La tecnologia dovrà contribuire a colmare le lacune oggi presenti in ambito sanitario, specie per l’ausilio di chi soffre patologie croniche. Una ricerca mette in evidenza opportunità e sfide

Takeaway

Tecnologia digitale per la sanità. Nel caso specifico dei pazienti cronici, potrebbe essere di aiuto per aiutarli ad avere una più elevata aderenza terapeutica, come evidenziano i risultati di una ricerca condotta da Qwince con Doxa Pharma.
Di almeno una malattia cronica soffre quasi il 40% degli italiani per una spesa stimata di circa 66,7 miliardi di euro. La mancata aderenza terapeutica è un grave e crescente problema, causa di decessi e di ricoveri e di un aggravio di costi per il sistema sanitario.
Un impiego più diffuso di tecnologie e di piattaforme dedicate è valutato positivamente dal 75% dei pazienti, che le giudica utili a migliorare la qualità di vita. Più del 70% del campione le utilizzerebbe per prenotare visite e farmaci e per altri servizi utili.

Il ruolo della tecnologia digitale per la sanità oggi è innegabile, anche se si considera l’impiego di tecniche predittive e di intelligenza artificiale. Ma occorre rafforzarne la diffusione, in modo da renderla complementare o comunque di aiuto ai percorsi di cura, per agevolare il rapporto medico-paziente, specie per chi è interessato da malattie croniche. Ipertensione, diabete, osteoporosi, ipercolesterolemia, depressione e ansia sono alcune delle patologie principali che riguardano una condizione cronica, di cui soffrono almeno 24 milioni di italiani (nel 2018), ovvero quasi il 40% della popolazione; sul totale, 12,5 milioni hanno multi-cronicità. Questa situazione aumenterà sensibilmente nel 2028, come evidenziano i dati dell’Osservatorio sulla Salute secondo cui il numero di malati cronici salirà a 25 milioni nel 2028, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. Oltre a rappresentare una situazione di serio disagio e preoccupazione per i sofferenti e per le loro famiglie, è anche una voce di spesa consistente: la spesa stimata è di circa 66,7 miliardi di euro per la cronicità. La questione non riguarda solo l’Italia: le malattie croniche richiederanno l’impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale.

L’Italia, pur contando su un numero relativamente alto di medici (Nel 2016 c’erano 240mila medici su 1,8 milioni di medici attivi nell’UE 28, rappresentando il secondo Paese, dopo la Germania con 345mila) ha il record dei medici più anziani (il 54% aveva più di 55 anni) e anche un tasso relativamente alto del rapporto ogni 100mila abitanti. Per allinearsi al livello di altri Paesi europei di riferimento, segnala l’ultimo rapporto Crea in Italia servirebbero 30mila medici e 250infermieri.

Da una parte, quindi, la necessità per i medici di poter gestire un numero sempre più elevato di pazienti, dall’altro, la necessità per i pazienti di poter comunicare con i caregiver, di poter contare su servizi sanitari e su una qualità di vita quanto più elevata.

La tecnologia, digitale e non solo, può contribuire a fornire più di una risposta. Ma quale apporto ha nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici?

Per “aderenza terapeutica”, ricorda l’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), s’intende la capacità del paziente di seguire le indicazioni del proprio medico riguardo ai tempi, alla frequenza e all’assunzione del farmaco per tutta la durata della terapia, oltre che allo stile di vita da tenere durante la patologia. Purtroppo al 71% dei pazienti cronici capita di dimenticarsi di assumere un farmaco. Quello che colpisce di più è che sono i giovani ad aderire meno alla terapia (82%). Lo rivela, tra l’altro, l’esito di una ricerca condotta da Qwince, azienda specializzata in tecnologie e servizi per la sanità digitale, in collaborazione con Doxa Pharma, intitolata “Sfide e opportunità nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici: l’apporto della tecnologia”.

