione si interrompe subito dopo la nascita, in modo che dedichino la propria energia a pompare il sangue in tutto il corpo senza sosta, senza tempo per le pause» [fonte: “Transient regenerative potential of the neonatal mouse heart” – Science, 2011].
Evidenza – questa – che ha portato il team internazionale a domandarsi se il Left Ventricular Assist Device sia in grado di fornire ai muscoli cardiaci l’equivalente del riposo a letto in una persona che, ad esempio, ha subito un trauma muscolare.
Il dispositivo di assistenza ventricolare sinistra, in effetti, pompa il sangue direttamente nell’aorta, bypassando il cuore. Dunque, il miocardio, nelle persone con LVAD, è a riposo. E questo riposo potrebbe essere strategico per i cardiomiociti.
Da tale assunto ha preso il via l’approfondimento dell’Ateneo dell’Arizona. Vediamo a quali esiti ha condotto.
I tessuti cardiaci presi in esame
Lo studio menzionato si è focalizzato sull’analisi in laboratorio di tessuti cardiaci umani sani, resi disponibili da KI Donatum, struttura in seno alla clinica universitaria Karolinska Institute Stockholm, in Svezia, che mette a disposizione dei ricercatori materiale post-mortem, dietro consenso informato, in vita, da parte dello stesso donatore o, dopo il suo decesso, da parte dei parenti più prossimi.
I tessuti cardiaci di pazienti con insufficienza cardiaca avanzata (provenienti dal ventricolo sinistro e raccolti nel momento dell’impianto del Left Ventricular Assist Device, poi sezionati e conservati a -80°C) sono stati, invece, acquistati dalla Medical University di Graz, in Austria; dal già citato Karolinska Institute Stockholm, dall’Università di Lund, in Svezia, e dalle Istituzioni aderenti al programma di trapianto cardiaco degli ospedali affiliati allo Utah Transplantation Center, negli Stati Uniti.
L’obiettivo era uno solo: studiare la rigenerazione delle cellule del muscolo cardiaco in pazienti con scompenso avanzato, sia con dispositivo LVAD impiantato che senza, comparandola con i campioni di cardiomiociti di persone senza patologie cardiovascolari.
Il primo dato posto in evidenza dal team parla di «pazienti senza scarico meccanico mediato dal dispositivo di assistenza ventricolare sinistra, con una generazione di cardiomiociti gravemente ridotta rispetto ai soggetti sani».
Al contrario, i cuori con carico meccanico LVAD hanno registrato un marcato aumento del rinnovamento delle cellule del muscolo cardiaco, confermando l’ipotesi secondo la quale esiste un forte potenziale rigenerativo nel miocardio di coloro che soffrono di insufficienza cardiaca avanzata supportata dal Left Ventricular Assist Device. Ma andiamo più in profondità.
Focus sull’attività di riparazione del DNA e sul processo di rimodellamento inverso
Per validare l’ipotesi di partenza, il gruppo di ricerca si è concentrato sul processo di riparazione del DNA dopo un evento lesivo, puntualizzando come l’osservazione, in laboratorio, di tale processo possa, talora, «indurre alla falsa impressione di una popolazione cellulare del muscolo cardiaco in rinnovamento». Quando, invece, non è così.
A prova di questo, il team ha analizzato i dati relativi al sequenziamento dell’RNA di singole cellule di cardiomiociti, sia nei muscoli cardiaci lesi ma privi di Left Ventricular Assist Device che nei muscoli cardiaci di pazienti con LVAD, «dimostrando che, in entrambi i casi, la maggior parte dei geni di riparazione del DNA non erano regolati diversamente Dunque, erano simili».
Lo spartiacque è dato un miglioramento funzionale del muscolo cardiaco che gli autori definiscono “rimodellamento inverso”.
Fino ad oggi – commentano – la maggior parte degli studi sulla rigenerazione del cuore nei roditori, sia neonati che adulti, hanno riscontrato un aumento della proliferazione dei cardiomiociti direttamente dopo una lesione miocardica.
Ma, se queste nuove cellule del muscolo cardiaco esistessero davvero, avrebbero vita breve e avrebbero un effetto limitato sulla rigenerazione, a causa del microambiente ostile presente nei cuori in difficoltà, che sono, sì, in grado di stimolare l’attività del ciclo cellulare, ma, allo stesso tempo, «non riescono ad accogliere un processo di divisione cellulare completo e di successo».
Ebbene, alla luce di tali premesse, quello che il Sarver Heart Center dell’University of Arizona ha dimostrato è che lo scarico meccanico e il supporto circolatorio fornito dal dispositivo di assistenza ventricolare sinistra sono capaci di mediare i cambiamenti strutturali, cellulari e molecolari nel miocardio compromesso dei pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, arrivando al cosiddetto “rimodellamento inverso”, con «un aumento del tasso di rinnovamento dei cardiomiociti pari al 3,1% all’anno, che è circa sei volte superiore rispetto ai livelli fisiologici di rinnovamento nelle persone sane».
