Che cosa si intende esattamente per “voto elettronico” e in quali ambiti, oggi, si ricorre a questo sistema di votazione? Ne parliamo in compagnia di Irene Pugliatti, CEO di Eligo.
Negli ultimi anni è divenuta sempre più popolare l’espressione “voto elettronico”, in merito alla quale è, però, d’obbligo essere precisi nell’uso della terminologia.
Pur rimandando a sistemi che abbandonano definitivamente la scheda di voto cartacea, la locuzione in realtà fa riferimento a due tipologie di voto, che differiscono per le modalità adottate:
- e-voting (o “electronic voting”), che consiste nel votare in presenza, per mezzo di dispositivi elettronici che si trovano nel seggio come, ad esempio, i monitor touch screen
- i-voting (o “internet voting”) che, invece, consente di esprimere il proprio voto online, ovunque ci si trovi, al seggio come a casa propria o in qualsiasi altro luogo
In particolare, con lo scoppio dell’emergenza pandemica – e con la conseguente stringente esigenza di attività svolte a distanza – l’impiego dell’i-voting ha iniziato a registrare una crescita significativa a livello globale, destinata a proseguire nei prossimi anni.
Secondo il Report “Global Voting System Market Outlook 2027”, a cura di Research Nester, il mercato mondiale dei sistemi di voto elettronico – stimato a 982,8 milioni di dollari nel 2020 – comprendente sia e-voting che i-voting, arriverà a superare i 1420 milioni nel 2027.
E per quanto concerne, nello specifico, il mercato del voto online, il Global Voting System Market Report realizzato da Eligo vede, entro il 2027, il raggiungimento di un valore complessivo in Europa di 285 milioni di euro, con l’Italia che passerà dai 20,52 milioni del 2017 ai 33,23 del 2027 a un tasso di crescita medio del 4,9%, allineato alla media europea (5,5%) e USA (5,4%).
Nel nostro paese, «l’i-voting si sta rapidamente diffondendo all’interno delle organizzazioni più diverse, sia in ambito pubblico che privato, compresi ordini professionali, Università, Istituti scolastici, associazioni di categoria, cooperative e Pubbliche Amministrazioni, per la gestione di qualsiasi tipo di votazione»
pone in evidenza Irene Pugliatti, CEO di Eligo, protagonista del mercato italiano del voto digitale. Tutte realtà – prosegue – accomunate dal medesimo problema, ovvero la scarsa partecipazione diretta dei propri membri, dei propri iscritti e degli associati alle assemblee deliberative ed elettive previste da regolamenti e statuti. In questo caso, il voto da remoto contribuisce all’aumento della partecipazione, favorendo la stessa vita associativa.
Sistemi di voto elettronico: impatti diretti e indiretti
Un dei problemi del voto in presenza, rispetto al voto elettronico online, è inerente ai costi dei processi elettivi. «E più le organizzazioni sono grandi, più i costi sono importanti. Si pensi solo alla mole di raccomandate cartacee che solitamente vengono inviate per posta agli elettori, per invitarli a partecipare alle assemblee» osserva la Chief Executive Officer di Eligo.
Il taglio dei costi quale diretta conseguenza del ricorso all’i-voting, oltre agli aspetti organizzativi e all’azzeramento del cartaceo, riguarda anche gli aspetti logistici correlati agli spostamenti di coloro che sono chiamati a recarsi fisicamente ai seggi, con effetti sulla riduzione di consumo di carburante e sulla riduzione delle relative emissioni di CO2.
«In questo momento – fa notare l’intervistata – sono le Università e le associazioni di categoria i maggiori protagonisti del processo di digitalizzazione delle procedure di voto in Italia. In particolare, relativamente alle associazioni, l’accelerazione di tale processo è legata anche alla Riforma del Terzo Settore, che prevede, tra le altre misure, una serie di controlli per verificare il reale fine associativo delle organizzazioni iscritte ai registri e l’effettiva partecipazione dei soci alla vita dell’associazione, incluse le votazioni dei consigli direttivi».
