Tra Milano e Pavia sorge la prima nature based solutions valley italiana. Un luogo dove si combinano agricoltura rigenerativa e tecnologia, economia circolare e modelli di sviluppo capaci di tutelare e valorizzare natura, territorio, industria, economia, ricerca e sviluppo
È possibile combinare agricoltura rigenerativa, territorio e tecnologia sperimentando, brevettando, mettendo a punto soluzioni che si basano su una filosofia antica e insieme moderna e tesa al futuro. La prova concreta è la realtà che, tra Milano e Pavia, sta realizzando quanto serve per costruire un futuro incentrato su concetti di rigenerazione e valorizzazione dell’ambiente (suolo, acqua, aria), economia circolare, risparmio delle risorse ed efficienza energetica e idrica, innovazione tecnologica. L’obiettivo è creare i presupposti per una migliore qualità della vita e per tutelare la biodiversità, valorizzando le attività presenti sul territorio e generando un ecosistema condiviso e sostenibile a livello ambientale, sociale ed economico.
Questa realtà si chiama Simbiosi ed è nata sulle orme di progetti agroambientali cominciati da Giuseppe Natta (figlio dello scienziato e premio Nobel Giulio Natta), circa 30 anni fa, e sull’intuizione di Piero Manzoni che ha creato il modello di business nel 2018. Dall’ idea iniziale si è arrivati oggi a uno spazio di circa 1000 ettari i cui terreni sono tornati – si stima – alle condizioni di mille anni fa, quando qui operavano i monaci dell’Ordine certosino, mettendo in pratica la loro visione di agricoltura e di allevamento che combinava ottime rese con la sostenibilità. Lo stesso fa Simbiosi. Questa società trae origine da Neoruralehub che ha gettato le basi per quella che oggi è definita la prima nature based solution valley italiana ed europea.
In questo spazio, a Giussago (Pavia), sorge anche l’Innovation Center Giulio Natta, luogo di ricerca e sviluppo per le imprese, dove si stanno sviluppando idee su nuove tecnologie, soluzioni di rigenerazione del territorio e agricoltura di precisione, sviluppo di fonti rinnovabili. Non solo: qui si sta mettendo a punto il modello – replicabile – di smart land.
Takeaway
Un’idea nata trent’anni fa all’insegna della rinaturalizzazione
Giuseppe Natta e Piero Manzoni hanno gettato le basi di Neorurale, il metodo su cui si impernia l’attività di Simbiosi, partendo nel 1995 con l’obiettivo di creare un modello davvero sostenibile e basato sui principi della green economy, quando questo concetto era ancora embrionale. Nei dintorni di Giussago (Pavia) e Lacchiarella (Milano) ha cominciato un’opera di rigenerazione all’insegna della biodiversità. Sono stati messi a dimora ben più di un milione di alberi e sono state ripristinate le condizioni presenti, si stima, nell’anno Mille.
Non è uno slogan, ma il frutto di dati: nel 1996 erano presenti 80 specie di uccelli; nel 2021 sono passati a 217; gli uccelli che nidificano qui sono passati nello stesso periodo da 25 a 65. Tra di esse vi è il Cavaliere d’Italia, specie a rischio fino agli anni Ottanta e simbolo iconico di Simbiosi.
Il territorio ha visto la formazione di oltre 107 ettari di aree umide, 78 di boschi, 65 di rimboschimenti da legname, 50 di prati oltre a 110 chilometri di siepi e filari campestri. Qui si contano oltre 255 specie di piante e fiori, oltre a un gran numero di insetti e animali.
L’intervento è stato poi trasportato nei campi coltivati creando il concetto di Environment Field Margin, che si basa sulla volontà di ricreare le condizioni ambientali originarie della zona geografica di riferimento, al bordo dei campi coltivati, dedicando il 10% della parte arabile alla natura. Come spiega la stessa Simbiosi:
“si tratta di elementi complessi e integrati formati da fasce boscate, radure inerbite con fiori e zone umide che hanno l’obbiettivo di concentrare in uno spazio molto ristretto ecosistemi diversi e ricchi di ecotoni, in grado di sviluppare rapidamente elevati livelli di biodiversità vegetale e animale. In questo modo l’attività agroambientale si limita ad occupare il 10/15% della superficie aziendale, portando con sé i vantaggi naturalistici e paesaggistici già rilevati nell’esperimento del comprensorio e la non trascurabile possibilità di essere replicata in moltissimi altri casi”.
Agricoltura rigenerativa, territorio e tecnologia per rigenerare il suolo
Negli anni, si sono combinati progressivamente i temi della agricoltura rigenerativa, territorio e tecnologia. Al centro c’è la valorizzazione del suolo, una risorsa vitale, limitata e non rinnovabile che spesso è impoverito da pratiche di agricoltura intensiva (se non vittima di una progressiva cementificazione). Racconta Gianmarco Sola, direttore commerciale della società:
«Qui stiamo portando avanti un processo mirato sì alla coltivazione, ma anche alla possibilità di restituire al terreno sostanze nutritive non più sostanze derivate del petrolio ma le deriviamo dagli scarti delle altre produzioni agroalimentari (qui si coltivano circa 45mila quintali di riso) o dai matrici organiche di scartomatrici organiche di scarto idonei di depurazione civile e che vengono da un biodigestore termofila».
La biodigestione anaerobica termofila brevettata (NRC – Nutrient Recovery Center) ha il vantaggio di avvenire con spazi molto più ridotti rispetto alla digestione anaerobica non termofila.
«Permette di estrarre dal mix di matrici organiche inserite nel biodigestore le sostanze nutritive funzionali. La biodigestione non viene effettuata per puri scopi energetici, quanto anche per produrre fertilizzante».
