L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione offrono vantaggi importanti per la sanità, alle prese con sfide sempre più ardue. Servono strumenti, ma anche maggiore conoscenza. Ecco, quindi, l’importanza di prassi condivise e di modelli esemplari.
TAKEAWAY
- L’impiego dell’intelligenza artificiale per la digital health contribuisce a diagnosi e cure migliori ed è sempre più richiesta.
- Serve però aumentare il livello di conoscenza del personale medico sanitario, che solo così potrà beneficiare dei vantaggi della digitalizzazione.
- Nasce così l’esigenza di percorsi condivisi e a forte valore aggiunto tecnologico. Un esempio è il recente Microsoft eHealth Experience.
L’impiego di tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale per la digital health permette di effettuare diagnosi più rapide e mirate e di assicurare cure personalizzate più efficaci. E questo, oggi, è più che una possibilità: sta prendendo piede ovunque, anche in Italia, ma deve essere stimolato da investimenti e da logiche di condivisione di soluzioni e conoscenze. Perché le sfide sono notevoli, a partire dall’aumento dell’età della popolazione e con essa l’incremento dei malati cronici.
Attualmente in Italia abbiamo 24 milioni di persone affette da cronicità, spesso con situazioni di comorbilità. E si prevede che, nel 2040, questo numero crescerà del 12%, arrivando a 28 milioni. A questo aumento corrisponde la scarsità di personale del mondo della sanità, che comporterà non solo carenze nelle strutture sanitarie, ma anche una più alta richiesta di prestazioni al personale attivo, con un rischio maggiore di stress. Non è un caso che medici e infermieri siano categorie a più elevato rischio di burnout, che impatta poi sulla qualità delle cure. L’Organizzazione mondiale della Sanità stima che per il 2030 ci sarà una carenza di 14 milioni di professionisti del sistema sanitario a livello globale.
A tutto questo va anche aggiunto che l’ambito sanitario è uno di quelli particolarmente a rischio in termini di cybersecurity. Dall’attacco a scala globale condotto mediante malware WannaCry del 2017 (che ha “infettato” 230mila computer in tutto il mondo) a oggi, l’escalation è stata preoccupante. Secondo uno studio di Swascan sulle criticità del settore sanitario, è emerso che il 60% delle aziende del campione sotto esame rischia il furto di dati sensibili. Servono, quindi, soluzioni digitali, ma occorre anche presidiare sulla loro sicurezza e sulle informazioni sensibili contenute.
C’è poi da gestire al meglio i dati, letteralmente esplosi negli ultimi anni. Lo sviluppo della digitalizzazione ha portato a un loro incremento esponenziale: secondo Dell EMC, le organizzazioni sanitarie hanno visto un tasso di crescita dei dati sanitari dell’878% dal 2016 a oggi. Infine, vanno considerate le aspettative di tutti i cittadini, abituati ormai a usare piattaforme digitali per molteplici servizi e richiedono di poterlo fare anche in sanità.
Tutto questo necessita di un “miglioramento” digitale del sistema sanitario, sia per quanto riguarda le soluzioni tecnologiche sia in termini di adeguamento delle competenze del personale medico sanitario.
Da qui nasce l’esigenza di percorsi condivisi e a forte valore tecnologico aggiunto: in Italia è stato presentato, nei giorni scorsi, eHealth Experience, percorso esperienziale che arricchisce il Microsoft Technology Center di Milano.