Glimpses of Futures
Il lavoro illustrato segna l’inizio di un nuovo corso di studi nell’ambito della rigenerazione del muscolo cardiaco umano, di cui è riuscito a fornire prove dirette, supportate da osservazioni e dati sull’attività di riparazione del DNA e sul processo di rimodellamento inverso.
Ma, avvalendoci della matrice STEPS, proviamo ora ad anticipare possibili scenari futuri, attraverso l’analisi degli impatti che i risultati ottenuti dai ricercatori potrebbero avere sotto il profilo sociale, tecnologico, economico, politico e della sostenibilità.
S – SOCIAL
La scoperta del potenziale rigenerativo dei cardiomiociti nel cuore umano adulto danneggiato, in futuro, potrebbe rappresentare la base per nuove terapie mirate in pazienti con scompenso cardiaco avanzato. In particolare, gli esiti della ricerca coordinata dal Sarver Heart Center dell’University of Arizona ispirano ulteriori studi incentrati sui meccanismi molecolari implicati nel recupero del miocardio e sulla scoperta di nuove strategie farmaceutiche per promuoverlo. Tra le future ipotesi da dimostrare in laboratorio, ad esempio, quella secondo la quale lo scarico meccanico e il supporto circolatorio fornito dal Left Ventricular Assist Device potrebbero invertire il processo di produzione dei radicali liberi, responsabili del danno ossidativo al DNA che, a sua volta, causa l’arresto del ciclo cellulare nei cardiomiociti.
T – TECHNOLOGICAL
Il prossimo step – spiegano gli autori – sarà arrivare a inquadrare l’esatta relazione causale tra il processo di rimodellamento inverso, il miglioramento funzionale del miocardio e il rinnovamento dei cardiomiociti nei pazienti presi in esame, con l’obiettivo di chiarire il motivo per cui vi sono alcuni soggetti in cui, più di altri, la capacità di rigenerazione del muscolo cardiaco è spiccata. Probabilmente giocano un ruolo cruciale il fenotipo osservato e le caratteristiche genetiche del singolo. Motivo per cui, in futuro, quanto emerso dallo studio pubblicato sulla rivista “Circulation” potrebbe essere approfondito per mezzo di altre tecniche di ingegneria genetica (oltre al già citato sequenziamento dell’RNA) quali, ad esempio, l’editing genomico, con cui intervenire per individuare e correggere – all’interno del genoma stesso – eventuali errori genetici responsabili della mancata rigenerazione delle cellule del muscolo cardiaco leso.
E – ECONOMIC
Secondo le stime dell’American Heart Association, negli Stati Uniti, il totale dei costi sanitari attribuiti allo scompenso cardiaco, nel 2030, raggiungerà i 53,1 miliardi di dollari, di cui ben l’80% riconducibili ai ricoveri ospedalieri. Non diversa la situazione nell’UE, dove, ad oggi, l’impatto economico delle malattie cardiovascolari conta 282 miliardi di euro all’anno, pari a un costo di 630 euro per cittadino europeo. In uno scenario futuro, in cui il potenziale rigenerativo dei cardiomiociti nel cuore umano danneggiato sarà un dato ormai acquisito, dal quale partire per mettere a punto strategie terapeutiche ad hoc finalizzate a innescarlo, la spesa sanitaria globale, diretta e indiretta, correlata all’insufficienza cardiaca, sarà destinata a ridursi.
P – POLITICAL
Dal punto di vista politico, iniziative come quella varata il 3 dicembre 2024 dal Consiglio dell’Unione Europea per la salute cardiovascolare dei cittadini UE e accolta con favore dall’European Alliance for Cardiovascular Health(EACH), oltre a rafforzare le attività di prevenzione, diagnosi precoce e screening di tutte le malattie cardiovascolari (comprese quelle afferenti all’ambito dello scompenso cardiaco), servono a garantire finanziamenti adeguati a sostegno di progetti innovativi e a sostenere, per mezzo di misure concrete, il progresso dei trattamenti terapeutici, supportati, ad esempio, dalle tecnologie digitali così – come in questo caso specifico – dalle più moderne tecniche di ingegneria genetica.
S – SUSTAINABILITY
La portata del lavoro di ricerca illustrato non dovrà, in futuro, essere limitata da problemi di accesso alle cure per quei pazienti affetti da scompenso cardiaco e appartenenti a etnie diverse o provenienti da paesi fragili sotto il profilo socio-economico. A tale riguardo, ricordiamo il progetto UE di durata quadriennale denominato JACARDI (acronimo di Joint Action on CARdiovascular diseases and DIabetes) – partito a novembre 2023 – in tema di malattie cardiovascolari (incluse le cardiomiopatie) e diabete, per il quale la Commissione europea ha stanziato ben 53 milioni di euro. L’obiettivo è fare fronte alle sfide sanitarie poste dalle due patologie in maniera inclusiva, «con un focus specifico sulle diversità culturali ed etniche riferite ai pazienti e sulla promozione dell’equità, anche dal punto di vista del genere», identificando le principali dimensioni sociali delle disuguaglianze nelle due malattie.