La sicurezza del processo di voto
Nei sistemi di voto elettronico, comprendenti sia e-voting che i-voting, fattori imprescindibili sono la riservatezza dei dati di coloro che li utilizzano – e, più nello specifico, l’anonimato dell’intero processo di voto, che implica l’impossibilità di associare la preferenza a colui che l’ha espressa – e la garanzia che il voto non possa essere manomesso o manipolato, ad esempio modificandolo o esprimendo voti aggiuntivi dopo la chiusura dei seggi.
In beve sintesi, dal punto di vista della cybersecurity, sono l’interruzione delle operazioni di voto, la falsificazione di identità e l’accesso non autorizzato ai dati le minacce più temute. A tale proposito, Irene Pugliatti spiega:
«Peculiarità della nostra piattaforma cloud e web-based – per votazioni da remoto, presso il seggio o in forma ibrida – è che non esiste alcun legame tra voto e votante, in modo che non si possa risalire a quest’ultimo. Sia durante le operazioni di e-voting che durante le votazioni online, le informazioni voto-votante vengono scisse e salvate in due aree separate. Abbiamo riprodotto digitalmente ciò che accade quando viene fisicamente inserita la scheda di voto cartacea nell’urna. In quel momento preciso, si dissolve il legame col votante e la scheda diviene anonima, una su mille. Inoltre, ai fini della loro segretezza e integrità, a tutte le comunicazioni e ai dati viene applicata la crittografia»
Sistemi di voto elettronico: i-voting ed elezioni politiche. Quale scenario?
Che cosa accadrebbe se, nel nostro paese, il voto online venisse adottato nell’ambito delle elezioni politiche? Ma, soprattutto, si tratta di uno scenario possibile?
Iniziamo col dire che, nel corso degli ultimi anni, in Italia, ci sono state diverse iniziative locali in tema di digitalizzazione del procedimento elettorale e di sperimentazione dell’i-voting in politica.
Ne sono un esempio la piattaforma Rousseau utilizzata dal Movimento 5 Stelle e, più recentemente, la piattaforma che verrà impiegata in occasione delle Primarie del Partito Democratico il 26 febbraio 2023, per consentire di votare online agli italiani residenti all’estero e a chi, per gravi motivi, è impossibilitato a muoversi di casa.
Il tutto in linea con la direzione della Commissione europea che, con la Comunicazione del 9 marzo 2021, ha fissato gli obiettivi della trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030, compresi servizi pubblici online accessibili a tutti – dunque altresì alle persone con disabilità – anche attraverso il voto politico via Internet, «che incoraggerebbe una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita democratica». Ma, in Italia, ad oggi, alle politiche si vota ancora con carta e matita.
Nel resto del mondo, è l’Estonia a detenere il primato di paese con lunga esperienza (dal 2007) in fatto di elezioni politiche tramite i-voting, seguita da India e Brasile. Sperimentazioni sono in corso anche in Svizzera, Francia e Regno Unito, mentre Olanda e Norvegia, dopo un periodo di test, sono tornate alle votazioni in presenza.
Un capitolo a parte meritano gli Stati Uniti dove, se è pur vero che attualmente sono in vigore sistemi di voto politico ibridi, in presenza e da remoto, l’esperienza del voto online in occasione delle presidenziali è stata più volte problematica e assai criticata.
Il cuore del problema è quello della sicurezza di un processo di voto online esteso su ampia scala. Ma non solo. Lasciando per un momento da parte lo scenario USA e tornando al nostro paese, Pugliatti interviene sottolineando un altro aspetto:
«Il problema è quello della fiducia degli elettori nei confronti delle forze politiche. Problema che può essere superato solo con un cambio di paradigma. Certo, con le elezioni politiche il sistema di voto online è esposto a un rischio diverso, dove il problema principe è quello dell’alterabilità del dato. Tecnologicamente, però, si può investire per segregare questo rischio. Le soluzioni si trovano. E nei prossimi anni potrebbe non essere un traguardo irraggiungibile. La costruzione della fiducia, invece, è un processo lungo»