L’impiego della tecnologia da parte dei pazienti cronici: cosa emerge dalla ricerca Qwince

La scarsa o non puntuale aderenza terapeutica provoca effetti collaterali molto pesanti, in termini di decessi come in costo dei ricoveri. Ritorna allora la necessità di contare su strumenti tecnologici e servizi specifici in grado di accompagnare il paziente e i caregiver nel percorso di cura.

La stessa ricerca Qwince ricorda che:

“Attraverso l’utilizzo di applicazioni e servizi online, i pazienti possono gestire i loro farmaci in modo più efficiente, tenere traccia delle prescrizioni e degli orari di assunzione e adottare comportamenti utili per migliorare l’aderenza alla terapia.”

Da quanto si legge nella ricerca, sono diversi gli elementi di interesse che riguardano i pazienti cronici e il loro rapporto con la tecnologia. Un primo elemento è che gli intervistati si mostrano molto aperti a impiegare strumenti tecnologici: “il target usa e possiede, in media, almeno quattro device”.

Circa un intervistato su cinque, inoltre, possiede dispositivi medici connessi a un’app, quota che cresce tra i pazienti 51-60enni.

Sanità digitale: gli strumenti tecnologici posseduti ed utilizzati dalle persone
Sanità digitale: gli strumenti tecnologici posseduti ed utilizzati dalle persone (fonte: Qwince, ricerca 2023)

Dove potrebbe risultare prezioso l’impiego della tecnologia digitale in sanità per il campione? Per esempio, per gestire vari formati documentali, soprattutto in situazioni d’urgenza, che può risultare non facile per il malato o per lo stesso operatore sanitario. Questo il motivo per cui il 71% dei pazienti dichiara interesse verso l’utilizzo di una piattaforma digitale in grado di semplificare l’archiviazione dei documenti diagnostici.

C’è un ampio spazio di crescita della sanità digitale. Si pensi alla prenotazione di farmaci e visite che oggi avviene ancora per lo più di persona o al telefono, come dichiara più dell’80% degli intervistati. Un altro aspetto, rilevato dalla ricerca, riguarda il ritiro di referti e la richiesta di prescrizioni e certificati medici: oggi più della metà del campione sceglie anche il canale digitale. Se può essere un dato lusinghiero, non lo è certamente quello sui consulti online: solo il 19% degli intervistati ha utilizzato anche servizi web o app per consultare un medico negli ultimi sei mesi.

Emerge, invece, l’interesse del 24% degli intervistati (in particolare nel 37% della fascia tra 51 e 60 anni) verso piattaforme dedicate alla comunicazione tra medici, farmacisti e pazienti, utilizzate attualmente solo dal 7% del campione. Come segnala la ricerca:

“L’idea di una piattaforma che offra in modo integrato questi servizi trova largo consenso.  Il 75% dei pazienti valuta questo tipo di servizio adatto alle proprie necessità e utile a migliorare la qualità di vita. In particolare, oltre il 70% lo utilizzerebbe per prenotare visite, amministrare referti e rimanere in contatto con i medici, il 65% per prenotare farmaci e il 54% per effettuare teleconsulti.”

Sanità Digitale: i canali usati dalle persone per la comunicazione con il proprio medico o altri professionisti sanitari (fonte: Qwince, ricerca 2023)
Sanità Digitale: i canali usati dalle persone per la comunicazione con il proprio medico o altri professionisti sanitari (fonte: Qwince, ricerca 2023)

Tecnologia digitale per la sanità: intervista all’AD di Qwince

Quanto emerso dalla ricerca pone più di una domanda. Le abbiamo poste a Gianmarco Troìa, amministratore delegato di Qwince.

Quale aiuto può fornire la tecnologia digitale per la sanità, in particolare può aiutare per migliorare la comunicazione tra pazienti e medici, specie nel caso di malattie croniche?