Intelligenza artificiale per la digital health: l’importanza della digitalizzazione per la medicina personalizzata
L’obiettivo del nuovo spazio è promuovere – attraverso la formazione e la condivisione di esempi virtuosi e soluzioni innovative proposte da Microsoft e dai suoi partner – l’innovazione del Sistema Salute. Più in particolare, si intende:
«… condurre gli attori del settore sanitario nei vari passi di un tipico processo di presa in carico del paziente secondo un approccio di medicina personalizzata, mostrando piattaforme sviluppate da Microsoft e verticalizzate dai partner in risposta alle diverse esigenze»
Come ha spiegato Giancarlo Sudano, MTC Technical Architect di Microsoft Italia, il percorso eHealth Experience vuole focalizzarsi sul senso e sul valore della medicina personalizzata, concetto da non confondere con la medicina di precisione: «A differenza di quest’ultima, la prima intende migliorare l’efficienza dell’interazione tra paziente e medico, che può fare ricorso a una base dati enorme. Infatti, quando si parla di medicina personalizzata, si ha a che fare con una ricchezza immensa: in un anno si possono valutare miliardi di byte di dati medici e clinici, una mole enorme e impossibile da analizzare se non si hanno strutture adeguate, fortemente elastiche per gestire capacità computazionali e di ricerca. Un passo fondamentale, oltre a quello tecnologico, è la possibilità di far collaborare tra loro professionisti della sanità in maniera coordinata e multidisciplinare».
Questa visione condivisa e partecipata è alla base della visione del percorso della storia medica de paziente, a partire dal riconoscimento della malattia, fino alla diagnosi, cura e follow up. Sono step in cui si fa sempre più uso di soluzioni quanto più avanzate in termini di digital transformation, sotto forma di tecniche e algoritmi di machine learning, di telemedicina o di tele-riabilitazione, giusto per citarne alcuni.
È un percorso di condivisione, in cui Microsoft, nel caso di eHealth Experience, fornisce la struttura basilare in termini di potenza computazionale cloud, applicazioni business connected e piattaforma di comunicazione. «Su questa base, i partner hanno predisposto dei applicativi verticali specializzati che si occupano di fornire servizi per tutti i passi della vita del paziente, dal momento in cui si rivolge a un centro medico per la diagnosi, fino ai controlli periodici» precisa Sudano.
È ampio l’impiego di tecniche e tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale per la digital health. Si spazia, infatti, dalla possibilità di fare screening specifici con la soluzione di Sophia Geenetics – azienda bioteh svizzero-americana che ha messo a punto una piattaforma che combina analisi genomica e intelligenza artificiale per lo studio dell’andamento di una patologia – alla telemedicina e riabilitazione da remoto, fino al monitoraggio dei parametri fisiologici attraverso l’IoT e alle applicazioni per follow-up e feedback a pazienti e caregiver [per approfondimenti sull’AI, consigliamo la lettura della nostra guida all’intelligenza artificiale che spiega cos’è, a cosa serve e quali sono gli esempi applicativi – ndr].
Servono strutture e competenze per la sanità del futuro
Soluzioni di questo livello, che contemplano anche tecniche di intelligenza artificiale per la digital health, sono possibili e attuabili, ma serve sviluppare una prassi condivisa. Per questo occorrono sì investimenti – la spesa, nel 2020, ha comunque registrato una crescita del 5% – ma resta ancora molto da fare.
Si consideri la disponibilità di servizi territoriali: oggi in Italia ci sono 18,6 posti in strutture residenziali per anziani; in Germania e in Francia sono più di 50. Tornando al personale medico sanitario, se consideriamo gli infermieri ce ne sono sei su 1000 abitanti nel nostro Paese, in Germania più di 12. I posti letto in ospedale sono poco più di tre su mille abitanti, in Francia sono sei e otto in Germania. C’è poi la questione dei ricoveri: ben 200mila riguardano cittadini del Sud Italia che si sono fatti curare in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.
Le sfide sono tante, la pandemia ha favorito il maggiore ricorso (e investimenti) in piattaforme digitali, è necessario però avere una governance delle iniziative digitali, insieme alla formazione del personale sanitario.
Il PNRR anche in questo senso è un’importante opportunità, sia per le ingenti risorse economiche messe in campo (per l’innovazione del Sistema Salute riserva 15,63 miliardi di euro), sia per servizi di prossimità e per il sostegno alla ricerca e sviluppo. «Soprattutto fornisce linee guida utili per definire come muoversi per colmare il gap esistente e dirigersi verso un sistema più equo e sostenibile» sottolinea Veronica Jagher, responsabile Data Platform Microsoft Western Europe.