La temperatura per la biodigestione viene elevata usando il calore dei cogeneratori che utilizzano biogas senza nessun consumo di risorse né energetiche né idriche perché l’acqua utilizzata proviene dalle stesse matrici organiche di scarto: il prodotto derivante è un fertilizzante naturale sotto forma di gel che viene iniettato nel terreno, senza dover procedere ad aratura, pratica impattante sulla microflora esistente nel terreno. Non solo: grazie a questo gel igroscopico è possibile ridurre al minimo necessario l’impiego di acqua. Un solo grammo di sostanza organica può trattenere acqua, evitandone l’utilizzo fino a 20 litri. Così, grazie al connubio tra impiego di fertilizzante ecologico e risparmio idrico ottimale, si è arrivati a una resa, in termini di produttività per ettaro, fino a +36%. Così l’agricoltura rigenerativa, con la tecnologia e l’attenzione a pratiche sostenibili e circolari può essere più vantaggiosa di quella tradizionale.
Da qui si intende lavorare per sviluppare anche altri filoni: uno di questi intende produrre biometano da immettere nelle reti pubbliche per il teleriscaldamento. Il futuro passo sarà utilizzare questo biometano per generare idrogeno verde.
Tecnologia, digitalizzazione e AI scendono in campo
L’attenzione al suolo e al suo valore di risorsa naturale trae forza dall’unione di agricoltura rigenerativa, territorio e tecnologia in molteplici modi.
A proposito di tecnologia, in questo spazio di circa 1000 ettari sono state brevettate e impiegate diverse soluzioni. La ricerca e sviluppo è un ambito di forte interesse e importanza: «Simbiosi è un aggregatore di diverse startup», racconta Vincenzo della Monica, marketing manager di Simbiosi. È lui a illustrare che nell’innovation center (un centro di 3000 mq nato all’interno di una cascina rigenerata, una delle sette cascine comprese nel territorio) si sono sviluppati diversi progetti, anche in collaborazione con atenei italiani, centri di ricerca e Pmi innovative.
La tecnologia si ritrova nella messa a punto di soluzioni per la produzione di energia rinnovabile da digestione anaerobica, dagli impianti fotovoltaici, da modelli per il risparmio e l’efficienza energetica e idrica, per il recupero termico e di elementi nutritivi.
La digitalizzazione ha una parte importante nel progetto. Un gran numero di sensori disseminati in una parte dei terreni. Essi servono a raccogliere dati utili a controllare svariati parametri ambientali, del suolo e dell’aria, in modo da efficientare l’impiego di acqua e di risorse nutritive.
Al centro della gestione che combina tecnologia e digitalizzazione c’è anche lo sfruttamento di tecniche di intelligenza artificiale che convergono in una piattaforma (Adam & Eva), per il controllo e gestione delle risorse energetiche e naturali, del processo produttivo agricolo e industriale. Questa piattaforma, spiegano:
“Lavora con un sistema di algoritmi autoadattivi (machine learning) ed è costituito da due funzioni che lavorano in coppia. Il modulo EVA acquisisce i dati di consumo e le grandezze di processo dal campo e, attraverso una piattaforma cloud, li mette a disposizione dell’utente in tempo reale per controllare, istante per istante, il flusso delle risorse e il loro andamento, attraverso grafici e tabelle. Le informazioni acquisite vengono poi tramesse al modulo ADAM che elabora i dati ricevuti da Eva e sviluppa le azioni necessarie per massimizzare i rendimenti e ridurre i consumi delle risorse naturali.”
Per certificare i passaggi dei processi si sta lavorando alla messa a punto di un sistema basato su blockchain, in modo da verificare svariati passaggi, dalla tracciabilità del prodotto agricolo fino alla trasparenza della sostenibilità del processo produttivo.
Dall’agricoltura rigenerativa alla smart land: il futuro passa da qui
Oltre a combinare in maniera virtuosa territorio, agricoltura rigenerativa e tecnologia si lavora al concetto di smart land. Alla base c’è una visione olistica che intende aggregare agricoltura, industria, città, utility e territorio, per creare i presupposti di una valorizzazione di ogni attore e per la definizione di un modello che sa cogliere i pregi di ogni sua parte. L’obiettivo è creare un modello replicabile, basato sulla circolarità, sulla tecnologia, attento all’ambiente, capace di creare un modello connotato da resilienza, efficienza, sostenibilità e intelligenza, umana e artificiale. «Il futuro è cercare di trovare un equilibrio tra territori (inteso anche come natura), attività umane e comunità. Si deve lavorare all’attuazione dei principi insiti nella tassonomia europea», ricordano i due manager, riprendendo il concetto stesso di tassonomia. Essa è la classificazione comune a livello europeo delle attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. È concepita come strumento per guidare le scelte di investitori e imprese in vista della transizione verso una crescita economica priva di impatti negativi sull’ambiente e, in particolare, sul clima. Le attività sono selezionate in base alla loro capacità di mitigare il cambiamento climatico, di creare le condizioni per un adeguato adattamento, di fare un uso sostenibile e di tutela delle risorse ambientali. Non solo: le azioni intendono puntare alla transizione verso l’economia circolare, alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento e delle emissioni, nonché alla protezione della biodiversità della salute degli ecosistemi.
Il futuro comune passa dalla capacità di raggiungere obiettivi sfidanti che tutti conosciamo: dal non superare 1,5 °C che passa dalla riduzione delle emissioni climalteranti, dalla produzione energetica “pulita”, da un modello agricolo sostenibile, da condizioni di vita comuni più sostenibili. Il modello smart land può contribuire a raggiungerli.