«Il quadro che emerge con forza dalla ricerca evidenzia il desiderio di una migliore comunicazione sia da parte del paziente sia dell’operatore sanitario. La cronicità richiede costanza e coinvolgimento nella terapia e il tema della aderenza terapeutica dei pazienti cronici su cui ci siamo focalizzati è una delle tematiche principali per ridurre il carico sulla spesa sanitaria anche se è un obiettivo di lungo periodo, ma ciò che emerge in maniera molto chiara è che il paziente e in molti casi si sente non sufficientemente accompagnato (se non totalmente abbandonato) dagli operatori sanitari che si trovano a essere sempre meno, facendo fronte a un carico di lavoro sempre maggiore con le inevitabili pressioni che ciò comporta.

Spesso si nota uno scollamento tra ciò che percepisce il paziente, che si sente poco assistito, da quanto percepisce il medico, che ritiene di dedicare adeguato tempo nella comunicazione col paziente. A questo proposito la tecnologia in sanità può essere un fattore abilitante, anche se è uno strumento non la panacea. Serve una necessaria opera di disseminazione culturale, di formazione del personale sanitario in modo che possa padroneggiare la tecnologia oltre a servizi collaterali che aiutino l’operatore sanitario ad abilitare questi servizi. Non possiamo pensare, però, che un operatore sanitario faccia da help desk, da supporto tecnologico, da operatore sanitario, da consulente… Quindi, è necessario un cambio di paradigma in cui i professionisti della salute devono essere soggetti preparati per utilizzare queste tecnologie, affiancati, nello stesso tempo, da personale in grado di che supportare una struttura sanitaria in questa evoluzione. L’obiettivo principale che abbiamo voluto perseguire con questa ricerca è stato quello di fornire adeguati strumenti agli operatori della salute per definire percorsi di innovazione, sburocratizzazione e efficientamento nell’erogazione delle prestazioni».

In generale come la tecnologia (in particolare le tecniche predittive e AI) possono aiutare a migliorare la qualità di vita dei pazienti?

Gianmarco Troìa, amministratore delegato di Qwince
Gianmarco Troìa, amministratore delegato di Qwince

«L’adozione di tecniche d’intelligenza artificiale nella gestione dei dati e nel supporto alla diagnosi dei pazienti oggi è un elemento consolidato, così come la possibilità che alcuni algoritmi di machine learning possono analizzare grandi quantità di dati clinici per identificare i pazienti con maggior rischio di sviluppare complicanze, migliorando la precisione della diagnosi e dell’assistenza medica. D’altra parte, è sempre più necessario garantire la protezione dei dati personali, attraverso l’adozione di strumenti di sicurezza avanzati e la formazione del personale sanitario su questioni di privacy e sicurezza.

L’AI apre scenari forse inimmaginabili fino a pochi anni fa: parlo della diagnostica per immagini per esempio. Tuttavia sul tema c’è ancora molto su cui interrogarsi e ancor più da determinare.

Credo che un’area estremamente interessante riguarderà il cosiddetto Large Language Model (LLM), modello linguistico computerizzato basato su machine learning che è la base comune anche a ChatGPT e degli strumenti di Generative AI. Esso può semplificare l’interazione rispetto a determinate tematiche. Proprio a questo proposito al momento, come Qwince, stiamo esplorando l’utilizzo di questo genere di tecnologie per sensibilizzare in maniera puntuale su alcune specifiche patologie o su determinati farmaci; è un’opportunità mirata che aiuta il paziente a nel suo percorso di assunzione della terapia. Al momento è in piena evoluzione, ma credo possa rivelarsi utile, e altrettanto prezioso, un foglietto illustrativo evoluto e interattivo in cui il paziente possa reperire subito le informazioni utili (e opportunamente validate) su un determinato farmaco e sulla posologia».

Come la tecnologia digitale in sanità potrebbe essere utile al medico che si trova nella situazione di dover sopperire a un sempre maggiore numero di pazienti?