Intelligenza artificiale per la digital health: il progetto AI-SCoRE
Da qui l’importanza di mostrare potenzialità e condividere conoscenze, che è poi il fine di Microsoft eHealth Experience, che si propone anche quale luogo di condivisione di modelli virtuosi ed esperienze concrete di innovazione come quella dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che ha sviluppato il progetto AI-SCoRE, piattaforma di apprendimento autonomo in grado di calcolare il rischio da Covid-19.
La stessa Veronica Jagher lo ha introdotto quale esempio di applicazione delle tecniche di intelligenza artificiale per la digital health, nato per affrontare la pandemia e gestire cure e ricoveri in maniera efficace e mirata: «I dati ci confermano che l’applicazione di questa soluzione ha permesso di ridurre il tasso di ospedalizzazioni del 25%».
Prima di applicare algoritmi di intelligenza artificiale, si è proceduto a lavorare sull’impiego della TAC toracica, dalla capacità di discriminare pazienti Covid-19 con un’efficienza maggiore rispetto al tampone (ovvero superiore al 70%).
Si è poi passati alla raccolta di dati di imaging medico provenienti da quindici ospedali italiani, opportunamente gestiti in cloud. «Sui dati dei pazienti oggetto dello screeening sono stati testati alcuni algoritmi di machine learning per identificare quello più opportuno da impiegare. Da qui si è partiti per effettuare una successiva valutazione prospettica dello studio».
Il lavoro ha ricevuto un contributo importante da parte di due aziende partner Microsoft che si sono dedicate alla definizione dell’algoritmo e alla gestione dell’infrastruttura, essenziali per mettere a punto la piattaforma
L’importanza dell’AI nella sanità e le prospettive future
L’esempio di AI-SCoRE evidenzia l’importanza dell’impiego di tecniche di intelligenza artificiale per la digital health. Come rimarca il professor Carlo Tacchetti, direttore del centro di Imaging Sperimentale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano: «ci sono due elementi per definire i vantaggi dell’AI in ambito sanitario: uno riguarda la medicina personalizzata e l’altro è la value based healthcare», ossia il processo di miglioramento continuo che mette al centro il paziente [per approfondimenti sul progetto AI-SCoRE, consigliamo la lettura dell’intervista a Carlo Tacchetti in tema di intelligenza artificiale e medicina predittiva – ndr].
Lo stesso World Economic Forum, in un recente contributo, evidenzia un crescente spostamento dagli obiettivi di cura basati sul volume, all’assistenza e alla cura “basata sul valore”, dove la previsione dei risultati dei pazienti giocherà un ruolo chiave.
Nei modelli sanitari value-based, i fornitori vengono pagati per migliorare i risultati in termini di salute piuttosto che per il volume di pazienti trattati. L’attenzione si concentra sul trattamento più rapido di malattie e lesioni, evitando l’ingenerarsi di condizioni croniche come l’ipertensione o, peggio, l’insorgere del diabete. I risultati si traducono in una migliore qualità delle cure, in costi ridotti per il sistema sanitario e per il paziente stesso, grazie a minori visite mediche, test, interventi e prescrizioni.
IDC ha previsto che, entro il 2026, due terzi dei processi di imaging medico utilizzeranno l’AI per rilevare le malattie e determinare il trattamento più efficace e mirato.
Secondo il Future Health Index 2021 di Philips, il 19% dei dirigenti sanitari nel mondo sta dando priorità all’investimento in AI per ottimizzare l’efficienza operativa. E prevedono di farlo ancora di più tra tre anni a partire da oggi (37%). Gli stessi si aspettano anche di investire in soluzioni in cui si impiegano tecniche di intelligenza artificiale da qui a tre anni per integrare la diagnostica (32%), prevedere i risultati (30%) e per il supporto alle decisioni cliniche (24%).