«Nel corso dei prossimi 4/5 anni la tecnologia in sanità dovrà necessariamente servire ad alleggerire tutti gli operatori nelle attività a scarso valore aggiunto, che spaziano dalla gestione degli accessi per una determinata prestazione alla prenotazione, ma fondamentali per la qualità della cura del paziente. Pensiamo al sovraffollamento, effetto collaterale di una gestione non corretta delle prenotazioni, che pesano sul paziente, aumentano i rischi epidemiologici, e rallentano l’attività ad alto valore del professionista».

Veniamo alla ricerca di Qwince. Quali sono gli elementi positivi e quali quelli su cui riflettere in merito all’impiego della tecnologia digitale in sanità, nello specifico per il paziente cronico?

«L’elemento più positivo che mi piace rilevare è la maturità in termini di alfabetizzazione tecnologica che emerge dalla ricerca. Il fatto che il campione si senta sensibile, per esempio alle tematiche di archiviazione dei referti (il 71% dei pazienti si dichiara aperto all’utilizzo di una piattaforma digitale che, tra le altre funzionalità, offra la possibilità di caricare e salvare i referti medici e gli esami diagnostici – nda) dimostra comunque che siamo ben oltre la semplice consultazione. Credo che stiamo raccogliendo gli effetti, tra i pochi positivi, tratti dall’esperienza pandemica: una più spiccata (seppur forzata) vocazione all’approccio digitalizzato a diversi servizi.

Uno degli aspetti da considerare è la difficoltà che c’è ancora oggi nella gestione dei referti (il 25% dei pazienti dichiara di possedere referti soprattutto digitali mentre il 49% prevalentemente cartacei. In assenza di fascicolo sanitario elettronico, il 77% dei pazienti raccoglie documenti in cartelline)».

Sempre dalla ricerca emerge l’interesse verso l’utilizzo di una o più piattaforme digitali che possano semplificare determinati servizi o una loro più semplice fruizione. Quali saranno le loro caratteristiche basilari?

«Dalle risposte e dai desiderata dei pazienti cronici del campione emerge quali possono essere le sue caratteristiche. I pazienti hanno mostrato gradimento verso l’impiego di una piattaforma dedicata che favorisca, attraverso promemoria e reminder, l’assunzione corretta della terapia, e che faciliti e promuova anche il contatto con il medico specialista e gli operatori sanitari. Quest’ultimo servizio digitale è ritenuto utile, dall’82% dei pazienti, per migliorare la qualità della propria vita.

Credo che tra gli aspetti fondamentali ci siano quelli di integrazione col fascicolo sanitario elettronico e di usabilità intesa anche nei termini del set di piattaforme che i pazienti già utilizzano. Si inizia anche a ragionare sulla multicanalità.

Ma, soprattutto, è bene pensare che tali piattaforme devono essere pensate, prima di tutto, per rispondere alle esigenze del paziente e del medico, non a quelle della struttura sanitaria o del personale tecnico».

Quale futuro si può prevedere per la sanità? Quali saranno le caratteristiche ipotizzabili?

«Credo che siano ben descritte nell’ultimo libro di Eric Topol, cardiologo, scienziato e autore americano Deep Medicine: How Artificial Intelligence Can Make Healthcare Human Again. Da quanto traspare, è la visione – che condivido – di una sanità sempre più domiciliare. L’autentico fulcro su cui si incardinerà la sanità del futuro sarà la casa del paziente. Non è più pensabile una gestione ospedaliera dei processi di ordinario monitoraggio o di follow up o di altre operazioni: queste e altre prestazioni si dovranno spostare in ambito domiciliare, che dovrà essere sempre più connesso.

Inoltre, nel prossimo futuro prestazioni di elevato valore aggiunto quali tele monitoraggio e tele assistenza saranno più evoluti; in un contesto di carenza sempre più sensibile di personale sanitario, la digitalizzazione dovrà rappresentare sempre più un valido aiuto per i caregiver.

Tuttavia, soprattutto, non dobbiamo mai dimenticare che la sanità è un bene per la collettività e va difesa e sviluppata. La tecnologia digitale in sanità non deve far altro che sostenere questo bene, affiancandolo e facilitandone accesso e fruizione».

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin